La distillazione del vino lazione veniva realizzata con semplici apparecchi (sos limbicos) costituiti dalla caldaia (sa brocca), dal cappello (sa pùbula) e dalI' apparato refrigeran- te (sa conca 'e su limbiccu). Questi alambicchi, costruiti in rame, rappresen- tavano il modello più semplice del sistema di distillazione per ascensum. Il procedimento prevedeva il riscaldamento del vino che, trasformato in vapore, percorreva in via "ascensionale' (verso l'alto) il sistema refrigerante che con- densava i vapori alcolici, riducendo li allo stato liquid0 85 • L'arte paziente della distillazione, spesso affidata alle donne, riproponeva antiche procedure scandite da regole osservate scrupolosamente nelle diverse fasi della distillazione. I momenti della trasformazione del vino in distillato sono delineate, negli appunti dell' archivio del Centro di Cultura Popolare, curati da F. Salis e dai suoi collaboratori: Nell'alambicco comunemente usato (a Santulussurgiu) il vino si versava nel recipiente in quan- tità tale che il suo livello massimo risultasse di circa 5 cm. al di sotto della base del timpano: questo accorgimento evitava la fuoriuscita del vino e degli eventuali semi di anice o di finoc- chio (mattafiluga) durante l'ebollizione e, nel medesimo tempo, assicurava il vuoto superiore, necessario per l'accumulo dei vapori alcolici. [ ... ] Il recipiente col suo contenuto veniva siste- mato su un treppiedi di ferro, sotto il quale ardeva un fuoco vivo. Subito dopo sul recipiente si innestava il condensatore e si provvedeva a sigillare ermeticamente, con pastetta di farina, la fessura attorno al punto di incastro fra i due contenitori, così da evitare anche il minimo sfiato. Quindi si riempiva d'acqua fredda, o di neve, il condensatore in modo da assicurare alla sotto- stante calotta conica di rame una bassa temperatura, funzionale alla condensazione dei vapori. Questa bassa temperatura veniva conservata costante nell'arco dell'intera distillazione facendo defluire, di tanto in tanto, dal condensatore, attraverso l'apposito tubo di scarico, l'acqua intie- pidita, sostituendola con acqua fredda versata dall'alto dell'imboccatura. Il fuoco ben attizzato e vivo permetteva l'ebollizione sollecita del vino e l'immediata forma- zione dei vapori alcolici nello spazio di accumulo, nonché la successiva condensazione di essi all'interno della calotta di rame. Quando dal beccuccio cadevano le prime gocce di distillato, era necessario ridurre il calore del fuoco eliminando la fiamma ed allargando sotto il treppiedi il letto di brace: in questo modo si assicurava una temperatura costante e una distillazione rego- lare. C'è da evidenziare che le prime evaporazioni sono costituite da alcool metilico, assai dan- noso per l'organismo, per cui si aveva cura di eliminare la testa del distillato (sa conca 'e sa limbiccada) che generalmente corrispondeva al decilitro iniziale. Si procedeva, quindi, al com- pletamento della distillazione, tenendo presente che, di regola, da 5 litri di vino si poteva otte- nere un litro circa di buona acquavite. Perciò nel caso del nostro piccolo alambicco il litro di distillato veniva considerato acquavite di prima qualità. Le seguenti evaporazioni costituivano la cosiddetta "coda" del distillato (abbardente modde); questa veniva tenuta da parte e il più delle volte riutilizzata mediante nuova distillazione 86 • L'espansione della coltura della vite nei primi decenni dell' Ottocento e l'abbondante produzione di vini leggeri, ottenuti con uve non completamente mature, incoraggiarono la produzione di acquavite, facendo di Santulussurgiu uno dei maggiori produttori di distillato di vino, nella provincia di Cagliari e 85 A. DAL PIAZ, cit. 86 Archivio del Centro di Cultura Popolare, Manoscritto "La distillazione", s.a. 533