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Caratteri musicali
— In conformità ai tratti siste-
matici della musica sarda (C
ARPITELLA
- S
ASSU
-
S
OLE
1973), viene fatto un uso ridotto delle pos-
sibilità diatoniche dell’organetto. In genere le
frasi melodiche sono costruite – con un anda-
mento per gradi congiunti (e immediato riem-
pimento di eventuali salti) – all’interno di un
pentacordo, a volte concepito come tricordo con
l’aggiunta di una terza minore superiore, “co-
perta” da un suono intermedio (4° grado) che
compare come nota di passaggio. La funzione
preferenziale del 1° grado del pentacordo è
quella di
tonus finalis
: in conclusione di frase si
presenta come nota lunga e accentata; altrimenti
lo si ritrova come nota di passaggio ed allora ha
valore di breve; molto raramente compare in
posizione iniziale. Questa funzione del 1° grado
induce ad una costruzione preferenzialmente di-
scendente delle linee melodiche. D’altronde, un
esame dei movimenti ascendenti dimostra che
siamo in presenza di un uso modale della gam-
ma diatonica: ad esempio l’insieme congiunto
ascendente 1°- 2°- 3°- 4°- 5° grado non è atte-
stato. Ciò comporta un’asimmetria fra movi-
mento ascendente e discendente, che trova una
corrispondenza nel modo in cui le note sono ri-
partite nel gioco di apertura-chiusura del manti-
ce. La particolare disposizione delle note sullo
strumento induce anche ad una trasposizione
per terze. Inoltre, al pentacordo si aggiunge qua-
si sempre, in finale di frase e come preparazione
della cadenza, una seconda minore inferiore,
normalmente inserita all’interno di formule ste-
reotipe (ad es. 7° inf. - 2° - 1°). Così come la tra-
sposizione per terze e questo parziale ruolo di
“sensibile” conferito alla settima, anche la modu-
lazione su tre tonalità consentita dall’organetto a
otto bassi sembra comportare un avvicinamento
ad una logica tonale. Tuttavia la modulazione,
soprattutto nell’esecuzione dei balli, più che in
senso armonico è sfruttata come una possibilità
di iterazione variata, mediante l’accesso ad una
nuova gamma modale, degli specifici moduli rit-
mico-melodici connessi alla danza.
Tecniche di esecuzione
— L’organettista sardo
suona seduto o in piedi, di solito con un piede
poggiato su uno sgabello. L’organetto è posato
sulla coscia, in prossimità del ginocchio, la parte
alta dello strumento leggermente allontanata dal
corpo; generalmente non è utilizzata la cinta a
tracolla. L’impressione visiva è che tale postura
sia conforme ai tratti cinesici di immobilità del
tronco e di flessione simmetrica delle braccia ca-
ratteristici, come ha dimostrato Carpitella, della
gestualità sarda, soprattutto barbaricina (C
ARPI
-
TELLA
1976: 251-260).
Il ricorso ad una tecnica basata sul movimento
di rapida apertura/chiusura del mantice è un’al-
tra caratteristica dell’organetto sardo. A detta
dei suonatori professionisti un corretto impiego
della tecnica di mantice differenzia il suonatore
bravo dal mediocre.
Si tratta di movimenti in cui la precisione nel-
l’esecuzione di mantice (serie di terzine e quarti-
ne di crome) dev’essere abbinata a tempi metro-
nomici molto elevati. Nell’esecuzione dei singoli
balli le parti “di mantice” possono corrispondere
a precise sequenze della danza oppure a formule
di identificazione del ballo (come nel
passu tor-
rau
), ma in generale questa tecnica è variamente
utilizzata, in relazione agli stili ed ai repertori.
Trova largo impiego, ad esempio, nei balli più
antichi e nei balli del Logudoro. Dal punto di vi-
sta tecnico-esecutivo essa richiede un uso con-
trollato del polso e dell’avambraccio sinistri ed è
molto impegnativa sul piano fisico, nonostante
l’apparente semi-immobilità dei suonatori.
Generalmente l’organettista sardo compone la
melodia utilizzando solo tre dita della mano de-
stra – indice, medio ed anulare – e di rado fa ri-
corso anche al mignolo. Il ricorso alla tecnica
detta
lineare
(che consiste nel comporre la melo-
dia utilizzando i tasti di una sola fila) è partico-
larmente legato all’uso del mantice ed agli effetti
ritmici che esso permette; la tecnica
incrociata
(la melodia viene composta usando alternativa-
mente i tasti delle due file) è utilizzata soprattut-
to nelle parti melodicamente più elaborate. In
generale, tranne che nei balli antichi, di solito
eseguibili su una sola fila con la tecnica lineare e
di mantice, vi è un passaggio continuo da una
tecnica all’altra.
Quanto alla mano sinistra, essa non è solo re-
sponsabile dei movimenti del mantice, ma an-
che dei bassi dello strumento. Questi vengono
utilizzati soprattutto per mettere in evidenza la
struttura metrica, ma anche, in alcuni casi, co-
me contrappunto al canto. Nel primo caso, bi-
sogna distinguere fra bassi
legati
e bassi
puntati
a cui si ricorre per sottolineare le due differenti
parti dei vari balli (“passo basso” e “passo al-
to”). Tramite l’azione del mantice la mano sini-
stra influisce anche sulla melodia, con un gioco
di
legato-staccato
. Questa tecnica viene utilizza-
ta per suddividere le note di valore lungo, affin-
ché i ballerini mantengano la percezione della
pulsazione soggiacente.
Queste precise caratteristiche stilistico-musicali
ed esecutive dell’organetto sardo, che – va ri-
cordato – si sono definite e stabilizzate in pochi
decenni, costituiscono un’ulteriore prova della
coerenza e della omogeneità della tradizione
musicale sarda, soprattutto se si considera che