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GRAZIA DELEDDA
al chiarore della neve si avanza fino alla muriccia e
trova il muflone ucciso, con gli occhioni spalancati che
brillano ancora di dolore. Ella lo coprì di neve, con le
sue mani; poi tutta la notte pianse. Non si accennò
all’avventura; e quando le nevi si sciolsero e fu ritro-
vata la spoglia del muflone lo si credette morto di fame
e di assideramento. Non se ne parlò più; neppure col
marito, quando egli fu di ritorno; ma una cosa terribile
accadde. In settembre nacque alla giovane sposa un
bambino: era bello, coi capelli color rame e gli occhi
grandi e dolci come quelli del muflone: ma era sordo-
muto.
La storia piacque a Cosima. Col capo appoggiato al
grembo della serva, credeva di sognare: vedeva il paese
di Proto, con le case coperte di assi annerite dal tempo,
e i monti scintillanti di neve e di luna; ma sopra tutto le
destava una impressione profonda, quasi fisica, il mi-
stero della favola, quel silenzio finale, grave di cose
davvero grandiose e terribili, il mito di una giustizia so-
vrannaturale, l’eterna storia dell’errore, del castigo, del
dolore umano.