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Da Pabillonis a Guspini, da Arbus a Gonnosfanadiga, da Villacidro a San Gavino MonrealeIn questa tappa del nostro viaggio, per visitare del principali località dell'interno del Monreale, chiamato anche Campidano di Sanluri, da Terralba prendiamo in direzione sud. Dopo una deviazione che ci porta a visitare Pabillonis, ci rechiamo verso Guspini e ad Arbus. Da Guspini proseguiamo per Gonnosfanadiga e Villacidro, dove vediamo le splendide cascate, e ci rechiamo infine a San Gavino Monreale. Nel Monreale o Campidano di Sanluri
Pabillonis e nei dintorni i resti dei nuraghi Fenu e Santu ScioriDa Terralba ci recheremo a Pabillonis che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trovano i resti del nuraghe Fenu e del nuraghe di Santu Sciori. In viaggio verso Pabillonis
Origine del nomeIl nome, attestato fino dall’anno 1341 come De Pavilione, deriva dal latino Pabillo Onis, con il significato di Padiglione o di Tenda militare. Esso è alla base di appellativi sardi quali Papidzone, Papiggione e Babidzone, che designano un riparo composto di quattro grossi tronchi ritti che ne sostengono altri sette o otto incrociati, sui quali si mette la legna da ardere, ossia di una specie di tettoia che serve da riparo al bestiame da tiro quando lo si deve far pernottare. La sua economiaUn tempo paludoso e malsano, viene bonificato a metà degli anni '30 del secolo scorso, ed è attualmente caratterizzato da un'economia legata al territorio e alle tradizioni. L'economia di Pabillonis si fonda sull'agricoltura e sull'allevamento, ed il settore primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olivo, agrumi, uva e altra frutta, e con l’allevamento di bovini, suini, equini, ovini, soprattutto quello di ovini da latte, in costante ammodernamento e specializzazione. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, chimico, dei materiali da costruzione, della fabbricazione di macchine per l’agricoltura ed edile. Il suo terreno argilloso lo ha reso famoso per la lavorazione delle terre cotte, ed interessante è, quindi, l’artigianato, in particolare quello specializzato nella produzione di terrecotte, ossia di Tianus, Pingiadas e Sciveddas; e la produzione di cesti, ossia di Scateddus, Cibirus e Corbis. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciPoche sono le notizie storiche relative alle prime vicende del borgo e incerte sono anche le sue origini: si Sa solo che nell’XI secolo fece parte della curatoria di Marmilla, nel giudicato di Arborea. Dal 1603 fu compresa nella contea di Quirra per poi passare, nel 1798, agli Osorio de la Cueva. Del comune di Pabillonis nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, a quella del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a PabillonisA Pabillonis è attivo il Gruppo Folk Santu Juanni, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Pabillonis vanno citate, a gennaio, la festa di Sant’Antonio abate; il 5 agosto, si celebra la festa patronale, in onore della Madonna della Neve; il 29 agosto, la festa di San Giovanni Battista; la seconda domenica di settembre, la festa di San Lussorio. La festa di San Giovanni BattistaLa festa di San Giovanni Battista si tiene nella ricorrenza del suo martirio, il 29 agosto, con numerose iniziative tutte nel rispetto della tradizione. Si addobbano i carri a buoi con arbusti di ontano, che viene chiamato S’Abiu de Santu Juanni, provenienti dal fiume Piras, i quali sono ornati con tappeti e arazzi, e, dopo la sfilata per le strade del borgo, vengono benedetti dal parroco. Secondo la leggenda, nel 1700 la popolazione si sarebbe salvata da un'incursione barbaresca nascondendosi proprio tra gli arbusti del fiume, che ad agosto raggiungono la loro maggiore crescita. È da allora che, in occasione della festa, si portano in processione arbusti di ontano in segno di ringraziamento per lo scampato pericolo. La mattina successiva si svolge la processione. Visita del centro del paeseL'abitato di Pabillonis, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. Visitiamo il centro del paese. La chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve
Il 5 agosto a Pabillonis si svolge la festa della Beata vergine della Neve, ossia la festa della Madonna della Neve, che è la festa patronale del paese. La chiesa di San Giovanni Battista
La festa di San Giovanni Battista si svolge il 24 giugno, e si ripete con maggior partecipazione popolare il 29 agosto, con la preparazione de Is Carrusu de s'Àbiu, ossia di carri trainati dai buoi e trattori addobbati con rami d'ontano e tappeti, quadri e attrezzi della tradizione locale. Il Municipio di PabillonisLa piazza San Giovanni si trova alla sinistra della via San Giovanni, mentre alla sua destra, al civico numero 7 della via San Giovanni, si trova l'edificio che acoglie la sede e gli uffici del Municipio di Pabillonis. Visita dei dintorni di PabillonisNei dintorni di Pabillonis sono stati portati alla luce i resti dei nuraghi semplici Part'Jossu e Santu Sciori II; dei nuraghi complessi Fenu e Santu Sciori; dei nuraghi de Sa Fronta, domu 'e Campu, Surbiu che sono di tipologia non definibile. La ex stazione ferroviaria di Pabillonis nella quale i treni non fermano più
Resti del nuraghe complesso FenuNei dintorni del paese, un poco più a sud della stazione ferroviaria, alla destra della ferrovia, sono tuttora in corso gli scavi per portare del tutto alla luce i resti del nuraghe Fenu, un nuraghe complesso polilobato che si estende su un'area di 2.000 metri quadrati, fra i più grandi tutta la Sardegna, con un mastio centrale e diverse torri laterali. La stratigrafia ha evidenziato l'abbandono del nuraghe già in epoca antica dovuta ad un incendio e ad un crollo. È stato poi rifrequentato da genti puniche e successivamente dai romani. Gli scavi, iniziati nel 1996, hanno riportato alla luce molteplici cocci di vasi e anche lanterne ed alcune monete romane che testimoniano la frequentazione del sito in Età Imperiale. I reperti rinvenuti sono attualmente conservati nel museo archeologico di Sardara. Resti del nuraghe complesso di Santu ScioriLa prosecuzione verso nord della via Santa Maria prende il nome di via Alfonso Lamarmora, che esce dall'abitato e, in circa cinque chilometri, ci porta, alla destra del Flumini Mannu, alle rovine dell'antica chiesa campestre di Santu Sciori, nelle quali si possono facilmente identificare dei grossi conci di probabile origine nuragica, prelevati probabilmente dal nuraghe che sorge poco distante. Poco distante dalle rovine dell'antica chiesa, infatti, su un acrocoro da cui si domina gran parte del Campidano verso il monte Linas, e sopra un'ansa del flumini Mannu, si trovano i resti del nuraghe di Santu Sciori, che presenta un bastione polilobato e torri antemurali. In origine doveva comprendere una torre centrale e diverse altre torri, di cui oggi l'identificazione non è per niente facile, dal momento che tutte le strutture murarie sono state atterrate e coperte dall'attività umana che si è sviluppata nei dintroni. In epoca medioevale, i resti del nuraghe sono stati, comunque, utilizzati come area sepolcrale, come è testimoniato dal ritrovamento, nel diciannovesimo secolo, di un'urna cineraria all'interno delle rovine di una delle torri. La nuova chiesa campestre di San Lussorio martire
Guspini con le rovine della città di Neapolis ed i resti della miniera di MontevecchioDa Terralba ci recheremo a Guspini che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trovano le rovine della città di Neapolis ed i resti della miniera di Montevecchio. In viaggio verso GuspiniDa Terralba prendiamo la SS126 Sud Occidentale Sarda Sud Occidentale Sarda, evitiamo la deviazione verso sinistra che ci porterebbe a Pabillonis, e la seguiamo per ventuno chilometri, ed arriviamo a Guspini. Il paese chiamato Guspini
Origine del nomeIl nome, menzionato nell’anno 1341 come De Gosphini, da qualche studioso viene ricondotto al latino Cuspis Idis, nel significato di punta, poi modofocato in Cuspis Inis. Tale etimologia sarebbe connessa alla topografia del luogo. La sua economiaL'economia di Guspini si basa sulle tradizionali attività agricole, affiancate da un modesto sviluppo industriale e turistico. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo e agrumi. Brevi cenni storiciNella zona l'uomo è presente già fino dal Neolitico, ma la maggiore penetrazione si ha nel periodo nuragico, come attestano i numerosi nuraghi presenti nel territorio, le tombe di giganti, le pietre fitte e i pozzi sacri. È comunque in età medievale che nasce il centro abitato vero e proprio, dato che le prime notizie risalgono a documenti Pisani del Duecento, relativi allo sfruttamento delle miniere di Montevecchio. Successivamente entra a far parte del giudicato di Arborea per poi passare sotto la dominazione aragonese. Alla fine del diciottesimo secolo, diviene feudo dei Carroz, dei Centelles e degli Osorio. Del comune di Guspini nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Successivamente nel 2016, con l'abolizione di quest'ultima provincia, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a Guspini
Il Carnevale GuspineseIl Carnevale Guspinese è un avvenimento animato da sfilate di carri allegorici e numerosi gruppi in maschera. Tra alcuni dei più longevi possiamo ricordare Is Casermettas, La Trombetta, La Pernacchia e La città del Sole. Visita del centro del paeseL'abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. Visitiamo il centro del paese. La chiesa parrocchiale di San Nicola di Mira o San Nicolò Vescovo
A Guspini si svolge nel periodo compreso tra il 3 e il 17 dicembre la festa di San Nicola di Mira o di San Nicolò Vescovo, che è la festa patronale del paese, con celebrazioni religiose e manifestazioni civili. Il Municipio di GuspiniDalla piazza antistante la chiesa parrocchiale, prendiamo verso sud ovest la via Antonio Gramsci, che continua sulla via Santa Maria e, dopo poco meno di un centinaio di metri, prendiamo a sinistra la via Don Giovanni Minzoni, dove, al civico numero 10, si trova l'edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Guspini. La chiesa di Santa Maria di Malta
Secondo alcuni studiosi, la chiesa sarebbe stata ereditata dall'Ordine Cavalleresco religioso dei Gerosolimitani, i Cavalieri di Malta, che si sono attestati a Guspini nel sedicesimo secolo. Erano devoti al rito greco bizantino, per questo nella chiesa è presente una statua lignea dell'Assunta dormiente, e non assunta in cielo come avviene invece nelle chiese cattoliche. La chiesa parrocchiale di San Pio XSubito dopo aver trovato la piazza Santa Maria, prendiamo a sinistra il viale della Libertà, lo seguiamo per circa trecento metri, proseguiamo lungo la via Cagliari e, dopo centocinquanta metri, incrociamo la via Milano. La prendiamo verso sinistra e, in meno di una cinquantina di metri, troviamo alla destra della strada la seconda chiesa parrocchiale di Guspini, che è la chiesa di San Pio X. Il progetto iniziale, del 1958, prevedeva la realizzazione di un edificio e di una torre campanaria rifiniti esteriormente con pietra a vista. Questo primo progetto non è stato, però, rispettato, perché, per motivi di ordine economico, il previsto campanile non è stato costruito. I lavori si sono protratti per alcuni anni, e, nel 1963, appena realizzati i muri perimetrali e il solaio, si è cominciato ad officiare la messa domenicale per circa due anni. La chiesa, che è stata consacrata nel 1966, è attualmente sottoposta a significativi lavori di restauro, tanto che la sede parrocchiale è stata spostata la civico nomero 161 di via Giacomo Matteotti. Il Tarthesh HotelDalla piazza antistante la chiesa parrocchiale, prendiamo verso sud ovest la via Antonio Gramsci, e, orima che essa continui sulla via Santa Maria, prendiamo a sinistra la via Giacomo Matteotti. La seguiamo per un chilometro e trecento metri, superando una rotonda, poi prendiamo a sinistra la via Parigi, lungo la quale, dopo circa duecento metri, arrviamo di fronte al Tarthesh Hotel.
La chiesa parrocchiale di San Giovanni BoscoDalla piazza antistante la chiesa parrocchiale, prendiamo verso nord est la via Antonio Gramsci, che prosegue sulla via Giovanni Di Vittorio. Le seguiamo per circa milleduecento metri, fino a che incrociamo la via Eugenio Montale, che prendiamo verso sinistra. La seguiamo per circa trecento metri, poi prendiamo a destra la via Sandro Pertini, e subito a sinistra la via Luigi Einaudi. A nord est dell'abitato, nel nuovo quartiere popolare Is Boinargius, al civico numero 9 di via Luigi Einaudi, si trova la chiesa parrocchiale di San Giovanni Bosco, inaugurata come terza parrocchia di Guspini il 31 gennaio 1984, in occasione della festa di San Giovanni Bosco. Per raggiungerla si segue la via Anna Falk fino a dopo il sottopasso che le fa passare la via Eugenio Montale, poi si prende a destra la via Palmiro Togliatti e, poco dopo, a sinistra, la via Luigi Einaudi. La chiesa è molto moderna, caratterizzata all'interno da un tetto in legno e dal pavimento in marmo. Visita dei dintorni di GuspiniNei dintorni di Guspini sono stati portati alla luce i resti dei nuraghi semplici Baccas, Cara, Corongiu Pontis, Corti Baccas, Gentilis, Is Trigas, monte Narinu, monte Ois, Nuraci, Nuraxi Crobu, Omini, Pauli Planu, Sa Zeppara, Terra Frucca, Terra Maistus, Zuddas; dei nuraghi complessi Arrosu, casa Tuveri, Crabili, Mattiane, Melas, Peddis, Peppi Tzappus, Santa Sofia, Saurecci, su Bruncu 'e s'Orcu, Terra Moi, Urralidi; dei nuraghi monte Nurecci e Pixina Puxi di tipologia indefinita. L'area industriale e artigianale con la chiesa campestre di Sant'Isidoro
La chiesa campestre della Beata vergine Maria
Resti del nuraghe o meglio la fortezza preistorica di Monte SaurecciUsciti da Guspini verso nord est sulla SS126 Sud Occidentale Sarda in direzione di Terralba, prima di raggiungere l'area industriale e artigianale, dopo meno di due chilometri dall'abitato, svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Sant'Antonio di Santadi. Dopo sei chilometri, cominciamo a vedere il monte Saurecci. Sulla sommità della collina troviamo la Fortezza preistorica di Monte Saurecci, che raggiungiamo seguendo un sentiero. È un recinto megalitico più che nuraghe, una grande fortezza con quattro torri angolari, e con un muro di cinta di trenta metri per sessanta che racchiude lo spazio in cima ad una collina come una veste. Le rovine della città di NeapolisProseguendo verso Sant'Antonio di Santadi altri dodici chilometri, arriviamo a una deviazione a destra per la chiesa di Santa Maria di Nabui o di Neapolis. Svoltiamo e, percorsi circa due chilometri, arriviamo alle Rovine della città di Neapolis, fondata dai Fenici, divenuta poi cartaginese ed infine romana. Fu abitata fino al periodo bizantino, nel Decimo secolo. Sono visibili i resti Romani dell'acquedotto, delle piccole terme e delle grandi terme, parte delle quali furono utilizzate nel periodo medioevale per costruire la chiesa di Santa Maria. Vi è stato trovato un gran numero statuette votive puniche in terracotta, ex-voto donate dai fedeli, a testimonianza di un antico culto delle acque. La miniera di Montevecchio con la chiesa di Santa Barbara
Il castello di Monte ArcuentuDopo aver attraversato la zona delle miniere, all'ingresso del paese Montevecchio prendiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Piscinas e Costa Verde. Dopo sette chilometri troviamo un sentiero sulla sinistra, che si deve percorrere a piedi per sei chilometri, impiegando non meno di quattro ore. Si sale fino a quasi ottocento metri e quindi si scende, per raggiungere, nella macchia mediterranea, una radura dalla quale si vede il monte Arcuentu. Proseguendo verso il monte, passata una recinzione, si trova una cappella con un piccolo altare, dietro il quale c'è un grande crocifisso metallico.
La località Molino Savio con la chiesa campestre di San Giorgio MegalomartireUsciamo dall'abitato verso sud est con la via Santa Maria, che prende il nome di SS196 di Villacidro. A circa due chilometri dalla piazza Santa Maria, troviamo alla destra della strada la località denominata Molino Savio, che si trova a circa 2,6 chilometri dal centro di Guspini, sulla strada per Gonnosfanadiga, con la sua grande piscina coperta ed il campo da calcetto.
Arbus e nei dintorni il monte Arcuentu e la sua bella costieraDa Guspini lci rechiamo ad Arbus che vistiamo con il suo centro ed i dintorni dove si trova il monte Arcuentu ed anche la sua bella costiera che descriveremo in una pagina successiva. In viaggio verso ArbusRientrati a Guspini e ripresa la SS126 Sud Occidentale Sarda in direzione sud ovest, dopo sei chilometri di curve in salita che portano al valico di Genna Frongia, a 381 metri di altezza, da dove è possibile ammirare lo scenario della costa sottostante, arriviamo ad Arbus. Il paese chiamato Arbus
Origine del nomeSecondo alcuni studiosi il nome deriverebbe dal latino Albus, con il significato di Bianco, da cui deriverebbero le varianti sarde Arbu, Arvu ed Alvui. Secondo altri studiosi, invece, questa ipotesi non sarebbe attendibile, considerato che, per un nome di luogo come Arbus, non si può escludere l'esistenza di un elemento lessicale non latino autonomo, Arbu, oppure anche di un riflesso della base preromana Alba, ad indicare una Altura. La sua economiaIl paese chiamato di Arbus è caratterizzata da un'economia di tipo agricolo affiancata da un crescente sviluppo del turismo. L'agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olivo, agrumi, uva altra frutta. Brevi cenni storiciIl territorio è stato frequentato fino dal periodo nuragico. In periodo medioevale nasce il borgo, che appartiene al giudicato d'Arborea, nella curatoria di Bonorzolia. Nel 1410 diviene possesso del marchesato di Oristano, ed in seguito della baronia di Monreale. Successivamente passa ai Carroz, ai Centelles e agli Osorio de la Cueva. Del comune di Arbus nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Successivamente nel 2016, con l'abolizione di quest'ultima provincia, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono ad ArbusAd Arbus sono attive l'Associazione Turistica Pro Loco di Arbus e l'Associazione Culturale Folkloristica Sant'Antonio di Arbus, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Tra le principali feste e sagre che si svolgono ad Arbus si segnalano, il 20 gennaio, la festa del Patrono, San Sebastiano, ed in questa occasione nei vari quartieri del borgo si accende, al tramonto, Su Fogu de Santu Sebastianu, ossia il falò di San Sebastiano; a febbraio, la Carnevalinas, che è il raduno delle maschere e dei carri allegorici allestiti dai comuni di Arbus, Gonnosfanadiga e Guspini; il primo maggio, la marcia non competitiva Un giorno per Ingurtosu; la prima domenica dopo la Pentecoste, la festa della Madonna d'Itria; a giugno, la Sagra di Sant'Antonio di Santadi; sempre a giugno, la Sagra di Sant'Antonio da Padova; ancora a giugno, la coppa Santa Sofia, una gara ciclistica regionale riservata alla categoria giovanissimi;ad agosto, la Mostra Scambio Minerali e Fossili; ad agosto, il Palio di San Lussorio. Visita del centro del paeseL'abitato, che mostra segni di forte crescita edilizia, si caratterizza per le stradine strette e tortuose, per le case costruite in pietra di granito e per l'utilizzo dei Ladiri, che sono mattoni a secco di fango e paglia. Entriamo nel paese con la SS126 Sud Occidentale Sarda che, entrando nell'abitato, prende il nome di via Costituzione, e prosegue, poi, con il nome di via repubblica, per diventare più avanti via Libertà. Il Municipio di ArbusEntrati nell'abitato da nord est perovenendo da Guspini, da via repubblica prendiamo a destra la via XX Settembre, dove, al civico numero 27, alla sinistra della strada si trova il nuovo edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Arbus. La chiesa parrocchiale di San Sebastiano martire
La chiesa parrocchiale della Beata vergine Maria Regina
La piazza San Lussorio dove si trovava l'omonima chiesaDalla piazza Mercato, proseguiamo lungo la via Libertà, e, in una cinquantina di metri, troviamo alla sinistra della strada l'ampia piazza San Lussorio, dove si trovava la chiesa di San Lussorio, demolita nel 1956 per far posto alla piazza. Non è certa la sua data di costruzione, ma si ritiene successiva a quella della chiesa di San Sebastiano. La piccola chiesa era di dimensioni modeste, lunga quindici metri e larga sei, munita di campanile a vela nella parte anteriore, e terminava nella parte posteriore con un'abside circolare. La festa di San Lussorio, celebrata il 21 agosto, aveva grande importanza per gli abitanti del paese, dato che era quello il periodo per stipulare o recedere contratti, saldare debiti e fare acquisti. Nei giorni della festa il mercato veniva invaso dai banchi di vendita e si facevano ogni sorta di affari. La piccola chiesa è stata, in seguito, utilizzata anche come locale scolastico, e parte proprio da questo l'idea dell'esproprio della piccola chiesa per far posto al caseggiato scolastico che si trova attualmente al suo posto, nella piazza. In via Silvio Pellico una croce in ferro ricorda che lì si trovava la chiesa di Santa CroceProseguendo un centinaio di metri lungo la via Libertà, prendiamo a destra la via I Maggio che, in poco meno di altri cento metri, ci porta sulla destra in via Silvio Pellico. Lungo questa strada si può vedere una croce in ferro, che indica il luogo dove sorgeva la chiesa di Santa Croce. Non esiste alcun documento per datare la sua costruzione, ma come per San Lussorio, si può ipotizzare la sua presenza successiva a quella della chiesa di San Sebastiano. Di questa chiesa parla un documento del 1643, nel quale il Vicario Generale da disposizioni per il rifacimento del tetto della chiesa di Santa Croce, perché vi si possa celebrare la S. Messa. L'obriere che la custodiva, quanto riusciva, organizzava la festa di Santa Croce il 14 settembre, altre volte l'organizzava a proprie spese. La chiesa di Santa Croce scompare, per disposizione del Vescovo, quasi sicuramente nell'anno 1763, i materiali recuperati come pietre e tegole vengono venduti, e sul luogo dove prima sorgeva la chiesa viene innalzata una croce. Visita dei dintorni di ArbusNei dintorni di Arbus è possibile visitare il monte Arcuentu, oltre alla sua bella zona costiera. Sono stati, inoltre, portati alla luce numerosi resti archeologici, ossia quelli delle tombe di giganti Argiola Frissa I, Argiola Frissa II, Argiola Frissa III, Argiola Frissa IV, Bruncu su Sensu, Colludu, Cuccuru Espis, Manago, di Nostra Signora d'Itria, Sa Grutta 'e su Bandiu, Sa Perda 'e su Scusorgiu, Sa Perda Pinnada, Serr'e Fossu, su Forru 'e Ni, su Forru de Mari, su Lacchittu, su Mobizzu, su Rosau; del protonuraghe Manago; dei nuraghi semplici Donigala, Frucca, Priogosu, punta Nicolau, Rocca su Casteddu, s'Enna 'e s'Arca I; dei nuraghi complessi Cugui, Is Cabis, Narocci, punta Sa Rana; dei nuraghi Bau Espis, casa Sparedda, Corru Longu, Guradia de su Turcu, Is Concas, Masoni Brandi, Perdas Albas, punta su Nuraxi di tipologia indefinita; mentre non rimangono più i resti dei nuraghi s'Enna 'e s'Arca II e Sardaresus che sono stati ormai distrutti. Il monte Arcuentu Da Arbus possiamo visitare il Monte Arcuentu, un imponente torrione isolato di origine vulcanica dalle pareti verticali. Dalla sua vetta, a 785 metri di altezza, la vista spazia sulla costa dalla penisola del Sinis all'isola di San Pietro. All'interno domina tutto il Campidano, dal golfo di Oristano sino a Cagliari, e permette di vedere dalla giara di Gesturi al Gennargentu, i Sette Fratelli ed il monte Linas. Sulla sommità del monte si trova un ampio bosco di lecci, che conserva le caratteristiche che aveva migliaia di anni fa non avendo subito cambiamenti per mano dell'uomo. Al suo interno vivono ancora liberi numerosi animali tipici della fauna sarda: il cervo sardo, l'aquila reale e l'aquila del Bonelli, il Falco Pellegrino, e la rara pernice sarda. Nella zona fra Piscinas, Ingurtosu e Montevecchio, la colonia di cervi è sempre più numerosa, tanto che l'associazione animalista Elafos, che ha effettuato negli anni scorsi il censimento dei cervi con il metodo dell'ascolto del bramito, ha rilevato oltre un migliaio di esemplari. I cervi, solitamente diffidenti e propensi a rimanere a distanza dall'uomo e rintanati nella boscaglia della folta macchia mediterranea dell'area tra Piscinas e monte Arcuentu, adesso si ritrovano dappertutto nel territorio costiero. Si avvicinano senza eccessiva diffidenza e paura, girano nelle stradine della vecchia frazione mineraria di Ingurtosu ed entrano tranquillamente nei cortili delle abitazioni in cerca di qualcosa da mangiare, ed ormai osano andare anche oltre le silenziose e tranquille case di Ingurtosu e Montevecchio, tanto che nel 2014 un cerbiatto è arrivato di notte perfino dentro l'abitato di Arbus e si è steso davanti al cancelletto di una casa. Era ferito ad una zampa, e si è lasciato tranquillamente avvicinare ed è stato soccorso. La zona costiera di ArbusArbus è nota soprattutto per la sua Zona costiera che abbiamo visitato nella tappa precedente. Da Arbus la SP68 porta a Montevecchio e nella Costa Verde, o anche a Ingurtusu con le spiagge di Piscinas o più a sud quelle di Bau e Scivu. Ogni anno, il primo sabato dopo il 13 giugno, si svolge la festa di Sant'Antonio durante la quale il simulacro di Sant'Antonio di Santadi viene portato da Arbus alla frazione Sant'Antonio di Santadi, situata sul mare e distante 32 chilometri, in una bella processione di Traccas, i carri a buoi tipicamente addobbati.
Gonnosfanadiga con nei dintorni il monte Linas e la tomba di giganti di San CosimoDa Guspini ci recheremo a Gonnosfanadiga che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trovano il monte Linas e la tomba di giganti di San Cosimo. In viaggio verso GonnosfanadigaDa Arbus torniamo a Guspini, da dove prendiamo verso sud est la SS196, che ci porta, dopo sei chilometri e mezzo, all'interno dell'abitato di Gonnosfanadiga. Il paese chiamato Gonnosfanadiga
Origine del nomeLa prima parte del nome, menzionato nell’anno 1341 come Gonnos de Montannia, deriva dalla voce prelatina Gon, con il significato di Monte, Altura, alla quale si aggiunge la specificazione Di montagna. La seconda parte, Fanadiga, deriverebbe, secondo la tradizione, dal nome dei Fauni, oppure dal latino Fanum, con il significato di Tempio. La sua economiaGonnosfanadiga alle tradizionali attività agro pastorali ha affiancato modeste iniziative industriali. Il settore primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, agrumi ed olivi. Gonnosfanadiga rappresenta, oggi, una delle otto città dell’olio della Sardegna, prossima a fregiarsi del marchio Dop. Si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini e avicoli. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, dell’abbigliamento, del legno, dei laterizi ed edile. Per il terziario è presente una sufficiente rete commerciale. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storicisulle sue origini non si hanno notizie certe, ma è probabile che il centro abitato, sia pure come un semplice villaggio, esista già nel periodo tardo romano. Nelle fonti romane viene citato come Oppidum, ma delle sue fortificazioni oggi non resta più alcuna traccia. La sua prima vera storia inizia a partire dal sesto secolo, con l’arrivo dei bizantini, e soprattutto con l’evangelizzazione del territorio per opera dei monaci greci. Del comune di Gonnosfanadiga nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Successivamente nel 2016, con l'abolizione di quest'ultima provincia, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a GonnosfanadigaA Gonnosfanadiga sono attive l'Associazione Turistica Pro Loco di Gonnosfanadiga e l'Associazione Folkloristica Culturale Santa Barbara, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Gonnosfanadiga si segnalano il lunedì dopo Pasqua, la festa di Santa Severa; l’ultima domenica di maggio, la festa della Beata vergine della Salute; il 31 maggio, la festa della Montagna; il 27 settembre, la festa della Beata vergine di Lourdes; nei mesi di novembre e dicembre, la Mostra Mercato dell’Olio, dell’Agroalimentare e dei Mestieri locali; il 4 dicembre, si festeggia la Patrona, che è Santa Barbara. Visita del centro del paeseL'abitato, immerso in una zona ricca di acque, è interessato da una forte crescita edilizia. Visitiamo il centro di Gonnosfanadiga. La chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna di LourdesNella parte bassa del paese dove fino a pochi decenni fa c'era ancora la campagna, in via Foscolo, si trova la chiesa parrocchiale dedicata alla Madonna di Lourdes, molto recente, consacrata nel 1970. Visita dei dintorni di GonnosfanadigaNei dintorni di Gonnosfanadiga sono stati portati alla luce i resti delle tombe di giganti di San Cosimo I, di San Cosimo II e di San Cosimo III; dei nuraghi semplici San Cosimo I e San Cosimo II; dei nuraghi monte Nucerri I e monte Nurecci II di tipologia indefinita. La chiesa campestre di Santa SeveraUscendo dal paese verso sud ovest, a circa un chilometro e mezzo, sul colle di Santa Severa, troviamo l'antica chiesa o santuario di Santa Severa, edificato probabilmente nei primi secoli del Cristianesimo ma completamente modificato nel '600. Si trova in un'area in cui era stata ritrovata una necropoli romana con delle tombe scavate nella roccia granitica. Oggi si presenta con pianta a croce latina ed è circondata da un portico, ha al centro della navata una cupola circolare e presenta un campanile a vela con un'antica campana in bronzo del 1388. La tradizione racconta che diversi secoli fa i fedeli portarono in processione il simulacro della Santa per invocare il suo intervento contro la siccità, e che venne giù tanta acqua da provocare un'alluvione che cessò solo dopo il ritorno della statua nella chiesa. Da allora non è stata più spostata. Resti della tomba di giganti di San Cosimo con i reperti della Cultura di BonnanaroUsciamo sulla SP67 che porta ad Arbus, dopo 2,5 chilometri prendiamo una sterrata verso le cave di sabbia, altri trecento metri ed al bivio svoltiamo a destra dove dopo duecento metri troviamo la tomba di giganti di San Cosimo, dal nome della località. La tomba di San Cosimo I, detta anche Sa Grutta de Santu Giuanni, è una delle più grandi della Sardegna. Le ali dell'esedra sono costruite con filari orizzontali di blocchi di granito di diverse dimensioni. Sopra l'ingresso sono presenti due portelli separati dal diaframma, formato da un architrave in granito. La porticina sovrastante doveva essere in origine chiusa da un architrave di copertura. I due portelli e gli architravi imitano la stele centinata delle tombe di giganti. La camera, scavata sotto il livello del suolo, è lunga 16 metri, alta due metri ed ha sezione a forma trapezoidate. Risulta ancora parzialmente interrata e ingombra di pietre. Al suo interno sono stati trovati numerosi reperti, tra i quali vasi a tesa interna decorati a nervature, dell'inizio dell'Età del Bronzo Medio, tra il 1900 ed il 1600 avanti Cristo, ed attribuiti alla conclusione della Cultura di Bonnanaro, conservati oggi nel museo archeologico di Sardara. vicono ad essa si trovano la San Cosimo II che è una tomba di giganti in miniatura, e la San Cosimo II che è una piccola tomba, praticamente non leggibile. Vicino a questa tomba, si trovano la San Cosimo II che una tomba di giganti in miniatura, e la San Cosimo III che è una piccola tomba, praticamente non leggibile. Sul monte LinasIl massiccio del monte Linas sovrasta, con la sua mole, il paese. Risale a circa 300 milioni di anni fa, quando i graniti che oggi costituiscono le cime più alte di quest'area sollevarono i precedenti scisti devoniani. La zona, situata nei comuni di Gonnosfanadiga e Villacidro, è costituita da un paesaggio di tipo alpino. Da Gonnosfanadiga sono possibili Escursioni sul monte Linas, che raggiunge con la punta Perda de Sa Mesa i 1236 metri. Possiamo visitare il parco Perd 'e Pibera, il più vasto parco della Sardegna, nel quale si trova la miniera Perd 'e Pibera anch'essa completamente restaurata con un interessante recupero edilizio dei suoi caseggiati.
Villacidro con la cascata della Spendula cantata da Gabriele D'annunzioDa Gonnosfanagiga ci recheremo a Villacidro dove è nato Giuseppe Dessì, che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trova la cascata della Spendula che è stata a suo tempo cantata da Gabriele D'annunzio. In viaggio verso VillacidroDa Gonnosfanagiga, riprendiamo la SS196 e percorriamo verso sud est per circa undici chilometri, percorsi i quali la strada statale ci porta all'interno dell'abitato di Villacidro. Il paese chiamato Villacidro
Origine del nomeIl nome viene ricordato, nella seconda metà del tredicesimo secolo, come Orto de Cidro, e nel 1388 come villaxidro. Si tratta del composto dei due termini villa e CedrO, che deriva dal latino Cidrus, e sta ad indicare la villa del limone e del cedro. La sua economiaL'economia di Villacidro si basa su tutti i settori produttivi. L’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, uva, olivo, agrumi e frutta, per la quale è notevole la produzione di mandorle, pesche e ciliegie. Si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, tra cui il lattiero caseario, della lavorazione e conservazione della frutta, tessile, dell’abbigliamento, del legno, dell’editoria, della stampa, della chimica, della fabbricazione di plastica, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metallurgico, elettrico, cantieristico, dei mobili, della gioielleria e oreficeria, della consulenza informatica e dell’edilizia. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva e dell’insieme dei servizi. Villacidro è diventato un importante centro turistico, circondato da pinete, in un territorio caratterizzato da maestosi complessi montuosi e diversi corsi d'acqua che generano ruscelli e cascate. Le strutture ricettive, che comprendono un agriturismo, offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciIl ritrovamento di tombe romane testimonia l’origine antica dell’abitato. Tra l’ottavo ed il nono secolo, sono numerosi gli insediamenti nella zona, di monaci eremiti bizantini, che edificano cappelle e chiese nei dintorni. A essi si aggiungono i monaci Vittorini, i Benedettini Marsigliesi, i Frati dell’Ordine di Altopascio, i Minori Osservanti e i Mercedari. Villacidro viene compresa nel giudicato di Cagliari, nella curatoria di Gippi. Tra l’undicesimo ed il quattordicesimo secolo, viene sottoposta alla dominazione pisana, che si conclude con il passaggio alla corona di Aragona. Nel 1720 subentrano i piemontesi, e, da quel momento, grazie a Monsignor Pilo, diviene una località di soggiorno estivo dei vescovi della diocesi di Ales. Trascorre a Villacidro una difficile ed inquieta adolescenza lo scrittore e pittore Giuseppe Dessì, nato a Cagliari nel 1909, la cui vita e le opere sono descritti nella pagina che descrive la città di Cagliari. Del comune di Villacidro nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, della quale costituiva uno dei capoluoghi, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a VillacidroA Villacidro è attivo il Gruppo Folkloristico città di Villacidro. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Villacidro vanno citate, durante la pasuqa le cerimonie della Settimana Santa; ad aprile, la manifestazione Viviverde; nel mese di maggio, la festa di Sant'Isidoro, patrono degli agricoltori; la prima domenica di giugno, la Sagra delle Ciliegie; l'ultima domenica di giugno, la festa dei Santissimi Pietro e Paolo; il primo venerdì di agosto, la festa di San Sisinnio; la prima domenica di ottobre, la festa della Madonna del Rosario; ad ottobre, si tiene anche il Premio Nazionale di Letteratura Giuseppe Dessì; il 4 dicembre, si festeggia la Patrona, che è Santa Barbara; la terza domenica di ogni mese, a Villacidro si svolge il Mercatino delle Pulci. I riti della Settimana Santa a VillacidroLe Cerimonie della Settimana Santa a Villacidro iniziano la Domenica delle Palme, il giorno in cui si ricorda l'ingresso trionfante di Gesù a Gerusalemme. Si svolge una breve processione dalla chiesa ed oratorio delle Anime Purganti alla parrocchiale di Santa Barbara dove, dopo la Messa, vengono benedette le palme e i rami d'ulivo portati dai fedeli. Il Giovedì Santo è giorno in cui si ricorda nella parrocchiale l'ultima cena di Gesù con gli apostoli, e in cui si tramanda la lavanda dei piedi in segno di umiltà e di servizio. Le statue vengono tutte coperte con un telo e l'altare resta disadorno in segno di lutto. Il Venerdì Santo, al mattino, inizia la via Crucis, nella quale una lunga croce viene portata in spalla da un uomo vestito con un saio nero e il volto coperto in segno di penitenza o di promessa. Il parroco della chiesa di Santa Barbara si reca al sepolcro, rappresentato dalla chiesa ed oratorio delle Anime Purganti, scalzo e strisciando per la strada. Nella chiesa di Nostra Signora del Rosario viene sistemata la Madonna Addolorata vestita di nero, che sul petto conserva un pugnale che simbolicamente le trafisse il cuore e sul polso una cavalletta d'argento detta Su pibirizzibi in ricordo di un antico miracolo fatto da questa Madonna. E nella chiesa delle Anime Purganti viene collocata la statua di Gesù flagellato alla colonna. Queste due statue, poi, vengono portate nella via Crucis. La sera del Venerdì Santo avviene la cerimonia de Su Scravamentu, durante la quale Gesù viene tolto dalla croce e riposto in un letto che ricorda il sepolcro. La mattina della Domenica di Pasqua, a piazza Frontera avviene la cerimonia de s'Incontru, il momento più alto dei riti della Settimana Santa. La Madonna con il velo nero, in segno di lutto, arriva da via Garibaldi, mentre il Cristo risorto appare dalla via Roma, e si incontrano al centro della piazza. Insieme poi, al suono delle campane finalmente sciolte, della banda, e con la gente in festa, si dirigono verso la chiesa di Santa Barbara per celebrare la solenne messa. Visita del centro del paeseL'abitato di Villacidro, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, è circondato da verdi pinete. Iniziamo, ora la visita del centro del paese. La chiesa parrocchiale di Santa BarbaraIn piazza XX Settembre possiamo visitare la chiesa parrocchiale di Santa Barbara, edificata nel tredicesimo secolo in stile romanico e rimaneggiata nel sedicesimo secolo, con il rifacimento della facciata e di buona parte dell'interno ed anche con l'aggiunta del campanile. L'ex oratorio di Nostra Signora del Rosario che oggi ospita il museo parrocchiale di Santa BarbaraDi fronte alla chiesa troviamo l'ex oratorio di Nostra Signora del Rosario, del diciassettesimo secolo, che oggi ospita il museo parrocchiale di Santa Barbara. È stato sede della Confraternita del Santo Rosario, tuttora attiva e nata diversi secoli orsono con lo scopo di assistere i poveri e favorire la diffusione del culto mariano. L'oratorio delle Anime PurgantiA sinistra della parrocchiale si trova la chiesa ed oratorio delle Anime Purganti, conosciuto come Sa Cresia de Is Animas, con una semplice facciata sormontata da un cornicione curvilineo e un campanile a vela nel lato sinistro, del diciassettesimo secolo. Il LavatoioInteressante anche nel centro storico, il Lavatoio, costruito alla fine del diciannovesimo secolo in stile liberty, con le vasche in pietra e la copertura in ferro. La ex stazione ferroviaria di VillacidroIn via Sebastiano Satta si trova la ex stazione ferroviaria di Villacidro, che originariamente era stata edificata a breve distanza a est di quello che era allora l'abitato. Si trattava di una stazione delle Ferrovie Complementari della Sardegna realizzata lungo la linea ferroviaria che collegava Villacidro con Isili, dopo la stazione di Sanluri Stato, che era entrata in esercizio nel 1915, e che, con alterne vicende, resterà in funzione fino al 1956. L'edificio Viaggiatori esiste tuttora, unitamente al deposito merci affiancato sul lato nord ed entrambi si presentano in ottime condizioni, essendo stati restaurati e ripristinati nelle forme originarie. La stazione al giorno d'oggi è destinata a sede degli uffici delle Ferrovie di Sardegna per il servizio di trasporto passeggeri sulle autolinee. A breve distanza della stazione, in direzione sud, si trova l'area dove era posta la rimessa locomotive, con la vicina cantoniera, che viene utilizzata per il parcheggio degli autobus ARST. Parte dell'ex tracciato ferroviario è ricalcato dall'attuale via Stazione. Visita dei dintorni di VillacidroNei dintorni di Villacidro sono stati portati alla luce i resti del nuraghesemplice Cuccurdoni Mannu; e quelli dei nuraghi Bidda Scema, Cuccuru Muntoni, Is Eremilis, su Nuraxi di tipologia indefinita. Le cascate di Villacidro
San Gavino Monreale sorto intorno alla chiesa di San Gavino martireDa Villacidro ci recheremo a San Gavino Monreale che visiteremo con il suo centro dove si trova la chiesa di San Gavino martire e con i suoi dintorni. In viaggio verso San Gavino MonrealeUsciamo da Villacidro con la SP61, che si muove in direzione nord est e che, in dodici chilometri, ci porta all'interno dell'abitato di San Gavino Monreale. Il paese chiamato San Gavino Monreale
Origine del nomeIl nome San Gavino è attestato nell'anno 1341 come Pro domino Guiducio Mamelli canonico San Gavini, ed identifica evidentemente il patronato del Santo. La specificazione Monreale, deriva dal fatto che l'abitato è collocato alle falde del castello di Monreale. La sua economiaLa sua economia si basa su tutti i settori produttivi. L'agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, e molto Interessante è la produzione dello zafferano, favorito soprattutto dalle condizioni climatiche e biologiche. Si allevano bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L'industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, tra cui il lattiero- caseario, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metalmeccanico, della fabbricazione di strumenti ottici fotografici, cantieristico, dei mobili, della gioielleria e oreficeria ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva e dell'insieme dei servizi. La bella posizione, nel cuore del Campidano, attira numerosi turisti. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storiciLe sue origini risalgono molto probabilmente all'epoca nuragica, visti i reperti rinvenuti risalenti a tale periodo. L'origine del nome dell'abitato è dovuta all'insediamento dei primi abitanti intorno al villaggio di Nurazzeddu, che comprendeva una piccola chiesa dedicata appunto a San Gavino. La denominazione Monreale viene aggiunta in un secondo momento, più precisamente durante la dominazione spagnola, sotto il giudicato di Arborea, ed è dovuta alla vicinanza del borgo al castello di Monreale, appartenente al giudice di Arborea, dove soggiorna anche Teresa d'Entenca, sposa di don Alfonso d'Aragona. All'incrocio di importanti percorsi Viari, nel Medioevo appartiene al giudicato di Arborea, dove appartiene alla curatoria di Bonorzuli. In seguito viene conquistata dagli Aragonesi, e viene in gran parte distrutta dalla guerra. Concessa ai Centelles, feudatari del marchesato di Quirra, passa poi agli Osorio, ed il feudo viene riscattato nel 1839. Del comune di San gavino Monreale nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari in quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Successivamente nel 2016, con l'abolizione di quest'ultima provincia, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a San Gavino MonrealeA San gavino Monreale, in occasione dei raduni folkloristici viene esibito l'antico costume tradizionale. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a San Gavino Monreale vanno citate, per tutto i mesi di febbraio e marzo, le amnifestazioni del Carnevale Sangavinese, con sfilata, concorso di carri allegorici costruiti interamente in cartapesta e con manifestazioni di contorno; la prima domenica di maggio, la festa di San Gavino martire; dal primo giugno fino al 30 settembre, si svolge la manifestazione denominata Estate Sangavinese, con sport, cultura e spettacolo; la terza domenica di maggio, la festa di Sant'Isidoro; la seconda domenica di settembre, la festa di Santa Teresina del Bambin Gesù; a novembre, da non perdere, è la mostra regionale dello zafferano, dell'agro alimentare, dell'artigianato e delle attività produttive, durante la quale la giornata della promozione dello zafferano è caratterizzata da assaggi di piatti tradizionali locali, rigorosamente allo zafferano; il 13 dicembre, la festa di Santa Lucia; il 12 agosto, si festeggia la Patrona, Santa Chiara; La sua economiaIl paese, rinomato per la produzione di zafferano del quale è il principale produttore italiano, ha avuto anche un notevole sviluppo industriale per la presenza della fonderia di materiali non ferrosi, che fu costruita negli anni '30. Brevi cenni storiciIl paese ha avuto origine da due villaggi, detti Ruinas Mannas e Ruineddas, che sul finire del secolo X si sono uniti a un altro chiamato Nurazzeddu. Gli abitanti da Nurazzeddu si sono in seguito spostati verso ponente, dove esisteva la piccola chiesa di Santa Chiara vergine, dell'Ordine Serafico, e quella di Santa Croce, ed abbandonarono l'antica parrocchiale di San Gavino. Il nome San Gavino Monreale deriva dalla chiesa a lui dedicata, e per la distanza di poche miglia dal castello di Monreale, contrazione di Mons Regalis, che descriveremo quando visiteremo Sardara. Nel 1863 viene cambiata la denominazione dello storico comune di San Gavino, che diventa San Gavino Monreale. Del comune di San Gavino Monreale nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova provincia del Sud Sardegna. Visita del centro del paeseL'abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'aandamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. Visitiamo il centro del paese, entrandoci da sud ovest prevenendo da Villacidro con la SP61, che incrocia la SS197 e poi, proseguendo, ci porta all'interno dell'abitato, dove assume il nome di via Villacidro. La chiesa e il convento di Santa Lucia
La chiesa di San Gavino martireProseguendo per settecentocinquanta metri lungo la via convento, arriviamo a una rotonda dove prendiamo a destra la via Santa Chiara, dopo centocinquanta metri prendiamo a sinistra la via San Gavino e, in poco più di una cinquantina di metri, troviamo sulla destra della strada la chiesa di San Gavino, intorno alla quale è sorto il nucleo originario del paese, e che ne è stata per qualche secolo la chiesa parrocchiale. Costruita nel quattordicesimo secolo da maestranze pisane, è stata restaurata nel diciottesimo secolo, e di conseguenza è giunta a noi pesantemente modificata rispetto alle originarie strutture gotiche. L'interno ha un'aula con una sola navata, le pareti intonacate, e la volta, originariamente lignea, in muratura. Unica parte della struttura trecentesca ad essersi salvata è l'abside, in pietra calcarea e vulcanica, a pianta quadrata e con una finestra archiacuta, che in origine era una bifora. Nella parete destra del presbiterio si trova un concio con incisa la data 1347, mentre dall'altra parte si trova dipinta la data 1388, e si può individuare fra le due date il lasso di tempo in cui è stata edificata al chiesa. I restauri dell'abside effettuati nel 1983 hanno portato alla luce quattro altorilievi presenti su quattro mensole scolpite con figure antropomorfe, che reggono le volte a crociera costolonate dell'abside, che si ritiene rappresentino gli ultimi giudici d'Arborea, ossia Mariano IV, i figli Ugone III ed Eleonora d'Arborea, ed il di lei marito Brancaleone Doria. Il Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria e la ex chiesa di Santa SeveraProseguendo, la via San Gavino in una cinquantina di metri sbocca sulla via Santa Severa, che prendiamo verso sinistra, e che, in un centinaio di metri, costeggia il Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria, che si trova alla sua sinistra. Si tratta di un istituto gestito dalla suore del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria, che comprende anche una scuola materna. Subito dopo il Cenacolo, al suo fianco, si trova la ex chiesa di Santa Severa, ossia Sa Cresia e Santa Sera, dedicata alla Santa romana martirizzata a Centocelle coi suoi fratelli Marco e Calendrino. La chiesa, secondo la tradizione, sarebbe stata edificata dagli scampati alla battaglia di Sanluri nel 1409. Attualmente sebbene restaurata, si trova in totale abbandono. La storica chiesa, che è dentro il limite del convento delle suore, non è praticamente nemmeno fotografabile, nonostante un cartello la renda monumento storico per eccellenza. La vecchia stazione ferroviaria di San Gavino MonrealeRiprendiamo il percorso dalla via Villacidro, cinquecento metri dopo la deviazione sulla destra in via convento, proseguendo lungo la via Villacidro arriviamo in piazza Cesare Battisti, dove la strada passa sopra i veccchi binari della ferrovia, e subito dopo, alla destra della strada, si trova la Vecchia stazione ferroviaria. Il paese chiamato era stata raggiunta dai binari della ferrovia nel 1871, quando è stato completato uno dei primi lotti della Dorsale Sarda, che collegava Cagliari al centro campidanese. San Gavino è stata, quindi, dotata di una stazione nel 1880, e collegata per alcuni decenni anche alla miniera di Montevecchio da una ferrovia industriale. contestualmente al lavoro di allungamento della tratta a doppio binario della Dorsale Sarda, già presente da Cagliari a Decimomannu, nel 2006 è iniziata la costruzione, dall'altra parte del paese, di una nuova stazione di tipo intermodale, ossia sia ferroviaria che per le autolinee, lavori completati nel 2007, e nello stesso anno i treni hanno abbandonato la storica stazione nel centro di San Gavino e il vecchio tracciato per servirsi del nuovo scalo. La chiesa parrocchiale di Santa ChiaraProseguendo lungo la prosecuzione delle via Villacidro, che assume il nome di via Roma, per circa cinquecento metri, troviamo alla destra della strada la piazza Guglielmo Marconi, al centro del paese, dove si trova la chiesa di Santa Chiara, che è la parrocchiale del paese, costruita verso il quindicesimo secolo, in una posizione più centrale rispetto a quella di San Gavino martire. Tra la fine del sedicesimo e l'inizio del diciassettesimo secolo, la cappella di Santa Chiara diviene la chiesa parrocchiale. Nel '700 viene ristrutturata, e viene costruita la torre campanaria. Ha la forma di una croce latina, il campanile anticamente era situato sulla parte laterale destra della chiesa, era molto alto e finiva a punta, mentre ora si trova sulla sinistra ed è più basso. All'esterno, la chiesa ha un portone principale, e una piccola entrata nella cappella laterale. All'interno il soffitto è di legno scuro, e il pavimento è di marmo. L’altare è di marmo bianco e marrone, accanto ci sono quattro angeli in marmo bianco, ed al centro dell’altare c’è la statua della Santa, Santa Chiara, che è la patrona del paese. Intorno al 1950 le pareti interne laterali e il soffitto avevano dei dipinti di santi, ma seguito le pareti sono state pitturate di bianco e il soffitto è stato rifatto con delle travi in legno, togliendo in questo modo alla chiesa di Santa Chiara tutto il suo splendore. La chiesa ospita pregevolissime statue lignee di Giuseppe Antonio Lonis, il maggiore scultore sardo del diciottesimo secolo, nato a Senorbì nel 1720, e sono la vergine del Carmine, San Giuseppe, San Giovanni Battista, San Domenico, Sant’Isidoro, Sant’Efisio, e Sant’Antonio. La festa di Santa Chiara, patrona del paese campidanese, si tiene dal 10 al 13 agosto, e la Santa si festeggia il 12 agosto di ogni anno. Le celebrazioni religiose sono varie, e tutte culminano nella grande processione che prende tutte le vie del paese. Per l’evento inoltre sono organizzati numerosi eventi collaterali, tra i quali mostre, concerti, manifestazioni di piazza, ed inoltre si possono ammirare numerosissime bancarelle ove è possibile trovare prodotti tipici del luogo. Il Venerdì Santo nella chiesa di Santa Chiara si tiene la sacra rappresentazione di Su Scravamentu, ossia la rappresentazione della schiodatura e della deposizione di Gesù Cristo dalla Croce. La rappresentazione, di origine antichissima, è interpretata da un gruppo di attori in costume e richiama un grande pubblico di fedeli. L'oratorio di Santa CroceDal lato meridionale della piazza, prendiamo a sinistra la via Santa Croce, la seguiamo per duecentocinquanta metri, e, sulla destra della strada, vediamo la facciata della chiesa ed oratorio di Santa Croce, che, edificato nel sedicesimo secolo, presenta una sola navata coperta da volta a botte sostenuta da archi. La chiesa, all'interno, si presenta molto semplicemente, è piccola a due archi ed a volta solida, ha un solo altare di pietra ove è collocato un crocifisso di grandezza quasi al naturale, che poggia su una grande croce di ginepro, e viene usato il venerdì Santo per la sacra rappresentazione di Su Scravamentu, ossia la rappresentazione della schiodatura e della deposizione di Gesù Cristo dalla Croce. Dagli archivi risulta che questa croce venne costruita nel 1745 dal falegname Francesco Melis per la rappresentazione del venerdì Santo, funzione questa, che a San Gavino ebbe inizio almeno da quell'anno e che, ininterrottamente, si ripete ancora. La chiesa all'interno custodisce opere di pregio, quali l'ottocentesca statua della Madonna della Pietà, la statua di San Sisinnio realizzata nel diciassettesimo secolo. All'interno conserva anche un quadro con un disegno nel quale sono indicati i terreni una volta posseduti e coltivati dai Confratelli di Santa Croce, le cui attività religiose si limitavano alla partecipazione ai funerali, alle processioni e, come privilegio, alla sacra rappresentazione di Su Scravamentu. La chiesa parrocchiale di Santa Teresa del Bambino GesùSul lato sinistro della chiesa ed oratorio, prendiamo la via Monreale che, dopo trecento metri, arriva in piazza Sanna. Prendiamo a sinistra la via Roma, e dopo duecentocinquanta metri, arriviamo a una grande piazza con al centro una rotonda, e di fronte si vede la chiesa di Santa Teresa del Bambino Gesù. Tra gli anni '50 e '60 a San Gavino si assiste a una grande crescita economica e demografica, perciò il vescovo decide l'istituzione di una seconda parrocchia in aggiunta a quella di Santa Chiara, che viene eretta nel 1957, viene edificata tra il '66 ed il '68, e nel 1971 inizia la sua attività pastorale. Allora la chiesa era un rustico con soli infissi esterni, privo di porte interne, pavimenti, suppellettili per il culto e addirittura privo di altare, ma oggi, alla distanza di quasi quarant'anni, la chiesa è diventata anche bella esteticamente. Nel 1999, nella piazza antistante la chiesa, è stata messa una statua di Padre Pio. La nuova stazione ferrroviaria di San Gavino Monreale
Visita dei dintorni di San Gavino MonrealeNei dintorni di San Gavino Monreale sono stati portati alla luce i resti del nuraghe complesso Nuraxi Scrocca. La ex chiesa di Nostra Signora della Rivelazione
Tra San Gavino Monreale e Sardara si trova il castello di MonrealeDa San Gavino Monreale riprendiamo la SP62 e proseguiamo verso nord est in direzione di Sardara. Lungo la strada si vede la conica altura isolata su cui sorgono i resti del castello di Monreale, recentemente restaurato, dal quale si domina tutto il territorio circostante, dal Campidano al golfo di Oristano. Il castello si trova in territorio di Sardara, e verrà descritto quando visiteremo questo comune.
La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da San Gavino Monreale raggiungeremo Sanluri, nel Monreale. Da qui la SS131 di Carlo Felice ci porterà a Serrenti. Effettueremo poi una deviazione a Samassi, per proseguire quindi per Serramanna. | ||||
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