Di questo strumento evidentemente il poeta si serviva per orientarsi in alcune scelte di fondo del suo logudorese, al di là di una pratica linguistica basata su conoscenze dirette e su gusti personali. Lo Spano riteneva che il sardo fosse «distinto in due grup- pi, il meridionale parlato in Cagliari, Iglesias, Tortolì, Orista- no, in quanti insomma vivono da Spartivento a Belvì; il cen- trale parlato in Logudoro da Gennargentu fino al Limbara, cui aggiungiamo il settentrionale, che benché estraneo all’isola, nostro il diciamo, perché parlato dai fratelli di Sassari e Gallu- ra». 6 L’idea di raccogliere e considerare unitariamente tali di- versità linguistiche risponde nello Spano a un progetto preci- so: «considerando meco stesso che un dì fu una la lingua del Popolo sardo, e che la impronta di tale unità la serba tuttavia ne’ due dialetti Meridionale e Centrale, venni nell’ardito pen- siero di raccoglierli in uno e di aggiungervi il Dialetto Setten- trionale, perché parlato da Fratelli Isolani». L’impianto del dizionario dello Spano è stato di recente autorevolmente caratterizzato da Giulio Paulis: «La parte docu- mentariamente più importante del vocabolario è … quella concernente il logudorese, rappresentato soprattutto dalla va- rietà settentrionale, alla quale appartiene il dialetto di Ploaghe, paese natio del canonico. Le forme del logudorese settentrio- nale hanno così nettamente la prevalenza su quelle logudoresi comuni (Marghine, Goceano, Planargia) e ancor più su quelle dei più conservativi dialetti centrali e barbaricini, sicché per molto tempo nella storia degli studi linguistici esse sono state assunte, sulla scorta dello Spano, come rappresentanti del sar- do più genuino». 7 20 6. G. Spano, Vocabolariu sardu-italianu, Cagliari 1851, p. III. 7. G. Paulis, in Tutti i libri della Sardegna, a cura di M. Brigaglia, Cagliari 1989, p. 179; «la maggior parte delle voci ivi registrate sono pertinenti al logudorese settentrionale, una varietà fortemente influenzata dall’italiano, ricca di termini di provenienza continentale, privi di corrispondenza negli altri dialetti sardi» (G. Paulis, “Prefazione”, in M. L. Wagner, La lingua sar- da cit., p. 19).