LA CERBIATTA
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vecchio accennava a muoversi, si slanciava lontana
come un uccello dal basso volo, lasciando appena un
solco argenteo fra i giunchi al di là della radura.
Quando invece il vecchio era solo immobile sul suo
sgabello di pietra, ella si attardava, diffidente pur sem-
pre, brucando l
’
erba ma sollevando ogni tanto la bella
testina delicata; ad ogni rumore trasaliva, si volgeva ra-
pida di qua e di là, saltava in mezzo alle macchie: poi
tornava, s
’
avanzava, guardava il vecchio.
Quegli occhi struggevano di tenerezza il pastore.
Egli le sorrideva silenzioso, come il dio Pan doveva
sorridere alle cerbiatte delle foreste mitologiche: e
come affascinata anch
’
essa da quel sorriso la bestiuola
continuava ad avanzarsi lieve e graziosa sulle esili
zampe, abbassando di tanto in tanto il muso come per
odorare il terreno infido.
Il latte e i pezzi di pane che il vecchio deponeva a
una certa distanza la attiravano. Un giorno prese un
pezzetto di ricotta e fuggì; un altro si avanzò fino alla
ciotola, ma appena ebbe sfiorato il latte con la lingua
trasalì, balzò sulle quattro zampe come se il terreno le
scottasse e fuggì. Subito dopo tornò. Allora furono
corse e ritorni più frequenti, meno timidi, quasi civet-
tuoli. Balzava in alto, s
’
aggirava intorno a se stessa
come cercando di acchiapparsi la coda coi denti; si grat-
tava l
’
orecchio con la zampa, guardava il vecchio ed
egli aveva l
’
impressione che anch
’
essa fosse meno tri-
ste e spaurita e che gli sorridesse.