Giovanni Dore La presenza dello strumento in paese, accompagnato da un grappolo di campanacci, legati in croce sulle spalle e sul petto del suonatore, complesso che veniva chiamato "Istintinos", forse corruzione di "Tintinnos", ci viene ricordata dal canto delle quartine carnevalesche e da quelle composte per i vedovi risposati, ai quali indirizzavano invettive e sarcasmi, come nella quar- tina che segue: "Tumbarinu e pipiolu sich 'intennede in su riu, cojuda ch'est Zuanna Piu cun corrazzas de crabolu". Tamburo e zuffolo si sentono al ruscello sposata si è Giovanna Piu con Tizio che ha le corna di capriolo. Simpatica anche, la tecnica di esecuzione del canto, che avveniva secondo il seguente schema: "Tumbarinu e pipiolu... olu sich 'intennede in su riu ... iu cojuda ch'est Zuanna Piu... iu cun corrazzas de crabolu... olu" praticamente ripetendo e sottolineando l'ultima sillaba di ogni verso. Non poteva mancare il Tamburo di pelle di cane, chiamato Tumbarinu (tumburinu e pipiolu), usato dai Banditori paesani, come pure era presente nelle manifestazioni cavalleresche di Carnevale, quando la partenza dei cavalli "in sa carrela 'e nanti" veniva annunziata col rullo dei tamburi, sosti- tuito successivamente con lo squillo della tromba, e infine con l'annunzio del- l'altoparlante, senza dubbio utilizzato prevalentemente per accompagnare le danze paesane. In passato, il tamburo, faceva parte anche della dotazione di varie confra- ternite. Paese agricolo e di allevatori, dove la vita si svolgeva prevalentemente in campagna, e conosceva i danni e le sofferenze causate dall'abigeato, cono- sceva benissimo anche l'ordigno fonico usato dai banditi, per spaventare i cavalli e scompaginare le greggi, e come ultimo utilizzo usato per disarcio- nare i Carabinieri Reali, quando facevano servizio a dorso di cavallo, stru- mento conosciuto col nome di "Trimpanu", e in Barbagia coi nomi di "Tunchiu, Orriu, Scorriu", mentre a Santulussurgiu e Montiferru veniva indi- cato il nome di "Tiratrimpanu". Il "Tiratrimpanu", costruito con un cilindro di sughero, ricoperto con la pelle di cane magro, era talmente conosciuto e diffuso, da diventare leggen- dario. Simpatica, infatti, la leggenda, che si riferisce all'uso improprio dello stru- mento, da parte di una coppia ancor più simpatica, di sposi di Santulussurgiu, che vanno alla festa a cavallo. La riporto nella lingua originale, espressiva e musicale, che non può essere sostituita da nessuna traduzione. Eccola: "Chiefudi su Tumbarinaggiu no ['schimus: però sufattu est suzzessu dea- 552