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I
n Sardegna si riscontrano tre tipologie principali di
flauti a becco: il
sulittu
della Marmilla, il cosiddetto
pipiolu
del Logudoro in uso nel Campidano di
Cagliari e il
pipaiolu
della Barbagia.
Le differenze tra i primi due si evidenziano nel numero
dei fori e nella posizione di quello posteriore rispetto al
nodo centrale dello strumento, mentre il
pipaiolu
barbaricino si distingue ulteriormente per l’assenza del
foro posteriore e per la posizione del nodo.
Altra caratteristica che accomuna i flauti del
Logudoro e della Marmilla è l’inclinazione del becco
che oscilla tra i 40° e i 45° e si ottiene generalmente
con un taglio netto della canna (è raro invece il becco
ricurvo). Tale inclinazione differisce sensibilmente da
quella più accentuata dei
pipaiolos
della Barbagia.
L’angolazione del becco dei flauti della Barbagia è
simile anche a quella dei
pipiolus
del Logudoro
costruiti nei paesi al confine con il Campidano che
per il resto si rifanno alla tipologia logudorese.
Sa fentana
(la finestra del becco) rappresenta invece
l’elemento di distinzione tra i vari costruttori e le
zone di diffusione. Si riscontrano
fentanas
aperte in
maniera molto rudimentale con due tagli a tacca
(diffuse nella media valle del Tirso), con una fessura
di qualche millimetro di larghezza (Sarrabus),
o finestre tagliate con notevole precisione
(Campidano di Cagliari).
Sia negli strumenti della Marmilla sia in quelli
campidanesi
su tupponi
(la zeppa del becco) è di
legno (salice selvatico “molle” o “duro”, qualche
volta anche oleandro o ferula nel Sarrabus). Nei
pipiolus
del Ghilarzese è invece frequente
su tappu
o
tupponi
di sughero, tipico del
pipaiolu
barbaricino.
Da
su tupponi
dipende la qualità sonora degli
strumenti. La sua inclinazione interna deve infatti
favorire il fendersi dell’aria insufflata sul bordo
tagliente de
sa fentana
(in sardo
s’invitu
).
Per costruire un
sulittu
nelle sue varietà bisogna
anzittutto procurarsi una buona canna stagionata.
Le tecniche di raccolta sono generalmente comuni
ai diversi costruttori: la canna deve essere raccolta
durante i mesi invernali, quando la pianta è a riposo
e contiene una minore quantità di acqua (è impor-
tante anche scegliere la fase lunare giusta e l’orario
del taglio della canna, ma non tutti i costruttori
sono d’accordo su questo punto).
La stagionatura prevede un tempo minimo di un
paio d’anni; talvolta i costruttori ricavano la materia
prima dagli incannucciati che reggevano il tetto di
vecchie case in demolizione e pertanto non è raro
B
IBLIOGRAFIA
A
NGIUS
1833-56:VII 286;
W
AGN ER
1960-64:II 447;
D
O RE
1976: 89;
G
ERMI
1977: 64;
S
CRIMA
1982:400-418;
D
O RE
1988: 200;
G
UIZZI
1990: 49;
T
UCCI
1991:195-196
F
ONTI D
INFORMAZIONE
M
ARIO
E
XIANA
(Q
UARTUCCIU
);
L
UIGI
L
AI
(S
AN
V
ITO
);
M
ICHELE
L
OI
(U
LA
T
IRSO
);
M
ARCELLO
M
ARRAS
(G
HILARZA
);
G
IO VAN N I
M
URTAS
(M
URAVERA
);
G
IUSEPPE
O
BBILI
(A
SSEMIN I
);
M
ICHELE
P
IRA
(G
AVO I
);
P
IERGAVIN O
S
EDDA
(G
AVO I
)
T
RACCIA CD
:17, 45-46
Analisi comparativa delle varie tipologie
di
pipiolus
,
sulittus
,
pipaiolos
trovare
sulittus
fatti con canne ultracentenarie.
La sezione migliore della canna è quella tagliata oltre
il terzo nodo partendo dal basso, perché risulta la
parte più resistente ma non eccessivamente spessa.
Anche per la zeppa del becco è necessario tagliare il
legno in un determinato periodo, solitamente in
inverno, e si richiede una stagionatura di almeno due
anni, mentre il sughero, quando viene usato per
realizzare la zeppa, deve essere della migliore qualità,
e il più compatto possibile.
La tecnica costruttiva varia a seconda del grado
di abilità artigianale e musicale raggiunto dal
costruttore e va dall’impiego di misurazioni di tipo
antropometrico (si dispongono cioè le dita sulla
canna come per impugnare lo strumento e quindi
si determina la posizione dei fori), all’osservanza
meticolosa di proporzioni e misure precise.
Solitamente si realizza prima
sa fentana
e in seguito
su tupponi
, procedendo con vari aggiustamenti sino
ad arrivare a una soddisfacente qualità del timbro.
Si asporta la canna sino ad ottenere un buco di forma
quadrata o rettangolare e successivamente si
provvede a realizzare
s’invitu
assottigliando il bordo
inferiore della finestra.
Nel caso in cui, a becco ultimato, lo strumento
presentasse alcune note crescenti si provvede a
chiudere leggermente i fori con un po’ di cera,
mentre se le note sono calanti si allargano.
L’intonazione generale dello strumento può essere
invece abbassata leggermente mettendo un po’
di cera sul bordo superiore della
fentana
.
Non è possibile invece innalzare l’intonazione.
Nella finitura dei vari strumenti si riscontrano
diverse tecniche decorative, dal semplice intaglio
alla pirografia, alla pittura ad olio e, in certi casi,
al rivestimento in pelle di biscia d’acqua. È inoltre
frequente la sottolineatura, attraverso segni grafici,
dei vari elementi strutturali dello strumento come
fori, finestra, becco, nodi. Oltre alle tecniche di tipo
decorativo è quasi sempre d’obbligo, per dare una
certa rifinitura, levigare esternamente il nodo sino a
renderlo privo di asperità. In certi casi vengono
anche realizzate delle legature che circoscrivono, in
alcuni punti deboli, la circonferenza del canneggio
in maniera tale da rafforzarne la struttura.
Alquanto ridotto, come si può immaginare, è l’elenco
degli attrezzi necessari per costruire i flauti, che
comprende quasi unicamente un coltello per la
lavorazione della canna e della zeppa ed un tondino
di ferro che viene arroventato per aprire i fori.