un peccato oscuro e nero, un astro di fuoco nero –. Era il
mito della cattiva stella: il complesso dei “malfatati”; mito
che s’era venuto radicando nei secoli, oltre che per il tragico
delle invasioni e delle incursioni barbaresche, anche per gli
eroismi sfortunati a cominciare dai più remoti, in parte av-
volti in un alone di leggenda. Un lungo e sanguinoso elen-
co: da Amsicora al nome del più umile fantaccino, inciso
nella lapide dei caduti, nel più ignorato dei paesetti.
Amsicora, capo dell’esercito sardo e anima della solleva-
zione contro Roma, il quale riesce a fuggire dopo la sconfitta
inflittagli da Tito Manlio e, mentre riorganizza la lotta, si ucci-
de al messaggio che suo figlio, il giovinetto Iosto, è morto sul
campo con le vene aperte e con la faccia contro il nemico.
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Stefano Virde con innocente boria dava per certo, come glielo
avevano tramandato gli avi, che quel vecchio soldato, prima
di morire, aveva detto che la sua pelle era incartapecorita ma
che alla riscossa poteva servire per un tamburo da battaglia.
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IELE AMARO
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3. Traduzione da Livio,
Historiae
, XXIII, 40-41:
«Col pretore Quinto Manlio si riprese la conquista della Sardegna, che
era rimasta interrotta da quando il pretore Q. Mucio era caduto grave-
mente ammalato.
Manlio, condotte fin sotto Cagliari le sue navi, con i suoi marinai, armati
in modo che potessero combattere anche per terra, e con l’esercito avuto
dal pretore, riuscì a raccogliere 22 mila fanti e 1.200 cavalieri. E muoven-
do con queste forze di fanteria e di cavalleria verso il territorio occupato
dai nemici, mise il campo non lontano dagli accampamenti di Amsicora.
Amsicora in quel momento si trovava per caso presso i Sardi Pelliti a
raccogliere giovani per accrescere le sue forze.
Era comandante del campo suo figlio, Iosto: questi, pieno di giovanile
baldanza, dando inizio con imprudente audacia alla battaglia, vi rimase
sconfitto e poi messo in fuga.
In questa battaglia furono uccisi circa tremila Sardi e ne furono presi vivi
circa ottocento. La rimanente parte dell’esercito si disperse in fuga prima
per i campi e per i boschi, ma poi si ritirò nella città di Cornus, capitale
di regione, dove appunto si diceva che fosse fuggito il loro capo.
Con quella battaglia si sarebbe posto fine alla guerra in Sardegna se, a
dar soccorso alla ribellione dei Sardi, non fosse sopraggiunta, al co-
mando di Asdrubale, una flotta cartaginese, la quale era stata spinta da
una tempesta fin sotto le Baleari.