È ancora aperta la discussione se alla gioielleria popo-
lare sarda sia da riconoscere origine ed evoluzione
propria e indipendente, ovvero, secondo altre teorie,
se tale produzione sia da collocare, pur attribuendole
connotazioni proprie, in un più ampio panorama eu-
ropeo. In questa sede è forse opportuno dare più es-
senziali informazioni sulla produzione dell’artigianato
orafo tradizionale della Sardegna e, in particolare, sui
manufatti che con regolarità compaiono a completa-
mento del vestiario popolare sardo.
Questo corredo di preziosi, caratterizzato da una so-
stanziale omogeneità tipologica a livello delle singole
comunità isolane e non raramente in ambito areale, si
è soliti, per comodità di discorso, suddividerlo in gran-
di categorie al fine di fornirne un panorama accessibile
anche all’osservatore comune interessato ad una sia
pur sommaria conoscenza del complesso sistema del-
l’abbigliamento popolare tradizionale, che notoriamen-
te, almeno per l’osservatore comune, rappresenta uno
degli aspetti della cultura materiale dell’isola più im-
mediatamente percepito dai non sardi.
In questa ottica ci si limiterà ad analizzare qui di segui-
to una particolare tipologia di manufatti di gioielleria le-
gati all’abbigliamento popolare, pur se non strettamente
di corredo al vestiario, ma con il compito specifico di
ornamento della persona, e della donna in particolare,
tralasciando invece gli altri manufatti più direttamente
collegati coll’abbigliamento festivo, del quale si confi-
gurano come componenti complementari e fondamen-
tali allo stesso tempo.
Anelli
Fra i gioielli di ornamento femminile l’anello è quello
più diffuso e si ritrova realizzato con diverse tecniche
sia in oro che in argento.
Francesco de Rosa ricorda che le donne galluresi pos-
sedevano diversi anelli d’oro; molte addirittura ne ave-
vano a dozzine.
1
A Orosei e nel Nuorese sono diffusi gli anelli con in-
castonata una corniola incisa e lavorata a intaglio.
Nell’inventario
post mortem
di Maria Mariani Iuganti di
Sassari, redatto il 27 aprile del 1703, compare un anello
d’oro con cerchio costituito da tre fili d’oro paralleli, dei
quali quello centrale ritorto e i laterali lisci, portante sul
castone un cuore anch’esso d’oro così descritto: «
Sortija
de oro con sus hilos el de medio torcido y los otros lisos,
con un corazon de oro que en vulgar se dize arricordo
».
2
Le pietre, incastonate generalmente con tecnica “a not-
te”, sono raramente preziose, spesso semipreziose (qua-
le ad esempio il granato) e frequentemente imitazioni in
pasta di vetro colorata con ossidi.
Spesso la colorazione della pietra è ottenuta collocando
sotto essa, sul fondo dell’incastonatura, lamine colorate.
Le tecniche d’incastonatura più diffuse sono quelle a
dentelli ripiegati e a bordi ribattuti sulla pietra inca-
stonata.
Assai frequente, in occasione della cerimonia del fi-
danzamento, è il dono alla futura sposa di un partico-
lare tipo di anello conosciuto come
maninfide
, con
raffigurazione sul castone di due mani che si stringo-
no; questo anello, che raffigura la
dextrarum iunctio
,
era molto diffuso già in età romana. Lo stesso simbo-
lo, come ricorda anche Annabella Rossi, si ritrova nel-
l’oreficeria rinascimentale fiorentina e nell’Europa oc-
cidentale in genere, a partire dal XVII secolo.
3
Questo,
insieme ad altri che portano incastonate turchesi e
una pietra di natura imprecisata, è presente nell’inven-
tario
post mortem
di Anna de lo Maistro di Sassari
dell’11 settembre 1563: «
Battor aneddos de oro ço est
duas turquesas minores et unu cun una atera pedra
et iss’ateru senza pedra qui est sa manu et sa fide
».
4
L’anello viene menzionato anche da Vittorio Angius il
quale, descrivendo le usanze nuziali galluresi, sostiene
che, al momento della celebrazione delle nozze, lo
sposo infilava nel dito della sposa il
man’e fidi
(mano
e fede), oppure un altro tipo di anello,
arregoldu
(ri-
cordo), consistente in un «semplice cerchietto d’argen-
to con la forma d’un cuoricino, nel quale è incastrata
o una gemma rossa, o un granello di corallo».
5
Diffusione pansarda ha anche l’anello a castone piatto
portante, incise sulla piastra, o la lettera “R” (ricordo),
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Gli ornamenti del corpo
Antonio Tavera
429
429. Federico Melis,
Sposa antica
(particolare), 1930
terraglia dipinta e invetriata, Cagliari, Rettorato dell’Università.