sul vassoio la siringa già pronta e, girando attorno al letto andò
a chiudere la finestra. Sofia aveva una percezione abbastanza
precisa delle cose che avvenivano intorno. Era la prima volta
che Efisina le faceva l’iniezione in pieno giorno. La morfina era
legata all’idea della notte, del buio, del sonno. Al di là dei vetri,
le cime dei pioppi le apparivano ora di un verde sbiadito, ma la
forma di ogni foglia era nitida, visibile fin nei più minuti partico-
lari. L’iniezione fece il suo effetto e il dolore si calmò, un dolce
sopore la invase e il lamento, che seguiva il ritmo stesso del re-
spiro, si attenuò fino a sparire. Angelo si accorse che stava dor-
mendo e invitò tutti, con un cenno, a uscire. Dormiva supina.
Lui si sedette al capezzale. Gli pareva impossibile ora, guar-
dandola, che fosse vero quel che il medico aveva detto poco
prima. Muoveva le labbra nel sonno, come se pregasse, e le
palpebre tremavano nell’incavo scuro delle orbite circondate
da fitte rughe sottili. S’inginocchiò sullo scendiletto e, istintiva-
mente, cominciò a pregare. Con spavento si accorse che stava
recitando le preghiere dei defunti. Solo un miracolo avrebbe
potuto salvarla, ma lui non credeva ai miracoli.
Desine fata
Deum flecti sperare precando
, questa riminiscenza scolastica
gli frullava in testa da tre giorni e rimaneva in lui come un ve-
leno. Non riusciva a pregare. Si alzò e tornò al pian terreno,
disse a Maria Rosario che non bisognava fare rumore. La balia
posò con estrema delicatezza il tegame che stava asciugando,
ma un carro che transitava per la via Roma fece tremare la ter-
ra. Non si poteva evitare che i carri passassero davanti alla ca-
sa. Angelo accese una sigaretta e se ne stette appoggiato allo
stipite nel vano della porta aperta. Il vento si portava via il fu-
mo. Il sonno di sua madre lo aveva rasserenato, suo malgrado,
e si concentrò nel nuovo problema come se la soluzione fosse
la salvezza: evitare che il fracasso dei carri disturbasse quel
sonno. Non poteva costringere tutti i carrettieri a prendere
un’altra strada. Pensò di scrivere un cartello, ma scartò subito
l’idea. Non tutti sapevano leggere; non tutti, anche sapendo
leggere, si sarebbero fermati e non sarebbe stato facile spiega-
re in poche parole la necessità del silenzio. Poi non poteva ac-
cettare di scrivere su un cartello che sua madre stava morendo.
Parte terza
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