Il processo di panificazione prevede l’utilizzo di metodi
diretti o indiretti. Nel metodo diretto si effettua un uni-
co impasto e tutti gli ingredienti vengono mescolati tra
loro in una sola operazione.
I metodi indiretti invece prevedono la preparazione di
un preimpasto o la presenza nell’impasto della pasta
residua di una lavorazione precedente.
Nella preparazione dei pani tipici della Sardegna, dove
si prevede l’utilizzo della pasta acida, viene utilizzato il
metodo indiretto.
Im pa sto
L’impastamento consiste nel miscelare l’acqua alla farina
e agli altri ingredienti previsti. La quantità di acqua assor-
bita dalla farina dipende da diversi fattori, quali: la gra-
nulometria, il contenuto proteico, la qualità e l’umidità
della farina, il grado igrometrico dell’ambiente e il grado
di consistenza che si desidera conferire all’impasto.
Nell’impasto le gliadine e le glutenine, con l’acqua e
l’energia sviluppata durante l’impastamento, si unisco-
no formando una massa plastica ed elastica: il glutine.
Le unità di gliadina si legano mediante legami deboli di
idrogeno formando fibrille ad elevatissimo peso mole-
colare che conferiscono al glutine l’estensibilità; legami
idrogeno si instaurano tra gli aminoacidi caricati negati-
vamente (acido glutammico e aspartico) e le molecole
d’acqua; si creano, inoltre, legami ionici tra i sali mine-
rali e l’acido glutammico e lisina. Le glutenine si asso-
ciano, originando fibre che allo stato idratato formano
una struttura stabile, molto coesiva, tenace e resistente
all’estensione.
Nell’impasto avvengono anche processi ossido-riduttivi,
dovuti all’assorbimento di aria. Questi, favoriti dall’ac-
qua e da un optimum di pH e temperatura, permettono
la formazione di legami disolfurici con l’ossidazione dei
gruppi tiolici presenti nelle molecole delle proteine for-
manti il glutine e di quelle idrosolubili: la formazione
di questi legami conferisce alla maglia glutinica una
maggiore resistenza.
Il reticolo tridimensionale del glutine presenta i filamenti
proteici inizialmente disposti in maniera disordinata,
successivamente divengono più ordinati e si dispongo-
no attorno ai granuli di amido. Nelle maglie dell’impasto
restano intrappolate bolle d’aria dentro le quali diffonde
la CO
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prodotta dalla fermentazione. Le maglie del reti-
colo ricoperto da un film di acqua costituiscono una
membrana che trattiene la CO
2
e che dilatandosi fa au-
mentare l’impasto. Inoltre, la ritenzione di CO
2
è favori-
ta dalla formazione di complessi lipoproteici tra glutine
e lipidi.
Fermentazione
La fermentazione panaria è un processo che comporta
la trasformazione del glucosio (zucchero semplice),
che si forma per idrolisi dell’amido (zucchero comples-
so formato da numerose molecole di glucosio), in ani-
dride carbonica, alcol etilico e altri composti secondari
come la glicerina e l’aldeide acetica. Si possono forma-
re anche alcoli superiori a partire dalla deaminazione
ossidativa degli aminoacidi.
La fermentazione alcolica, con la produzione di CO
2
, de-
termina la lievitazione dell’impasto e la sua durata è in
relazione anche alla pezzatura del pane. Con l’utilizzo
della pasta acida, nella fermentazione intervengono an-
che altri microrganismi che producono diversi composti;
l’attività metabolica dei batteri lattici, in particolare, porta
alla produzione di acidi acetico, lattico e propionico.
Tutti i prodotti ottenuti durante la fermentazione, uni-
tamente all’abbassamento del pH, contribuiscono alla
formazione dell’aroma e del gusto del pane.
Diversi sono i fattori che influenzano la fermentazione;
i principali sono: la temperatura, la pressione osmotica
e il pH. I lieviti hanno una temperatura ottimale di cre-
scita tra i 25°C e i 35°C. A temperature più basse il loro
metabolismo viene rallentato e/o inibito; a temperature
superiori ai 55°C normalmente i lieviti muoiono.
Un aumento della pressione osmotica comporta un ral-
lentamento dell’attività del lievito. Per quanto riguarda
il pH, i valori ottimali sono compresi tra 4 e 6.
Cottura
Con la cottura il pane assume forma stabile e comme-
stibile.
La temperatura e la durata della cottura sono in rappor-
to alla consistenza dell’impasto, alla dimensione, alla
forma e al tipo di pane.
Durante la cottura avvengono una serie di cambiamen-
ti, soprattutto strutturali e fisici indotti da modificazioni
termiche. La temperatura dell’impasto aumenta gradual-
mente dal momento dell’infornamento sino a cottura
ultimata.
L’innalzamento della temperatura determina un’accelera-
zione dell’attività degli enzimi e dei microrganismi. Con-
temporaneamente il volume della pasta aumenta per ef-
fetto dell’espansione termica dei gas.
A 50-55°C circa, i lieviti muoiono, mentre i gas conti-
nuano ad espandersi provocando un ulteriore aumento
del volume.
A circa 60°C le proteine iniziano a denaturarsi. I granu-
li d’amido sottraggono acqua al glutine estendendo al
massimo la maglia glutinica.
Tra i 65° e gli 80°C inizia la coagulazione del glutine;
l’attività enzimatica diminuisce fino ad arrestarsi; l’alcol
e le altre sostanze aromatiche evaporano, infine si ha la
caramellizzazione di alcuni zuccheri.
Oltre i 100°C il glutine coagula completamente e l’ami-
do subisce una parziale gelatinizzazione; si ha l’evapo-
razione dell’acqua e inizia la formazione della crosta.
A questo punto l’aumento di volume si arresta a causa
della rigidità della struttura. In superficie l’amido viene
destrinizzato.
Tra i 120°C e i 150°C si completa la destrinizzazione
dell’amido, la crosta solidifica per completa disidrata-
zione e gli zuccheri caramellizzano; si formano, inoltre,
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