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Chiaramonti che visiteremo le sue chiese ed i suoi dintorni con i numerosi insediamenti preistoriciIn questa tappa del nostro viaggio, da Martis ci recheremo a Chiaramonti, che visiteremo con il suo centro e con i suoi dintorni ricchi di chiese e di siti archeologici. La regione storica dell'Anglona
In viaggio verso ChiaramontiUsciti da Martis, procediamo in direzione ovest sulla SS127, e prendiamo dopo trecento metri sulla sinistra la SS132 che, dopo poco meno di sei chilometri, ci porta all'interno dell'abitato di Chiaramonti. Lungo questa strada si trova la deviazione sulla destra che permette di prendere la strada comunale che collega Chiaramonti con Sassari, e che permette di raggiungere la chiesa di Santa Maria Maddalena de Orria Pithinna e la chiesa di Santa Giusta de s'Abba o de Orria Pithinna, che vedemo più avanti, quando descriveremo i dintorni di Chiaramonti. Dal centro di Martis a quello di Charamonti abbiamo percorso 6.3 chilometri. Il paese chiamato Chiaramonti
Origine del nomeIl nome riflette la sua collocazione Sopra una collina da cui si gode un bell'orizzonte, e deriva dalla sua posizione dominante rispetto alle vallate circostanti, infatti anticamente sono diversi i nomi attribuitigli, quali Claramonte, Caramonte, Tzaramonte, Clara Monte. La sua economiaDiverse fonti descrivono l'economia del paese, che è sempre stata improntata all'agricoltura e alla pastorizia. L'agricoltura, la principale fonte di reddito dell'economia locale, è caratterizzata dalla coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi, agrumi e frutta, nonché dall'allevamento di bovini, suini, ovini, caprini ed equini. La modesta realtà industriale si basa su aziende che operano nei comparti lattiero caseario, alimentare, edile e della lavorazione di mobili. A livello artigianale si producono tappeti in lana sarda con ordito in cotone, con la tecnica A pibiones ossia a grani, oltre ai genuini formaggi tipici. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Le bellezze naturalistiche che la circondano e i numerosissimi resti archeologici visitabili nei suoi dintorni, la rendono meta di un discreto flusso di visitatori cui è offerta anche la possibilità di degustare i prelibati formaggi tipici. Brevi cenni storiciIl paese è ricco di testimonianze storiche, a partire dalla preistoria sino al periodo romano. Oltre un centinaio di nuraghi, disseminati nel territorio, fanno presumere che la zona fosse densamente popolata in epoca preistorica. Le notizie dell'epoca romana si limitano all'esistenza di due antichi villaggi, Orria Manna e Orria Pitzinna, e di quest'epoca sono stati rinvenuti alcuni reperti, costituiti da monete suppellettili varie, e delle tombe nei pressi di alcune antiche abitazioni. Nel periodo medioevale Chiaramonti appartiene al giudicato di Torres, nella Curatoria dell'Anglona. Le numerose chiese situate nel suo territorio ci dimostrano che il fermento di attività continua fino all'insediamento monastico ed oltre. Nel 1259, con la fine del giudicato di Torres, l'Anglona passa a un breve dominio dei Malaspina, e un documento del 1282 attesta la sua vendita, da parte di Corrado Malaspina, a Brancaleone Doria. Da quel momento i Doria dominano l'Anglona, dove vengono edificati numerosi castelli, tra i quali il castello di Chiaramonti, ma, così come per il castello, è incerta la data in cui sorge il paese chiamato Chiaramonti, che, secondo la tradizione, sarebbe stato fondato dai superstiti delle pestilenze che avevano colpito le vicine ville di Orria Manna e di Orria Pizzinna. Con la sua denominazione, viene chiamata tutta l'Anglona interna, che, distinta da Castelgenovese e da Castel Doria, ossia Coghinas, viene amministrata direttamente da Chiaramonti. Nel 1323 inizia l'occupazione aragonese. Pietro IV d'Aragona rileva dai Doria i diritti sulla metà di Alghero e su diverse curatorie tra cui quella di Anglona, lasciando loro in feudo Castelgenovese. Nel 1349 il governatore di Sardegna concede l'Anglona a Giovanni d'Arborea, il quale la occupa pur senza la ratifica regia, ma, nello stesso anno, viene imprigionato dal fratello, il giudice Mariano IV d'Arborea, e l'Anglona torna così in mano ai Doria. Quando nel 1376 Brancaleone Doria sposa Eleonora d'Arborea, unifica in forma personale i suoi possedimenti ssardi con quelli giudicali arborensi. Il 1388 è l'anno della pace concordata tra aragonesi e il giudicato di Arborea. Al governo dell'Arborea sale, nel 1409, Guglielmo visconte di Narbona, nipote francese di Eleonora, che nello stesso anno, venne sconfitto a Sanluri da Martino il Giovane, erede d'Aragona, e, dopo un decennio di resistenza, nel 1420 rinuncia ai propri diritti dinastici cedendoli al re d'Aragona. Quando la Sardegna passa sotto la dominazione aragonese, le curatorie del periodo giudicale cessano di esistere, e vengono sostituite dai possedimentii feudali. Nel 1421, Alfonso V d'Aragona infeuda l'Anglona a Bernardo de Centelles. Nel 1434 suo figlio Francesco Gilaberto de Centelles sconfigge Nicolò Doria annettendo la baronia di Coghinas, e, due anni dopo, ottiene il titolo di conte d'Oliva, una città vicina a Valencia. Nel 1448, quando si conclude la signoria dei Doria in Sardegna, questo centro perde di importanza e viene sostituito da Nulvi, che diviene di fatto il capoluogo amministrativo dell'Anglona. Nel corso del '600 si verificano numerose carestie e pestilenze. Le condizioni economiche e sociali favoriscono, quindi, la diffusione del banditismo, fenomeno destinato ad assumere proporzioni rilevanti nei secoli successivi. Ancora nel '700 la storia dell'Anglona si identifica con quella feudale degli Oliva, fino quando la Sardegna passa dalle mani spagnole a quelle austriache e poi, nel 1720, a quelle del governo sabaudo. Frequenti spedizioni militari vengono organizzate per contrastare il banditismo, tanto che nel 1749, nel Sassu di Chiaramonti, rifugio storico dei banditi, degli oltre trecento latitanti che vi si rifugiavano, circa duecento vengono uccisi sul posto o catturati e poi giustiziati. Nel 1767 viene costituito il principato dell'Anglona, titolo unico per un feudo sardo, e Carlo Emanuele III nomina Maria Giuseppa Pimentel principessa di Anglona, duchessa di Monteacuto, marchesa del Marghine e contessa di Osilo e Coghinas. L'Anglona rimane sotto i Pimentel, fino a quando, nel 1838, Carlo Alberto proclama l'abolizione delle giurisdizioni feudali, i Tellez Giron, eredi degli Oliva, cedono i propri diritti allo stato sabaudo, e l'Anglona viene riscattata al demanio dello Stato. Nel 1888 viene ultimata la nuova chiesa parrocchiale, dedicata a San Matteo. I notevoli flussi migratori che la hanno interessata, causati dalla sovrappopolazione e dall'utilizzo di tecniche di coltivazione e di allevamento scarsamente produttive, riducono drasticamente la popolazione a metà del Novecento. Attualmente Chiaramonti è un piccolo paesino ricco di iniziative, e si cerca anche di puntare, visto il notevole patrimonio archeologico, alla parte turistica, anche se ancora sono carenti le strutture ricettive. A Chiaramonti si segnala l'attività di comporre ancora le poesie in lingua sarda. Personalità legate a ChiaramontiNel 1994 il Consiglio Comunale di Chiaramonti, riunito in seduta straordinaria e solenne, deliberava di nominare cittadino onorario Francesco Cossiga, presidente emerito della repubblica e Senatore a vita, in virtù delle sue origini chiaramontesi. Infatti il nonno paterno Chiccu Maria e il bisnonno Bainzu, su Poeta christianu, erano nati a Chiaramonti. Le principali feste e sagre che si svolgono a Chiaramonti
Visita del centro di ChiramontiIl centro storico di Chiaramonti è molto ben conservato, con strette strade che ricordano i Carrugi genovesi. L'abitato, posto in posizione dominante su un colle, ha un andamento altimetrico tipico collinare. All'ingresso dell'abitato si trova una piccola statua della Madonna di Lourdes
Da piazza della repubblica raggiungiamo il Municipio di Chiaramonti
La chiesa di San Giovanni Battista
I resti del castello dei DoriaSeguiamo tutta la via San Giovanni verso sud ovest, dopo centocinquanta metri continuiamo leggermente verso destra lungo via Giuseppe Mazzini, che, in altri quasi centocinquanta metri, ci porta a prendere a sinistra la via Giuseppe Garibaldi, e poi, subito a destra, la via Arborea, che, in una cinquantina di metri, ci conduce fino alla sommità del colle San Martino, uno dei tre colli su cui è situato il paese chiamato Chiaramonti, nel punto più alto del paese, dove si trovano i resti del castello dei Doria, del tredicesimo secolo, passato poi agli Aragonesi e trasformato nel '600 in chiesa parrocchiale, ed oggi in rovina. Il castello prende il nome dal cognome materno di Brancaleone Doria, marito di Eleonora d'Arborea, ed il giudice Mariano IV d'Arborea ambisce tanto di possederlo, che lo pretende in dote per le nozze di sua figlia Eleonora con Brancaleone. Nel 1348 il sito viene occupato dalle truppe di Rambaldo di Corbera, vicerè aragonese, e poi, alla conclusione della pace del 1350, viene restituito dal re d'Aragona a Brancaleone e Matteo Doria, che ricevono ugualmente in feudo Monteleone e altre località in cambio dei diritti su Alghero. Nel 1357 appartiene ancora ai Doria. Il castello di Chiaramonti dominava, dall'alto del colle, la piana di Martis e di Perfugas, ed aveva di fronte l'altra rocca genovese di Casteldoria. La famiglia genovese dovette tenere in grande conto la posizione strategica del castello e probabilmente incentivò la creazione del nuovo abitato. Il castello era costituito da una torre da un fabbricato capace di ospitare balestrieri e soldati. Della struttura originaria è rimasta la base quadrangolare della torre, mentre il resto viene modificato dagli Aragonesi e mutato in una chiesa. Il complesso, visto dall'interno, è una chiesa tardo gotica ad una sola navata e a otto cappelle. Nell'abside permangono parti delle crociere e le imposte delle nervature della volta, di stile aragonese. Accostata alla chiesa, vi è una torre a base quadrangolare in conci di calcare squadrato, alta circa tra i dieci ed i dodici metri, in un terreno pieno di detriti, che innesta nella parte superiore una struttura poligonale che ha tutte le caratteristiche architettoniche del campanile gotico, come nella chiesa di Bonaria a Cagliari. Attraverso le vie del centro storico raggiungiamo la chiesa parrocchiale di San Matteo apostolo con la sua festa
Presa, scendendo dal colle, la piazza Indipendenza, al primo bivio svoltiamo a sinistra in via Vittorio Emanuele, dalla quale, dopo un'ottantina di metri, troviamo sulla sinistra la via San Matteo, che, in meno di quaranta metri, ci porta a vedere, alla destra della strada, la facciata della chiesa di San Matteo apostolo, che è la chiesa parrocchiale di Chiaramenti. È stata edificata in puro stile neoclassico nel 1888, dopo che un fulmine ha distrutto la torre campanaria della vecchia chiesa del castello, che era stata precedentemente la chiesa parrocchiale. Eretta in pietra trachitica, ha l'interno diviso in tre alte navate, con due colonne e due pilastri per parte. La facciata della chiesa presenta decorazioni, basamento e cornice perimetrale molto scure, che contrastano visibilmente con il bianco quasi lucente delle superfici intonacate. La torre campanaria è realizzata con la stessa pietra trachitica della facciata, ed, a pianta ottagonale, ha una base quadrata, e va rastremandosi nell'ultimo tratto. A Chiaramonti il 21 settembre, si celebra la festa di San Matteo, che è il Santo Patrono del paese, oltre che protettore della Guardia di Finanza, con la processione di fedeli dalla parrocchia di San Matteo fino al monte del castello dei Doria, dove viene celebrata la messa accompagnata dai canti del coro parrocchiale, altre cerimonie religiose, seguite da manifestazioni civili. La chiesa di Nostra Signora del Rosario o di Su RosariuRitornati dalla deviazione sulla via San Matteo, proseguiamo pochi metri lungo la via Vittorio Emanuele ed arriviamo in piazza Azuni, dalla quale prendiamo sulla destra la via del Rosario, che, in una sessantina di metri, ci porta a trovare, sulla sinistra della strada, la facciata della chiesa di Santa Maria del Rosario, chiamata in lingua sarda Su Rosariu. Questa chiesa è rimasta sconsacrata per molti anni, tanto che durante l'ultima guerra vi furono ricoverati diversi soldati feriti. In seguito è stata utilizzata come luogo di ritrovo, nel quale si facevano delle proiezioni cinematografiche. Da diverso tempo è, comunque, stata riconsacrata ed è seguita dalla popolazione locale con molta devozione. La chiesa di Nostra Signora del Carmelo o di Su Gamminu con la festa della Madonna del CarmeloProseguendo, la via del Rosario dopo una cinquantina di metri prosegue sulla via del Carmelo, che, in duecento metri, ci porta nella parte alta del paese, dove al suo termine, dopo una svolta a sinistra e poi, subito a destra, troviamo una grande piazza con al centro una statua di San Padre Pio da pietralcina. Alla sinistra della statua si trova la chiesa del Carmelo o di Su Gamminu, edificata nel 1587. La chiesa del Carmelo era annessa a un monastero duecentesco, il convento dei Carmelitani, edificato nel 1587, di cui attualmente non resta più niente dato che è stato stupidamente abbattuto negli anni '60 del Novecento. Dal punto di vista artistico, è la chiesa più interessante del paese in quanto, nonostante l'intonaco che rovina la facciata, all'interno mantiene la bellezza di un tempo, dove è significativo l'altare maggiore ligneo, ed inoltre un dipinto del '700 che raffigura Santa Agnese con il castello dei Doria sullo sfondo. Oltre all'altare, sono degni di nota l'altro altare ligneo sito in una cappella laterale, proveniente dalla chiesa di Santa Maria Maddalena, l'ambone ed i quadri. La statua di San Padre Pio è stata inaugurata nel 2002, ed i cittadini, fra devoti e curiosi, hanno fatto cornice ad un avvenimento che si è svolto in contemporanea con Roma, dove Papa Giovanni Paolo II lo ha proclamato Santo. Presso questa chiesa ogni anno, il 16 luglio, si svolge la festa in onore della Madonna del Carmelo. Il campo da calcio comunale di Chiaramonti
Il cimitero di ChiaramontiProseguendo la strada che ci ha portato alla chiesa del Carmelo, la via curva a sinistra e ci porta al cimitero di Chiaramonti, che confina, con il suo muro di cinta sinistra, con la chiesa. Si trova nella zona del paese denominata Cunventu, il cui nome del paese deriva dalla presenza del convento dei Carmelitani che era annesso alla chiesa della Madonna del Carmelo. Su Mulinu de su Bentu ossia il Mulino a Vento di Chiaramonti
Nel territorio di Chiaramonti esistono anche diversi Mulini ad Acqua, i principali dei quali si trovavano sul fiume Badu Olta, a poca distanza l'uno dall'altro. Possiamo ancora vedere li canali di derivazione e di convogliamento delle acque. Il mulino a vento, insieme ai vari mulini ad acqua, sopperiva alle esigenze della popolazione anche dei paesi limitrofi, e rappresenta uno dei principali simboli cui si riconoscono i chiaramontesi. Il rione Codinas ossia Sa Rughe con la chiesa del Cristo re e la festa della Madonna della strada
Di fronte ai giardini, alla sinistra della strada, si trova la chiesa di Cristo Re, una chiesa di nuova consacrazione, edificata per l'impegno e la devozione di alcuni fedeli. Presso questa chiesa, il 6 di agosto a Chiaramonti si svolge la festa della Madonna della Strada, protettrice degli automobilisti, che prevede il sabato una messa, la processione, ed in serata la cena per tutti in piazza seguita da una grande serata folk; poi la domenica la festa prosegue con la messa solenne davanti alla statua della Madonna. Nei dintorni di ChiaramontiNei dintorni di Chiaramonti sono stati portati alla luce i resti della domus de Janas di Peruchi; della necropoli con le domus de Janas di Murrone; delle tombe di giganti di Corrales, Elighia, Frades Contones; dei protonuraghi Cobesciu, e Tetti; dei nuraghi semplici Ruju, e Sas Coas; ed anche dei nuraghi Alzola de Coghalzos, Aspru, Aspru Santu Pedru, Attalzu, Badde, Badde Cheia, Bados de Love I, Bados de Love II, Bados de Love III, Baldedu, Bantinepira, Bellimpiattu, Bulvaris, Cacchile, Cannalzu, Castras, Chentu Raseris, Chiralza, Cobesciu III, Conca de Fossu, Conca de Fossu II, Conca Zuighe, Concas, Cucciucciu, de Rosa, de su Montju de su Aldu, Donna Ciccia, Ederas, Elighia, Ena Longa, Frades Contones, Funtana Salza, Furros, Giaganne Dominigu, Giaganne Dominigu II, Giaganne Dominigu III, Giunturas, Iscaneddu, Istevere, Lavrone, Lepris, Longu, Madau, Mandras I, Mandras II, Massedda, monte Aldu, monte Cuccula, monte Culumba, monte Elighia, monte Pattada, monte Pertusu, monte Scala de Malta, monte Serrone, monte Sozzu, monte Zennaru, Nigolittu, Paule Udas, Paules, Peddiu I, Peddiu II, Pedru Giosso, Petru Canu, Pisciu Accas I, Pisciu Accas II, Pisciu Accas III, Porcalzos, Rispidu, s'Ena, s'Istria, Sa Coa Pertusa, Sa Figu Niedda, Sa Figu Niedda II, Sa Figu Niedda III, Sa Figu Niedda IV, Sa Leriga, Sa Midda Francesco Ruiu, Sa Midda Manna, Sa Ortija, Sa Tanca de Sa Cheja, Sa Tanca de su Re, Sa Tanca Ezza, Santa Caderina, Sanu, Sas Calpidas, Sas Calpidas II, Sas Codinas, Scala de Malta, Scala Lampadas, Scobertu, Serra Pantaleo, Sos Terrelas I, Sos Terrelas II, Sos Terrelas III, su Agantinu, su Aianu, su Caddalzu, su Cannau, su Carrarzu, su Casteddu, su Castru Cavacadu, su Cobesciu II, su Laccheddu, su Lizu, su Lotto, su Puddu, Suelzu, Suerzones, Tiriales, Truddariga, Turturina, Tuvuleddu, Tuvuleddu II, Ui, tutti di tipologia indefinita; non restano più tracce dei nuraghi sorgeva il nuraghe Muntju de Chelvos I, e Muntju de Chelvos II, che sono stati completamente distrutti. Una deviazione lungo il tagitto per raggiungere la chiesa di Santa Maria Maddalena de Orria PithinnaDal centro di Chiaramonti, riprendiamo la SS132 di Ozieri in direzione Martis, procedere per circa tre chilometri e prendiamo la deviazione verso sinistra sulla strada comunale che collega Chiaramonti con Sassari, in prossimità di una fonte di acqua freschissima, seguendo le indicazioni. Proseguimo lungo questa per due chilometri e seicento metri, raggiungiamo il territorio che faceva capo alla villa di Orria Pithinna, che deriva il suo nome dal termine Orrija, ad indicare il granaio, e Pithinna, ossia molto piccolo. Il centro abitato di Orria Pithinna è stato in seguito abbandonato, come i vicini villaggi di San Lorenzo e di Santa Giusta, intorno al IV secolo, a causa della pestilenza che si diffonde in tutta l'Anglona e che decima la sua popolazione. Alla sinistra della strada troviamo, nella campagna, la bella chiesa campestre di Santa Maria Maddalena de Orria Pithinna, realizzata nel dodicesimo secolo in stile romanico pisano con conci di calcare bianco e trachite rosa disposti a righe alternate, pianta a croce latina ed abside semi circolare. In origine era a navata unica con pianta basilicale ed aula conclusa ad oriente da un'abside semicircolare, e con copertura in legno. Successivamente, nel primo quarto del quattordicesimo secolo, è stata modificata con l'aggiunta di due cappelle laterali, una per lato, che ne hanno stravolta la struttura originaria, e la copertura è stata modificata con la volta a botte, come le cappelle. Anche all'interno si rimane colpiti dall'intercalare cromatico; l'ambiente è molto sobrio, illuminato da sole tre monofore ed al centro del transetto, in posizione lievemente rialzata, la semplice mensa d'altare in pietra, con dietro l'antico simulacro della Santa titolare, custodito dentro una teca. Nel 1205 Maria de Thori, moglie del nobile Pietro de Maronju, e zia del giudice Comita II di Torres, dona questa chiesa, insieme con quella poco distante di Santa Giusta, con servi, case, boschi, terre e animali, a Martino, priore del sacro eremo e monastero di Camaldoli. I Frati Camaldolensi erano stati fatti arrivare in Sardegna nel 1112 dal giudice Costantino I. La donazione viene, poi, riconfermata nel 1210 al priore Roberto, e all'atto intervengono nuovamente Comita II, il figlio Mariano e altri parenti, e Comita coglie l'occasione per assoggettare i monaci di Camaldoli a condizioni che assicurino ai loro servi tutti i vantaggi già goduti durante la vita del marito della de Thori. I Frati sono sicuramente portatori di benessere, di cultura e di arte, cosa testimonia la modifica dell'architettura delle chiese giunte fino a noi, ma devono anche lavorare le terre e governare il bestiame, nonche armarsi per difendere i loro possedimenti, sia dai laici che dal clero secolare, sempre geloso dei Frati che godevano ampie simpatie da parte del popolo e dei nobili. La festa di Santa Maria Maddalena un tempo si svolgeva il 22 luglio, ma in seguito, per ragioni climatiche, è stata spostata al secondo fine settimana di settembre, ed, al termine della funzione religiosa, il comitato organizzatore offre un rinfresco. L'area archeologica di Orria PitzinnaAll'altro lato della strada comunale che collega Chiaramonti con Sassari, ossia alla sua destra, si trova l'area archeologica di Orria Pitzinna, nella quale è presente la domus de Janas di Peruchi chiamata anche Di Santa Maria Maddalena di Orria. Si tratta di una cella singola ottenuta all'interno di una prominenza di calcare friabile, nelle cui immediate vicinanze si notano i resti della presenza di altre emergenze che sono state abbandonate o nelle quali non sono stati ultimati i lavori. Poco distanti, verso nord ovest, in direzione di un casolare, si trovano le Coppelle di Orria Pitzinna, disposte su un molto interessante tacco calcareo, che presenta una serie di coppelle disposte secondo un ordine preordinato, con varie di vasche di diversa forma. Appare alquanto realistico pensare ad un uso sacro del luogo attraverso riti cerimoniali e religiosi o di iniziazione. Appare realistico pensare che l'esposizione ai fattori atmosferici e ai vandali renda il sito sempre più illegibile perché sottoposto ad usura e ad azioni distruttrici. E da qui raggiungiamo la chiesa di Santa Giusta de s'Abba o de Orria PithinnaPercorsi altri due chilometri e duecento metri dalla chiesa campestre di Santa Maria Maddalena, lungo la strada comunale che collega Chiaramonti con Sassari, si trova alla destra della strada la chiesa di Santa Giusta de s'Abba o de Orria Pithinna. Vi è un altro percorso per raggiungerla, che è però molto più lungo, ossia da Chiaramonti scendendo in direzione di Sassari lungo la SS132 e, percorsi due chilometri e seicento metri, svoltando a destra verso Nulvi sulla SP68. Procedendo, poi, per poco più di quattro chilometri, girando a destra verso Nulvi ed Osilo, e proseguendo per tre chilometri e seicento metri, sino all'indicazione sulla destra che ci fa imboccare la stradina e proseguendo per gli ultimi seicento metri, che ci portano alla chiesa. La chiesa di Santa Giusta de s'Abba, o De Orria Pithinna sarebbe stata edificata, secondo la leggenda, in un luogo nel quale sarebbe apparsa la Santa. La chiesa conserva all'interno una sorgente d'acqua alla quale vengono attribuite proprietà miracolose. Le tombe delle due sorelle di Santa Giusta, Giustina ed Enedina, sarebbero state conservate proprio nell'antico monastero, che era situato dietro la chiesa. All'interno si trova anche una reliquia della Santa, dichiarata insigne dall'Arcivescovo, costituita da un pezzo d'osso del braccio lungo circa quindici centimetri. Nel 1205 Maria de Thori, zia del giudice Comita II di Torres, dona la chiesa di Santa Maria Maddalena e quella vicina di Santa Giusta, ai monaci Camaldolesi, che presso quest'ultima edificano il monastero di cui ora rimane solo la piccola chiesa romanica. L'ultima domenica di maggio presso questa chiesa si svolge la festa di Santa Giusta, seguita da una seconda celebrazione il primo fine settimana di settembre, quando si ripete la festa campestre di Santa Giusta. Si tratta di una cerimonia religiosa per la quale accorrono numerosi pellegrini da tutta l'Anglona per seguire la processione serale, per la quale un corteo di auto accompagna il simulacro della Santa fino alla parrocchiale di San Matteo. Segue una festa campestre, ed a tutti i presenti il comitato promotore offre da mangiare e da bere le varie specialità del posto, fra cui la pasta preparata col brodo della pecora bollita, oltre a del buon vino. La frazione Tenuta Madau ed i nuraghi attorno al suo bacino artificiale
Purtroppo negli anni sessanta del Novecento diversi siti archeologici della zona sono spariti a causa di lavori di trasformazione fondiaria, ma più di tutto alla costruzione della diga del bacino artificiale, che non ha mai svolto appieno le sue condizioni di uso. Verso nord ovest restano poche tracce del nuraghe su Montju de su Aldu, del quale riporta la memoria storica chi ha lavorato alla costruzione del bacino artificiale di Madau nella seconda metà del 1900. 'e uno dei tre Noraghi che circondano lungo il perimetro il laghetto artificale dell'ex tenuta Madau. Ad est si trovano tracce del nuraghe Muntju de Chelvos I, ossia nuraghe della collina dei cervi, chiamato anche nuraghe Madau, il cui circolo basale è costituito da massi ciclopici che ne determinano l'imponenza quasi a guardiano della vallata circostante, pure essa fortemente antropizzata e ricca di altre belle emergenze.Il circolo basale è costituito da massi ciclopici che ne determinano l'imponenza quasi a guardiano della vallata circostante pure essa fortemente antropizzata e ricca di altre belle emergenze. A sud est sorgeva il nuraghe Muntju de Chelvos II, come tanti altri in totale rovina, del quale si distinguono, comunque, anche se poche prove dell'antica costruzione di cui si evidenziano alcuni massi del circolo basale. Ad ovest del bacino artificiale si trova il nuraghe Tuvuleddu, di tipologia indefinita anche se pare trattarsi di un monotorre. Il rilevamento è difficoltoso a causa di piante cespugliose spinose che ne hanno colonizzato tutta la costruzione. Intorno al Noraghe si trovano chiare ed evidenti le tracce delle capanne che sono sparse attorno al corpo centrale, e che costituivano l'insediamento nuragico di Tuvuleddu. E, un poco più a nord est verso il bacino artificiale, si trovano poche tracce di quello che era il nuraghe Tuvuleddu II, anch&@39;esso di tipologia indefinita. La frazione Cantoniera Carralzu
La chiesa di Santa Maria de Aidos ossia di Santa Maria Bambina con la sua festa
Resti del nuraghe Giunturas
Resti della tomba di giganti di Corrales
L'area archeologica di Elighia con le mura megalitiche di punta 'e s'ArroccuSulla SP75, passato il nuraghe di Corrales, proseguiamo per poco più di tre chilometri e mezzo in direzione della frazione Cantone Ruiu, poi troviamo una deviazione sulla destra che va verso sud, in direzione dell'Agriturismo Pentuma, e che, in quattro chilometri e mezzo, ci porta in località Elighia, dove troviamo l'area archeologica di Elighia. Qui troviamo i resti del nuraghe Elighia che, da quota superiore ai seicento metri, domina la campagna sottostante, ma che, purtroppo, si trova in stato di rovina. Vicino si trova il menhir di Elighia, del quale manca del tutto la parte superiore. E non lontano la tomba di giganti di Elighia, anch'essa molto in rovina, della quale si riesce a rilevare la muratura di ortostati verticali e parte dell'esedra. Un poco più ad est, a punta 'e s'Arroccu, troviamo la Mura megalitiche di punta 'e s'Arroccu, chiamate anche la Fortezza preistorica di Elighia, edificate sul costone in posizione dominante, a controllare, dalla sua altezza, tutta la pianura de Su Campu de Othieri ad est, e tutto il territorio di Chiaramonti in direzione ovest. Si tratta di un bell'esempio di fortezza, che si sviluppa con una massiccia cinta muraria per qualche centinaio di metri, costituita da grossi massi poligonali con andamento vagamente circolare, a linee spezzate da nord passando ad ovest fino a sud. La cinta muraria ha due ingressi, quello principale rivolto verso nord ed uno più piccolo a sud. I due ingressi sono stati per molto tempo, erroneamente, considerati dagli studiosi due tombe di giganti. Essi, invece, costituiscono una parte integrante della grande costruzione megalitica, e sono inseriti nel suo contesto. Dall'ingresso a nord entriamo in un atrio, difeso da una seconda cinta muraria. La frazione Cantone RuiuEvitando la deviazione che ci ha portati a raggiungere l'area archeologica di Elighia con le mura megalitiche di punta 'e s'Arroccu, proseguiamo sulla SP75 per circa due chilometri e duecento metri, e troviamo, alla destra della strada provinciale, la piccola frazione Cantone Ruiu, detta anche Casu Ruiu (altezza metri 338, distanza 8.2 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti). Il bellissimo nuraghe semplice RuiuUscendo dall'abitato di Chiaramonti con la SS132, entrati nel Rione Codinas la strada statale gira a destra, mentre proseguendo dritti si imbocca la via Capitano Amadio, che è la SP75 che conduce in direzione di Erula, e, lungo questa strada, passata la deviazione per la chiesa di Santa Maria de Aidos, dopo meno di cinquecento metri troviamo il raccordo che ci porta sulla strada a scorrimento veloce SS672, che si dirige verso nord est e che collega Sassari con Tempio Pausania.
Lungo la strada per il villaggio abbandonato di Su BulloneProcediamo in direzione nord est sulla SS672 e, dopo tre chilometri e duecento metri, troviamo verso destra l'uscita che, seguendo le indicazioni, porta al villaggio abbandonato di Su Bullone, che visiteremo più avanti. Percorsi circa duecento metri, prendiamo tutto a sinistra, procediamo per trecentocinquanta metri e, poi, svoltiamo leggermente a destra, e procediamo per circa centotrenta metri. Qui prendiamo la deviazione verso sinistra e la seguiamo per circa novecento metri, poi troviamo sulla sinistra un cancello, passato il quale troviamo una strada a traffico limitato che, in circa cento metri, ci porta ad un casolare. Resti del nuraghe Sanu
Resti del nuraghe Longu
Resti della necropoli con le domus de Janas di MurronePercorsi tre chilometri e duecento metri slla SS672, presa, invece, l'uscita verso destra in direzione del villaggio abbandonato di Su Bullone, proseguiamo dritti per circa un chilometro e seicento metri, e troviamo sulla destra della strada la necropoli con le domus de Janas di Murrone. La necropoli è costituita da quattro ipogei, caratterizzati dalla presenza di un lungo atrio, detto dromos, un'ampia antecella, e diversi vani, e viene fatta risalire alla Cultura di Ozieri, con il suo successivo riutilizzo da parte della Cultura del Vaso Campaniforme, della Cultura di Bonnanaro, ed anche in epoca romana. La tomba I è stata gravemente danneggiata. Dal grande atrio, che presenta nelle pareti tracce di intonaco rosso su fondo bianco, si accede all'anticella, a pianta rettangolare, e da questa si accede alla cella centrale, a pianta quadrangolare irregolare, che immette in sei celle secondarie disposte a raggiera, in alcune delle quali si conservano tracce di colore rosso alle pareti. La cella centrale ha il soffitto scolpito a travetti che richiamano la copertura delle capanne, a riprodurre la struttura della casa dei viventi. All'ingresso del cellette è scolpita una protome bovina, in rappresentazione della divinità Sole, identificata con il Toro, contrapposta a quella della Luna, identificata con la Vacca. La tomba II presenta un lungo atrio, dal quale si accede all'anticella quadrangolare, e successivamente alla cella centrale, che immette in cinque celle secondarie disposte a raggiera. La tomba III presenta anch'essa un lungo atrio, con un setto divisorio in corrispondenza dell'ingresso. Dall'ingresso si accede ad una camera centrale, a pianta rettangolare, e successivamente ad una cella a pianta ovoidale, Sul lato sinistro si apre un vano secondario a pianta ellittica, mentre sul lato Destro si trova una serie di piccoli ambienti che, con andamento circolare, vanno a congiungersi con il lato Destro dell'atrio. La tomba IV, che solo recentemente è stata rinvenuta, conserva il suo porticino litico. Resti del nuraghe di Suerzones con Sa Trona de su ReProseguendo per circa due chilometri e trecento metri lungo la strada che ci porterà al villaggio abbandonato di Su Bullone, troviamo un cancello sulla sinistra, passato il quale, in un chilometro circa, arrivaimo ad alcune strutture, dalle quali, proseguendo, ci si dirige verso la Fattoria didattica di Corrameana.
Il villaggio abbandonato di Su Bullone
La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, dopo la deviazione a Chiaramonti, torneremo indietro fino a Martis, e da qui ci recheremo a Nulvi, che è stato il capoluogo della regione storica dell'Anglona, dove visiteremo l'abitato con i suoi dintorni. | ||||
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