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Guasila con la parrocchiale della Beata vergine Assunta e la chiesa campestre della Madonna d'ItriaIn questa tappa del nostro viaggio, da Ortacesus ci recheremo a Guasila, che visiteremo con il suo centro dove si trova la chiesa parrocchiale della Beata vergine Assunta e con i suoi dintorni nei quali si trova la chiesa campestre della Madonna d'Itria. La regione storica della Trexenta
In viaggio verso GuasilaProseguendo da Ortacesus sulla SS547 di Guasila verso nord ovest, dopo poco più di quattro chilometri raggiungiamo l'abitato di Guasila. Dal Municipio di Ortacesus a quello di Guasila si percorrono 4.8 chilometri. Il paese chiamato Guasila
Origine del nomeÈ un nome composito per il fatto che il primo componente deriva dal termine Goi, trasformato poi in Gua, che è possibile avesse il significato di collina o poggio, oppure di valloncello, mentre il secondo componente deriva dal termine Sila, nome di luogo. Ovviamente questo nome va contrapposto a Guamaggiore, paese vicino a soli tre chilometri di distanza, rispetto al quale evidentemente era inteso come Gua minore. La sua economia
Brevi cenni storiciL'area nella quale sorge l'abitato è abitata in epoca prenuragica, nuragica, punica e romana, come attestato dalla presenza nel territorio di diverse testimonianze archeologiche. Durante il Medioevo, dall'undicesimo secolo, appartiene al giudicato di Cagliari dove fa parte della curatoria della Trexenta. Nel 1258, alla caduta del giudicato, il territorio passa per breve tempo al giudicato di Arborea, finché nel 1295 il giudice Mariano II lascia in eredità i territori dell'ex giudicato di Cagliari alla repubblica di Pisa, feudo dei Visconti. Nel 1324 il paese passa, insieme a tutti i centri delle ex curatorie di Trexenta e di Gippi, agli Aragonesi. Nel 1421 il villaggio, con tutti gli altri paesi della ex curatoria della Trexenta, viene dato in amministrazione a Giacomo de Besora, che nel 1434 ne ottiene la concessione feudale. Nel 1497 il paese viene unito alla contea di Villasor, feudo di Giacomo de Alagón, e nel 1594 la contea è trasformata in marchesato. Il paese risulta in gran parte spopolato in seguito alla epidemia dì peste tra il 1651 ed il 1655, ed in seguito a quella più terribile del 1681 che decima la popolazione. Nel 1703 il feudo viene donato da Artale de Alagón alla figlia Isabella, sposata con Giuseppe da Silva. Ai Da Silva Alagón è riscattato nel 1839 con l'abolizione del sistema feudale. Resta nella provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a GuasilaA Guasila sono attivi il Gruppo Folk Santa Maria dell'Associazione Turistica Proloco di Guasila ed il Gruppo Folk Costumantzias di Guasila, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località.
La Caccia alla giovenca
Il Palio di Santa Maria
Visita del centro del paeseL'abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. L'abitato di Guasila è costituito da diversi piccoli rioni chiamati in sardo bixinaus, cioè vicinati. Arriviamo a Guasila da sud est con la SS547 di Guasila che, passato il cartello segnaletico che indica l'abitato, assume il nome di via Cagliari. La chiesa parrocchiale della Beata vergine Assunta eretta a santuario diocesano
Tra le colonne dell'aula si aprono sei cappelle, due delle quali, dette maggiori, sono la cappella di Santa Maria, nella quale si conserva un'antica statua di San Pietro apostolo che probabilmente era custodito nel non lontano villaggio di Sennoru oggi scomparso, e che custodisce anche il simulacro della Dormitio Virginis, il quale viene rivestito di ricchi abiti e gioielli per essere esposto al centro della chiesa durante i giorni della festa patronale dell'Assunta; e la cappella del Cristo Morto, che ospita un simulacro di Cristo attribuito a Giuseppe Antonio Lonis. Le quattro cappelle minori che ospitano altari marmorei e statue, sono dedicate rispettivamente a San Giuseppe, all'Immacolata Concezione, alla Madonna d'Itria ed a Sant'Antonio da Padova. Fanno parte del patrimonio artistico della chiesa anche alcuni arredi dell'antica parrocchiale, quali il pulpito del 1801, ed il fonte battesimale. Nel 2002, in occasione del centocinquantesimo anno dall'inaugurazione e alla vigilia del centenario della consacrazione, l'arcivescovo Ottorino Pietro Alberti decide di erigere la chiesa parrocchiale di Guasila a santuario diocesano.
La vestizione della Dormitio virginis è un'antica tradizione dalle chiare origini bizantine, che si tiene solo in altre 138 chiese italiane. Il rito trae origine dalla diatriba, che dai primi secoli del cristianesimo si è trascinata a lungo, sul fatto che la vergine possa essere morta oppure no. La diatriba viene risolta solamente nel 1954 dal Papa Pio XII, il quale stabilisce il dogma dell'Assunzione di Maria vergine. L'oratorio del Rosario
Il palazzo rettorale
L'ex Monte Granatico che ospita il teatro Fratelli Medas
Il museo d'arte religiosa Scrinia sacraIl lato sinistro dell'edificio che ospitava il Monte Granatico, si affaccia su una stretta strada in discesa che parte dalla via Gaetano Cima e scorre parallela ad essa, per poi curvare a destra, e sulla quale dopo la curva si affaccia il vecchio Municipio di Guasila. Il Municipio
La chiesa di Santa Lucia vergine e martireProseguendo verso nord lungo la via Gaetano Cima per una cinquantina di metri dopo il Municipio, si prende a destra la via Santa lucia e, dopo una trentina di metri, si vede, alla destra della strada, la facciata della piccola chiesa di Santa Lucia vergine e martire. Si ritiene che Il primo impianto dell'edificio risalga alla seconda metà del Seicento. La facciata con terminale piano è sovrastata da un ampio campanile a vela, e, sopra il semplice portale decorato con due mensole a modiglione, vi è una piccola finestra ellittica. L'interno è scandito da due archi ogivali a diaframma che ripartiscono il peso della copertura lignea. Nella parete destra si aprono due arcate, forse in origine pensate come cappelle, che immettono in una sorta di navata laterale frutto di un ampliamento successivo. Dell'antico altare si conservano solamente le tre nicchie ricavate nella muratura. Gli arredi sono andati quasi tutti dispersi ad eccezione dell'acquasantiera in pietra, priva del fusto, risalente al periodo di costruzione della chiesa, mentre quella in marmo, posta nell'ingresso secondario, è stata ricavata in un frammento di balaustra settecentesca in marmo. La chiesa è stata restaurata nel 1841, quando ha assunto la funzione di parrocchia succursale, durante il lungo periodo nel quale è stata demolita la vecchia parrocchiale per la costruzione di quella nuova progettata da Gaetano Cima. In seguito, negli anni sessanta del Novecento, l'edificio versava in condizioni di degrado e minacciava di crollare, così nel 1975, grazie al contributo dei cittadini di Guasila, è stato oggetto di un intervento risolutore. I ruderi della chiesa campestre di San Marco evangelista
gli impianti sportiviPer visitare gli impianti sportivi di Guasila, arrivando da est con la via Cagliari, cento metri prima dell'incrocio con la via Teologo Melas dopo il quale la strada prosegue come via Segariu, ossia a cinquecento metri dal cartello di ingresso nell'abitato, prendiamo la via Trento verso destra, ossia in direzione nord. Seguiamo la via Trento per centottanta metri, poi svoltiamo a destra in via Don Caria, che, dopo centotrenta metri, continua sul largo Padre Mirto, e in una settantina di metri troviamo, alla destra della strada, l'ingresso del campo sportivo comunale, di proprietà del comune di Guasila. All'interno di questo campo sportivo comunale si trova un campo da calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 300 spettatori, e vicono ad esso si trova una Pista d'atletica leggera, nella quale praticare come discipline. Nel campo da calcio gioca il Guasila, squadra partecipante al campionato di calcio di Prima Categoria, nel girone B della Sardegna. Vicino al campo da calcio sono presenti un campo da calcetto, ossia da calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dotate di tribune in grado di ospitare 150 spettatori; tre campi da tennis, non dotati di tribune; due Piste da bocce, anch'esse senza tribune. Nel campo sportivo comunele è presente, inoltre, una Palestra, dotata di tribune in grado di ospitare 60 spettatori, nella quale praticare, come discipline, il Tennis, la Pallacanestro, la Pallavolo, ed anche altre Attività diverse. Il cimitero comunale di GuasilaPer visitare il cimitero di Guasila, arrivando da est con la via Cagliari, cento metri prima dell'incrocio con la via Teologo Melas dopo il quale la strada prosegue come via Segariu, ossia a cinquecento metri dal cartello di ingresso nell'abitato, prendiamo la via Trento verso sinistra, ossia in direzione sud. Seguiamo la via Trento per duecentocinquanta metri, poi la strada si immette sulla via Roma che, in quattrocento metri, ci porta a vedere, alla destra della strada, il cancello di un piccolo parco che porta al cimitero. Circa cento metri più avanti, dopo aver costeggiato il suo muro di cinta, si trova, alla destra della strada, in vero e proprio ingresso del cimitero comunale di Guasila. Visita dei dintorni di GuasilaNei dintorni di Guasila sono stati portati alla luce i resti delle tombe di giganti Sa Mandara I, e Sa Mandara II; del protonuraghe Is Paulis; dei nuraghi semplici Bruncu Brunicas, Carrogas, Dei, Pau; e dei nuraghi complessi Sa Cotti de su Corr'e Campu, e Santa Giusta. Il Galoppatoio comunaleDalla via Cagliari prendiamo la via Segariu, la seguiamo per duecentocinquanta metri, poi svoltiamo a destra in via Villanovafranca, che esce dall'abitato verso nord come SP35 dirigendosi appunto in direzione dell'abitato di Villanovafranca. Dopo due chilometri e trecento metri, vediamo, alla sinistra della strada, il cancello di accesso al Galoppatoio comunale di Guasila, di proprietà del comune di Guasila e gestito dall'Associazione Ippica Guasilese, dotato di tribune in grado di ospitare 300 spettatori. Nel Galoppatoio comunale si svolgono diverse manifestazioni equestri, compreso, il 15 agosto di ogni anno, il Palio di Santa Maria, che si svolge durante la festa di Maria Santissima Assunta. La necropoli nuragica di Sa MandaraDalla via Cagliari prendiamo la via Segariu, la seguiamo per quattrocento metri, poi svoltiamo a sinistra in via Serrenti, che esce dall'abitato verso sud ovest come strada bianca, chiamata la Strada comunale Santu Milanu. Dopo novecento metri arriviamo a un bivio, dove prendiamo verso destra proseguendo con questa la Strada comunale, la seguiamo per quasi un chilometro ed incrociamo una traversa, qui prendiamo a destra l'tinerario per la necropoli nuragica di Sa Mandara che percorriamo per circa un chilometro. Il percorso per la necropoli si snoda su una strada sterrata che costeggia un'azienda agricola, l'ultimo tratto, invece, si percorre verosimilmente a piedi per i campi. La necropoli nuragica di Sa Mandara comprende due tombe di giganti, che sorgono su un piccolo rilievo marnoso, ad una distanza l'una dall'altra di poco più di ventisette metri. Le pareti di entrambe le tombe sono costituite da grossi blocchi in arenaria, quadrangolari e trapezoidali isodomi, disposti su due filari residui, mentre nessuna lastra del soffitto è stata trovata, come non si sono trovate le esedre. La tomba di giganti di Sa Mandara I ha restituito, dopo lo scavo, un corpo di una lunghezza totale di circa dieci metri, con un corridoio pressoché rettangolare largo tra un metro e novanta e due metri e venti, e da essa proviene un vago di collana in pasta vitrea di colore blu a forma prismatica con scanalature elicoidali esterne e foro longitudinale. La tomba di giganti Sa Mandara II, di dimensioni inferiori, ha restituito un corridoio rettangolare lungo quattro metri e mezzo, con una larghezza di un metro e settantacinque all'ingresso e di un metro e sessanta nel suo fondo, e da essa provengono un pugnaletto in bronzo del tipo a losanga, alcuni frammenti bronzei attribuibili forse ad una lama, un bottone bronzeo a doppia perforazione, un vago di collana in ambra, due elementi di collana in pasta vitrea, un elemento in osso frammentato interpretato come bottone, e scarsi elementi ceramici, tre dei quali relativi ad una piccola ciotola carenata. Le due tombe, pesantemente sconvolte e danneggiate da scavi clandestini, hanno restituito un notevole numero di reperti ossei, e dall'esame dei crani rinvenuti si evidenzia una diffusa dolicocefalia. La chiesa campestre della Madonna d'ItriaDalla via Cagliari prendiamo la via Segariu, la seguiamo per centocinquanta metri e, dove parte a destra la via Roma, prendiamo invece a sinistra la via vergine d'Itria, e, dopo trecentocinquanta metri, arriviamo a un bivio, dove prendiamo a destra la strada rurale asfaltata che esce dall'abitato. Dopo quasi tre chilometri, troviamo la deviazione sulla sinistra, in una strada bianca che, in circa duecento metri, ci porta alla chiesa campestre della Madonna d'Itria, edificata nella seconda metà del tredicesimo secolo, durante la dominazione pisana, in stile romanico, e successivamente modificata nel tempo. È conosciuta come Santa Maria de Bangiu, dal nome della villa medievale di Bangiu de Aliri, di cui era la parrocchiale, sorto sulle rovine dell'insediamento romano di Funtana de Bangiu. La villa medioevale, che faceva parte della Curatoria di Trexenta, è documentata sino dal 1219, per poi scomparire, come tante altre, in seguito alle conseguenze causate dai sanguinosi conflitti per la conquista della Sardegna, mentre, secondo la leggenda, l'abitato sarebbe stato distrutto dalla Musca Maccedda, e gli abitanti superstiti, accolti nel vicino insediamento di Guasila, avrebbero dedicato la chiesa a Santa Maria, come ringraziamento per averli salvati. In realtà, invece, la chiesa romanica, edificata su una più antica, ha cambiato l'intitolazione quando il culto della Madonna d'Itria si è diffuso in Sardegna in seguito alla caduta di Costantinolpoli, avvenuta nel 1453. Della chiesa, la facciata, realizzata in regolari cantonetti di arenaria grigia, con una fila di archetti a tutto sesto, è l'unico elemento rimanente della struttura originaria, lievemente rimaneggiata, mentre le altre parti strutturali, compreso il campanile a vela, sono state ricostruite nel tempo, utilizzando in parte il materiale primitivo. Agli angoli superiori del prospetto frontale sono inseriti dei capitelli con decorazioni a foglie appuntite, che insieme ad altri fregi, contribuiscono all'abbellimento della supeficie. Il portico, che protegge l'ingresso lunettato, risale molto probabilmente al diciassettesimo secolo, con la funzione di riparo per i pellegrini. L'aula, scarsamente illuminata, è dotata di piccola abside, attualmente tamponata, davanti alla quale è collocato il prezioso altare che risale alla seconda metà del Settecento, sul quale è piazzata la pregevole pala dipinta che reca la splendida iconografia della vergine con le mani alzate, mentre invita a glorificare il Bambino Gesù benedicente. La vergine è effigiata su una cassa tenuta a spalla da due calogeri con sullo sfondo un paesaggio. Custodita in parrocchia, si trova la statua seicentesca della titolare, attribuita allo scultore Giuseppe Lonis di Senorbì, e protagonista di una leggenda secondo la quale gli abitanti del vicino paese di Samatzai la trafugarono, ma questa, autonomamante fece rientro alla propria sede. A Guasila, il primo martedì dopo Pentecoste si svolge la festa della Madonna d'Itria. Dopo il triduo preparatorio in parrocchia, la sera del lunedì il simulacro viene portato in processione dalla parrocchiale alla piccola chiesa a lei dedicata. Il martedì, che è il giorno solenne, si tengono varie celebrazioni, una processione nella campagna circostante, ed in serata un rientro della Santa in paese, con una fiaccolata. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Guasila ci recheremo a Guamaggiore che visiteremo con le chiese presenti nel suo centro ed i suoi dintorni. | ||||
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