Al primo gruppo appartiene un prezioso pendente
con catene, di foggia seicentesca, accuratamente de-
scritto come
joya
d’oro raffigurante un cagnolino di
smalto bianco con uno smeraldo in mezzo e due rubi-
ni ai lati e un altro rubino nel collare e altri nove rubi-
ni nel piedestallo, con quattro smeraldi e tre perle
pendenti, fini e grandi, e in cima uno smeraldo e una
perla pendente e nelle catenelle due rubini per lato,
che potrebbe essere un gioiello ereditato oppure una
copia settecentesca ed è probabilmente lo stesso che
troviamo inventariato nel 1805 tra i preziosi del Duca
dell’Asinara, suo diretto discendente, come «un cagno-
lino con perle e smeraldi».
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Sembrerebbero invece
contemporanei la negretta d’argento con ventuno dia-
manti piccoli e due grandi e trenta rubini, probabil-
mente abbinata alla
lasada
, il fiocco d’oro e argento
con cento diamanti, e ottanta rubini, da portare appe-
so al collo col nastro di seta nera, cui erano abbinati i
pendenti, montati in argento dorato, con trentaquattro
diamanti e altri sei diamanti grandi e trenta rubini in
ciascun pendente e gli anelli, rispettivamente con tre
diamanti, di cui maggiore il centrale, e quattro dia-
manti e tre rubini, uno dei quali maggiore degli altri, e
l’insieme composto da
gargantilla
,
manillas
e
pen-
dientes
di perle fini.
L’inventario dei beni di donna Stefania Manca y Amat,
contessa di Ittiri, fornisce un quadro esaustivo dei pre-
ziosi caratteristici dell’alta nobiltà cittadina del tempo e
la conferma della diffusione delle novità della moda,
seguite dalle dame sassaresi al pari delle torinesi o pari-
gine. Possiamo anche conoscere i nomi degli argentieri
ed orafi torinesi e genovesi suoi fornitori, con l’indica-
zione degli oggetti acquistati, prevalentemente dal 1758
al 1766, e della spesa sostenuta in lire di Piemonte.
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Dal
negociante de joyas
Giovanni Angelo Grandi la
contessa aveva acquistato un fiocco di perle con abbi-
nati due bottoni, un paio di bottoni con 30 diamanti a
fassetta
(il 18 settembre 1759), un altro
laso
e due
pendientes
, 9 fiori da portare sui capelli e una
gargan-
tilla
di perle e granati. Quest’ultima coincide probabil-
mente con la
gargantilla
composta da 322 perle fra
grandi e medie, con 42 rubini grandi, medi e piccoli e
sei granati, con dodici castoni d’argento che viene ini-
zialmente valutata 550 lire sarde e successivamente
248, declassando rubini e granati come pietre
doublé
.
La stessa svalutazione subiscono i pendenti, del mede-
simo gusto, i fiocchi (
alasadas
) e le rosette abbinate.
Nell’inventario, in luogo dei
flores
, troviamo un paio di
orecchini di diamanti
a roseta
che servono anche da
flores de cabessa
e sette
agujas
, l’equivalente dei
clavos
,
a forma di piccolo fiore con diamanti e rubini, che cor-
rispondono ai residui sette
flores
, mentre non com-
paiono i bottoni con diamanti. Dalla vedova Piglias e
figlio acquistò un astuccio d’oro (inventariato), da Be-
na e Giacomini un paio di
pendientes
di diamanti, for-
se gli stessi inventariati come «
pendientes de diamantes
compuestos a roseta
», stimati 162 lire e 10, contro le
250 lire piemontesi dell’acquisto. Da Serafino de Can-
dia acquistò un gioco di perle piccole, non rintracciabi-
le nell’inventario, e dal gioielliere Giacomo Pio Giava,
preziosi per 160 lire piemontesi.
Fra le ricevute relative all’acquisto di preziosi, elencate
nell’inventario, figurano anche quelle per quattro pez-
zi di perle fini, del valore complessivo di 395 lire, 16
soldi e 4 denari, difficilmente identificabili con la
gar-
gantilla
di 340 perle piccole e granati con pendente
d’oro e con la coppia di bracciali di ventiquattro fili di
perle con sessanta perle ciascuno e la fermatura dora-
ta con due cammei falsi, menzionati dall’inventario.
Fra gli acquisti figurano anche un anello con diaman-
te, una
muestra
(insegna) d’oro, e un paio di
evillas
e
di
pendientes
.
Di anelli con diamante l’inventario ne elenca tre: uno
con tredici diamanti, del valore di 150 lire, uno con
cinque altri piccoli e quattro rubini, del valore di 35 li-
re, uno con un diamante
de fondo
contornato con dia-
manti piccoli
brillantados
, del valore di 625 lire. Nel-
l’inventario sono elencati anche altri gioielli: si tratta di
due bracciali composti ciascuno da undici fili di grana-
ti con i fermagli d’argento nei quali sono incastonate
sessantotto perle piccole e dieci piccoli granati, un
paio di orecchini a rosetta con pietre bianche montate
in argento, un girocollo (
gargantilla
) composto da di-
ciannove
piessas
di marcassite e acquamarina, cui si
accompagnava un paio di pendenti del medesimo ge-
nere, una scatola d’oro del peso di tre once e una di
origuela
foderata d’oro, un rosario di vetro azzurro con
sedici incastri di filigrana d’oro, un Crocifisso di madre-
perla e due medaglie d’oro e filigrana con l’effigie della
Vergine e del Salvatore, un paio di orecchini a cerchio
d’oro, due paia di orecchini da lutto, neri, con smalto e
giaietto e montatura in oro e a rosetta con montatura
in argento, fibbie d’argento con file di brillanti ma an-
che con pietre di cristallo montate in argento, diversi
ganci d’argento con e senza pietre.
I gioielli della contessa rivelano, ancor più di quelli
esaminati in precedenza, la supremazia della moda di
influsso francese, nella prevalenza delle montature in
argento e diamanti “di fondo”, con una lamina colorata
sotto il castone, per accrescerne la luminosità, tagliati
“a faccette perfette”, “a rosetta” e “a brillante”; nell’ab-
bondanza delle perle, nell’uso delle paste di vetro co-
lorate al posto delle pietre preziose (le pietre
doublé
,
ovvero doppiate con lamina colorata per imitare le
pietre preziose), della marcassite e dell’acquamarina,
considerate al pari delle pietre più pregiate, e dei gra-
nati, che nel Settecento ebbero un’ampia diffusione;
nell’uso, infine, dei falsi cammei, forse un prodotto
della manifattura Wedgwood, in auge negli anni settan-
ta del secolo, come fermatura di braccialetto.
La presenza di gioielli “alla francese”, comparsi già pri-
ma dell’avvento del Piemonte, si fa più frequente verso
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