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Origini e storia della bandiera con i quattro Mori che viene considerata la tradizionale bandiera della Sardegna


Una Croce rossa in campo bianco, inquartata con quattro Teste di moro con una benda sulla fronte scendente sugli occhi, annodata all’occipite, rivolta in direzione opposta all’inferitura, è il simbolo del popolo sardo, ufficialmente adottata dalla regione Autonoma per la prima volta nel 1952. Questo simbolo nella lingua nel nord dell’Isola, il logudorese, è chiamato Sos Battor Moros, invece nella lingua del sud dell’Isola, il campidanese, viene chiamato Is Cuattru Morus. Inoltre nel Sassarese è chiamata Li quattru mori, nel Gallurese Li Cattru Mori, nel Catalano Els Quatre Moros, ed infine nel Tabarchino I Quattru Mói.

Alcune ipotesi non confermate sull’origine del simbolo

Da tempo si cerca di ricostruire, tra leggenda e realtà storica, e tra Sardegna e Spagna, l’origine ed il significato di questo stemma, che però rimane ancora oggi sostanzialmente un mistero.

La prima ipotesi autoctona sull’origine della bandiera dei quattro Mori

Questo simbolo è stato interpretato, dal popolo sardo, come un’icona dei Quattro Giudicati in cui la Sardegna era divisa nel periodo medioevale, a seguito della sconfitta dei pirati saraceni, quand ’era ancora libera ed indipendente. Stemma del Giudicato di Torres o del LogudoroStemma del Giudicato di GalluraStemma del Giudicato di CàralisStemma del Giudicato d’ArboreaI Giudicati, che si formarono, tra l’851 e l’864, rappresentavano una innovativa forma di governo di particolare successo, molto simile a quello dei comuni, ma con grande anticipo rispetto ad essi, rendendo di fatto la Sardegna più avanti rispetto alla storia del continente di ben cinque secoli. La teoria di un’origine autoctona del simbolo è stata ripresa nell’ottocento, influenzata dal clima del romanticismo, e portata avanti da diversi autori tra i quali Vittorio Angius e Pietro Meloni Satta, che identificarono nei Mori i quattro Giudicati sardi vittoriosi sugli Arabi. Presentata in questa forma, di certo la teoria era molto appagante, in quanto riconosceva nello stemma un simbolo vittorioso, tutto sardo, nato nel periodo giudicale. Ma non è stata mai dimostrata la veridicità di questa interpretazione. I quattro GiudicatiSi tratta, quindi, di un probabile errore di interpretazione storica, come sostenuto da Antonio Era, professore dell’Università di Sassari eletto nel primo Consiglio regionale della Sardegna per il Partito nazionale Monarchico e vicepresidente del Consiglio stesso dal 1949 al 1953, che il 19 giugno del 1950 nelle discussioni antecedenti le votazioni che decreteranno i quattro Mori bandiera ufficiale della regione Sardegna, critica il vessillo affermando: Badate che l’emblema dei Quattro Mori non rappresenta, come si dice, i quattro Giudicati in cui la Sardegna era divisa otto-novecento anni fa, quand ’era libera e indipendente: si tratta di un errore di interpretazione storica, e dunque non è nè ovvio nè obbligatorio scegliere proprio questo stemma. Che è sì uno stemma popolare e consacra la tradizione plurisecolare della Sardegna, come detto nell’ordine del giorno, ma non è quello stemma sardissimo come si è soliti immaginare.

Una seconda ipotesi autoctona sull’origine della bandiera dei quattro Mori

Secondo un’altra ipotesi, sino dal tredicesimo secolo esiste una variante sulla genesi dello stemma, che trova anch’essa riscontro nella tradizione sarda, in particolare in quella sardo pisana. Gli autori che la proposero, in genere ecclesiastici, sostennero, con poche varianti di argomentazioni, che risalirebbe all’epoca delle invasioni arabe quando i Sardi lottarono duramente per la difesa dell’Isola. Il papa Benedetto ottavoIl pirata saraceno MusetoIl simbolo sarebbe stato presente sul Leggendario gonfalone rosso con croce bianca al centro consegnato da papa Benedetto ottavo ai Pisani, accorsi insieme ai Genovesi in aiuto dei Sardi nel 1015, perché fosse utilizzato nel campo di battaglia contro i Saraceni condotti da Mujahid al: amiri al-Muwaffaq, detto Al-Muwafaqq e noto in Italia come Museto, che cercavano di conquistare la penisola italica e la Sardegna. Cagliari: bandiera del Sacro Romano Impero dal 1200 al 1350La croce rossa in campo argento o bianco, ossia la Croce di San Giorgio, patrono della cavalleria cristiana, sta ad indicare che la guerra contro gli Arabi avrebbe assunto, nell’Isola, il significato di una vera e propria Crociata. Da notare che i colori dello sfondo e della croce sono scambiati rispetto a quelli successivamente adottati nella bandiera sarda, e che al gonfalone i Sardi, dopo la definitiva cacciata degli Arabi, avrebbero aggiunto le quattro teste di moro. Di questo gonfalone, dal quale sarebbe derivata la Bandiera del Sacro Romano Impero, manca, però, ogni evidenza storica, nè si comprende il significato che potrebbero aver avuto i quattro Mori. Siamo, perciò, propensi a ritenere anche questa tradizione priva di fondamento.

La tradizione catalana e spagnola fa risalire l’origine del simbolo ai Catalano Aragonesi

La bandiera d’AragonaSullo stemma d’Aragona sono presenti Quattro pali rossi in campo d’oro, che si ritiene stiano a rappresentare l’impronta tracciata dalle quattro dita, indice, medio, anulare e mignolo, di una mano intrisa di sangue. Una leggenda catalana, infatti, narra che Goffredo il Villoso, conosciuto anche come Goffredo l’Irsuto, l’ultimo conte di Barcellona nominato dalla monarchia franca e il primo a lasciare le sue proprietà ai suoi figli, che aveva unificato i paesi Catalani, gravemente ferito nel 897 in battaglia nella lotta contro l’invasore normanno, avrebbe tracciato con la mano questo segno su uno scudo dorato. Rinvenimento delle quattro teste di Mori nella battaglia di Alcoraz in un disegno di Efisio GarauNel 1094, l’esercito aragonese, guidato dal re Sancho Ramírez, mette sotto assedio la città di Huesca, governata dai Musulmani, e nell’assedio viene colpito da una freccia e muore. A lui succede nel 1076 il figlio Pietro I d’Aragona, che, un poco più ad ovest rispetto alla Catalogna, unificherà la Corona d’Aragona e quella di Navarra. Perdurando l’assedio di Huesca, nel 1096, Al-Musta'in II, il re della Taifa di Saragozza, da cui Huesca dipende, decide di portare soccorso a questa città, e, nelle vicinanze, avviene lo scontro conosciuto come la battaglia di Alcoraz. Dopo una iniziale superiorità delle truppe musulmane, la vittoria arride alle truppe aragonesi, guidate da Pietro I, che riesce a conquistare la città di Huesca. Pietro I d’Aragona riceve uno scudo con la Croce di San GiorgioIn seguito, secondo la tradizione aragonese e spagnola del quattrocento, che riprende una leggenda dell’undicesimo secolo, al termine della battaglia, sarebbero state trovate sul campo di battaglia le Teste di quattro principi mori mozzate e fornite di turbanti adorni di pietre preziose. Dopo la vittoria viene issata, insieme alle insegne dei conti di Barcellona nelle quali sono presenti i quattro pali rossi in campo d’oro, anche una nuova bandiera, che riporta, in ciascuno dei quattro quarti bianchi formati dalla croce rossa di San Giorgio, la testa di un principe moro con la benda sulla fronte simbolo di regalità, per ricordare la battaglia e la sconfitta del sovrano avversario. Il tutto a ricordo di San Giorgio, che avrebbe favorito la vittoria intervenendo nella battaglia sotto forma di un misterioso guerriero con una croce rossa sul petto. Ma siamo propensi a ritenere questa tradizione di origine aragonese priva di fondamento.

Un’altra interpretazione che fa risalire l’origine del simbolo ai Catalano Aragonesi

Secondo un’altra interpretazione, sempre di origine aragonese, la bandiera sarebbe stata creata dagli Aragonesi per rappresentare la reconquista spagnola contro i Mori che occupavano buona parte della penisola iberica. In tal senso, viene interpretata la croce di San Giorgio come simbolo dei Crociati che combattevano gli stessi Mori in Terra Santa, e le quattro teste mozzate avrebbero rappresentato quattro importanti vittorie conseguite dai Catalano Aragonesi sui Mori in Spagna, ossia la riconquista di Saragozza, Valencia, Murcia e delle Baleari. Siamo però propensi a ritenere anche questa seconda tradizione di origine aragonese priva di fondamento.

E se la bandiera con i Mori fosse un simbolo dei templari?

Hugo de PaynsRappresentazione dei tre mori nello stemma di Hugo de PaynsLeonardo Melis, autore di tante ricerche sulla storia della Sardegna, sostiene che il simbolo dei quattro Mori avrebbe avuto un passato templare, per la precisione sarebbe stato lo stemma del primo Gran Maestro dell’Ordine, Hugo de Payns, che aveva Tre mori bendati nel suo stemma, già prima della formazione, nel 1129, dell’Ordine templare. Ordine che ottiene nel concilio di Troyes del 1128 l’approvazione di papa Onorio II. Secondo gli ultimi studi, Hugo de Payns altri non sarebbe che l’italiano Ugo de Paganis, che con il compagno d’armi Goffredo di Saint-Omer e con alcuni altri cavalieri, fonda il nucleo originario dell’ordine dei Pauperes commilitones Christi templique Salomonis, ossia Poveri compagni d’armi di Cristo e del tempio di Salomone, con il compito di assicurare l’incolumità ai numerosi pellegrini europei che si recavano a visitare Gerusalemme. Nello stemma di Hogo de Payns la benda era sulla fronte e non calata sugli occhi. Una benda che forse rappresentava il cerchio di bronzo che adornava la fronte dei Celti, la stessa benda che portava Ampsicora di Cornus, che guidava la ribellione dei Sardi all’occupazione romana. Cagliari-Rappresentazione dei cinque moriE a chi sostiene che in questo stemma i Mori erano tre e non quattro, Leonardo Melis risponde che il numero dei Mori non è importante, esistono, infatti, rappresentazioni anche con Cinque mori. Ve n’è una nel quartiere Castello, a Cagliari, che chiunque può controllare di persona, entrando dalla via Giuseppe Manno, sotto il secondo portico, dopo quello della porta dei leoni, sulla sinistra, alla sommità di una porta. Ho Chiesto all’amico Andrea Sensi di recarsi a fotografarla, ma le indicazioni erano poco chiare ed ha dovuto coinvolgere l’intero rione Castello per cercarla, ma nessuno degli abitanti del posto era a conoscenza di questa cosa. alla fine, con l’aiuto del pittore maestro Tonio Spada, è riuscito a recarsi sul posto e eseguire la foto. Gonnario II de Lacon-GunaleApparizione della Vergine a San Bernardo di ChiaravalleI Mori bendati erano, quindi, già presenti nei Giudicati di Torres e di Arborea. Il giudice Gonario della dinastia de Lacon-Gunale, detto Gonario II di Torres, era amico di San Bernardo di Clairvaux, monaco e Abate francese, che è tra i fondatori storici dell’ordine Cistercense e sostenitore del movimento templare. Gonario, crociato e templare, che ha chiamato e fatto arrivare in Sardegna i monaci Cistercensi, è ancora oggi venerato nel sud della Francia come Santo. E nel monastero Benedettino di San Pietro di Sorres, in territoro di Borutta, c'è ancora la tomba del frate domenicano che era il medico personale di Bernardo di Clairvaux. Qundi i Mori erano già presenti in Sardegna, in numero di tre o quattro o cinque, e sono presenti in tutta Europa in molti altri stemmi, essendo Il simbolo della conoscenza di tradizione templare. Ed in Sardegna sarebbero stati portati definitivamente a quattro nel quattrocento, secondo la tradizione aragonese e spagnola dopo la loro conquista dell’Isola.

Analogie tra la bandiera sarda e la bandiera corsa

La bandiera della CorsicaLa testa di Moro non è, comunque, legata solo alla Sardegna, ma è presente anche in bandiere antiche e locali di popoli di tutta l’Europa. Risale alla stessa epoca della bandiera sarda anche la Bandiera corsa rappresentata da uno stendardo bianco con al centro la testa di Un Moro bendato sulla fronte, con il volto rivolto verso l’inferitura. Anche di questa bandiera l’origine è oscura, e Pierre Antonetti la riporta alla leggenda secondo cui un nobile moresco aveva rapito una giovane ragazza corsa nel tredicesimo secolo, ma il suo fidanzato sarebbe venuto in suo soccorso e avrebbe brandito la testa mozzata del suo rapitore sulla sua lancia. Secondo altri la testa di Moro si potrebbe riferire, invece, all’egiziano San Maurizio, martirizzato ai tempi di Diocleziano nella famosa strage della legione Tebana, che è venerato soprattutto nel bacino del Mediterraneo, e che viene rappresentato con la testa di moro bendata in innumerevoli stemmi di area franco germanica.

Qualcuno ritiene che la bandiera sarda potrebbe rappresentare due Santi guerrieri di origine nera

San MaurizioSan VittorePrendendo spunto Sa questa seconda ipotesi sull’origine della banciera corsa, in una recente intepretazione di Mario de Valdes y Cocom, storico della diaspora africana, i Mori presenti nella bandiera sarda potrebbero avere avuto origine dalla rappresentazione di Due Santi guerrieri di origine nera. Si tratterebbe del già citato San Maurizio, e di San Vittore di Marsiglia, appartenente alla medesima legione Tebana comandata da Maurizio e scampato alla strage, che viene anch’egli rappresentato da un Moro con benda sulla fronte. La comune tradizione che lega le storie dei due Santi farebbe pensare che il simbolo potrebbe essere stato concepito tra l’Abbazia di San Maurizio d’Agauno, nel cantone Vallese in Svizzera, e l’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, sorte ambedue nei luoghi del martirio dei due Santi. Va sottolineato che, tra il 1112 e il 1166, la conte di Provenza è sotto il diretto controllo dei re aragonesi e viene retta da questa dinastia fino al 1245. E che l’Abbazia di San Vittore di Marsiglia conserva, dall’undicesimo secolo fino al tredicesimo secolo, estese proprietà e influenza politica in Sardegna, in special modo nel Giudicato di Càralis. E dai due Santi guerrieri si sarebbe passati ai tre, che sarebbero in seguito divenuti quattro.

I quattro Mori diventano col tempo la bandiera dell’isola e della sua popolazione

I quattro Mori diventano comunque, fino dalla sua fondazione nel 1297 quando papa Bonifacio VIII ha infeudato gli Aragonesi, il simbolo del Regnum Sardiniae et Corsicae insieme alla bandiera della Corsica risalente alla stessa epoca, e diventano col tempo la bandiera dell’isola e della sua popolazione. In ogni caso, il significato dei simboli che la bandiera contiene, i Giuducati, le teste di moro mozzate o di due Santi guerrieri, ne fa un emblema della Cristianità combattente, nato in un’epoca storica di aspri conflitti tra Islam e Cristianità, nei quali la Sardegna è stata pienamente coinvolta. Uno dei più grandi cronisti arabi scriveva, infatti, riferendosi ai sardi, che Sono in popolo fiero e con le armi sempre al fianco. Spesso tentammo, a più riprese, di conquistare l’Isola, ma l’indomita fierezza dei Sardi e il tempo inclemente sempre ce ne respinse.

Ed in seguito la testa di moro comparirà anche in alcuni stemmi papali

Stemma di papa Pio VIILa testa di moro non è rara nell’araldica europea, e si ritrova anche in alcuni stemmi papali. Ad esempio, papa Pio VII utilizza nei suoi ventitre anni di pontificato, dal 1800 al 1823, un proprio stemma nel quale compaiono, in basso a destra, tre teste di moro rivolte verso sinistra, con la fascia bianca sulla fronte, in una fascia diagonale della quale si ignora il significato. Egli nel 1814 ripristina in tutto il mondo la Compagnia di Gesù, che era stata soppressa nel 1773 dal papa Clemente quattordicesimo sotto la pressione dei sovrani borbonici. Ricordiamo che due sole volte il papa ha soppresso Ordini religiosi regolarmente costituiti, la prima nel 1312 quando sono stati soppressi i templari, la seconda nel 1773 quando sono stati soppressi i Gesuiti. E siamo portati a ritenere che le tre teste di moro presenti nello stemma di papa Pio VII potrebbe avere un riferimento in quelle presenti nello stemma di Hugo de Payns, fondatore dell’Ordine templare. Stemma di papa Benedetto decimosestoIl Moro, nell’araldica italica, in generale porta intorno alla testa una banda bianca, che indica lo schiavo reso libero, e non è coronato, mentre lo è nell’araldica germanica. Infatti, nello stemma del papa emerito Benedetto decimosesto a sinistra di chi guarda, vi è una testa di Moro rivolta a sinistra, di colore bruno, con labbra, la corona ed un collare rosso. In questo caso si tratta dell’antico simbolo della diocesi di Frisinga, nata nell’ottavo secolo, e diventata arcidiocesi metropolitana con il nome di Monaco e Frisinga nel 1818, dopo il Concordato tra Pio VII ed il re Massimiliano Giuseppe di Baviera. Nella tradizione bavarese, la testa di Moro appare molto spesso coronata, ed è denominata Caput Ethiopicum, o Il Moro di Frisinga.

Le rappresentazioni del simbolo come appaiono nel periodo catalano aragonese

Al di là delle diverse ipotesi non confermate sull’origine del simbolo, la bandiera con i quattro Mori, prima in Spagna e successivamente in Sardegna, si può far risalire con certezza alla tradizione aragonese.

La più antica rappresentazione del simbolo senza alcuna attinenza con la Sardegna

Sigillo del 1281 di Pietro III d’AragonaLa più antica rappresentazione del simbolo con i quattro Mori risale al 1281, è costituita da un sigillo in piombo della cancelleria reale del sovrano Pietro III d’Aragona detto il Grande. Dopo che la Sardegna entra a far parte della Corona d’Aragona, sigilli con la rappresentazione dei quattro Mori si ritrovano alla chiusura dei documenti anche di altri sovrani, ossia di Giacomo II detto il Giusto, di Alfonso IV detto il Benigno, e di Pietro IV detto il Cerimonioso. Alcuni esemplari di tali sigilli vengono ancora oggi conservati nell’Archivio storico Comunale di Cagliari. Ma i sigilli dei sovrani aragonesi mostrano i Mori senza la benda sulla fronte, e con il capo scoperto, e non hanno alcuna attinenza con la Sardegna.

Nello stemmario di Gelre si trova la prima attinenza con la Sardegna

Stemmario di GerleNella seconda metà del Trecento, più esattamente tra il 1370 ed 1386, troviamo, per la prima volta, il simbolo dei quattro Mori legato alla Sardegna. La più nota raccolta medievale di armi, denominata Stemmario di Gerle o anche Armoriale di Gelre, un manoscritto compilato in area germanica tra il 1370 e il 1414 dall’araldo Claes Heynenszoon detto Gelre che gli ha dato il nome, oggi conservato nell’edizione originale nella Biblioteca reale di Bruxelles, riproduce gli stemmi di tutta Europa, ossia 1755 stemmi suddivisi in 121 fogli. Nello stemmario si trova, più in grande, lo stemma della Corona d’Aragona, con i quattro pali rossi in campo d’oro, e più in piccolo tre stemmi relativi ai regni acquisiti all’interno della Corona d’Aragona, tra i quali i quattro Mori in campo bianco, divisi dalla croce di San Giorgio, per la prima volta legati alla Sardegna. Anche nello stemmario di Gelre, i Mori sono mostrati senza la benda sulla fronte, e con il capo scoperto. È però possibile che lo stemma sardo sia stato aggiunto qualche decennio più tardi, perché, all’epoca della stesura, esisteva ancora il regno di Sardegna e di Corsica, costituito nel 1297 da parte di papa Bonifacio VIII e comprendente entrambe le isole. Il simbolo si ritrova anche in altri due stemmari compilati tra il quattrocento ed il cinquecento. Lo si ritrova in uno Stemmario forse di area lorenese, di datazione incerta ma sicuramente del quattrocento, conservato nella Biblioteca nazionale di Francia. E nel 1509 in un altro stemmario portoghese chiamato Livro do Armeiro-Mor, la Sardegna viene stranamente rappresentata solo con la croce di San Giorgio ma senza i quattro Mori.

Il simbolo compare nella stemma aragonese ed è presente ancora oggi nella scudo della Provincia autonoma

Attuale bandiera della Provincia autonoma d’AragonaDopo di che, dalla seconda metà del Trecento in avanti, il simbolo compare nello Stemma aragonese e su numerose opere a stampa, carte geografiche, sulla facciata di edifici e su monete. Attualmente lo scudo della Provincia autonoma spagnola d’Aragona è uno stemma diviso in quattro parti, in cui nel quarto in basso, a sinistra, è presente la versione originale della bandiera dei quattro Mori, che era la versione adottata da Pietro I d’Aragona. La fisionomia dei Mori raffigurati sui diversi stemmi, negli esemplari risalenti a questo periodo, è decisamente di tipo negroide, con naso camuso e labbra prominenti, e la capigliatura e la barba sono ricciute.

La bandiera viene ceduta dagli Aragonesi alla Sardegna

La bandiera della Sardegna del 1536alla fine del quattrocento, quando, sotto Ferdinando II d’Aragona detto il Cattolico, ed IsabelI di Castiglia, la Corona d’Aragona e il regno di Castiglia si uniscono nel regno di Spagna i Catalano Aragonesi conservano per se la bandiera con i quattro pali rossi in campo d’oro, e cedono alla Sardegna quella dei quattro Mori con le bende sulla fronte e rivolti verso l’infenditura. I tratti somatici dei quattro Mori diventano di tipo occidentale, e manca del tutto sul loro viso la barba. Significativa, a questo proposito, è una riproduzione della bandiera del 1536, nella quale, nel simbolo, sulla fronte dei quattro Mori, sopra la benda, viene riportata la corona regale.

Al tempo di Carlo V il simbolo appare sul gonfalone dei corpi speciali provenienti dalla Sardegna

L’Aqila Imperiale bicefala di Carlo V con lo stemma della SardegnaAl tempo di Carlo V d’Aragona l’esercito viene riorganizzato sulla base dei Tercios, ciascuno costituito da 3000 uomini, per la massima parte spagnoli, ma costituiti anche da mercenari tedeschi, italiani, valloni e soldati provenienti dai territori spagnoli nei Paesi Bassi, Napoli e Sicilia. Il simbolo dei quattro Mori compare nel gonfalone dei corpi speciali provenienti dalla Sardegna, il cosiddetto Tercio Viejo de Cerdeña o più semplicemente Tercios de Cerdeña, che si distinguerà nella difesa dell’isola dalle incursioni barbaresche e moresche, in particolare nella battaglia di Tunisi del 1535 contro i turchi, e nella famosa battaglia navale di Lepanto del 1571.

Il gonfalone dei corpi speciali provenienti dalla Sardegna al funerale di Carlo V

La bandiera con i quattro Mori al centro della incisione del 1599 del funerale di Carlo V d’AragonaAl corteo per il Funerale di Carlo V morto nel 1558, ognuno fra gli innumerevoli possedimenti del re è rappresentato da un alfiere portabandiera e da un cavallo bardato, e per la Sardegna nella bandiera sono presenti i quattro Mori. La scena viene riprodotta in un’incisione dell’epoca, riportata in seguito in diversi testi a stampa, tra l’altro su La magnifique et somptueuse pompe funebre faite aus obseques et funerailles du tres grande et tres victorieus empereur Charles cinquieme, celebrees en la ville de Bruxelles le 29e jour du mois de Dicembre 1558 par Philippes roy catholique d’Espaigne son fils, pubblicato ad Anversa dal famoso tipografo Plantin nel 1559 e custodito nel Museo di Bruxelles. I quattro Mori sono presenti sulla gualdrappa di un cavallo condotto a mano da nobili cavalieri e sulla bandiera, hanno tratti negroidi ed hanno la benda sulla fronte. Un esemplare di questa incisione si trova anche nella Biblioteca nazionale di Parigi.

Le principali attestazioni del simbolo in Sardegna

La benda sulla fronte dei quattro Mori si è iniziata a trovare nelle riproduzioni a partire dal quattrocento, quando compare contemporaneamente alla leggenda della battaglia di Alcoraz con l’intervento da parte di San Giorgio. Con la conquista aragonese e successivamente spagnola dell’Isola, i ricordi delle lunghe guerre contro il Giudicato di Arborea va scemando, dato che, col passare delle generazioni, i conquistatori si inseriscono all’interno della società sarda divenendone parte integrante. E quindi a fine quattrocento, con Carlo I di Spagna Sul cui regno non tramonta mai il sole, l’inserimento in un’organizzazione politica in cui non solo la Sardegna, ma anche l’Aragona e la Catalogna, sono solo piccole componenti, fanno sì che si rinvigorisca il senso di appartenenza a quella regione che è rappresentata dai quattro Mori. Ma l’Iconografia del simbolo varia in questi secoli. Le teste dei Mori sono rappresentate rivolte a destra, o a sinistra, o affrontate. Sono a volte scoperte, a volte coronate, o cinte da una benda sulla fronte. L’orientamento varia, ma il viso è prevalentemente rivolto a sinistra. Con il passare del tempo, la bandiera con il simbolo dei quattro Mori si impone, quindi, in Sardegna, venendo a sostituire il simbolo dei Sardi che combattevano contro l’invasione catalano aragonese, che era il Desdichado, ossia l’albero sradicato, presente nella bandiera del Giudicato d’Arborea. In Sardegna e su documenti sardi, la prima sicura attestazione dello stemma con i quattro Mori si trova sul frontespizio degli atti del Braccio Militare del Parlamento sardo, i cosiddetti Capitols de Cort del Stament Militar de Sardenya, ossia Capitolo di Corte degli Stamenti Militari di Sardegna. Capitols de Cort del Stament militar de Serdenya, del 1591I Mori nel Capitols de Cort del Stament militar de Serdenya, del 1591Gli atti vengono stampati nel 1572 a Cagliari, nella tipografia di Vicens Sembenino, curati da Francisco Bellit, il più antico raccoglitore di leggi sarde, e lo sono sotto forma di una cinquecentina, ossia di un libro scritto con la tecnica della stampa a caratteri mobili, ossia di un’opera a stampa di un’arte tipografica non ancora matura. In esso i quattro Mori vengono rappresentati rivolti con il viso verso la destra di chi guarda, ed hanno le bende poste sulla fronte. La rappresntazione dei quattro Mori cambia, nella riedizione aggiornata dei quest’opera, pubblicata nel 1591 a Cagliari, nella tipografia Galcerino, curati da Pere Joan Arquer. In essa è presente uno scudo di forma ovale, sormontato da una corona marchionale, suddiviso da una croce piana in quattro cantoni, nei cui angoli sono raffigurate quattro teste di Moro di profilo, rivolte a sinistra di chi guarda. Le teste sono cinte sulla fronte da una benda legata agli occipiti, gli occhi sono liberi e non bendati. Annales de la Corona de Aragòn, del 1610I mori negli Annales de la Corona de Aragòn, del 1610Sul frontespizio degli Annales de la Corona de Aragòn, gli Annali della Corona d’Aragona, redatti dal 1562 al 1580 da Jeronimo Zurita y Castro e pubblicati nel 1610, che raccontano le vicende del regno d’Aragona in ordine cronologico, dal periodo islamico fino al regno di Ferdinando il Cattolico, sono presenti, affiancati, i tre stemmi della Corona: la croce patente identificativa dell’Aragona, i quattro pali della Catalogna, ed i quattro Mori rappresentativi della Sardegna. I mori, che nelle rappresentazioni sono generalmente tutti uguali, nel frontespizio degli Annales sono diversi: due mori appaiono più anziani, barbuti e con la Corona reale metallica, alternativa rispetto alla benda sulla fronte, mentre gli altri due sono più giovani, sbarbati e con la corona principesca in testa. Alabanças de los Santos de Sardeña, del 1631I Mori in Alabanças de los Santos de Sardeña, del 1631L’orientamento dei visi dei Mori varia, ma il loro viso è prevalentemente rivolto verso la sinistra di chi lo guarda. Significativo è, a questo riguardo, il manoscritto redatto nel 1631 dal giurato Francisco Carmona, che si definiva dottore, da alcuni considerato un religioso, ipotesi che è stata quasi completamente smentita, e la cui opera si inserisce perfettamente nel clima religioso della Sardegna del primo seicento. E, sul frontespizio del manoscritto, che è conservato nella Biblioteca Universitaria di Cagliari e denominato Alabanças de los Santos de Cerdeña, ossia lodi dei Santi della Sardegna, sono riprodotti i quattro Mori con i volti rivolti affrontati verso il centro.

La monetazione durante il periodo aragonese e spagnolo

Lo stemma, da allora, viene riprodotto su pubblicazioni ed altro, sulla facciata di edifici, oltre che su monete dell’età spagnola, che sono battute a Cagliari e vengono chiamate pertanto Cagliaresi. Cagliarese di Ferdinando IILa prima moneta da un cagliarese viene emessa dal sovrano Ferdinando di Trastàmara detto Ferdinando il Cattolico, salito al trono come Ferdinando V re consorte di Castiglia dal 1474 al 1504, e più detto re d’Aragona, Valencia, Sardegna, Maiorca e titolare di Corsica, conte di Barcellona e delle contee catalane con il titolo di Ferdinando II d’Aragona dal 1479 al 1516. Il cagliarese aveva il valore di due denari, era un composto di argento con un contenuto elevato di metallo non prezioso come il rame, ed aveva il peso di 0,80 grammi. Cagliarese di Carlo I di SpagnaIn seguito, nel sedicesimo secolo, gli succede Carlo V d’Asburgo, che nel 1519 diviene Imperatore del Sacro Romano Impero. Egli si trova, all’età di solo sei anni, a essere il potenziale erede oltre che di Castiglia, anche d’Austria e di Borgogna, poi, a sedici anni, eredita anche il trono d’Aragona, concentrando nelle sue mani tutta la Spagna, per cui può fregiarsi del titolo di re di Spagna a tutti gli effetti, salendo al trono dal 1516 al 1556 con il titolo di Carlo I di Spagna. Da lui vengono emesse monete di rame da un cagliarese.

Il simbolo nel periodo del regno di Sardegna e d’Italia

Con il trattato di londra ed il successivo trattato dell’Aia, la Sardegna viene assegnata ai Savoia, e nel 1720 i duca di Savoia all’eterna ricerca di un regno, riescono ad ottenerlo. Quindi Vittorio Amedeo II di Savoia detto La Volpe Savoiarda, diviene, contando anche i sovrani catalani e spagnoli, il diciassettesimo re di Sardegna.

Lo stemma adottato dai Savoia prevede i quattro Mori con le bende calate sugli occhi

Nel settecento, le immagini che raffiguravano i quattro Mori vengono inserite nello Stemma e nello Stendardo dei Savoia quando, nel 1720, diventano re di Sardegna. Lo stemma compare su atti, monetazione di zecca sarda e bandiere. I Savoia adottano lo stemma con i quattro Mori sormontato dalla corona, che viene riportato in diverse forme grafiche. Nella prima versione i Mori sono rivolti verso l’infenditura, ed hanno la benda sulla fronte. Stemma del regno di Sardegna dei primi dell’ottocentoLa bandiera del regno di Sardegna con i Mori e sovrapposto lo stemma sabaudoA metà del settecento si stabilìsce l’iconografia che qui riportiamo, che prevede la croce di San Giorgio, con in ogni quarto una testa di moro, rivolti in direzione dell’inferitura, con benda calata sugli occhi. I mori avevano, quindi, Le teste volte a sinistra e Le bende calate sugli occhi ed i quattro re diventano dei poveri ciechi... Non si conoscono i motivi di questa modifica grafica, per alcuni un errore di stampa, ma che più probabilmente allude agli Atteggiamenti illiberali del governo piemontese nei confronti della popolazione dell’Isola. Quindi i Savoia ai quattro Mori sovrappongono lo Stemma sabaudo, nel quale è presente l’aquila recante sul petto lo scudo rosso con la croce bianca, e da questo deriva la rappresentazione dello stemma del regno di Sardegna, con i Mori con le teste volte a sinistra e le bende calate sugli occhi, ai quali è sovrapposta al centro l’aquila sabuda e lo scudo rosso con la croce bianca. Arma composta del 1730 di Carlo Emanuele IIIL’arma composita della dinastia piemontese, nella quale sono presenti le figure che rappresentano tutti i vari dominii da loro amministrati, varia nel tempo. Riportiamo qui, riprese dallo studio di Antonio Manno intitolato Origine e variazioni dello stemma di Savoia, le versioni ufficiali adottate da diversi sovrani sabaudi, e si ricorda, inoltre, che Carlo Emanuele III introduce l’uso delle cosiddette Piccole armi, che compaiono fin dalle monete del 1755. Sono riportate le versioni ufficiali adottate nel 1720 da Vittorio Amedeo II ed in seguito anche da Carlo Emanuele III, quella con le cosiddette piccole armi del 1730 di Carlo Emanuele III, quella del 1773 di Vittorio Amedeo III, quella del 1802 di Vittorio Emanuele I, ed anche quella con le cosiddette piccole armi sempre del 1802 di Vittorio Emanuele I. In tutte queste rappresentazioni, è presente anche la bandiera con i quattro Mori a rappresentare la Sardegna.

Stemma del 1720 di Vittorio Amedeo II adottato poi anche da Carlo Emanuele III Stemma del 1730 di Carlo Emanuele III con le cosiddette piccole armi Stemma del 1773 di Vittorio Amedeo III Stemma del 1802 di Vittorio Emanuele I Stemma del 1802 di Vittorio Emanuele I con le cosiddette piccole armi

Lo scudo rosso con la croce bianca viene inserito anche nel tricolore adottato nel 1848 da Carlo Alberto, detto Il Magnanimo, come bandiera del regno, e vi rimane fino alla proclamazione, nel 1861, del regno d’Italia, la cui nascita pone termine al regno di Sardegna dopo 567 anni d’esistenza. Adottato per tutto il regno il tricolore, i quattro Mori restano a sventolare esclusivamente nei vessilli dei corpi militari. La riscoperta delle identità nazionali, molto sentita nell’ottocento, ha portato la popolazione sarda a percepire lo stemma dei quattro Mori come un proprio simbolo identitario, ed a riportare la sua origine al periodo giudicale, come se i quattro Mori avessero avuto un collegamento con i quattro Giudicati tanto importanti nel periodo medioevale sardo.

La monetazione durante il periodo sabaudo

Dopo il passaggio della Corona di Sardegna ai Savoia, la moneta chiamata dei Cagliaresi viene battuta fino al 1813, poi nel 1821 il regno di Sardegna adotta la monetazione decimale, e quindi i cagliaresi non vengono più battuti.

Cagliarese di Vittorio Amedeo IITre cagliaresi di Vittorio Amedeo IIVittorio Amedeo II detto La Volpe Savoiarda, re di Sardegna dal 1720, emette per la Sardegna le monete di rame da uno e da tre cagliaresi. La prima pesa 2,35 grammi ed ha un diametro di 19 millimetri, mentre la seconda pesa 6,75 grammi e il diametro è di 24 millimetri. Entrambe presentano al dritto l’effigie del nuovo re Vittorio Amedeo II, mentre al rovescio c’è la croce tra le teste dei quattro Mori. La moneta da tre cagliaresi reca anche l’indicazione del valore 3 C ai lati del busto.

Cagliarese di Carlo Emanuele IIITre cagliaresi di Carlo Emanuele IIIIl suo succesore Carlo Emanuele III detto Il laborioso, re di Sardegna dal 1730, che rinuncia a considerare la Sardegna una terra di conquista e comincia a trattarla come parte del regno, questo soprattutto dopo che, con la pace di Aquisgrana, risulta chiaro che la Sardegna rimane al Piemonte. Poco dopo l’inizio del suo regno, nel 1738 organizza il trasferimento di un centinaio di discendenti da un gruppo di pescatori liguri di Pegli che erano insediati nel paese costiera di Tabarka, nei pressi di Tunisi, e si erano stancati delle continue vessazioni, ed a loro affida l’isola di San Pietro, dove viene fondata la città Carloforte in suo onore. Mezzo cagliarese di Carlo Emanuele IIINuovo cagliarese di Carlo Emanuele IIIPer quanto riguarda la monetazione, egli provvede ad emettere per la Sardegna, inizialmente, monete uguali a quelle emesse da suo padre Vittorio Amedeo II, ossia monete da uno e da tre cagliaresi, quest’ultimo con la scritta 3 C sul lato del rovescio. Viene, successivamente, aggiunta a queste una ulteriore moneta da mezzo cagliarese di rame, del peso di 1,18 grammi e del diametro di 15 millimetri. In seguito alle sue riforme, nel 1754 viene emessa una moneta da un cagliarese di rame, del peso di circa 2,34 grammi e del diametro di 18 millimetri. Questa moneta presenta al dritto la croce con i quattro Mori, mentre al rovescio è raffigurato il nodo della casa Savoia tra rami di palma.

Nel 1773 a Carlo Emanuele III succede il figlio secondogenito, Vittorio Amedeo III che rimane chiuso ad ogni tentativo di rinnovamento dei suoi Stati, come da modello della monarchia francese alla quale è comunque legato da vincoli matrimoniali. Non a caso, in Sardegna, scoppiano sanguinose rivolte contro il governo sabaudo, mentre sia nel Piemonte che nella stessa Savoia si manifestavano sintomi rivoluzionari. Vittorio Amedeo III mantiene per la Sardegna la monetazione dal padre Carlo Emanuele III. Nel 1796 a Vittorio Amedeo III succede il suo figlio maggiore, ossia Carlo Emanuele IV detto L’Esiliato, che nel 1798 è costretto a cedere i territori della penisola italiana, mantenendo la sovranità unicamente sulla Sardegna. Anche Carlo Emanuele IV non emette nessuna moneta con questa denominazione.

Tre cagliaresi di Vittorio Emanuele IA Carlo Emanuele IV succede nel 1802 il secondo figlio maschio di Vittorio Amedeo III, che sale al trono come re Vittorio Emanuele I detto Il Tenacissimo. È probabilmente allora che Vittorio Emanuele I, quando si deve ritirare in Sardegna mentre il Piemonte viene annesso all’impero Francese, emette una moneta da tre cagliaresi, equivalenti a mezzo soldo. La moneta viene coniata non a Torino, come le precedenti, ma dalla zecca di Cagliari. Il peso della moneta è in media di circa 5 grammi ed il diametro era di 23 millimetri. Esiste anche un unicum da un cagliarese conservato al Museo di Torino, di cui però non esiste traccia nel decreto di emissione delle monete locali, dove si parla solo della moneta da tre cagliaresi.

Lo stemma della Brigata Sassari

La bandiera della Brigata SassariIl simbolo dei quattro Mori orna anche gli stendardi delle brigate combattenti sarde, tra queste la leggendaria Brigata Sassari creata l’1 marzo 1915. È costituita dai due reggimenti di fanteria, il 151° stanziato a Sinnai ed il 152° stanziato a Tempio Pausania, e composta quasi esclusivamente da soldati sardi. La Brigata Sassari, divenuta leggendaria per le imprese eroiche sul fronte austriaco della Grande Guerra, nel luglio dello stesso anno attraversa l’Isonzo e viene subito impegnata in combattimento, dando un suo alto contributo di vite e di mezzi. Il suo grido di guerra è Fortza Paris, ossia Forza Insieme, che, durante la Prima Guerra Mondiale, affiancava quello ufficiale Avanti Savoia, spesso sostituito con Avanti Sardegna. Ed il suo inno ufficiale è Dimonios, ossia Diavoli. Ancora oggi, nella parata del 2 giugno, la Brigata Sassari è l’unica Grande Unità delle Forze Armate che sfila cantando il suo inno ufficiale.

Gli studi Mario Delitala e Costantino Nivola

Proposta per la bandiera sarda in una xilografia di Mario DelitalaRielaborazione della bandiera sarda effettuata da Costantino NivolaDue importanti artisti sardi hanno proposto variazioni sul tema della bandiera sarda. In una xilografia di Mario Delitala il grande pittore ed incisore nato nel 1887 ad Orani, nel 1919, viene proposta una prima variante allo stemma dei quattro Mori. In questa xilografia, ai quattro Mori venivano sostituiti un Pastore, un Contadino, un Pescatore ed un Minatore, simboli senz'altro più veri e rappresentativi dell’identità del popolo sardo. E una rielaborazione di questo stemma verrà effettuata anche da Costantino Nivola il grande artista e scultore, nato anch’egli ad Orani nel 1911, nella cui elaborazione, vengono presentati quattro simboli, con lo scopo di rappresentare il Non vedo, il Non parlo, il Non sento, ed infine il Non ci sono.

Il simbolo adottato dal Partito Sardo d’Azione

Simbolo del Partito Sardo d’AzioneLo stemma nel quale sono rappresentati i quattro Mori compare nuovamente nel 1921, quando a Cagliari viene fondato il Partito Sardo d’Azione costituito da Camillo Bellieni, Emilio Lussu e da altri reduci sardi che avevano combattuto, durante la Prima Guerra Mondiale, principalmente nelle file della Brigata Sassari. Fino da quando era iniziata la discussione sul simbolo da adottare, da parte di alcuni si era sostenuto che forse sarebbe stato meglio adottare, invece dei quattro Mori della bandiera dei combattenti, la variante proposta nel 1919 da Mario Delitala, ma il suggerimento dell’artista non viene seguito, e il Partito sceglie l’emblema tradizionale, o quello che ormai era divenuto tale, coi Mori accecati dalla benda e rivolti verso l’inferitura ossia la sinistra di chi guarda. Riprende, quindi, i quattro Mori come proprio simbolo secondo il modello dei Savoia riportandolo su un drappo quadrato, ma, essendo più interessati alla politica che alla storia dell’Isola, Emilio Lussu ed i suoi collaboratori scelgono, come simbolo di riscatto, il simbolo dei dominatori aragonesi, invece che quelli più autenticamente sardi provenienti dai Giudicati, come il Desdichado, simbolo del Giudicato d’Arborea, o altri simboli come quello proposto da Mario Delitala.

Il simbolo della regione Autonoma della Sardegna nell’Italia repubblicana

I simboli adottati dalla regione autonoma della Sardegna.

Nel 1952 viene definito il primo simbolo della regione

Stemma della regione del 1952Gonfalone della regione del 1952

Passati in seguito all’Italia repubblicana, con un decreto del Presidente della repubblica Luigi Einaudi del 5 luglio 1952, lo scudo con i quattro Mori diviene lo Stemma ufficiale della regione Autonoma della Sardegna, della quale orna anche il gonfalone. La sua rappresentazione consiste in uno scudo ovale ornato da una cornice cesellata, suddiviso da una croce rossa in quattro cantoni, in ognuno dei quali è raffigurata una testa di moro. Si tratta, però, ancora del simbolo che era presente nella versione adottata nel regno sardo Piemontese, nella forma in cui si presentano in un quarto dello stemma d’Armi della comunità autonoma spagnola d’Aragona, con i Mori con il viso rivolto verso sinistra, ossia verso l’infenditura, e con la benda che non è presente sulla fronte ma sugli occhi.

Nel 1999 viene creato il nuovo simbolo della regione

La bandiera della regione del 1999Stemma della regione dal 2009 ad oggiGonfalone della regione del 1999Solo nel 1999 La bandiera viene modificata rettificando l’errore grafico, e riporta la benda sulla fronte dei Mori che sono significativamente rivolti verso destra, ossia in direzione opposta all’inferitura, ed hanno riaperto gli occhi. La Giunta di Federico Palomba approva la legge regionale che, nell’articolo 1, la descrive come un Campo bianco crociato di rosso con in ciascun quarto una testa di moro bendata sulla fronte rivolta in direzione opposta all’inferitura, quasi ad indicare che i Sardi, senza dimenticare, non devono più guardare e piangere il passato, ma pensare a costruire un futuro migliore per la loro Isola. Il promotore della legge regionale del 1999 sulla Bandiera, proposta da Salvatore Bonesu, era stato Leonardo Melis, allora consigliere nazionale del Partito Sardo d’Azione, autore di tante ricerche sul popolo Shardana che stanno riscrivendo la storia della Sardegna, come abbiamo raccontato in un’altra pagina di questo sito. Già in precedenza altri esponenti del Partito Sardo d’Azione avevano preso iniziative in merito. Nel 1997 Carlo Mura, sindaco di Samugheo, aveva esposto la bandiera con i quattro Mori all’inaugurazione della diga sul lago Omodeo, in presenza del Presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro. In seguito, il consigliera provinciale Chicco Frongia, la aveva esposta sul balcone della Provincia di Cagliari. Quindi Leonardo Melis aveva condotto una battaglia sulla necessità di ufficializzare la bandiera, e Salvatore Bonesu, consigliere regionale, aveva presentato il 18 luglio 1997 la proposta di legge n. 349 che, votata all’unanimità, diventa la legge regionale n. 10 del 15 aprile 1999.

Nel 2005 si ha l’ultima modifica del simbolo della regione

La bandiera della regione del 2005Stemma della regione dal 2005 al 2009Gonfalone della regione del 2005L’Ultima modifica viene apportata con delibera della Giunta di renato Soru del 25 gennaio 2005, ed in essa vengono conservati i concetti che erano stati proposti nel 1999, ma sono stati rivisitati in una rappresentazione grafica migliore e più elegante. Oggi, quindi, l’arma della regione Autonoma della Sardegna è rappresentata da una croce rossa in campo bianco, inquartata con quattro teste di moro con una benda sulla fronte, annodata all’occipite, rivolta in direzione opposta all’inferitura, ma con la croce di minori dimensioni e le teste di moro più eleganti. Ed è simile anche la riproduzione presente sul gonfalone della regione. Nel 2005 la Giunta di reanto Soru modifica, oltre alla bandiera ed al gonfalone, anche lo stemma della regione, che viene sostituito da un apposito sigillo che riprende la modifica grafica della bandiera e del gonfalone. Stemma della regione dal 2009 ad oggiLa valenza di tale diversità, non meramente grafica, ma fortemente intrisa di significati profondi nella rappresentazione del simbolo della regione, comporta la necessità che tutte le altre raffigurazioni formali dell’identità della regione siano conformate al simbolo della regione stessa. Il nuovo sigillo adottato dalla Giunta di renato Soru rimane, però, valido solo dal 2005 al 2009, quando la Giunta di Ugo Cappellacci, ritenendo che questo stemma costituisca un patrimonio identitario, che per portata storica e valenza simbolica contribuisce a preservare la memoria e dà continuità al patrimonio archivistico degli atti dell’Amministrazione regionale, ripristina l’utilizzo di quello precedenta il 2005 in tutti gli atti interni ed esterni della regione Autonoma della Sardegna.

È veramente il simbolo più adatto a rappresentare l’isola con la sua storia?

Ma la croce rossa di San Giorgio con le quattro teste di moro bendate è veramente il simbolo più adatto a rappresentare l’isola con la sua storia?

Era forse più adatto a rappresentare la Sardegna il Desdichado, simbolo del Giudicato d’Arborea

Lo stemma del Giudicato di Arborea con il <em>Desdichado</em>Una proposta per la bandiera della Sardegna con il <em>Desdichado</em>A maggior ragione, oggi, molti ritengono che sarebbe stato storicamente più adatto, a rappresentare la Sardegna, con tutta la sua storia, scegliere il Desdichado ossia l’albero sradicato, a simboleggiare il fatto che i Sardi si sono formati da soli, senza l’aiuto di nessuno. Quello che è stato per tanto tempo simbolo del Giudicato d’Arborea, proveniente dall’antica Tharros, che costruì la città fortificata di Oristano e durò 520 anni, senza mai essere conquistato dai numerosi invasori, e che per ultimo ha cercato di difendere, con tutte le sue forze, l’indipendenza dell’isola dalle invasioni dei conquistatori stranieri. A Salvatore Bonesu, promotore della legge regionale sulla Bandiera, era stato suggerito da Leonardo Melis di adottare la bandiera con il Desdichado, ma poi avevano rinunciato, perché, essendo il Desdichado presente anche nel simbolo del partito IRS, ossia Indipendèntzia repùbrica de sardigna, avrebbe potuto essere interpretato in termini politici indipendentisti, e non sarebbe mai stato approvato dal consiglio regionale.

Il desdichado e la menorah

Anche il Desdichado è, comunque, un simbolo templare. Le sue tre radici rappresenterebbeo, infatti, la Trinità, e le sue sette braccia rappresenterebbero le sette potenze planetarie, ossia il sole, la luna, marte, mercurio, giove, venere e saturno. Le sette potenze che ancora oggi si ritrovano nei nomi dei giorni della settimana, e che gli ebrei monoteisti avevano raccollto in un’unica entità, la Menorah ossia il candelabro a sette braccia che si ritiene nell’antichità venisse acceso all’interno del tempio di Gerusalemme, attraverso la combustione di olio consacrato. Analogie tra il <em>Desdichado</em> e la menorahVogliamo ricordare che in uno dei più famosi romanzi di cappa e spada ambientato in Inghilterra intorno al 1194, l’eroe Ivanhoe, ossia il giovane e valoroso crociato Wilfred di Ivanhoe, doveva combattere contro Brian de Bois Guilbert, appartenente all’ordine templare, per liberare la bella fanciulla Ebrea rebecca accusata di stregoneria. Il sigillo sumero con l’albero della vitaMa siamo propensi a ritenere che dovesse appartenere egli stesso all’ordine templare, dato che gli viene attribuito il nome di Diseredato, essendo il suo scudo decorato con lo stemma del Desdichado. Il Desdichado ricorda, quindi, anche la Menorah ebraica. È, infatti, probabile che i due simboli abbiano molto in comune, dato che in un graffito ritrovato dagli archeologi nelle rocce del Negeb, la regione che si trova nella parte meridionale dello stato d’Israele, vengono raffigurati entrambi, tra loro affiancati. E potrebbe derivare o avere analogie anche con il simbolo ritrovato su diversi sigilli sumeri, che rappresenterebbe l’albero della vita.

La prossima pagina

Abbiamo concluso il racconto della storia della Sardegna. Nella prossima pagina Inizieremo il nostro viaggio per visitare l’Isola. Partiremo dall’arrivo a Olbia, da dove inizieremo la visita della Provincia di Sassari e dalla costa nord orientale dell’Isola.


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