La zona di campi aperti che annualmente si coltiva a
grano si distingue nettamente da quella che annual-
mente si lascia a maggese (camp.
cortùra
, lat.
cultura
,
log.
bedùstu
, lat.
vetustus
) o, nella rotazione, si destina
alla coltivazione di leguminose annue e specialmente
delle fave, che con la paglia di grano è l’alimento prin-
cipale dei buoi da lavoro e anche delle pecore in sta-
bulazione invernale.
La rotazione biennale delle colture, o di grano-magge-
se, è, come s’è detto, obbligatoria, e il
sa rtu
che le è
destinato assume due funzioni e due denominazioni
corrispettive. Obbliga cioè a dividere il
sa rtu
, a parte
gli impervi incolti e il rado bosco, in due zone inter-
cambiabili da un anno all’altro, in
vidazzone
e in
pabe-
rile
, come si dice comunemente anche nell’italiano di
Sardegna:
vidazzone
, camp.
bidatsòni
, log.
bidathone
o
aidattone
e simili, già nel sardo medievale
aydacio-
ni
e
bidathone
;
paberile
, camp.
pabarìli
e simili oppu-
re
pa ssia li
, log.
pabarile
, nuor.
paperile
, che richiama
bene il sardo medievale
pauperile
.
Vidazzone
e
pabe-
rile
, come è ovvio, si scambiano annualmente le fun-
zioni. Ciò è utile dal punto di vista della coltivazione e
serve agli scopi dell’alimentazione. Ma l’obbligatorietà
che le zone siano per tutti i coltivatori ben distinte di-
pende dalla necessità che le greggi di pecore non dan-
neggino le colture della
vidazzone
e dal fatto che do-
po il raccolto tutta la
vidazzone
si apra alle greggi che
la sfruttano secondo le regole della
comunella
, sfrutta-
mento collettivo dei campi come pascoli da parte dei
pastori che ne rimuneravano i possessori in ragione di
ogni capo immesso a pascolare in
comunella
nei terre-
ni agricoli del grano.
Dunque in tutta la Sardegna si ritrova, in una sua speci-
ficazione millenaria, l’antica tradizione alimentare medi-
terranea, basata sui farinacei, in particolare sul pane e
sulle paste di grano duro, ma soprattutto sul pane, che
distingue il resto degli alimenti solidi nella categoria “se-
condaria” del companatico. Ancora oggi si possono in-
travedere le tracce paesaggistiche di un sistema di colti-
vazione (allevamento)-alimentazione di tipo prettamente
mediterraneo, che prevedeva (e in parte prevede anco-
ra) il grano al centro di tutto, poi le leguminose, quindi
poca carne, grassi soprattutto vegetali (olio d’oliva) e
pochi grassi animali (di maiale soprattutto). La sapienza
alimentare e dietetica del contadino e del pastore medi-
terraneo qui da noi si è specializzata in modi che pre-
sentano forme rigide di funzionamento e che prevedo-
no margini di tolleranza. Pane e leguminose fresche e
secche infatti corrispondono sotto l’aspetto alimentare
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