la religione nuragica dovette essere sobria e realistica, come il
carattere dei Sardi in ogni tempo, anche oggi.
Non esiste miglior documentario storico (a cui aggiungesi
il fascino artistico) per la civiltà nuragica, delle circa quattro-
cento statuette di bronzo che, dalla fine del secolo VIII a.C. al
V, si plasmarono non mai identiche, liberamente “inventate” e
costrutte a forma persa, in tutta l’Isola per opera di oscuri ed
errabondi ramai. Fu, certamente, il “genio” nativo, ancor ver-
gine e fresco di energie intime, a produrle; ma vi concorse
anche la felicità del suolo sardo, provvisto di rame che si col-
tivò (Gadoni: miniera di
Funtana Raminosa
), si trasformò
(Sárdara: officina di
Ortu Còmmidu
) e si fuse, legandolo con
lo stagno d’importazione, per foggiarne, oltreché le figurine,
una stragrande quantità di arnesi di pace e di guerra, ottenuti
con apposite forme di materiale refrattario, trovatesi in nume-
ro rilevante. Fu un mirabile piccolo mondo di lavoro, a ciclo
perfetto estrattivo-trasformativo-costruttivo ed esportativo, che
la Sardegna non ha più conosciuto. Erano i tempi in cui fasto-
se barchette di bronzo – ed altri singolari oggetti – modellati
nel cuore dell’Isola, arricchivano, fra lo splendore di ori ed ar-
genti, le tombe dei
lucumoni
etruschi (Vetulonia, Populonia):
segni anche di scambi commerciali fra due regioni affini per
economia mineraria e legate da interessi di imprese industria-
li; indizi pure, forse, d’una civiltà sarda che navigava il mare
tanto alacremente quanto oggi lo ripudia, involutasi per tristi
vicissitudini storiche. Plasmate in botteghe diverse e con mo-
di espressivi diversi (almeno tre: di Uta o “cubistico”; di
Abi-
ni
o “ornamentale”; Barbaricino o “popolaresco”) le statuine
rivelano, su un fondo comune geometrico – che non si sa-
prebbe staccare del tutto dalle esperienze coeve delle culture
figurative greca, fenicia ed etrusca – delle inflessioni locali e
dialettali, in gran parte contemporanee fra loro, nelle quali si
percepiscono appena gli echi dei suggerimenti formali esterni
(gusto orientalizzante; acconciature ecc.), rifusi, come sono, in
un linguaggio “sardesco” affatto speciale, “barbarico”, e tutta-
via compiuto per la meravigliosa fusione – stilisticamente rag-
giunta e coerente – di rigidità geometrica e spirito realistico,
Preistoria sarda e civiltà nuragica
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