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Serdiana nota per la sua produzione vinicola con nei dintorni la chiesa romanica di Santa Maria di SibìolaIn questa tappa del nostro viaggio, da Donorì ci recheremo a Serdiana, paese noto per la sua produzione vinicola, nei cui dintorni si trova la bella chiesa romanica di Santa Maria di Sibìola. La regione storica del Parteòlla
In viaggio verso SerdianaDal centro di Donorì prendiamo la via Roma, la seguiamo per trecento metri fino a che la strada va ad immettersi sulla via Vittorio Emanuele, la prendiamo verso sinistra fino a che diventa il viale Europa ed esce dall'abitato andando ad immettersi sulla SS387 del Gerrei, la quale, dopo circa sei chilometri, ci porta all'interno dell'abitato di Serdiana. Dal Municipio di Donorì a quello di Serdiana si percorrono esattamente 9.0 chilometri. A Serdiana saremmo potuti arrivare direttamente da Ussana, evitando la deviazione verso nord che ci aveva portati a Donorì. Dal centro di Serdiana prendiamo verso est la via Roma, che ci porta sulla SS466 di Sibìola, la prendiamo verso sinistra e, in circa sette chilometri, ci porta all'interno dell'abitato di Serdiana. Dal Municipio di Ussana a quello di Serdiana si percorrono 8.3 chilometri. Il paese chiamato Serdiana
Origine del nomeIl nome non ha chiara origine, ed appartiene verosimilmente allo strato linguistico paleosardo. Secondo il linguista Massimo Pittau, il nome di questo villaggio sarebbe carico di importanti notazioni storiche relative alla Sardegna antica, essendo corradicale con gli altri nomi come Sardara, Sardegna, Sardòri, e corrispondendo in maniera sorprendente al nome della Sardiane, regione che traeva la sua denominazione dalla città di Sárdeis, capitale della Lidia, nell'Asia Minore, terra di origine dei Sardi, oltreché degli Etruschi. Quindi la denominazione di Serdiana serviva a indicare la diversità dei nuovi arrivati rispetto ai gruppi umani precedenti che vivevano ancora in quelle zone. Ma c'è di più, dato che la grande dea Artemide, conosciuta in epoca antica in tutto il mondo mediterraneo, era quasi certamente originaria della Lidia, come dimostra anche il fatto che essa era venerata sia ad Efeso come Artemide Efesia, sia a Sárdeis come Artemide Sardiana, è molto probabile che i Sardiani o Protosardi, subito dopo il loro arrivo dalla Lidia in Sardegna, abbiano fondato un centro denominato Arsemine ossia Assémini in onore di Artemide Efesia, e un centro denominato Serdiana in onore di Artemide Sardiana. La sua economia
Brevi cenni storiciDa varie testimonianze archeologiche risulta che la zona viene abitata sino dall'epoca neolitica, come risulta dal ritrovamento di rudimentali lisciatoi, pestelli litici, asce silicee, punte di freccia, schegge di ossidiana e cocci di terracotta. Del periodo nuragico abbiamo solo tracce di quelle che un tempo dovevano essere monumentali strutture; basi nuragiche e segni di insediamento. Al periodo nuragico seguono gli insediamenti fenici e punici, testimoniati dal ritrovamento di vari oggetti punici, come orecchini d’argento, monete, sacche adibite alla conservazione di derrate alimentari; ma la scoperta più importante è costituita da una stele raffigurante il simbolo della dea cartaginese Tanit, trovata nel 1992 in zona Campu Braxiu. Alla dominazione punica succede quella romana, dato che, nel territorio circostante Serdiana, sono stati rinvenuti numerosi reperti quali frammenti ceramici, alcune tombe e si pensa che in questo periodo sia nata Serdiana. Alla presenza romana seguè l’occupazione dei Vandali, che deportano in Sardegna numerosi esuli cristiani e monaci, la cui presenza aumenta con la dominazione bizantina. Nel Medioevo fa parte del giudicato di Cagliari, nella curatoria di Dolia o Parte Olla. Al 1125 risale la costruzione della chiesa di Santa Maria di Sibìola, quando nel territorio si insediano i monaci vittorini. Nel 1257, dopo la sconfitta del giudicato di Cagliari, passa per breve tempo al giudicato di Arborea, e dal 1297 alla repubblica di Pisa, per passare infine nel 1323 sotto il dominio aragonese. Nel 1328, Serdiana viene concessa in feudo, insieme ad altri villaggi, a Clemente Salavert. Nel 1358 la signoria passa ai Mont Pavon, al quale gli abitanti versavano una quota corrispondente alla tassa versata in precedenza al comune di Pisa. In quel periodo Serdiana si spopola completamente a causa della peste, delle carestie e delle guerre. Tra il 1440 e il 1540 si avvicendano diverse famiglie di feudatari. Intorno al 1648 la Sardegna è colpita da siccità e invasione di cavallette, situazione che peggiora ulteriormente con la peste. A Serdiana, si pensa sia stata terminata in questo periodo la costruzione della chiesa di San Salvatore, in particolare la cappella del rosario, dove si pregava per la fine delle calamità. Inoltre si pensa che in questo periodo sia nata l’usanza del pellegrinaggio della statua di Santa Maria, da Serdiana alla chiesetta di Sibìola. Nel 1728, in epoca sabauda, il paese viene incorporato nel marchesato di San Saverio, e nel 1839 viene riscattato ai Brunengo, ultimi feudatari, con la soppressione del sistema feudale, per cui diviene un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio comunale e resta nella provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova provincia del Sud Sardegna. Principali personaggi nati a SerdianaA Serdiana sono nati due mosignori, vescovi di Sarrari, che sono stati Agostino Saba a Paolo Carta. Le principali feste e sagre che si svolgono a Serdiana
Visita del centro del paeseL'abitato di Serdiana, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. La SS387 del Gerrei arriva da nord a una rotonda, e subito arriva alla rotonda da nord ovest la SS466 di Sibìola, la successiva prima uscita dalla rotonda è la prosecuzione verso sud della SS387 del Gerrei, mentre la seconda uscita è il viale della Repubblica, che porta all'interno dell'abitato di Serdiana. In piazza Gruxi 'e ferru si trova la Biblioteca comunale intitolata ad Agostino Saba
La cantina Pala Vini di SerdianaDall'incrocio, presa verso destra la via Sibìola, dopo meno di cento metri, svoltiamo a sinistra il via Giuseppe Verdi, che seguiamo per un'ottantina di metri, fino a vedere, alla sinistra della strada, al civico numero 7 della via Giuseppe Verdi, una delle due famose cantine vinicole di Serdiana, la Cantina Pala Vini di Sardegna. Le Cantine Argiolas di SerdianaDa dove termina il viale della Repubblica, prendiamo la sua prosecuzione verso sud che è la via Roma e la seguiamo per trecento metri, arrivando a vedere, alla destra della strada, al civico numero 28, l'ingresso di un'altra delle due famose cantine vinicole di Serdiana, ossia le Cantine Argiolas. La chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore
L’interno è caratterizzato da una pianta centrale e il soffitto è in legno e a capriate. Ai lati sorgono sei cappelle costruite in epoche diverse. L’altare maggiore, realizzato in marmi policromi e articolato in piani diversi, presenta alla base due scalini, sulla cima è presente una nicchia sorretta da quattro colonnine di marmo nero con capitelli ionici, ed all’interno della nicchia si trova la statua lignea del Santissimo Salvatore, che rappresenta il Cristo benedicente, avvolto da un ampio manto scuro con bordi dorati e sulla mano sinistra sorregge una sfera simbolo della sua potenza creatrice. L’autore della statua è ignoto ma si pensa possa essere stata eseguita dallo stesso scultore della statua artistica di Santa Maria in Sebiola che è oggetto di particolare venerazione, ossia Antonio Lonis di Senorbì. Ai lati dell’altare sono presenti le due cappelle voltate a botte della Pietà e del Rosario, nella quale l’altare è sovrastato da un dipinto di autore ignoto che rappresenta la deposizione di Cristo dalla croce. A fianco alla cappella del Rosario si trova il pulpito del 1878 in marmo bianco, appoggiato su una lesena, in stile tardo barocco. Nella cappella del Sacro Cuore sono conservati i sarcofaghi con i resti di monsignor Agostino Saba e monsignor Paolo Carta. Ai lati dell’ingresso si trovano a sinistra la pila dell’acquasantiera del dodicesimo secolo, in stile romanico, proveniente dalla chiesa di Santa Maria di Sibìola, ed a destra la fonte battesimale, di scuola genovese, in marmi policromi e legno, con la parte superiore in legno intarsiato e riproduce la scena del Battesimo di Cristo.
Nella prima decade di novembre si ripetono i festeggiamenti religiosi con la sagra di Santu Sarbadoreddu, che è la seconda festa patronale dedicata al Santissimo Salvatore. Abbinata a tale festa, da una decina d'anni, il gruppo folk organizza la festa dell'Anziano, e la manifestazione si conclude con uno spettacolo variegato, organizzato e interpretato con passione da parte di un gruppo di locali attori dilettanti che riescono, con gli anni, a trovare sempre nuovi spunti per intrattenere il pubblico. La serata del giorno dopo è imperniata su intrattenimenti musicali e sulla tradizionale favata, con degustazione di vini novelli e prodotti tipici locali. Il Monte Granatico e l'Oratorio del Santissimo SalvatoreDa dove, seguendo la via Mario de Candia, eravamo arrivati di fronte al lato destro della chiesa parrocchiale del Santissimo Salvatore, se seguiamo il lato desto della chiesa verso destra, arriviamo alla sua estremità posteriore, passata la quale si arriva di fronte all'edificio che ospitava il Monte Granatico di Serdiana. La data della sua costruzione non è conosciuta, anche se è probabile che esso sia sorto in seguito alle disposizione del viceré Lodovico d'Hallot des Hayes che, nel 1767, incentivò l'istituzione dei Monti e ne regolarizzò il funzionamento. I Monti Granatici erano centri di raccolta dei cereali utilizzati come fondo comune e in Sardegna ebbero un ruolo fondamentale per l'economia e la crescita del territorio in quanto avevano lo scopo di combattere il dilagante fenomeno dell'usura. I materiali utilizzati per la costruzione delle pareti di questo edificio sono pietrame e fango, il pavimento era realizzato da un semplice battuto di cemento e il tetto, allora in precarie condizioni, era a due falde, internamente retto da capriate in legno e con l'orditura realizzata in canne, mentre esternamente era rivestito da tegole tipo coppi. Il Monte Granatico è stato acquistato dal comune nel 1984, ed i lavori di restauro non hanno modificato la struttura originaria dell'edificio. Alla destra di questo edificio, sul lato destro della piazza, si vede la facciata con l'ingresso del piccolo Oratorio del Santissimo Salvatore, che si trova sulla stessa piazza della chiesa parrocchiale, e che ospita manifestazioni ed eventi organizzati per i frequentatori dell'Oratorio e per il resto della popolazione. Il Municipio di Serdiana
La piazza Eroici Caduti con il Monumento e le Lapidi commemorative dei CadutiPassato il Municipio, proseguendo lungo la via Monsignor Agostino Saba, dopo un'ottantina di metri la strada termina, e parte a destra la via Umberto I, a sinistra la via XX Settembre, mentre di fronte si apre una piazza pedonale, che assume il nome di piazza Eroici Caduti. Al centro della piazza pedonale si trova il Monumento ai Caduti di Serdiana in tutte le guerre, un blocco verticale in marmo sovrastato da un elmo in bronzo, e sul quale è appoggiata una divisa militare, anch'essa in bronzo. Prendendo alla destra la via Umberto I, subito alla destra di questa strada, al civico numero 4, si trova l'edificio che ospita la Scuola materna Eroici Caduti di Serdiana, sulla facciata della quale, alla sinistra del portale, si trova una Lapide commemorativa in marmo realizzata tra il 1925 ed il 1935, con incisi i nomi dei caduti della prima guerra mondiale. La Casa MuseoDalla via Monsignor Agostino Saba, prendiamo a sinistra la via XX Settembre, un tempo chiamata Bia Mesuidda poiché è situata nel centro storico del paese. Dopo un'ottantina di metri, alla sinistra della strada, al civico numero 13, si trova l'ingresso della Casa Museo, che era la Casa Mura Sebastiano e costituisce un Museo Etnografico. Si tratta di una tipica casa a corte, significativa per la sua connotazione storica e la sua configurazione architettonica, che è stata acquistata dal comune nel 1996. Sulla chiave di volta del portale è scolpita la data 1855 che attesta il termine della sua costruzione, anche se l’isolato risulta già perfettamente formato nel 1841, ed il portale, costruito a misura di carro, si affaccia su un piccolo percorso imperdau. All’interno della corte, in corrispondenza del portale, si trova su procciu, uno spazio coperto che era adibito alla custodia del calesse, e al di sopra vi è su stalli, il locale dove solitamente venivano conservate le provviste familiari. Lo stabile appare lungo e stretto, su due livelli, coperto da un tetto a due falde, e, rispetto all’impianto originario, ha subito alcune modifiche, ma nel complesso conserva ancora la caratteristica di duplice partizione dei cortili, con una pratza de ananti, destinata all’ambito di relazione con il paese, e una pratza de pallas, finalizzata agli usi produttivi agricoli. Nel cortile posteriore, a ridosso delle mura di recinzione sono presenti is lollas, porticati rustici destinati ai lavori agricoli, al ricovero degli animali, e su magasinu. All’interno dell’abitazione i locali sono comunicanti tra di loro e qui trovano collocazione alcuni arredi e utensili che riproducono lo stile di vita di una famiglia di grossi proprietari terrieri di fine Ottocento. Percorrendo il vialetto imperdau, si arriva all’ingresso della casa dove trova posto una cassapanca in legno. Da qui si ha l’accesso per sa coxina, il cuore della vita familiare, s’apposentu bonu, luogo adibito al ricevimento degli ospiti, mentre dal lato opposto si ha l’accesso a is apposentusu de croccai, le stanze da letto. Nella parte superiore è allestita una mostra permanente dedicata alla memoria storica relativa al periodo delle due guerre mondiali, con un vasto repertorio fotografico e cimeli bellici. La casa Carcassona nota anche come castello Roberti
La cappella dedicata a Sant'Antonio da PadovaAll'interno della casa Carcassona, nell'ala est adiacente al magazzino, a fianco della torre, vi è la cappella dedicata a Sant'Antonio da Padova, attualmente di proprietà delle sorelle Angius. Il portone principale è quello antico, e nello spiazzo antistante la piccola chiesa è stato realizzato un giardinetto recintato. Il semplice prospetto a capanna presenta l’originale motivo di un campanile angolare a due vele in cotto. L'interno è quello di una tipica chiesetta rurale, costruita in pietra di tufo, con caratteristiche di cappella ad ala mononavata, con archi a sesto acuto, secondo la tradizione catalana, che fungono non solo da elementi di sostegno della copertura lignea, ma anche di separazione tra il vano presbiteriale e quello in prossimità dell’ingresso, che comunica con l'abitazione, su cui è situato un loggiato di legno padronale, che permetteva ai proprietari del nucleo residenziale di assistere alle funzioni religiose separatamente dal resto della popolazione. Sopra l’altare è situato un dipinto di autore ignoto raffigurante la visione o il sogno di Sant'Antonio, nel fianco sinistro un piccolo pulpito ligneo completo di paravoce, a destra un crocifisso tra due colonne tortili, raccolte superiormente da un elemento orizzontale con motivi a racemo, su cui poggiano la statua di Sant'Antonio e due piccole statue in legno, una del sesto secolo che rappresenta la Vergine Annunziata, e l'altra del diciassettesimo secolo che rappresenta un vescovo, forse San Demetrio. La cappella di Sant'Antonio da Padova si può visitare il 13 giugno, in occasione della festa di Sant'Antonio da Padova, alla quale partecipano numerosissimi fedeli, ed anche su richiesta per ricorrenze particolari. Il museo chiamato Sa Domu de Boricu Esì
Grazie alla passione e alla dedizione del proprietario, Salvatore Dessì noto come Tore, si ha la possibilità di scoprire quali fossero gli strumenti e le tecniche utilizzate prima dell'avvento della tecnologia nel mondo del lavoro. Il Cimitero comunalePassato il museo chiamato Sa Domu de Boricu Esì, proseguiamo per altri poco più di trecento metri verso est lungo la via Manno, e, poco prima di uscira dall'abitato, si vedono, alla destra della strada, i muri di cinta con i cancelli di ingresso del Cimitero comunale di Serdiana, prima quello del Cimitero vecchio del paese, più avanti quello del Cimitero nuovo. Per arrivare agli ingressi del Cimitero, è più facile seguire un'altra strada, Dal museo proseguiamo lungo la via Manno per soli centotrenta metri, poi prendiamo a destra la via Ciusa, che dopo centoventi metri sbocca sulla via Bacaredda, la prendeiamo a sinistra e, in circa centottanta metri, arriviamo al parcheggio, vicino al quale si trovano gli ingressi più comodi del Cimitero. Il campo sportivo comunalePer visitare gli impianti sportivi, torniamo a dove siamo arrivati nell'abitato di Serdiana con una delle due Strade statali. Raggiunta la rotonda, prendiamo il viale della Repubblica, la seguiamo per trecentocinquanta metri, poi svoltiamo a destra e prendiamo la via Arturo Toscanini, dopo appena una cinquantina di metri svoltiamo a destra in una strada senza nome, lungo la quale, dopo trecentocinquanta metri, si vede alla destra il cancello di ingresso del campo sportivo comunale di Serdiana. All'interno, si trova un campo da Calcio in erba, dotato di tribune in grado di ospitare 700 spettatori. Intorno al campo in erba, si trova una Pista di atletica leggera, nella quale praticare come discipline le Corse su pista, il Salto con l'asta, ed il Salto in estensione. Alla sinistra del campo in erba, si trova un campo da calcio in terra, che non è dotato di tribune. Su retro del campo in erba, è presente un campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, e con tribune per una cinquantina di spettatori. É, inoltre, presente un campo polivlente, con fondo in terra, senza tribune, nel quale praticare come discipline la Pallavolo ed il Beach volley. Visita dei dintorni di SerdianaNei dintorni di Serdiana sono stati portati alla luce i resti dei nuraghi Bruncu de Is Olias, Cuccuru s'Eremitanu, Is Paulis, Matzeddus, Monte sa Frissa, S'Omu 'e S'Orcu, sa Turr'e Casu, Sibìola, su Staini, tutti di tipologia indefinita. La chiesa romanica di Santa Maria di Sibìola
Attestata per la prima volta nel 1338, in un inventario di possedimenti dei Benedettini, non pare comunque essere appartenuta a tale congregazione monastica. La struttura, in conci di arenaria grigia, si presenta con una facciata piana, che è oggi priva del perduto campanile, nella quale si aprono due ingressi arcuati, che hanno in asse una monofora ed una bifora. Al centro della facciata, è inserito un blocchetto con interessante fregio bicromo, che potrebbe essere la raffigurazione del sole. Altri elementi decorativi erano i bacini ceramici di cui rimangono gli incavi d'alloggiamento, e gli archetti che ancora si trovano lungo tutto l'ordine superiore della muratura esterna, taluni impostati su peducci scolpiti con motivi umani, animaleschi e naturalistici. Molto particolare è la scaletta inserita sul fianco settentrionale, formata da mensoloni litici incassati nella muratura. L'interno, sobrio come si conviene allo stile romanico, è composto da due navate non uguali, entrambe voltate a botte e dotate di absidi con finestrella, separate da quattro basse arcate che poggiano su pilastri con capitelli decorati, ed in quella destra, quasi in corrispondenza con l'ingresso laterale, si trova il bell'altare in pietra. L'acquasantiera originaria è stata portata nella chiesa parrocchiale e le due tavole residue del suo retablo quattrocentesco che rappresenta varie scene del Nuovo Testamento, tra le quali il Giudizio Universale, sono conservate oggi nella Pinacoteca Nazionale di Cagliari.
Il 9 settembre è dedicato alla festa di San Raffaele Arcangelo, che è festeggiato nel paese, il cui simulacro viene portato in processione lungo le vie dell'abitato, insieme a quello di Santa Maria di Sibìola. Alla processione seguono le cerimonie solenni e le manifestazioni civilii. Lo stagno salato noto con il nome di su Staini Saliu
In territorio di Soleminis si trova la cappella campestre di San MarzialeNon lontano da Serdiana, si trova una cappella campestre che appartiene però a Soleminis, pur essendo molto distante a nord ovest dal suo abitato, ed invece vicino a quello di Serdiana. Dal centro di Serdiana, lungo la via Roma raggiungiamo l'ingresso delle Cantine Argiolas, e proseguiamo verso sud, lungo la strada che, dopo duecentocinquanta metri, prosegue con il nome di via Cagliari. Seguita per seicentocinquanta metri, troviamo a sinistra la deviazione per l'Agriturismo Santu Marcialis, che raggiungiamo in poco più di cinquecento metri. Accanto all'Agriturismo, è presente la cappella dedicata a Santu Marcialis, ossia a San Marziale, che, pur essendo molto vicino a Serdiana, si trova però in territorio di Soleminis. Questa piccola chiesa campestre è stata costruita agli inizi del ventunesimo secolo, su iniziativa di devoti di Soleminis interessati a rivitalizzare il culto del Santo, al quale, come ricordano, doveva essere intitolata la scomparsa chiesa parrocchiale del villaggio medievale di Solomura. I ruderi della chiesa campestre di Santa Lucia
I resti della Stazione ferroviaria di Is MizasPercorso un altro chilometro sulla strada bianca, che si allontana verso nord dalla attuale linea ferroviaria, si trovano i resti della Stazione ferroviaria di Is Mizas, che era una fermata lungo il vecchio tracciato della ferrovia che collegava Cagliari con Isili. La fermata è stata realizzata in posizione isolata, nelle campagne tra Serdiana e Donori, dalle Ferrovie Complementari della Sardegna, e risulta in uso negli anni sessanta del Novecento, sebbene come fermata a richiesta. Passata nel 1989 alle Ferrovie della Sardegna, la struttura rimane operativa sino agli anni novanta, periodo in cui sulla linea che collega Cagliari con Isili sono stati eseguiti vari interventi di rettifica del tracciato, uno dei quali ha portato alla costruzione della attuale variante a sud della fermata di Is Mizas, e questa fermata rimane, quindi, isolata dalla ferrovia, e dismessa con l'attivazione del nuovo tracciato, venendo successivamente disarmata e abbandonata. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Serdiana ci recheremo a Dolianova nota per la sua produzione vinicola, olivicole e casearia, che visiteremo con il suo centro costituito dall'unione degli antichi comuni di Sicci San Biagio e Dolia San Pantaleo, con la cattedrale di San Pantaleo, e con i suoi dintorni nei quali si trova il complesso nuragico S'Omu e S'Orcu. | ||||
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