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Capoterra dove è nato lo scrittore Sergio Atzeni con il centro e nei dintorni la Chiesa di Santa Barbara de MontesIn questa tappa del nostro viaggio, lasciato il Sulcis Iglesiente, entreremo nel Campidano di Cagliari recandoci a visitare Capoterra, dove è nato lo scrittore Sergio Atzeni. Il Campidano di Cagliari
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Arrivati con la SS195 alla rotonda di La Maddalena, invece di dirigerci a destra verso il mare, prendiamo a sinistra, ed imbocchiamo la SP91 che, dopo cinque chilometri, ci porta all'interno della cittadina chiamata Capoterra. Dal Municipio di Sarroch a quello di Capoterra, evitando le deviazioni, si percorrono 15.2 chilometri.
La SP91 ci porta a Capoterra (nome in lingua sarda Cabuderra, metri 54, abitanti 21.043), un Comune della Città metropolitana di Cagliari, conurbato con il capoluogo. Si tratta di una cittadina chiamata origine medievale, che si estende nella parte sud orientale della Città metropolitana di Cagliari, sulla costa, al margine delle saline di Santa Gilla, di fronte al golfo degli Angeli, e dista una ventina di chilometri da Cagliari. Gli abitanti vivono per la maggior parte nel capoluogo comunale, la restante parte si distribuisce tra le frazioni diOrti Su Loi, La Maddalena e di Poggio dei Pini, nonche in numerose case sparse. È raggiungibile tramite la SS195 Sulcitana, che dista soli cinque chilometri dall’abitato. Il suo territorio, classificato di collina, si estende fino al mare, e presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate.
L'antico nome dell'abitato, Cabuderra o Cabuterra, che deriva certamente dal latino Caput Terrae, risale all'epoca romana, e trova la sua giustificazione nella posizione dell'insediamento, che si trova vicino al mare e al vasto Stagno di Cagliari.
Il paese chiamato Capoterra è principalmente un paese agricolo e pastorale, che solo in tempi recenti sta sviluppando, grazie anche alla sua posizione geografica, anche il turismo. Il settore primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olivo, agrumi, uva e altra frutta, e in particolar modo lo sviluppo delle colture in serra, di fiori e ortaggi in generale. Presente anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Non mancano attività industriali, commerciali e artigianali. L’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, dell’abbigliamento, della stampa, della plastica, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metallurgico, della produzione e distribuzione di energia elettrica ed edile. Il terziario si compone di una modesta rete distributiva e dell’insieme dei servizi. Le strutture ricettive, che comprendono vari agriturismi, offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno.
La tranquillità del luogo e le bellezze dell'ambiente naturale circostante, esercitano un forte richiamo su quanti amano il relax. Agli amanti della buona cucina, Capoterra offre la possibilità di assaporare i piatti tipici locali, come Sa Taccula, la prelibata corona di tordi o merli, che, una volta spennati e fiammeggiati, vengono posti in una pentola a cuocere con del mirto, successivamente restano racchiusi in uno straccio da cucina con le foglie di mirto per una giornata in frigo, e sono pronti per essere consumati.
Il territorio presenta antiche tracce del periodo nuragico, epoca alla quale risale l'officina litica ed il Nuraghe, di cui non resta traccia, della zona di Cuccuru Ibba, altri ruderi di epoca nuragica sono stati ritrovati nelle colline attorno a Baccutinghinu, dove si trova il Nuraghe di Monti Arrubiu, ed altre strutture relative a Nuraghi si trovano nelle zone di Is Antiogus e Is Cuccureddus. All'epoca punica risale l'insediamento che è stato scoperto nella zona di Su Loi. L'antico nome, Cabuderra o Cabuterra, deriva certamente dal latino Caput Terrae, risale, quindi, all'epoca romana. Nel periodo romano l'insediamento, considerato da alcuni studiosi un oppidum, ossia una Città fortificata priva del confine sacro, proprio invece dell'urbe, era localizzato non distante dalla zona litoranea, in prossimità dello Stagno di Cagliari, ed i ritrovamenti fanno pensare che l'abitato sorgesse nella località Tanca Sa Canna, tra Santa Vittoria e Mannu Su Pezzu. Del periodo romano rinagono antiche sepolture e ricchi corredi, oltre ai resti di alcune costruzioni. In epoca giudicale Capoterra fa parte del Giudicato di Cagliari, ed è una villa della curatoria di Nora. Nel 1107 venne donata, insieme ad altri territori, dal giudice Torchitorio, alla Chiesa di San Lorenzo di Genova, ma nel 1120 ritorna a far parte del Giudicato di Cagliari. Dopo la capitolazione di Santa Igia, il Giudicato di Cagliari passa sotto il controllo di Pisa. Nel 1288, i Pisani, dopo la sconfitta navale della Meloria, firmano la pace con Genova, ma non la rispettano, il che costringe i Genovesi a reagire con azioni violente, fra le quali una di queste interessa anche la zona di Capoterra. In seguito il territorio e il villaggio di Capoterra passano, per motivi di matrimonio, sotto il controllo di Mariano II di Arborea. Nel 1323 inizia la conquista aragonese della Sardegna. I pisani scelgono il litorale di Capoterra per un massiccio sbarco di truppe contro l'offensiva militare dell'infante Alfonso, unitosi alle truppe di Ugone II d'Arborea, ed il 26 febbraio 1324 gli oltre 1200 cavalieri, sbarcati nel porto di Maddalena, ingaggiano una cruenta battaglia con gli eserciti dell'infante Alfonso nella zona di Lucocisterna, ma i Pisani subiscono una dura sconfitta. Passata in mano agli Aragonesi, questi la cedono in signoria a Giovanni Villana, il quale la vende al Giudicato di Arborea. In seguito ai contrasti tra il re Pietro IV d'Aragona e il giudice Mariano IV d'Arborea, intorno all'anno 1353 Capoterra viene saccheggiata, incendiata e distrutta dagli uomini del capitano aragonese Berengario Carroz. Il villaggio rimane disabitato per oltre tre secoli. Il territorio disabitato di Capoterra viene ripopolato nel 1655 dal barone don Girolamo Torrellas d'Aragal e Cervellion, inizialmente abitato dai servi e dai familiari dello stesso barone. È un periodo non certo favorevole a causa dell'epidemia di peste che imperversa in Sardegna, ed il primo nucleo di case viene presto chiamato Villa Sant'Efisio, in ringraziamento al Santo che, invocato, libera la Città dalla terribile pestilenza. In breve il villaggio cresce e si ingrossa per l'arrivo di profughi da altri paesi, specie del Logudoro e della Gallura, per interessamento di don Girolamo, che vi trasferisce dal Capo di Sopra diverse famiglie che sono sotto minaccia di sterminio per odi familiari. Capoterra, quindi, diviene un rifugio per chi ha pendenze con la giustizia minore, ed intende iniziare una nuova esistenza, tanto che lo storico Vittorio Angius scrive che «nel 1550 questa, come tutte le altre popolazioni del suddetto dipartimento, giaceva estinta, e giacque fino a che nel 1655 don Girolamo Aragall e Cervellion ebbe conceduto certe buone condizioni ad alcuni uomini del Logudoro e della Gallura, che non s’ardivano ritornare nelle proprie case, ed esporvisi alla vendetta dei loro nemici». Gli ultimi feudatari che controllano Capoterra sono i Zapata. Capoterra cresce, come numero di abitanti ed economicamente, ed oggi è divenuto uno dei comuni della Sardegna che, negli ultimi dieci anni, ha avuto un incremento demografico tra i più alti dell’isola, oltre ad una vistosa trasformazione urbanistica.
A Capoterra è nato l'importante scrittore Sergio Atzeni, morto prematuramente a soli quarantatre anni, considerato tra i più grandi talenti letterari degli ultimi anni.
A Capoterra sono attivi il Gruppo Folk Sa Scabizzada ed il Gruppo Folk Sant'Efisio, i cui componenti si esibiscono nelle Feste e Sagre che si svolgono nel Comune ed anche in altre località. Nelle loro esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale delle donne e degli uomini di Capoterra. È, inoltre, presente il coro polifonico Las Mamas, formato da sole mamme e nato per caso, nel 2008, dopo una recita scolastica dei loro figli. Tra le manifestazioni che si svolgono a Capoterra vanno citati, il 15 gennaio, la Festa del Patrono Sant’Efisio, il Santo che la dato il nome al borgo di Villa Sant'Efisio, che dal 2003 condivide il ruolo di patrono con Santa Barbara; la domenica di Pasqua la cerimonia di S'Incontru; il primo maggio la processione che accompagna il simulacro di Sant’Efisio da Cagliari a Nora, fa tappa nella Chiesetta di Sant'Efisio a Su Loi; l’ultima domenica di giugno o la prima di luglio, si celebra la Festa di Santa Barbara, copatrona con Sant'Efisio; l'ultima domenica di settembre si svolge la Festa di San Gerolamo presso l'omonima Chiesa campestre; nel mese di ottobre anche a Capoterra si svolgono i festeggiamenti per San Francesco.
La domenica di Pasqua si svolge S’Incontru, ossia l’Incontro, che coinvolge l’intera popolazione, ripercorrendo l’evento Evangelico dell’annuncio della Resurrezione alla Madonna. I simulacri, seguiti dai fedeli, s’incontrano al centro della cittadina e proseguono con la folla riunita in una sola processione, che cammina su un letto di petali e piante aromatiche. Il saluto tra il Figlio e la Madre viene celebrato con canti religiosi.
Il centro storico sorge in pianura, alle pendici del sistema montuoso del basso Sulcis, in prossimità del fiume Santa Lucia. L'abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra un andamento plano altimetrico tipico delle zone collinari.
Entriamo in Capoterra da sud est, provenendo dalla litoranea con la SP91, che, dopo poco più di cinquecento metri dal cartello segnaletico indicatore della cittadina all'interno dell'abitato, assume il nome di via Cagliari. Lo seguiamo per altri poco meno di cinquecento metri, ed, arrivati in corrisponenza di quello che era il civico numero 91, troviamo, alla sinistra della strada, la piazza Municipio. Qui si affaccia il grande edificio che ospita la sede del Municipio di Capoterra, con gli uffici destinati ad ospitare i servizi ai cittadini.
Proseguendo per duecentocinquanta metri lungo la via Cagliari, arriviamo a un incrocio, dove arriva da sinistra la via Giuseppe Garibaldi, e parte a destra la via Trento. Prendiamo quest'ultima, e la seguiamo per 700 metri, fino a trovare, alla sinistra della strada, uno spiazzo con un ampio parcheggio, sulla quale si affaccia il campo di rugby di Capoterra. Nel 2013 è stato deciso di dotarlo di una tribuna con mille posti a sedere, un impianto fotovoltaico, e si è decisa la sistemazione del manto erboso, per un centro sportivo degno della squadra che gioca in Serie A per due anni consecutivi, con circa trecento tesserati di tutte l'età. La cittadina chiamata Capoterra vanta, infatti, una tradizione rugbystica di tutto rispetto, e la sua società Amatori Rugby Capoterra milita nel campionato italiano di serie A, dove, nel campionato 2012-2013, si è classificata al quarto posto.
Nel territorio comunale di Capoterra si trovano dei reperti storici di notevole rilievo culturale e artistico in stile liberty e tardo-gotico. Tra essi, ripendendo la via Cagliari, centocinquanta metri più avanti rispetto alla via Giuseppe Garibaldi ed alla via Trento, incrociamo il corso Antonio Gramsci, preso il quale verso destra, ossia verso nord, subito all'incrocio tra le due strade, si trova l'antica Casa Melis, che si affaccia alla sinistra del corso. Si tratta di una casa campidanese che spicca per dignità architettonica e stato di conservazione, ed è stata costruita nel 1920 dal cavalier Giuseppe Melis. Progettata come dimora di un imprenditore agricolo, attorno a un ampio cortile interno, la Casa Melis comprende un'ala residenziale divisa su due piani, e vasti spazi coperti un tempo adibiti a rimesse, stalle e magazzini. Donata dall'erede Elio Melis al Comune e attentamente restaurata, essa costituisce oggi la sede di rappresentanza dell'amministrazione comunale e viene utilizzata come centro per manifestazioni culturali.
Qui, nell'antica Casa Melis, nel febbraio 2007 è stato proiettato il film «Caccia Grossa» interamente girato a Capoterra nel 1980 dal regista Lello di Palma, che è stato ospite alla prima proiezione.
Dalla via Cagliari, preso il corso Antonio Gramsci verso sinistra, ossia verso sud, percorso meno di un centinaio di metri, si vede alla sinistra della strada la piazza Chiesa, nella quale si trova la Chiesa di Sant'Efisio, che è la Chiesa parrocchiale di Capoterra, la cittadina che, con Cagliari, è l'unico centro sardo che possieda due Chiese dedicate a Sant'Efisio, la prima è questa parrocchiale nel centro storico, mentre la seconda è la Cappella stazionale di Su Loi che abbiamo già descritta. La vecchia Chiesa dedicata al patrono che era stata eretta, insieme al borgo di Villa Sant'Efisio, alla metà del 1600, voluta dal barone don Girolamo torrellas come Cappella privata. Nel 1838 il feudalesimo viene abolito, per cui il barone di Capoterra, privato del suo antico potere sul paese, insiste per rientrare in possesso del locale, che in realtà era la sua Cappella privata. La nuova Chiesa viene edificata su progetto dell'ingegner Francesco Immeroni tra il 1855 ed il 1858, in sostituzione della vecchia costruzione, della quale non si conservano tracce, come del resto di tutto il villaggio seicentesco. La Chiesa ha una pianta a croce latina. Dal portone di ingresso, inserito in un prospetto a timpano, si accede alla navata centrale, alla quale si incrocia il transetto, e all'incrocio tra navata e transetto è presente una cupola crociata. Più avanti c'è il presbiterio, a forma di abside, al quale si addossano due cappelle laterali. Dalla Cappella laterale di destra si accede al campanile, con un pinnacolo di foggia tardogotica, sul quale svetta la croce.
A Capoterra il 15 gennaio si celebra la Sagra di Sant'Efisio, il Santo patrono che ha dato il nome al borgo di Villa Sant'Efisio, che dal 2003 condivide il ruolo di patrono con Santa Barbara
Proseguendo lungo il corso Antonio Gramsci per circa seicento metri, arrivati in località Corte Piscedda, troviamo alla sinistra della strada gli ingressi del Cimitero di Capoterra, un Cimitero grande nel quale è presente una Cappella cimiteriale.
Di fronte al Cimitero, alla destra della via Antonio Gramsci, tra la precedente via Palermo e la successiva via Corte Piscedda, si trova il parco urbano di Capoterra, inaugurato nel 2013. Si tratta di una struttura avveniristica in stile moderno, progettata dall'iraniano Shahszad Ma Shayekhi, con lo scopo di creare un luogo di tranquillità e di aggregazione non solo per Capoterra ma anche per tutto il suo hinterland. All'interno è presente un verde parco con punto di ristoro, ed un teatro all'aperto situato nell'anfiteatro annesso al parco urbano.
Prima di arrivare al Cimitero ed al parco urbano, dalla via Antonio Gramsci, in corrispondenza di dove da destra arriva la via Palermo, prendiamo verso sinistra la via Ferruccio Serafini, che ci porta in località Su Suergiu. La strada passa intorno e sul retro del Cimitero, e, percorsa per quasi trecento metri, ci porta alla cittadella sportiva di Su Suergiu, che ospita diverse strutture sportive, che comprendono un Campo da Calcio, uno da calcetto, e, sopratutto, in esso sono presenti due campi da tennis, oltre alle strutture di supporto.
Da dove la via Cagliari aveva incrociato il corso Antonio Gramsci, proseguiamo lungo essa per settecentocinquanta metri. Prendiamo a sinistra la via Siena, dopo circa duecento metri, alla sinistra della strada, al civico numero 42, troviamo il nuovo palazzetto dello sport di Capoterra. Nel palazzetto sono presenti due tribune, un campo gioco per calcetto, basket e volley, ed è presente anche una palestra, spogliatoi e bar. È in grado di ospitare 1.000 spettatori, ed ospita partite di calcetto, basket e volley, oltre ad incontri di karate e di arti marziali. Il principale team di karate e di arti marziali di Capoterra è l'A.S.D Jissen-do Karate Capoterra, che occupa la principale posizione in Sardegna per numero di vittorie, ed ha occupato varie volte il podio a livello nazionale.
Circa duecento metri prima di prendere la via Siena, percorsa la via Cagliari per cinquecentocinquanta metri dopo l'incrocio con il corso Antonio Gramsci, prendiamo a destra la via Belvedere, che, in centocinquanta metri, al civico numero 21, ci fa vedere alla sinistra della strada lo stadio comunale di Capoterra, che si trova nalla località della lottizzazione Santa Rosa, alla periferia occidentale dell'abitato. Gli spazi di gioco compresi nell'impianto comprendono un Campo da Calcio ed una pPista d'atletica, ed è in grado di ospitare 1.000 spettatori. La principale squadra di calcio della Città è la S.S.C. Capoterra, che milita nel girone A sardo di Prima Categoria.
Dalla via Cagliari, dopo l'incrocio con il corso Antonio Gramsci, proseguiamo per una cinquantina di metri e prendiamo a destra la via Vittorio Emanuele, dopo centocinquanta metri a sinistra la via Cristoforo Colombo, che continua sulla via Amendola. Dopo poco più di trecento metri, prendiamo a destra la via Piemonte, dopo centocinquanta metri continuiamo leggermente verso destra sulla via Lombardia, la seguiamo per duecento metri. Poi la strada compie una svolta a sinistra, e, dopo un'ottantina di metri, vediamo alla sinistra della strada la piscina comunale di Capoterra. Le sue tribune sono in grado di ospitare 150 spettatori.
Nei dintorni di Capoterra sono stati portati alla luce i resti del Nuraghei semplice Poggio Antonio Murgia; del Nuraghe complesso Baccu Tinghinu; del Nuraghe Mont'Arbu di tipologia indefinita; mentre non resta più nulla del Nuraghe Sa Cruxi Santa, che è stato completamente demolito. Vediamo, ora, che cosa d'altro si trova nei dintorni di Capoterra, oltre alla sua zona costiera, che abbiamo già visto nell'itinerario che ci ha portati da Sarroch a Capoterra.
Partendo dal Cimitero di Capoterra in direzione sud ovest, verso la frazione Poggio dei Pini, si trova un cartello, dopo un chilometro e seicento metri, che indica una stradina sulla destra. La percorriamo per ottocento metri, poi, seguendo le indicazioni, prendiamo a sinistra, e, dopo quattrocento metri quasi tutti di strada bianca, arriviamo alla Chiesa campestre di San Girolamo de la Murta. Nel 1565 l’arcivescovo di Cagliari, su richiesta del beneficiato della Cattedrale di Cagliari Sisinnio Murro, fa dono a lui e all'eremita frate Francisco Boy, della «Chiesa di San Girolamo detta de la Murta, sita nel territorio di Capoterra, che è un eremitaggio attualmente abbandonato, lontano dai centri abitati e conveniente alle intenzioni, agli auspici e ai desideri del detto frate Francisco Boy», affinche entrambi possano «condurvi una vita solitaria e contemplativa». Ma la Chiesa, con una vicina sorgente, luogo ideale per una vita di penitenza e contemplazione, doveva essere molto più antica, probabilmente costruita su un preesistente edificio di epoca bizantina. L’iscrizione murata sulla facciata di una casa vicina alla Chiesa, attesta la presenza, tra il 1615 ed il 1628, dell’eremita Francisco de Quentia, che godeva di fama di Santità, e che, nel 1620, con le offerte ricavate, realizza una piccola campana. L’impianto attuale della Chiesa risale al diciassettesimo secolo, ha linee esterne molto semplici, con un piccolo oculo che si apre sulla facciata, provvista di un campanile a vela in mattoni, che ospita la piccola campana. Nel 1893, l’edificio, che si trovava in stato di totale abbandono adibito ad ovile, viene restaurato e riportato in attività, e l’ultimo restauro del 1994, ha rifatto il pavimento ed il soffitto, crollato in seguito alle forti piogge del 1991. L’unica aula, con copertura lignea, contiene una bella acquasantiera del diciassettesimo secolo, ed una pala d’altare in legno intagliato e dipinto, attribuita al pittore algherese Francesco Pinna, morto a Cagliari nel 1616, considerato il maggiore esponente del tardo manierismo in Sardegna. Si tratta della decima opera finora conosciuta di questo importante artista, a cui l'attribuzione è stata effettuata nel 2003.
L'istituzione della Festa di San Gerolamo è recente, e la sua celebrazione si svolge, presso questa Chiesa campestre, l'ultima domenica di settembre.
Partendo dal Cimitero di Capoterra in direzione della frazione Poggio dei Pini, passato il cartello, dopo un chilometro e seicento metri, per la Chiesa di San Gerolamo de la Murta, proseguiamo per un altro chilometro sulla strada che viene chiamata 52. Prendiamo a destra la strada 51, dopo cinquecento metri svoltiamo a destra sulla strada 56, dopo altri trecento metri di nuovo a destra sulla strada 62, dopo cento metri a sinistra la strada 59, dopo duecento metri a sinistra la strada 60, dalla quale, dopo cento metri, parte sulla destra la Strada Vicinale di Santa Barbara. In circa un chilometro e duecento metri, arriviamo al borgo storico di Santa Barbara, sulla cui piazza si affacciano varie case, in parte restaurate. Nel villaggio si trova la Chiesa di Santa Barbara de Montes, costruita in stile tardo romanico nel luogo in cui era nato l'antico borgo medioevale che ha dato origine all'attuale centro abitato, e dietro la Chiesa si trova la bellissima villa Devoto. La Chiesa è stata edificata nel 1281 dal futuro arcivescovo cagliaritano Gallo, che è vissuto in eremitaggio in questo luogo. La soglia originaria era rialzata di cinquanta centimetri per evitare allagamenti in caso di pioggia, ed anticamente una scalinata, ormai scomparsa, portava all'ingresso, oggi murato. L'attuale accesso si apre sul fianco sinistro, decorato e con trentacinque cavità circolari per le coppelle ceramiche, che abbellivano e coloravano le murature. Alla fine del sedicesimo secolo la Chiesa viene concessa ai Frati Minori Conventuali, che la curano fino al 1867. Essi, lungo il fianco settentrionale e davanti, realizzano un porticato con ampie arcate in mattoni, che sorreggevano una copertura lignea, utilizzato come ricovero dei pellegrini. Nel 1739, come ricorda un'epigrafe, viene demolito un ampio tratto della fiancata meridionale, per la realizzazione di una grande Cappella cupolata, nella quale viene collocato il nuovo altare maggiore, e viene spostato il campanile a vela, sopra il loggiato del fianco settentrionale. L'aula, a una sola navata con copertura lignea, è scarsamente illuminata, dato che la monofora che si apriva sulla facciata è stata murata. L'altare maggiore, in stile barocco, è stato realizzato tra il 1739 ed il 1804. La statua della titolare è datata tra la fine del '700 e gli inizi dell'800. Lungo le pareti interne vi sono dei sedili in muratura, interrotti dall'altare minore, del 1861. La Chiesa, abbandonata con il decadimento del borgo, ha subito un importante recupero nel 1986, con il rifacimento completo del tetto.
Racconta la leggenda che Santa Barbara, vergine e martire, fosse una nobile cagliaritana convertita, che durante le persecuzioni sarebbe stata decapitata verso la fine del III secolo nel luogo dove sorge la Chiesa, e la sua testa sarebbe caduta nel punto dove ora sgorga la sorgente Sa Scabizzada, che si trova a soli cinquanta metri dalla Chiesa, ed è racchiusa all'interno di una Cappella costruitale attorno. I fedeli che si recano al Santuario, prima di bere alla fonte, usano deporre una croce composta da due rami di legno, nei pressi della struttura.
La sera del primo venerdì di luglio, per la Festa di Santa Barbara, compatrona con Sant'Efisio, dopo la messa in parrocchia, il simulacro della Santa viene portato alla sua Chiesetta. Il sabato viene celebrata una messa solenne ed in serata la statua è riportata in parrocchia. La domenica, una solenne processione attraversa le vie cittadine a conclusione dei riti. In questa Festa si può assaporare il tipico gusto della Sagra paesana in cui la Festa religiosa è occasione di divertimento popolare.
Dove termina la strada 52, prendiamo, questa volta verso sinistra, la strada 51, la seguiamo per cinquecentocinquanta metri, poi a sinistra la strada 26 che seguiamo per duecento metri, e, di nuovo a sinistra, la strada 24 ci porta nella frazione Poggio dei Pini (altezza metri 64, distanza circa 4.7 chilometri, abitanti circa 2.307). La frazione è stata creata negli anni '60 del Novecento, ma già da prima erano presenti varie abitazioni, dagli inizi delle due guerre mondiali, quando i cittadini andavano a rifugiarsi nei bunker a tale scopo nella zona predisposti.
Percorsa per cinquecentocinquanta meetri la strada 51, invece di prendere a sinistra la strada 26, prendiamo a destra la strada 51, la seguiamo per duecento metri, poi svoltiamo a sinistra e imbocchiamo la via Santa Bernadette Soubirous, che in trecentocinquanta metri ci porta di fronte alla Chiesa di Nostra Signora di Lourdes, che è la parrocchiale della frazione Poggio dei Pini. Inaugurata nel 1985, è realizzata con la pietra ed il cemento, materiali che conferiscono modernità, originalità e nel contempo tradizione, secondo un progetto elaborato su basi strettamente teologiche e simboliche. Il progetto si è rifatto all’Anastatis, ovvero alla Basilica circolare voluta dall’imperatore Costantino in ricordo della resurrezione di Gesù Cristo, con un deambulatorio anulare individuato da una fila di dodici pilastri, cupola troncoconica a tino rovesciato, e quattro cappelle laterali a forma di croce. L’altare, posto al centro dal cerchio dei pilastri che sorreggendo la volta, richiama i segni dello Zodiaco. Il porticato esterno, infine, raffigura due braccia protese nell’accoglienza fraterna della comunità.
Nella prossima tappa del nostro viaggio, passata l'area umida di Santa Gilla arriviamo alla Città di Cagliari, la principale Città della Sardegna di cui è capoluogo di Provincia ed anche il capoluogo della Regione.Della Città descriveremo la storia e le principali caratteristiche, prima di recarci a visitare il suo centro storico medioevale.
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