pana pazza. Non riceve aiuto né dalla fede, né dal-
la speranza, né dalla carità. Non spuntano, in lui,
le ali della preghiera.
La lingua di fuoco, che scarica i gas della Raffi-
neria, getta una luce diabolica sul campanile. Il
vescovo (un vecchietto secco e rugoso, con la bar-
betta caprina e la voce stridula) ha voluto un cam-
panile in stile moderno, un’architettura tale da
non sfigurare di fronte all’iperrealismo tecnologi-
co della Fiaccola.
D’altronde il campanile è brutto, proprio brut-
to, freddo, astratto, disumano, senza campane: as-
somiglia ad una garitta militare, un lungo paral-
lelepipedo conficcato nel cielo.
Don Adamo, nonostante i suoi guai, non è uo-
mo da rinunciare ad una metafora sul campanile:
– Sembra il dito di Sua Eccellenza, un dito lungo
e secco, puntato contro il cielo, come per dire
“Tu, Dio, stattene lì dove sei, sconosciuto e mi-
sterioso, alle cose di qui ci penso io”.
Ed è giusto, proprio giusto che, nel nuovo nu-
cleo industriale, anche la chiesa sia conforme alla
nuova realtà: in fondo un lungo, tecnologico cam-
panile, è un sicuro rimedio contro i veleni che la
Fiaccola rovescia ininterrottamente nel cielo e nel
mare del lunato Golfo degli Angeli.
Ed è giusto, infine, che anche il parroco si ag-
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