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Essi avanzavano tra la folla rigidi, contegnosi nelle belle
vesti fiorite, tenendosi per mano. Finito il grano, sono i piatti
che volano e per il buon augurio si hanno a rompere in tanti
frantumi attorno alla coppia felice. Attenti alla testa!
Graziosi e singolari questi usi nuziali
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che più rispecchiano
nella sua integrità la vita agreste, biblica, patriarcale dell’isola; e
più grazioso e singolare è il modo di fare all’amore.
Voi sorridete forse, lettrici, al pensiero che in Sardegna vi
sia un modo d’amare diverso da quello che si usa in tutto il
mondo, eppure… eppure vedeste quando il giovine conduce
3. Leggete F. Poggi,
Usi nuziali nel centro della Sardegna
, Sassari, 1894: «Tut-
ti quelli che hanno accompagnato gli sposi alla chiesa ed al municipio (
sos
accumpanzadores
) sono poi in obbligo, non appena la coppia nuziale sia
giunta a casa, di fare un dono alla sposa. Si regalano per lo più marenghi,
mezzi marenghi… non è però detto che non si accetti la carta e magari anche
il rame! Il donatore, presentando il regalo alla sposa, lo accompagna sempre
con un sonoro bacio, e così gli occhi di quel povero marito debbono assiste-
re imperturbati alla pioggia di baci che si riversa sulla così recente metà». Ma
il bello della cerimonia è il pingue banchetto nuziale, al quale hanno collabo-
rato per più giorni tutte le comari e i compari in fama di culinaria e al quale è
invitata da ambe le parti tutta la parentela, per quanto estesa: un vero ban-
chetto omerico! «Il pranzo in mezzo ai canti ed ai suoni si protrae talora fino a
notte inoltrata; in parecchi villaggi la festa dura per tre o quattro giorni di se-
guito. È costume di molti paesi presentare, come prima vivanda, agli sposi un
piatto di miele, augurio di dolce affetto; in qualche villaggio anzi, gli sposi
mangiano nello stesso piatto, per incominciare la loro unione sotto i più lieti
auspici di concordia e di amore. Parte indispensabile della minuta è poi il co-
siddetto
prattu de brulla
(piatto di burla) e consiste in vivande poco lusin-
ghiere per il palato, come ossa spolpate, sassi, pezzi di legno, di sughero, er-
be spinose, ecc. Ad Orosei il piatto di burla che si presenta allo sposo deve
contenere un bel paio di corna… credo bene contro la iettatura! A Sarule, se
l’invitato non si accorge subito dello scherzo e non è lesto a scaraventare il
piatto nella schiena del servo che glielo presenta, deve dargli una mancia
di mezza lira. All’arrivo quindi del
prattu de brulla
, è un volar di piatti da
ogni parte addosso ai poveri servitori, i quali, svelti come scoiattoli, cercano
di presentare a quanti più possono il loro piatto per buscarsi altrettante mez-
ze lire. A fine di pranzo,
coram omnibus
, gli sposi devono scambiarsi due so-
nori baci, e l’uso vuole allora che gli uomini bacino tutte le donne presenti.
Dato dagli sposi il segnale dell’attacco succede un vero parapiglia. I giova-
notti, smaniosi di pagare quel dolce tributo, sbarrano con sveltezza l’uscio af-
finché nessuna ragazza se la svigni (naturalmente le vecchie sono fuori di
conto) e per alcuni minuti par di assistere a un vero baccanale».