LA CROCE D’ORO
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Quella è storia vera, non leggenda; sì, te la voglio
raccontare perché era proprio di questi tempi, Pasqua di
Natale.
Avevo venti anni, ero fidanzato. Ero giovine molto,
per prendere moglie, ma il malanno è che ero orfano di
padre e mia madre era sempre malaticcia; soffriva di
cuore, ma era serena e timorata di Dio e mi diceva:
«Sposati, che così quando muoio io non rimani solo a
portare la croce della vita, o esposto a cadere nelle mani
della prima donna che capita». Pensavamo: chi sce-
gliere? Non ero ricco e non pensavo neppure di diven-
tarlo; mi bastava che la moglie fosse anche lei onesta e
timorata di Dio. E pensa e pensa: chi sarà?
C'era una famiglia molto per bene, composta di padre,
di madre e di sette figli tutti abili al lavoro e che anda-
vano tutti a messa e a confessarsi come Dio comanda.
Di questi sette figli tre erano femmine, belle, alte, sottili,
con la cintura come un anello, e andavano sempre ad
occhi bassi, col corsetto allacciato e le mani sotto il
grembiale, non come andate adesso voi, le ragazze
d'oggi, con gli occhi che pare si mangino la gente. Mia
madre domandò per me la più giovane, e fui bene ac-
colto e a Natale dovevo farle il dono col quale, come si
usa, io m'impegnavo fermamente a sposarla e lei accet-
tandolo a sposarmi. E di nuovo pensa, pensa con mia
madre, a questo dono: seduti uno di fronte all'altra da-
vanti al focolare io e lei discutevamo sempre se doveva
essere una moneta d'oro, questo dono, o un fazzoletto
ricamato, o un anello. Finalmente mia madre mi disse: