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LA FESTA DEL CRISTO
Perché il cavallo gli aveva preso la mano ed è pas-
sato come una saetta. Chissà che disgrazie! Ecco la sua
berretta.
La berretta cadde in grembo a una donna che si
curvò per cacciarla dentro la bisaccia.
La cavalcata sfilò, ma la fisarmonica non suonò più.
Prete Filìa s
era fatto livido in viso, e batteva sul fianco
del cavallo la staffa entro cui luccicava la fibbia d
ar-
gento della sua scarpetta: appena fuor del paese si mise
la mano sugli occhi per guardar lontano, ma lungo lo
stradone che tagliava la valle dalle roccie rosee di mu-
sco dell
Orthobene, non vide che qualche contadino coi
buoi aggiogati e qualche donna con l
anfora sul capo.
Di Istevene nessuna traccia: era sparito col suo ca-
vallo del diavolo come Lusbé, il demonio cavalcante,
allo spuntare del giorno.
Lo raggiunsero solo verso sera prima di arrivare alla
mèta. Sedeva sul paracarri, curvo su se stesso, a testa
nuda, con le mani giunte strette fra le ginocchia: pareva
pregasse, oppresso dal crepuscolo di nuvole grigie ve-
nate di sangue e dalla solitudine infinita del luogo fan-
tastico. Colline bianche chiudevan la valle e la strada
scendeva giù attorcigliata come una corda, fra macchie
e pietre, verso un punto ove si sentiva un mormorio
d
acqua.
La donna che aveva raccolto la berretta si curvò di
nuovo per toglierla dalla bisaccia e la buttò ridendo a
Istevene.