Armi e macchine da guerra Le informazioni contenute negli inventari miravano, in primo luogo, “a stabilire lo stato del- la fortezza e la sua capacità di difesa”. Le voci più numerose, infatti, riguardano le condizioni e il numero delle armi: sono elencate le balestre e i torni per poterle curvare, i quadrelli per balestra comune (impennati e desempenats), per balestra a cremagliera (il tipo più sofisticato e potente del- l’epoca) e per balestra a staffa, le punte per i dardi e le lance. Vi sono citate, inoltre, le armature: gli elmi di cuoio e le gorgiere ossia “corazze rifinite all’interno in canamaç, una morbida imbottitura di tessuto che aveva lo scopo di rendere più confortevole la rigidità dell’armatura”; gli scudi semplici e gli scudi pisaneschi, che forse erano rimasti nel castello dopo la sconfitta pisana, o che erano stati acquistati per le guarnigioni toscane, che difesero la fortezza nel primo periodo di guerra per conto della corona aragonese. L’inventario del 1338 riporta un’unica macchina da guerra: il trabucco o trabocco, “con il quale si lanciavano grosse pietre o fuochi all’esterno della fortezza in caso di attacco per dissuadere il nemi- co dagli assalti”. Si tratta di un’antica macchina da guerra “costituita da una grossa trave di misura variabile, imperniata su un asse sul quale ruotava; ad un’estremità veniva applicata la munizione, mentre dall’altro lato un contrappeso. La trave, azionata da una serie di corde e argani, veniva ab- bassata ed una volta caricata lasciata libera in modo che, non più trattenuta dalle corde e spinta dal contrappeso, lanciasse i proiettili”. Essa fu, probabilmente, costruita dai pisani all’interno del castello di Acquafredda nel 1324. Nell’inventario del 1351 si ritrova lo stesso tipo di armi e armature, anche se in quantità diver- se. Da notare che vi era, oltre al trabucco del pre- cedente inventario, un’al- tra macchina da guerra completa, la briccola cioè “una specie di mangano costituito da una stanga applicata ad un castello di legno e portante da una parte un contrappeso e dall’altra una cucchiaia di legno sulla quale si ponevano i proiettili da lanciare; quando con delle funi si azionava il contrappeso la stanga rotava lanciando il proiettile con molta più precisione del trabucco”. L’attività militare non era limitata al mastio, dove le guarnigioni si arroccavano in caso di ne- cessità sollevando il ponte levatoio, ma era effettuata anche sulla cerchia muraria. Qui le sentinelle, appostate sulle torri e sulla terrazza a scrutare l’orizzonte o a vigilare l’ingresso, stavano di guardia al castello, lanciando quando necessario segnali di allarme con le lanterne o con la trompeta. Dai registri paga dell’amministrazione del Capo di Cagliari, sappiamo che il numero dei ser- vents a presidio di Acquafredda oscillava tra le dieci e le venti unità: un numero inferiore a quello che ci si potrebbe aspettare data l’importante funzione militare del castello, ma evidentemente suffi- ciente a controllarlo e difenderlo.