Tutto ciò non viene detto per precostituire piani di lettu-
ra obbligati o per costringere l’opera di Cagnetta in alcune
maglie teoriche a scapito di altre, ma per ribadire la vitalità di
un lavoro che sollecita problematicamente in diverse direzio-
ni di studio.
La realtà del Sud ha ancora bisogno di essere interpreta-
ta, in tutta la sua drammatica polivalenza, perché sia possibi-
le un processo di reale liberazione. Le opere che testimonia-
no di essa, senza contraffarla, si pongono come contributo
per una nuova impostazione di quella «questione meridiona-
le» che la cattiva coscienza borghese non può che trascinarsi
come zona irrisolta.
Dal ricordo dello studioso, che attende ancora un’adegua-
ta collocazione storico-critica, non può essere disgiunto, per
chi ebbe con lui frequentazioni amicali, quello dell’uomo, dei
suoi tratti caratterizzanti, delle sue qualità, della sua persona-
lità complessiva.
Intellettuale dai vasti interessi, con una biografia che, co-
me viene ricordato nella “Nota biografica” relativa, si era svolta
lungamente presso istituzioni prestigiose di altri paesi, Franco
Cagnetta era un affabulatore, la cui conversazione, densa di ri-
cordi e di aneddoti, colpiva per la sua interna carica di sugge-
stione. Così, ad esempio, nei lunghi incontri che dalla metà
degli anni Settanta avemmo con lui, Diego Carpitella, Gioac-
chino Gargallo, io stesso nell’Istituto di Storia delle tradizioni
popolari dell’Università “La Sapienza” di Roma o a casa mia. Si
era progettato, tra l’altro – Cagnetta, Carpitella e io –, su solle-
citazione di Alberto Moravia che pensava di lasciare la direzio-
ne di
Nuovi Argomenti
, di assumerne la responsabilità, per cui
procedemmo a una prima elencazione di tematiche da trattare
sulla stessa rivista, ma per una serie di ragioni anche pratiche
il progetto non venne realizzato.
La franchezza del linguaggio di Franco Cagnetta poteva
a volte suscitare qualche imbarazzo – penso, ad esempio, al
suo intervento alla tavola rotonda tenutasi a Napoli nell’am-
bito del convegno su Ernesto de Martino –, ma testimoniava
sempre una personalità forte, di grande spessore culturale,
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