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Il testamento di Nino Visconti
videro un coinvolgimento dei
Vicecomites
ancor maggiore di quello
desumibile dalla documentazione superstite
27
.
Pisa, peraltro, è evocata solo in questo punto del testamento. Ben altra
considerazione è riservata a Lucca, città di residenza di Nino dall’estate 1288
fino al passaggio fatale in Sardegna. Innanzitutto, il nostro documento espli-
cita la volontà del testatore di farsi seppellire «nello stesso luogo dove sono
sepolti i Giudici suoi predecessori», ma di far portare il proprio cuore a
Lucca, perché sia conservato nella chiesa di San Francesco
28
. Inoltre, i legati
pii sono riservati ad enti ecclesiastici lucchesi: cittadini come il convento
francescano e quello domenicano, o diocesani come gli ospedali di S. Iacopo
di Altopascio e di S. Pellegrino in Alpe; le disposizioni relative al
rifocillamento di un certo numero di poveri in determinati giorni dell’anno
non hanno un destinatario esplicito, ma sono probabilmente dirette a questi
due centri di assistenza e ospitalità. Stupisce un po’, a prima vista, che il
compito di eseguire i legati sia assegnato, oltre che alla moglie Beatrice, a
religiosi operanti a Pisa come l’abate di San Zeno
29
e il guardiano pro tempore
del convento pisano di S. Francesco, mentre il frate minore Marzucco
Scornigiani, pisano di nascita (ed entrato nell’Ordine solo da una decina di
anni, dopo un’intensa vita pubblica come esperto di diritto) si trovava allora
a Firenze
30
. Ma proseguendo nella lettura ci si accorge che si tratta di
designazioni puramente teoriche: qualora le persone suddette non avessero
eseguito l’incarico, esso sarebbe dovuto passare al Comune di Lucca (che
Nino chiama significativamente
nostrum
), oppure ai conventi lucchesi dei
frati Minori e Predicatori, e infine, se necessario, alla Chiesa Romana.
27
Si veda al riguardo la recente tesi dottorale di E. S
ALVADORI
,
I frati domenicani del
convento pisano di santa Caterina e la loro chiesa (1220-1350) attraverso le fonti
documentarie e la Chronica di fra Domenico da Peccioli
, Università di Pisa, Scuola di
Dottorato in Storia, Orientalistica e Storia delle Arti, XXVII Ciclo, 2015.
28
Al riguardo, si veda T
AMPONI
,
Nino Visconti
cit., pp. 418-427.
29
I rapporti di Nino con quest’abate potrebbero spiegare perché, nel 1301, l’arcivescovo
pisano Giovanni di Poli riuscì ad ottenere da Bonifacio VIII la soppressione del monastero
di S. Zeno e l’incameramento dei suoi beni nella Mensa arcivescovile, anche per via del
fatto che «locus ipse universitati civitatis Pisane ex certis causis suspectum existebat»: M.
R
ONZANI
,
Una presenza in città precoce e diffusa: i monasteri camaldolesi pisani dalle
origini all’inizio del secolo XIV
, in
Camaldoli e l’Ordine camaldolese dalle origini alla
fine del secolo XV
. Atti del I Convegno internazionale di studi in occasione del millenario
di Camaldoli (1012-2012), a cura di C. C
ABY
- P. L
ICCIARDELLO
, Cesena, Centro storico
benedettino italiano, 2014, pp. 153-179, a p. 175.
30
Sempre utile il vecchio saggio di F. P. L
UISO
,
Per un’allusione della Divina Commedia
,
in «Bullettino della Società Dantesca Italiana», 14 (1907), pp. 44-78.