Capitolo V
OCCUPAZIONI E PASSATEMPI
Andavo in quel tempo da un ovile all’altro per far relazio-
ni; e nel vedermi armato fino ai denti, tutti si domandavano:
– Chi è costui?
– È un camparo! – si rispondeva dagli amici, i quali non
volevano si conoscesse il mio nome.
Andato un giorno a caccia grossa con una comitiva di pa-
stori, mi venne assegnata una posta. Volle il caso che, per la
soverchia carica di polvere, io non colpissi un capriolo, che
mi passò dinanzi.
– Il camparo ha sbagliato! – si diceva con tono canzonato-
rio da’ miei compagni pastori; e ciò mi ferì nell’amor proprio,
poiché sapevo di sparar bene.
In quella partita di caccia vennero uccisi due caprioli e
due cinghiali. Avanzandomi verso la comitiva, che si era riu-
nita intorno alle bestie morte, io domandai:
– Chi ha colpito il capriolo?
– Giovanni Antonio.
– Orbene: giacché ho sbagliato il tiro, vi propongo di
giuocare la pelle del capriolo al bersaglio: io ci metterò sopra
altre venti lire!
Fu messo per bersaglio il piccolo sonaglio di una capra, a
cinquanta passi di distanza.
Nessuno volle cimentarsi. Ci facemmo avanti io e Baingio
Cariga (uno degli eccellenti tiratori della Nurra). Tirammo cin-
que colpi per ciascuno, mettendo sempre la palla dentro al
sonaglio.
Paolo Sechi rideva, dando la baia agli altri; e allora tutti
dichiararono, che si doveva a un caso accidentale se non ave-
vo colpito il capriolo.
La domenica seguente invitai di nuovo a caccia quattro di
quei pastori. Avevo bisogno di avvalorare la mia abilità nel ti-
ro, sebbene nessuno mi conoscesse.
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