Un vincitore fisso – e con quello stile – non poteva co-
munque non arrivare a battersi per il titolo regionale; e ci
è arrivato, sull’onda della danza più che su quella dell’ani-
ma.
“Se vinci il titolo regionale” gli ha promesso Perria
“tempo un anno e, parola, ti faccio combattere per quello
italiano... e fra due anni, per il professionismo, ti affido a
Branchini.”
Promessa allettante, perché Branchini ha accompagna-
to decine di veri campioni, e qualcuno fino al titolo mon-
diale.
“Ma, cazzo, ragazzo mio, bisogna che ti decidi: sul ring
ci vai per picchiare, e per picchiare sul serio, colla bava al-
la bocca devi picchiare, come fosse una guerra.”
“Non è una guerra” rispondeva Marcello “e, comun-
que, vinco anche così, quindi...”
“Finché dura, ragazzo” ha avvisato, Perria “finché du-
ra. Il giorno che sbatti addosso a uno che non si fa fregare
dalle sgambettate, e che te le dà sul serio, quel giorno, o ti
metti a combattere o le prendi brutte, le prendi.”
Sorrideva, Marcello. Fino a quell’incontro per il titolo,
contro Mariolino Atzei, di Monastir; era imbattuto, Ma-
riolino, e con un curriculum ricco di sopracciglia spaccate
e ripestate e di pietrate nello stomaco ai tanti che l’aveva-
no trovato sulla loro strada. Era anche un violento: uno
che al caffè Torino, quel bar proprio sotto i portici, dove si
raduna tutta la gente che non ha paura delle risse, una
notte, provocato da un tale famoso per saper usare i denti
e il coltello, lo aveva invitato a spostarsi dalla luce: “andia-