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La città di Porto Torres che è stata la capitale del Giudicato di Logudoro con l'altare preistorico di Monte d’Accoddi


In questa tappa del nostro viaggio, eNtreremo nella Nurra con la visita di Porto Torres che è stata la capitale del Giudicato di Logudoro, con le sue spiagge ed i resti archeologici presenti in città e nei suoi dintornI.

La regione storica della Nurra

La NurraLa Nurra l’antica Nure, che costituiva un’antica curatoria del Giudicato di Torres, è una regione della Sardegna posta all’estremità nord occidentale dell’Isola, che forma un quadrilatero compreso tra il golfo dell’Asinara a nord est ed il Mar di Sardegna ad ovest, delimitata dal rio Mannu a est e dai rilievi del Logudoro a sud est. I comuni che fanno parte della Nurra sono: Alghero, Olmedo, Porto Torres, Stintino, e numerose frazioni del comune di Sassari. Si tratta di una zona prevalentemente pianeggiante scarsamente popolata, il cui territorio conserva traccia degli insediamenti sparsi dei pastori e contadini, che abitavano in ricoveri di bestiame denominati Cuiles. I punti più alti sono il monte Forte di 464 metri e il monte Doglia di 437 metri. L’economia è basata sull’agricoltura, favorita da importanti opere di bonifica, la pastorizia, la pesca ed il turismo balneare. Importante è stato anche lo sfruttamento minerario della zona, ossia le estrazioni di piombo e zinco ad Argentiera, e minerali di ferro a Canaglia.

In viaggio verso la città di Porto Torres

Dalla costiera di Sorso, superato il bivio che porta a Platamona, la SP51 prosegue e, passata la torre Abbacurrente, a circa tre chilometri e ottocento metri da Platamona, arriviamo a una rotonda. Sulla destra prosegue la strada costiera che porta alla spiaggia di Balai, ma è una strada a senso unico in direzione in uscita da Porto Torres, mentre, se prendiamo verso sinistra entriamo nella via libero Grassi, e continuando, invece, dritti, entriamo nella periferia di Porto Torres percorriamo via Tramontana, che, dopo settecento metri, continua su via Benedetto Croce, e che, dopo seicento metri, si immette sul lungomare di Balai. Lo prendiamo verso sinistra e lo seguiamo fino a che diventa la via del Mare, che ci porta al Porto Turistico ed alla Torre del Porto, che descriveremo più avanti. Dal Municipio di Sorso quello di Porto Torres abbiamo percorso 25,7 chilometri, mentre da Platamona al Municipio di Porto Torres si percorrono circa 7 chilometri.

La città di Porto Torres

Porto Torres: veduta della città dall’altoPorto Torres-Stemma del comuneLa città di Porto Torres (nome sassarese Poltu Torra, altezza metri 21 sul livello del mare, abitanti 21.224 al 31 dicembre 2021 comprese le sue diverse frazioni, che si trovano tutte sull’isola Asinara) si sviluppa nella parte centro occidentale del territorio della Provincia di Sassari, nel Golfo dell’Asinara, e si trova ai confini con il comune di Sassari. È il principale porto della Sardegna nord occidentale, da molti preferito in agosto ad Olbia per il minor traffico all’uscita dal porto. Anche alla ripartenza si raggiunge il porto in tempi accettabili, mentre per arrivare ad Olbia occorrono a volte molte ore. Porto Torres è anche il punto di arrivo, o di origine, dipende dai punti di vista, della SS131 di Carlo Felice, la principale via di comunicazione che percorre da a sud nord tutta l’isola. La linea ferroviaria che collega la stazione di Ozieri Chilivani con quella di Porto Torres, ha un proprio scalo sul posto, e la città dispone di un proprio porto. Il territorio Comunale, classificato di pianura, comprensivo delle isole marittime Piana e Isolotto, ha un profilo geometrico irregolare, con accentuate variazioni altimetriche, e comprende la località Asinara, isola amministrativa situata a ovest dell’omonimo golfo, per anni sede di un Istituto carcerario di massima sicurezza ora smantellato. Divenuta parco nazionale, è caratterizzata dalla tipica vegetazione mediterranea, ossia lentisco, mirto, rosmarino, e, popolata da circa Trecento mufloni, ospita diverse specie di uccelli, tra i quale la rondine di mare, il Falco Pellegrino e l’uccello delle tempeste.

Origine del nome

Il suo nome compare, nella documentazione più antica, come Turris Libisonis. Il primo elemento deriva certamente dalla voce protosarda Tyrsis, ad indicare una torre, mentre il secondo è di origine oscura, e sembra avere dei riscontri in antichi toponimi quali Libisiosa, Libya o Libyssa.

La sua economia

L’economia di Porto Torres è basata sull’agricoltura, con la produzione di cereali, frumento, ortaggi e foraggi, e sull’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da numerose aziende che operano nei compartialimentare, della pesca e della piscicoltura, tessile, della fabbricazione di prodotti derivanti dalla raffinazione del petrolio, chimico, plastica, edile e della produzione di energia elettrica. Particolarmente significativa è l’attività di scambi commerciali portuali, da e verso l’Italia settentrionale, e verso molti Paesi stranieri. La sua particolare posizione geografica, che la vede collocata nell’affascinante scenario marino del Golfo dell’Asinara, la rende indiscussa meta turistica e base ideale per effettuare interessanti escursioni nei dintorni. Particolarmente attraenti sono le spiagge di San Gavino a Mare e di Balai, oltre che la vicina Platamona, in territorio di Sorso, con l’omonimo stagno che ospita esemplari di folaghe e germani reali. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione e di soggiorno.

Brevi cenni storici

Per quanto riguarda la sua storia, la città, che sorgesu un promontorio calcareo al centro del golfo dell’Asinara, è stato un importante scalo commerciale già in epoca fenicia e successivamente punica, anche se sono poche le tracce lasciate da queste popolazioni, ma è probabile che esistessa un legame tra l’isola dell’Asinara, che era chiamata l’isola di Ercole dai Romani, e il culto di Melqart, l’Ercole fenicio punico. Durante il periodo della dominazione romana, viene probabilmente fondata con il nome di Turris Libisonis da Giulio Cesare, nel 46 avanti Cristo in occasione del suo soggiorno in Sardegna, o da Ottaviano, tramite il suo legato Marco lurio. Comunque, dal 46 avanti Cristo viene elevata al rango di colonia di cittadini Romani, e dotata di numerosi edifici, quali templi, basiliche, terme e strade. Dalla sua fondazione, deriva anche il nome della vicina regione, Romangia, da Romanìa, per l’elevato tasso di latinizzazione del territorio. Nel corso del tempo diviene uno dei più importanti scali marittimi dell’Isola, da dove vengono imbarcate le granaglie ed i prodotti agricoli che vanno ad alimentare il mercato dell’Urbe. In periodo romano l’abitato aveva una vasta area di necropoli, che è stata tradizionalmente suddivisa dagli studiosi in tre settori, ossia la necropoli meridionale o di San Gavino, la necropoli orientale o di Balai o dello Scoglio lungo, la necropoli occidentale o di Marinella. La distinzione ha, però, un valore solo indicativo che si riferisce alla zona in cui le sepolture sono venute alla luce rispetto al centro urbano, dato che si ritiene che la necropoli si estendesse senza soluzione di continuità, non è, quindi, possibile identificare un punto di separazione, specialmente per i settori meridionale e orientale, mentre quella occidentale è separata dalle altre dal letto del rio Mannu. Stemma del Giudicato di Torres o del LogudoroDurante il quinto secolo la città viene assediata dai Vandali e successivamente dominata dai Bizantini, con il crollo dell’impero di Roma anch’essa decade ed inizia a ripopolarsi solo nel decimo secolo. In seguito, nel periodo medioevale, grazie ai fiorenti rapporti commerciali con Genova e Pisa, riacquisisce l’antico lustro e diviene capitale del Giudicato di Logudoro, nome che deriva dal sardo Locu de Torres, prima del trasferimento della capitale a Sassari, per poi decadere in concomitanza con lo sviluppo di quest’ultima città. Governata dal giudice Barisone I di lagon, che fà insediare localmente i monaci Benedettini di montecassino, i quali contribuiscono alla bonifica e alla coltivazione delle sue terre. Dopo il succedersi di diversi giudici, nel 1200 subentra la famiglia dei Doria, che non solo prende il potere, ma incita anche i sassaresi alla rivolta contro i precedenti governatori. Sotto i Doria, però, il borgo decade a causa delle invasioni barbariche e delle guerre contro gli Aragonesi. In seguito alla dominazione aragonese, nel 1441 viene trasferita la sede dell’arcidiocesi da Porto Torres a Sassari, ed il paese perde la sua iniziale vitalità anche a causa della diffusione della malaria. Dipendente da Sassari per lungo tempo, divenne comune autonomo nel 1842. In epoca moderna, durante la prima metà del novecento, all’economia prevalentemente legata all’agricoltura e in parte alla pesca, si aggiunge l’esportazione di minerali di ferro estratto nella vicina miniera di Canaglia, già utilizzata in età romana. Successivamente, vengono potenziate le strutture portuali e l’industria pesante, anche a danno del territorio circostante che ne risulta gravemente danneggiato.

Nel 1960 Porto Torres viene elevata al rango di città

Dopo la costituzione della repubblica Italiana, Porto Torres nel 1960 viene elevata da Giovanni Gronchi al rango di città con Decreto del Presidente della repubblica del 16 febbraio 1960.

In ricordo di Andrea Parodi

A Porto Torres mi sembra doveroso ricordare Andrea Parodi, per molto tempo voce del gruppo musicale Tazenda e successivamente solista dotato di voce particolarissima e ricca di sfumature.

Andrea ParodiSito della fondazione dedicata ad Andrea ParodiIl famoso cantante Andrea Parodi nasce a Porto Torres nel 1955 da padre savonese e madre sarda. Inizia nel 1977 nel gruppo Sole Nero che poi diventa Coro degli Angeli. Nel 1988 costituisce, insieme a Gino Marielli e Gigi Camedda, il gruppo dei Tazenda, caratterizzato dal costante riferimento alla musica tradizionale della cultura isolana ed alla lingua sarda. Il nome viene preso dal romanzo Seconda Fondazione di Isaac Asimov, nel quale gioca un ruolo fondamentale il pianeta Tazenda (derivato da Star's End). Con i Tazenda, Andrea inizia un lungo percorso caratterizzato dal costante riferimento alla musica tradizionale ed alla cultura isolana. Iniziano a portare la musica sarda fuori dall’isola. Nel 1990 vincono il premio Tenco con Carrasecare,su un bel testo di Piero Marras; nel 1991 partecipano al festival di Sanremo con la canzone Spunta la luna dal monte cantata in coppia con Pierangelo Bertoli, e nello stesso anno vincono anche il Cantagiro con il brano Nanneddu; nel 1992 partecipano di nuovo al festival di Sanremo con Pitzinnos in Sa gherra; e sempre nel 1992 portano al Festivalbar Preghiera semplice, per la quale vengono premiati a Vota la Voce come migliore gruppo dell’anno. Indimenticabile nel 1993, nei ultimi anni della vita di Maria Carta, la sua esecuzione di No Potho reposare, live con Andrea Parodi.

Andrea Parodi ed il Coro degli Angeli in 'Ave Maria' del 1983 I Tazenda cantano 'Carrasecarè al Premio Tenco 1990 Pierangelo Bertoli con i Tazenda: 'Spunta la luna dal montè a Sanremo 1991 I Tazenda con 'Nanneddu' vincono il Cantagiro 1991 I Tazenda; 'Pitzinnos in Sa gherra' a Sanremo 1992 I Tazenda cantano 'Preghiera semplicè al Festivalbar 1992 Maria Carta canta 'No Potho reposare', esecuzione live del 1993 con Andrea Parodi

Il documentario '...d’inverno, la mia Sardegna'Tra il 1995 ed il 1996 Andrea Parodi realizza anche tre documentari, ed abbiamo recuperato in una vecchia videocassetta il documentario ...d’inverno, la mia Sardegna, che qui vi proponiamo integralmente anche se è la parte iniziale è un poco rovinata. Avevo già assistito nel 1997 a Tharros, tra le rovine romane che la sera vengono illuminate offrendo uno spettacolo suggestivo, a un affascinante concerto dei Tazenda, sotto il cielo stellato mentre dietro il palco al di là della laguna brillavano le luci della città di Oristano. Allora non avevo ancora cominciato a documentare fotograficamente i miei viaggi in Sardegna. Sempre nel 1997 Andrea lascia i Tazenda per iniziare una carriera da solista indirizzata alla riscoperta delle diverse musicalità mediterranee. Ho successivamente cercato in diverse occasioni di reincontrarlo, ed al concerto del 28 luglio 2002, allo stadio Mariotti di Alghero, ho seguito la presentazione in anteprima dell’album Abacada, una ricerca tra i suoni e le melodie della tradizione, le radici sarde e mediterranee intrecciate con quelle della grande Africa. L’artista passa, poi, dal pop d’autore a un percorso solistico di grande valore e rielaborazione delle radici, grazie al quale diventa un riferimento internazionale della world music, collaborando fra l’altro con artisti come Al di Meola e Noa.

Alghero: Andrea Parodi canta 'Astrolicamus’ il 28 luglio 2002 Alghero-Tenores di Bitti gruppo Mialinu Pira nel concerto del luglio 2005 Alghero: Andrea Parodi canta 'No potho reposarè il 28 luglio 2002

Fortemente segnato dal cancro, la malattia che ne mina il fisico ma non la splendida voce, nel 2005 decide di tornare a collaborare con i vecchi amici Tazenda, ottenendo di nuovo un grande successo di pubblico. Si contano oltre 20.000 presenze al concerto di Porto Torres, più di 1cinquemila presenze a quello de la Maddalena. Le sue due ultime apparizioni pubbliche sono a Cagliari. Finale dell’ultimo concerto a Cagliari il 22 settembre 2006 con 'Non potho reposare'Il 27 luglio 2006 partecipa a un concerto di ligabue ed il 22 settembre, all’Anfiteatro romano di Cagliari, tiene l’ultimo concerto che vede riuniti tutti i compagni del suo lungo viaggio musicale. È il concerto di addio, nel quale, sorretto soltanto dall’amore per la sua famiglia e dalla morfina che ha nascosto dentro al suo marsupio, canta con grande orgoglio l’amore per la sua donna, e lo chiude con un Grazie a tutti quelli che hanno creduto in me, grazie alla vita per avermi fatto conoscere mia moglie e con una rosa in mano intona per l’ultima volta i versi d’amore di Non potho reposare. Meno di un mese dopo Andrea Parodi muore, dopo due giorni di coma, a Cagliari il 17 ottobre. Ciao Andrea: ... E non ci lasceremo mai in questo o all’altro mondo...

Le principali feste e sagre che si svolgono a Porto Torres

Porto Torres-Sfilata della Associazione 'Intragnas' di  Porto TorresPorto Torres-Sfilata del 'Gruppo Folk li Bainzini' di Porto TorresA Porto Torres, tra le altre, sono attive l’Associazione Culturale Musicale Intragnas, l’Associazione Culturale Etnos Gruppo Folk li Bainzini, oltre al Coro Polifonico Turritano, durante le cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale delle donne e degli uomini di Porto Torres. Tra le principali principali feste e sagre che si svolgono a Porto Torres vanno citati la Festa di Sant’Antonio Abate il 16 e 17 gennaio, con l’accensione del falò la sera del 16; il Carnevale in Centro; la Festha Manna, che è la Festa dei Santi Gavino, Proto e Gianuario, che ha inizio il quarantacinquesimo giorno dopo Pasqua, si svolge la domenica di Pentecoste, e si conclude il lunedì successivo; il 10 giugno, la Festa della Madonna Consolata; il 24 dicembre, i Concerti Natalizi dei Cantori della resurrezione; il Natale a Porto Torres.

Visita del centro di Porto Torres

L’abitato, interessato da forte espansione edilizia, si estende lungo la splendida costa dell’Asinara e sulle lievi ondulazioni dell’immediato entroterra. Iniziamo la visita della città arrivando alla rotonda dalla quale parte la via della Tramontana, dove si trova il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato.

La chiesa parrocchiale dello Spirito Santo

Porto Torres: chiesa parrocchiale dello Spirito SantoPercorsa la via della Tramontana per settecento metri, prendiamo a sinistra la via della lbertà e la seguiamo per quattrocentocinquanta metri, per poi prendere verso sinistra la strada che, in un centinaio di metri, ci porta alla chiesa dello Spirito Santo che è una nuova chiesa di Porto Torres, istituita come parrocchia nel 1974. Alcuni anni prima, era iniziata l’opera pastorale nel cosiddetto Villaggio Satellite, un quartiere nato nella periferia di Porto Torres per ospitare le famiglie, che avevano subito diverse alluvioni nella zona prossima alla basilica di San Gavino. Si trattava di giovani famiglie, in prevalenza operai, che hanno iniziato a popolare quella che sarebbe diventata la zona a maggior densità abitativa della cittа. Nel 2016 viene inaugurata la nuova chiesa, e nel suo braccio destro si possono distinguere sette aperture rivolte ad oriente che, opportunamente realizzate in maniera differente, ossia con una diversa policromia dei vetri, indicano i sette doni dello Spirito Santo.

Il nuovo Campo Sportivo di Porto Torres

Porto Torres-nuovo Campo Sportivo di Porto TorresProseguendo per altri trecento metri lungo la via della lbertà, prendiamo a sinistra il viale delle Vigne, che, in cinquecento metri, ci porta al Nuovo Campo Sportivo di Porto Torres, uno stadio che comprende il Campo da Calcio ed atletica dotato di tribune in grado di ospitare 250 spettatori, un altro Campo da Calcio in grado di ospitare 150 spettatori, ed una Palestra al chiuso. La squadra di calcio principale, il Porto Torres calcio, dopo aver militato per alcuni anni in Serie D, è retrocessa nel campionato di Eccellenza al termine della stagione 2013-14, e in quello di Promozione al termine della stagione successiva. A livello giovanile si distinguono la Polisportiva Dilettantistica Quartieri Riuniti e la S.G.S. Turritana.

L’importante Hotel libyssonis

Dalla piazza Cagliari 1970 continuiamo lungo la prosecuzione del viale delle Vigne, fino a una rotonda dove prendiamo la seconda uscita, che è la via dei Corbezzoli, percorsi centosettanta metri svoltiamo a destra in via del lentischio, dove, dopo un’ottantina di metri, alla sinistra della strada si trova l’Hotel libyssonis, un altro Hotel nel quale abbiamo soggiornato nelle nostre permanenze a Porto Torres.

L’Hotel Libyssonis sorge nella immediata periferia dell’abitato di Porto Torres, appartato dal rumore del traffico urbano, in un’oasi di verde e di pace. Dispone di camere ristrutturate di recente in moderno stile sardo, dotate di tutti i servizi, e di un ampio parcheggio riservato alla clientela. Il ristorante dell’Hotel libyssonis offre il meglio della cucina tipica sarda ma non solo, dato che gli chef propongono ricette originali ed esclusive che uniscono semplicità e ricercatezza, frutto di una lunga esperienza nell’organizzazione di grandi eventi.

La chiesa parrocchiale dedicata al Cristo Risorto

Porto Torres: chiesa parrocchiale dedicata al Cristo RisortoDalla via della lbertà, dove avevamo preso a sinistra la strada che ci aveva condotti fino alla chiesa dello Spirito Santo, prendiamo ora, invece, verso destra la via Sandro Pertini e la seguiamo per settecento metri, fino a che questa strada sbocca sulla via Balai. alla sua destra, affacciata sulla via lodovico Ariosto, al civico numero 8, si trova la chiesa dedicata al Cristo Risorto che è un’altra delle nuove chiesa parrocchiali di Porto Torres. La prima pietra della nuova chiesa parrocchiale è stata posta nel 1970. All’interno si possono ammirare le opere dei pittori Ruggiu, Rum, Battistella, Proli, Cardone, Schiaffino e Sanna, mentre il Cristo sopra l’altare è opera del ceramista Silecchia.

Il Cimitero di Porto Torres

Porto Torres: Cimitero di Porto TorresPresa dalla via Balai la via lodovico Ariosto, la seguiamo per un centinaio di metri, poi prendiamo a destra la via Romagnosi, che conduce fino a portarci in via Benedetto Croce, che è la prosecuzione della via della Tramontana. Percorsa la via Romagnosi per appena poco più di un centinaio di metri, vediamo alla destra della strada l’ingresso del Cimitero di Porto Torres, che si sviluppa tra la via Romagnosi a nord e la via Balai a sud.

Il Porto Turistico e commerciale e la torre Aragonese

Arrivando da Platamona, iniziamo la visita del centro storico della città arrivando alla rotonda dalla quale parte la via della Tramontana, dove si trova il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato. Percorsa per settecento metri, la via della Tramontana questa strada prosegue sulla via Benedetto Croce, che, in seicento metri, ci porta sul lungomare di Balai. Preso verso sinistra, il lungomare ci porta, in circa ottocento metri, direttamente davanti al Porto Turistico e commerciale. Il Porto Turistico dispone di approdi per 150 barche, realizzati all’interno di quello commerciale, ha un circolo nautico e tutti i servizi principali in banchina. Fino a qualche anno fa attraccavano qui anche tutti i traghetti provenienti dal continente, che ora tendono ad approdare il porto Industriale.

Porto Torres: il porto commerciale e turistico Porto Torres-Sbarco dai traghetti nel porto commerciale

Nella nostra Visita della città partiamo, quindi, dal porto commerciale. All’uscita del porto possiamo ammirare la ben conservata Torre del Porto chiamata comunemente la Torre aragonese situata a due metri di altezza sul mare nella piazza Cristoforo Colombo. Edificata in epoca spagnola, probabilmente risale al 1572, ha una struttura in calcare, completamente intonacata, ed è unica nel suo genere perché non si tratta di una torre circolare, come le altre, ma ha una forma ottagonale. Si compone di due camere, con una complessa volta a nervature ed un pilastro centrale. Al secondo piano si arriva con una scala all’interno della sala, ed al terrazzo con una scala interna alla muratura.

Il 7 gennaio 2010 un gruppo di lavoratori cassintegrati della Vinyls e disoccupati dell’Eurocoop hanno preso possesso della torre Aragonese di Porto Torres, seguiti il 25 febbraio da un altro gruppo che ha preso possesso della diramazione centrale del vecchio carcere, a Cala d’Oliva sull’isola Asinara. Da quel giorno sono rimasti sull’isola e sul presidio per 17 mesi, fino a quando il 6 giugno 2011 una commissione di operai è stata ricevuta dal Presidente della repubblica, ed ha posto così termine all’occupazione dell’isola e smobilitato il presidio sulla Torre di Porto Torres. Dopo di che sono rimasti in attesa di un incontro col governo, ma senza troppe illusioni. alla loro simbolica occupazione è dedicata una lapide posta di fronte alla torre, e che abbiamo fotografato per ricordare il loro sforzo ed i loro sacrifici.

Porto Torres: la torre Aragonese all’uscita dal porto commerciale Porto Torres: la lapide posta dai lavoratori cassintegrati davanti alla torre Aragonese

Sul lungomare si trova l’Hotel Elisa

Di fronte alla torre Aragonese, al civico numero 6 della via del Mare e ad angolo con il corso Vittorio Emanuele II, si trova l’Hotel Elisa, una buona sistemazione per chi arriva a Porto Torres per imbarcarsi verso il continente, nel quale abbiamo soggiornato spesso nelle nostre permanenze a Porto Torres.

L’Hotel Elisa è un’attività ricettiva a gestione familiare, ed il mantenimento di questa tipologia è stato reso possibile dalla storia della struttura, infatti il primo nucleo, acquistato dai bisnonni degli attuali proprietari, risale al 1898. Situato di fronte al lungomare di Porto Torres, offre un ristorante e dispone di connessione Wi-Fi gratuita in tutta la struttura. Presso il ristorante si possono gustare specialità della cucina regionale.

Verso il centro della città

Porto Torres: corso Vittorio Emanuele IIProprio di fronte all’uscita del porto, passata la piazza ventesimo Settembre, inizia il Corso Vittorio Emanuele II che è la denominazione che assume all’interno del centro abitato la SS131 di Carlo Felice, ed è la principale strada commerciale della città. In essa, come sul lungomare davanti al porto commerciale, si svolge la passeggiata serale degli abitanti e dei turisti che visitano in gran numero la città. Lungo il corso Vittorio Emanuele si trovano numerose agenzie turistiche ed agenzie marittime, oltre a bar, pasticcerie, ristoranti e negozi. Al civico numero 18 e 20 si trova la sede della Banca nazionale del lavoro, sotto la quale si conservano resti dell’abitato antico, venuti in luce nei saggi effettuati negli anni 1978 e 1979, sotto la direzione di Françoise Villedieu, in occasione dei lavori di ricostruzione della sede del palazzo.

Una fermata in una pasticceria di qualità

Arrivati a Porto Torres, come ogni anno ci permettevamo una concessione alla golosità. Proprio all’inizio del corso, poco più avanti rispetto alla Banca nazionale del lavoro, al civico numero 38, facevamo una fermata quasi obbligatoria alla Pasticceria Acciaro, una volta gestita direttamente da Giuseppe Acciaro, che ora la ha data in gestione ad altri, che la hanno trasformata in un bar normale. Ma Giuseppe continua a curarne la pasticceria, per cui si possono ancora oggi gustare ottime paste.

Porto Torres: il pasticceria Acciaro: la pasticceria in corso Vittorio Emanuele IIIn corso Vittorio Emanuele si trova la Pasticceria Acciaro che era una volta un locale molto bello, con un suo stile caratteristico, i tavolini eleganti, e, soprattutto la domenica, un’ampia esposizione di pasticceria. Ero anche riuscito ad entrare nei laboratori per assistere alla preparazione della crema bruciata, il suo dolce più conosciuto, di cui sono riuscito a documentare sia con foto che con un breve filmato i vari momenti della preparazione. Oggi il locale ha cambiato gestione, ed ha perso con questo una grande parte del suo fascino. Nella pasticceria, un tempo, si incontravano varie personalità e personaggi caratteristici di Porto Torres.

Porto Torres: il pasticceria Acciaro: sala interna Porto Torres: il pasticceria Acciaro: esposizione di dolci la domenica mattina Porto Torres-Pasticceria Acciaro: preparazione della crema bruciata

Porto Torres: il pasticceria Acciaro: Giancarlo Pinna ci racconta la storia di Porto TorresTra loro, alcune volte, ho incontrato Giancarlo Pinna, uno dei maggiori conoscitori della storia di Porto Torres dal tempo dei Giudicati fino ai fatti e misfatti odierni, che ha svolto apprezzata attività nel campo della cultura e dei beni culturali in genere in Sardegna e all’estero. Ha un grande interesse per il Medio Evo e collabora attivamente alla produzione di eventi che consistono in rievocazioni storiche in costume aventi lo scopo di far conoscere al grande pubblico lo splendore della Sardegna di quel periodo storico quasi sconosciuto. Egli ci ha affascinato con le sue storie e ci ha promesso che ci avrebbe raccontato il linguaggio simbolico di Sa Barritta, il copricapo cilindrico che per tradizione portano i Sardi e che, a seconda del modo nel quale viene ripiegato, esprime le intenzioni e lo stato d’animo della persona che la indossa.

Il Santuario della Beata Vergine della Consolata

Passata la pasticceria, incrociamo sulla destra la via del Ponte Romano. Tra questa e la successiva via Ampsicora, si apre uno slargo, chiamato piazza della Consolata, nel quale sulla destra si affaccia la chiesa, mentre di fronte, all’altro lato del corso Vittorio Emanuele II, si apre la piazza Umberto I, e sulla sinistra si trova il palazzo che ospita gli uffici del Municipio. Il Santuario della Beata Vergine della Consolata è sede dell’omonima parrocchia, ed è stata edificata in stile neoclassico nel 1826 su progetto dell’architetto Giuseppe Cominotti ed è stato consacrato il 30 dicembre 1827 dall’arcivescovo Carlo Tommaso Aronosio. La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua della Madonna che è conservata al suo interno.

Porto Torres: chiesa della Beata Vergine della Consolata Porto Torres: chiesa della Beata Vergine della Consolata: facciata Porto Torres: chiesa della Beata Vergine della Consolata: interno Porto Torres: chiesa della Beata Vergine della Consolata: centenario

Nella trasversale via Ampsicora, al Civico 38, proprio ad angono tra il corso Vittorio Emanuele II e la via Ampsicora, sulla destra, si trova la sede della Pro Loco di Porto Torres.

Il vecchio Campo da Calcio di Porto Torres

Porto Torres-Vecchio Campo da Calcio di Porto TorresAll’arrivo a Porto Torres, avevamo preso la via della Tramontana, poi, dopo settecento metri, la via della lbertà, e, dopo quattrocentocinquanta metri, a sinistra la via delle Vigne, che ci aveva portati al nuovo Campo Sportivo di Porto Torres, che ha sostituito il Vecchio Campo da Calcio di Porto Torres. Per raggiungere quest'ultimo, prendiamo dalla piazza della Consolata la parallela alla via Ampsicora, trenta metri più avanti, che è la via Petronia, la seguiamo per meno di duecento metri, e vediamo, alla sinistra della strada, il vecchio Campo da Calcio, che era dotato di tribune in grado di ospitare 600 spettatori.

Gli uffici del comune e la sede politica del Municipio

Porto Torres-Gli uffici del comune su corso Vittorio Emanuele IIA Porto Torres gli uffici del Comune si trovano nel grande palazzo che si affaccia sull’ampio slargo di piazza Umberto I, proprio di fronte alla chiesa parrocchiale della Beata Vergine della Consolata, sulla sinistra del corso Vittorio Emanuele II. Porto Torres-Sede del Municipio nel Palazzo del marcheseMa la sede politica del Municipio di Porto Torres è stata trasferita più avanti, lungo il corso, sulla destra, al civico numero 65, nel Palazzo del marchese uno dei più importanti edifici di pregio presenti in città. Affacciato sul corso Vittorio Emanuele II, era stato costruito nella prima metà dell’ottocento, appartenuto al ramo nobiliare dei Marchesi di San Saturno. Affittato nel 1854 e sucessivamente acquistato dal nascente comune di Porto Torres, dopo alterne vicende, l’edificio, nuovamente di proprietà privata, è stato riacquistato dal comune di Porto Torres negli anni ’90 del novecento, per diventare la sua sede di rappresentanza. L’immobile, di impianto neoclassico, si sviluppa su due piani, ed il piano terra, con grande sala in posizione centrale, presenta una scenografica scala attraverso la quale si raggiunge il primo piano con al centro un salone principale.

La Biblioteca Comunale di Porto Torres

Porto Torres: la Biblioteca Comunale Antonio PigliaruProseguendo per corso Vittorio Emanuele II, arriviamo a un bivio, dove, invece di proseguire lungo il corso, prendiamo a sinistra la via Sassari, che è la prosecuzione della SS131 di Carlo Felice. Lungo questa strada, al civico numero 8, si trova l’edificio nel quale ha sede la Biblioteca Comunale Antonio Pigliaru istituita nel 1979, partendo con un patrimonio di 1.500 volumi ereditati dalla Pro Loco di Porto Torres. Oggi la Biblioteca possiede circa 2cinquemila volumi, 4.000 audiovisivi e 60 abbonamenti a periodici, effettua un numero di prestiti annuali pari a circa 21.000 documenti ed è frequentata da una media giornaliera di oltre 150 persone.

La basilica dei Santi Gavino Proto e Gianuario

Il testo 'Rilievi integrati della basilica romanica di San Gavino a Porto Torres’Lettura di 'Condaghe di San Gavino'Torniamo su corso Vittorio Emanuele II, alla biforcazione, dove il corso prosegue sulla destra, mentre sulla sinistra si sviluppa la via Sassari. Proseguendo sul corso Vittorio Emanuele II per trecento metri, arriviamo in piazza Guglielmo Marconi e, svoltando a sinistra, alla sommità di un colle, ci troviamo di fronte la bellissima basilica dei Santi Gavino Proto e Gianuario il più grande e principale monumento romanico della Sardegna che si affaccia sul parco di San Gavino. La chiesa ha ricevuto l’appellativo di basilica, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente adeguati al ruolo che ricoprono per importanza e valore artistico, quindi grandi e capaci di accogliere moltissime persone. La basilica è stata realizzata in stile romanico pisano arcaico intorno al 1060 da maestranze pisane chiamate da Comita, re giudice di Logudoro,su un sepolcreto pagano utilizzato anche dai Cristiani. La sua insolita caratteristica è di essere priva della facciata, con due absidi contrapposte. Era una normale chiesa realizzata, secondo un’antica regola liturgica anteriore all’anno mille, con l’abside ad occidente e la facciata rivolta ad oriente, una regola che si ritrova in alcune fra le Chiese romaniche più antiche in Sardegna, opposta alla prassi liturgica corrente che vuole il sacerdote celebrare rivolto verso oriente. È stata successivamente ampliata nel dodicesimo secolo, eliminando la facciata e raddoppiando in lunghezza la chiesa, che è stata chiusa con l’abside orientale. Ha, quindi, pianta lungitudinale a tre navate, divise da arcate su ventidue colonne di spoglio e tre coppie di pilastri cruciformi. Mancando la facciata, nella basilica si entra da un portale doppio gigliato in stile gotico catalano sulla fiancata meridionale, ed anche da due portali semplici, uno nello stesso stile e l’altro in stile romanico, sul lato opposto. Nella chiesa, di lato al portale principale, sono presenti le prime riproduzioni conosciute dello stemma del Giudicato di Torres.

Porto Torres-basilica di San Gavino-Planimetria Porto Torres-basilica di San Gavino: fiancata della basilica Porto Torres-basilica di San Gavino: il primo abside occidentale Porto Torres-basilica di San Gavino: successivo abside orientale Porto Torres-basilica di San Gavino: il portale gigliato sul lato sud, ingresso principale della basilica Porto Torres-basilica di San Gavino: il portale gigliato sul lato nord Porto Torres-basilica di San Gavino: il portale romanico sul lato nord Porto Torres-basilica di San Gavino: stemma del Giudicato di Torres

La basilica romanica di San Gavino di Porto Torres è uno dei monumenti più significativi dell’intero patrimonio artistico sardo. La grandiosità dell’esterno cede il passo al fascino discreto dell’interno, appena rischiarato dalla luce che proviene dalle monofore a feritoia e si riflette nelle colonne e nei capitelli marmorei prelevate da antichi edifici di età romana e bizantina. All’interno in corrispondenza dell’abside occidentale, quello che apparteneva alla prima chiesa, si trova l’altare. In corrispondenza di quello orientale è invece presente un il catafalco ligneo con le statue dei tre martiri ed una bella statua equestre seicentesca in legno di San Gavino.

Porto Torres-basilica di San Gavino: interno dell’abside occidentale con l’altare Porto Torres-basilica di San Gavino: interno dell’abside orientale Porto Torres-basilica di San Gavino: catafalco ligneo con le statue dei tre martiri Porto Torres-basilica di San Gavino: statua equestre di San Gavino

Il Santuario è anche un’importante meta devozionale, per via del culto millenario tributato ai martiri locali Gavino, Proto e Gianuario. Nel 1614 l’arcivescovo Antonio Manca di Cedrelles ha ordinato scavi all’interno della basilica alla ricerca delle reliquie dei tre martiri turritani. Il risultato di questi scavi ha portato alla luce un discreto numero di sepolture, tre delle quali riconosciute come le spoglie dei martiri, collocate poi nella Cripta appositamente scavata per accoglierle, ed alcune tombe rivestite con tappeto musivo, identificate dalle epigrafi come sepolture di vescovi. Varie campagne di scavo archeologico successive hanno individuato i residui murari di due Chiese più antiche, risalenti al V ed al settimo secolo. Una, più piccola, sta sotto il fianco nord della basilica romanica, l’altra si estende nel settore esterno sempre a nord. Nella Cripta della basilica sono sono conservate, in sarcofaghi del III e quarto secolo, le reliquie dei tre martiri San Gavino, Proto e Gianuario, fatti uccidere dall’Imperatore Diocleziano. La basilica si sviluppa tra due cortili, detto quello a destra Atrio Comita sul quale si affaccia tutta una sequenza di piccole abitazioni, e quello a sinistra Atrio Metropoli.

Porto Torres-basilica di San Gavino: discesa nella Cripta Porto Torres-basilica di San Gavino: discesa nella Cripta Porto Torres-basilica di San Gavino: i sarcofaghi dei tre martiri Porto Torres-basilica di San Gavino: chiesa sottostante Porto Torres-basilica di San Gavino: l’Atrio Comita

La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli ai tre Martiri, che sono oggetto di numerose processioni che si tengono a Porto Torres. Molto importante è la Festha Manna, che è la Festa dei Santi Gavino, Proto e Gianuario. La Festa ha inizio il quarantacinquesimo giorno dopo Pasqua, quando le statue dei tre martiri vengono portate in processione nell’antica piccola chiesa di Balai, luogo della loro morte. Poi la domenica di Pentecoste, ossia il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, una grande processione li accompagna nella basilica di San Gavino, dove iniziano i festeggiamenti religiosi. Il giorno successivo, il lunedì, si conclude la Festa con una processione a mare, al termine della quale viene offerta frittura di pesce a tutti i partecipanti.

San Gavino con il presbitero Proto ed il diacono GianuarioDi San Gavino Di Turris libyissonis, ossia di Porto Torres, abbiamo la certezza che fu martirizzato al tempo di Diocleziano, il 25 ottobre del 303 circa. Al suo martirio dedicano l’intero mese di ottobre diversi documenti storici, come il Condaghe di San Pietro di Silki, la Carta de logu e gli statuti di Sassari e Porto Torres, che chiamano questo mese Sanctu Gavini o Sanctu Aini. La sua morte è legata a quella del presbitero Proto E del diacono Gianuario entrambi santificati con lui. La tradizione, della quale manca però qualsiasi rilevanza storica, riferisce che durante le persecuzioni di Diocleziano, il presbitero Proto ed il diacono Gianuario sarebbero stati denunciati al governatore della Sardegna, Barbaro, che si trovava in Corsica e li avrebbe convocati presso di se per ricondurli alla fede pagana. Al rientro in Sardegna, Barbaro li avrebbe affidati a un soldato di nome Gavino, Cuidam militum nomine Gavino. Questi, convertito dai prigionieri, li avrebbe liberati. Barbaro avrebbe ordinato la decapitazione del soldato Gavino nel giorno del 25 ottobre, ed egli, subito dopo la morte, sarebbe apparso a Proto e Gianuario inducendoli a costituirsi, e Barbaro avrebbe fatto decapitare anche loro il 27 ottobre. Le reliquie dei tre martiri Gavino, Proto e Gianuario, rinvenute nel 1614, sono conservate in sarcofaghi del terzo o quarto secolo, nella Cripta della basilica di San Gavino a Porto Torres.

Secondo la tradizione agiografica, i tre Santi sarebbero stati decapitati nella località di Balai lontano, dove ancora oggi è ubicata la piccola chiesa intitolata a Santu Bainzu Ischabizzaddu, i cadaveri sarebbero stati gettati in mare e recuperati dai Cristiani che avebbero dato loro sepoltura. Un’altra leggenda, in contrasto con la tradizione agiografica, dice invece che la piccola chiesa di Balai vicino sarebbe stata edificata nel luogo dove sarebbero stati gettati a mare i corpi dei tre martiri, Gavino, Proto e Gianuario; e la seconda piccola chiesa, quella di Balai lontano, nel luogo dove la corrente li avrebbe riportati a riva.

I resti della necropoli meridionale o di San Gavino

Le prime notizie sulla Necropoli di San Gavino situata nei dintorni della basilica omonima, risalgono al 1614, quando sono state rinvenute le spoglie dei tre martiri, e le sepolture dei vescovi. Numerose altre tombe sono state successivamente rinvenute negli Atri Comita e Metropoli di San Gavino, e dal quarto secolo in poi entrambi gli atri sono interessati dall’impianto della necropoli cristiana, quando sono presenti epigrafi e di vari simboli Cristiani. Altri lembi di necropoli paleocristiana, tombe alla cappuccina prive di corredo, risalenti al periodo compreso tra gli inizi e la metà del quarto secolo dopo Cristo, sono stati messi in luce in via Carducci e piazza Mameli, a poca distanza da San Gavino.
Sepolture del primo secolo dopo Cristo sono state rinvenute a poca distanza dalla basilica, nel cortile della Scuola elementare Edmondo De Amicis in via Azuni, e si tratta di tombe ad incinerazione con cremazione diretta, come testimoniano i resti degli scheletri combusti e gli elementi di corredo alterati dal calore. Nella stessa zona sono state ritrovate numerose tombe alla cappuccina di inumati, scavate nel banco roccioso e spesso oggetto di riutilizzo, le quali coprono un arco cronologico che va dal II al quarto secolo dopo Cristo. Al medesimo arco cronologico appartengono le sepolture, di cui sei ad incinerazione e sette ad inumazione, rinvenute in via Arborea.

Altri interventi in zone adiacenti alla basilica, realizzati nell’ambito di lavori urbani negli anni 1963 e 1964 e nel 1978, hanno restituito numerose sepolture di diversa tipologia e resti di edifici funerari, mentre gli scavi sistematici effettuati negli anni 1979 e 1980 nell’area tra via Sassari, via Indipendenza e via Mannu, hanno portato alla luce nove tombe alla cappuccina e in fossa terragna, oltre ad un significativo recinto funerario, e probabilmente allo stesso periodo altre tombe alla cappuccina scavate tra via Petronia e via Azuni. Il recinto funerario, molto ampio dato che si sviluppa tra i nove e gli oltre diciotto metri, riferibile ad un periodo che va dal secondo secolo dopo Cristo alla fine del terzo secolo, con riuso fino al sesto secolo, era destinato ad ospitare sepolture singole disposte su più piani, come dimostrano gli incassi orizzontali e verticali ad altezza regolare nelle pareti, delimitate da muretti. Al suo interno è stato scavato un primo livello di undici tombe, di cui alcune degne di nota per l’uso di lastre di marmo di riutilizzo, con iscrizioni e copertura con tappeti musivi. Al di sopra di queste ci sono altre cinque sepolture, meno curate e con reperti che giungono fino al sesto secolo dopo Cristo.

Dal corso Vittorio Emanuele la via Ponte Romano ci fa attraversare le terme romane Maetzke

Torniamo alla piazza della Consolata, dove avevamo incontrato la chiesa parrocchiale della Beata Vergine della Consolata. Da corso Vittorio Emanuele II, passata la pasticceria Acciaro, prendiamo sulla destra la via Ponte Romano, che, percorsi trecento metri, curva a destra prima di attraversare la linea ferrroviaria, passando tra gli scavi archeologici, in particolare lasciando sulla sinistra le rovine delle Terme Maetzke che prendono il nome dal loro ritrovatore.

Porto Torres: le Terme romane MaetzkeGli scavi, eseguiti negli anni sessanta del secolo scorso sotto la direzione di Guglielmo Maetzke, hanno portato in luce due quartieri di abitazione separati da una strada, uno disposto a terrazze lungo il fianco della collina, l’altro alla base di essa.su una parte di quest’ultimo, che risale all’epoca di Augusto, venne ad impostarsi, in età imperiale avanzata, un impianto termale. In base alle recenti indagini archeologiche questa fase termale a carattere pubblico, costituisce la parte più orientale di quello che era un ampio complesso termale, che si sovrappone ad un quartiere abitativo privato più antico, risalente al primo secolo d.C., caratterizzato da domus riccamente decorate con rivestimenti musivi e tarsie marmoree, e dotate di un impianto termale privato. Tra i reperti lo scavo ha restituito un elemento marmoreo di fontana raffigurante un Satiro, esposto presso l’Antiquarium Turritano. Tale rinvenimento rimarca, con i suoi significati intrinseci, la diffusione che il culto di Dioniso, a cui il personaggio del satiro fa riferimento, ha avuto nella città di Turris Libisonis, accentuandone il carattere di città porto aperta al mondo Mediterraneo. Poco lontano è stata rinvenuta, nel 1927, la lunga iscrizione commemorante la vittoria del duca bizantino Costantino sui longobardi e sugli Altri barbari, attualmente conservata nella basilica di San Gavino.

La vecchia e la nuova Stazione ferroviaria di Porto Torres Marittima

Proseguendo, la via Ponte Romano ci porta alla Vecchia Stazione ferroviaria di Porto Torres Marittima ormai in disuso dopo l’apertura nel 2004 della stazione nuova. La linea ferroviaria che collega Ozieri Chilivani con Porto Torres Marittima, che ne è la stazione terminale, è nata nella seconda metà del diciannovesimo secolo, ad opera della Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, che ha completato la tratta tra il 1872, anno di apertura del collegamento tra Sassari e Porto Torres, e il 1874, con l’apertura della tratta tra Ozieri, in seguito identificata col nome della frazione Chilivani, e Ploaghe. L’importanza di questo collegamento è stato sottolineata da un viaggio in treno, tra Cagliari e Sassari, di re Umberto I e della regina Margherita nel 1899. Nel 1920 la gestione passa al gruppo delle Ferrovie dello Stato, che nel 2001 ne cedono la gestione alla controllata RFI.

Porto Torres: la vecchia Stazione ferroviaria di Porto Torres Marittima Porto Torres: la vecchia Stazione ferroviaria di Porto Torres Marittima

Vicino ad essa, alla sua destra ed affacciata sul porto, si trova la Nuova stazione ferrroviaria di Porto Torres Marittima attivata nel 2004 in sostituzione della vecchia stazione, che è, quindi, caduta in disuso. Si tratta di una stazione di testa in superficie di categoria Bronze posta, sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda, dopo la stazione di Porto Torres, e che costituisce il capolinea di questa tratta, cha va da Ozieri Chilivani fino a Porto Torres Marittima. Il nuovo scalo è stato costruito sul retro della nuova stazione marittima di Porto Torres, di cui sfrutta le strutture. L’impianto è dotato di un singolo binario tronco, con annessa banchina, quest'ultima collegata alla adiacente stazione marittima. Non sono presenti fabbricati del gruppo Ferrovie dello Stato nell’area della fermata.

Porto Torres: la stazione marittima che ospita la nuova stazione di Porto Torres Marittima Porto Torres: la nuova Stazione ferroviaria di Porto Torres Marittima

Il vecchio capolinea della tratta si trovava nella Stazione di Porto Torres piazza Cristoforo Colombo che era situata dove il corso Vittorio Emanuele termina nella piazza, nei pressi della torre aragonese. realizzata nel 1872, era utilizzata come collegamento diretto tra la rete delle Ferrovie dello Stato ed il porto. La stazione di piazza Cristoforo Colombo è stata soppressa nel 1991 a seguito della chiusura al servizio della della vecchia stazione a favore della nuova stazione di Porto Torres centrale, è stata smantellata, ed il capolinea è stato spostato alla stazione di Porto Torres Marittima.

I principali resti della città romana di Turris libysonis con il palazzo del re Barbaro

Lettura di <em>Turris Libisonis</em>Proseguendo oltre la Stazione ferroviaria, la via Ponte Romano curva a sinistra, e ci porta ai principali reperti storici della città romana di Turris libysonis che si trovano alla sinistra della strada. È possibile leggere una completa descrizione dei siti archeologici presenti a Porto Torres e nei suoi dintorni nel volume Turris Libisonis di Attilio Mastino e Cinzia Vismara, pubblicato da Carlo Delfino Editore di Sassari. I più importanti sono i resti delle Terme Centrali l’edificio più imponente dell’intero complesso, delle quali ancora oggi rimango le mura esterne dell’edificio, una particolare struttura che viene indicata con il nome di Palazzo del re Barbaro perché secondo una leggenda vi sarebbe sorto il palazzo del governatore della diocesi di Corsica et Sardegna, a nome dell’Imperatore Diocleziano, responsabile delle persecuzioni ai Cristiani nel 304-305 dopo Cristo e del martirio dei Santi Gavino, Proto e Gianuario.

Porto Torres-resti della città romana Porto Torres-resti della città romana Porto Torres-resti della città romana Porto Torres-resti della città romana Porto Torres-resti della città romana Porto Torres-resti della città romana

Gli scavi nell’area sono stati promossi da Maria Teresa d’Austria, iniziati nel 1819 ad opera del frate Antonio Cano, sedicente architetto ed archeologo, che per ottenere più celeri risultati fa saltare con le polveri interi settori. Le ricerche continuano a più riprese, sino ad anni recenti, ma il complesso è a tutt’oggi noto solo in minima parte. Delimitato da due cardines e da due decumani, l’edificio è stato ampiamente rimaneggiato. In una prima fase, alla fine del primo secolo avanti Cristo, i vani si disponevano assialmente da ovest dove si trovava l’ingresso ad est dove era presente il calidarium, e le murature erano in laterizio. La fase edilizia oggi visibile, databile alla fine del III ed agli inizi del quarto secolo dopo Cristo, presenta un orientamento da nord a sud, murature per lo più in opera vittata di calcare e laterizio, copertura con grandi volte ora crollate.

Porto Torres: il palazzo del re Barbaro: il planimetria Porto Torres: il palazzo del re Barbaro Porto Torres: il palazzo del re Barbaro Porto Torres: il palazzo del re Barbaro Porto Torres: il palazzo del re Barbaro: fuso di osso Porto Torres: il palazzo del re Barbaro: simbolo maschile in terracotta Porto Torres: il palazzo del re Barbaro: statua in marmo Porto Torres: il palazzo del re Barbaro: busto in marmo

Alcuni dei reperti rinvenuti all’interno del palazzo del re Barbaro sono oggi conservati nel Museo Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari.

Il Museo Archeologico chiamato l’Antiquarium Turritano

Porto Torres: l’Antiquarium TurritanoMa i reperti archeologici più significativi, sono ospitati nel Museo Archeologico di Porto Torres, denominato Antiquarium Turritano sorto agli inizi degli anni settanta su un edificio attiguo all’area di scavo, in via Ponte Romano 92, ed aperto al pubblico nel 1984. Il complesso si sviluppa su due piani. Al piano terra sono conservati elementi architettonici, are e statue acefale di magistrati. Al primo piano una sezione conserva reperti rinvenuti presso le Tabernae, le terme e altri edifici privati, ossia vasellame da cucina di origine prevalentemente africana, lucerne di produzione locale, condutture idriche in piombo o in terracotta, le cosiddette Fistulae aquariae; una seconda sezione contiene reperti rinvenute nelle necropoli, tombe alla cappuccina e lastre romane riutilizzate per sepolture, oltre a corredi materiale ceramico e metallico. Attorno al complesso centrale del palazzo del re Barbaro sono presenti numerosi mosaici, il più famoso e bello dei quali, rappresenta, l’Orfeo, che è ritornato visibile dal pubblico in una struttura esterna al Museo, realizzata nel 2011.

Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: maschera orrida del periodo punico Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: ancore di navi romane Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: anfore recuperate su navi romane Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: capitelli di colonne romane Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: statua acefala di un personaggio dell’aristocrazia locale, probabilmente un magistrato cittadino di grado elevato Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: ara marmorea dedicata da C. Cuspius Felix alla divinità egiziana Bubastis, di grande importanza religiosa, storica e artistica Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: mosaici Porto Torres: l’Antiquarium Turritano: sarcofago marmoreo Porto Torres: l’Antiquarium Turritano-resti di un sarcofago interno in metallo Porto Torres: il palazzo del re Barbaro: mosaico dell’Orfeo

La parte settentrionale del complesso termale è costituito dai resti delle Terme Pallottino

Il volume Il volume <em>Terme Pallottino - relazione preliminare sulla campagna di scavo 2009</em>Passato il Museo Archeologico, si arriva a una rotonda, passata la quale, prendiamo la prosecuzione della via del Ponte Romano, percorsi duecento metri, alla sinistra della strada, si vede l’ingresso della parte più settentrionale del complesso termale del palazzo del re Barbaro, che è costituita dalle Terme Pallottino scavate da Massimo Pallottino nel 1941. Delle Terme era stato portato alla luce un peristilio, delimitato sul lato orientale da un portico con colonne marmoree, del quale erano stati messi in luce circa quattordici metri. Porto Torres: i resti delle Terme PallottinoIn una prima fase edilizia la pavimentazione del portico era costituita da lastre marmoree, quella del peristilio consisteva in un semplice battuto, mentre successivamente il peristilio viene lastricato in trachite e il portico, parzialmente chiuso mediante muretti, riceve una pavimentazione musiva policroma a riquadri entro treccia a più capi, databile intorno alla fine del III o agli inizi del quarto secolo. Accanto al portico è stato rinvenuto un altro mosaico, anch’esso policromo, che però oggi è andato perduto. Dell’insieme rimangono visibili anche pochi resti delle colonne, un centinaio di metri più ad est rispetto ai resti del complesso termale. Il complesso aveva quasi certamente carattere pubblico, come indica il rinvenimento nell’area di una base di statua dedicata all’Imperatore Galerio nel 305 dal governatore dell’isola Valerio Domiziano. Poco più avanti, alla sinistra della strada, si trovano i resti di un altro piccolo complesso termale scavato anch’esso dal Pallottino nel 1941-42.

Il Ponte Romano

Proseguendo lungo la via del Ponte Romano, passiamo sotto un viadotto e, poco più avanti, la strada si biforca, dove a sinistra parte la via fontana Vecchia, mentre a destra prosegue la via Ponte Romano. Seguendo questa strada, arriviamo in un paio di centinaia di metri ai resti del Ponte Romano il più grande ponte edificato dai Romani in Sardegna, sul quale, la strada che congiungeva la città a Karales per la zona mineraria dell’Argentiera, superava il rio Mannu. È una costruzione lunga 135 metri realizzata in trachite, caratterizzato da sette arcate ineguali a sesto ribassato di dimensioni crescenti verso ovest.

Porto Torres-resti del Ponte Romano sul rio Mannu (notare le arcate diseguali) Porto Torres-resti del Ponte Romano sul rio Mannu (notare le arcate diseguali) Porto Torres-resti del Ponte Romano sul rio Mannu (notare le arcate diseguali) Porto Torres: il ponte Romano Asfaltatura sul Ponte Romano utilizzato fino agli anni ’60

Il ponte aveva una pavimentazione originale costituita da lastroni di trachite, ricoperti successivamente con dell’asfalto, ed è stato utilizzato fino agli anni sessanta del novecento. Sotto le arcate minori, previste per il deflusso delle acque nei periodi piena, si conserva una pavimentazione in lastre di trachite, simile a quella della strada antica.

La foce del rio Mannu e le fornaci di Porto Torres

Dove avevamo passato il Museo Archeologico ed eravamo arrivati alla rotonda, invece di prendere la prosecuzione della via Ponte Romano, prendiamo invece, un poco più a destra, il lungomare Amerigo Vespucci, che passa, con il ponte Vespucci, al di sopra dello Sbocco a mare del rio Mannu. Questo è il corso d’acqua a regime torrentizio che scorre in Provincia di Sassari nascendo dal monte Sa Figu, a circa 376 metri di altezza, che, dopo un breve percorso, si getta nel golfo dell’Asinara, il quale è stato formato per l’appunto dal corso del fiume.

Porto Torres: il ponte Vespucci Porto Torres: lo sbocco a mare del rio Mannu Porto Torres: le torri gemelle delle fornaci di Porto Torres

Presso la foce del rio Mannu, nel 1964 sono state realizzate le Fornaci che si trovano alla sinistra del lungomare Amerigo Vespucci, oltre la via Ponte Romano, sul lato sinistro del fiume. Le due rosse torri gemelle sono state realizzate dalla Società Siderurgica Mineraria Ferromin, uno dei primi stabilimenti industriali di Porto Torres. Si trattava in sostanza di un distaccamento della vicina Miniera di Canaglia, dove i minerali estratti venivano trasportati al porto industriale mediante una ferrovia a scartamento ridotto fino alle fornaci e poi, attraverso il ponte costruito in epoca romana alla foce del rio Mannu, fino alla banchina, dove veniva caricato sulle navi dirette nel Continente. Tutto questo fino alla prima metà degli anni sessanta, quando è iniziata la crisi che ha portato alla chiusura. 

I resti della necropoli della Marinella vicino alla foce del rio Mannu

Subito oltre il ponte Vespucci, in località Marinella, alla destra della strada, tra questa ed il mare, si stende la vasta necropoli occidentale della città, ossia la Necropoli ipogeica della Marinella. La prima notizia del rinvenimento di tombe si deve a Giovanni Spano, che ha dato notizia di un’iscrizione e di monete del secondo secolo, ma il sito è stato sottoposto a scavi regolari solo nel 1964, ad opera di Guglielmo Maetzke, che ha indagato una serie di tombe alla cappuccina poste lungo il litorale sabbioso, e catalogato i corredi. Diverse altre campagne di scavi dal 1990 hanno permesso di verificare l’ampiezza della necropoli e di rilevare la continuità del suo utilizzo, dal II fino al sesto e settimo secolo, senza pause fra il rito pagano e quello cristiano. Porto Torres-tomba della necropoli ipogeica della MarinellaAd oggi, mancando ogni attestazione di sepolture a incinerazione, si nota la sola presenza di inumati. Le più comuni sono le tombe alla cappuccina con deposizionisu un piano ricavato con embrici e coperte con tegole a doppio spiovente raccordate da coppi, quelle ricavate all’interno di fosse scavate nel banco calcareo e contraddistinte da una risega per l’alloggiamento degli embrici di copertura, ed infine quelle costituite da una semplice fossa terragna, coperta con embrici disposti in piano o a doppio spiovente. Vi sono anche numerosi esempi di tombe a cassone, scavate nella roccia, coperte con lastre litiche, tumuli quadrangolari con pietre di diverse dimensioni. Alcune fosse scavate nel banco di calcare sono visibili sul taglio del lungomare Amerigo Vespucci che attraversa appunto l’area della necropoli. Il monumento attualmente aperto al pubblico è costituito da una tomba ipogeica con arcosoli affrescati.

Il Porto Industriale dove approdano oggi i grandi traghetti

Il lungomare Amerigo Vespucci prosegue e, in poco più di un chilometro e mezzo, ci porta all’Approdo industriale. Il porto commerciale ha visto ridursi notevolmente la sua importanza, da quando i traghetti della Grimaldi prima, e successivamente anche i nuovi traghetti della Tirrenia, per le loro grandi dimensioni, hanno dovuto attraccare più vicino all’approdo industriale. Sono stati effettuati lavori per collegare i due porti e creare un’unica struttura portuale che assolva a tutte le sue funzioni.

Porto Torres: veduta della zona industriale dal mare Porto Torres: veduta della zona industriale dal mare Porto Torres-un attracco del Porto Industriale Porto Torres-Sbarco dai traghetti nel Porto Industriale Porto Torres-Sbarco dai traghetti nel Porto Industriale

Dal lungomare Amerigo Vespucci parte, verso sud, la strada europea denominata E25, chiamata anche nuova SS131 di Carlo Felice, che porta, al pari della vecchia SS131 di Carlo Felice ma in modo più veloce essendo una strada dritta che non attraversa tutti i paesi, a Sassari e, da qui, percorre tutta l’isola, da nord a sud, fino a Cagliari.

La stazione ferrroviaria di Porto Torres centrale

Dove la via Ponte Romano si biforca, prendiamo a sinistra la via fontana Vecchia. Seguiamo questa strada e, dopo cinquecento metri, arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la prima uscita che ci fa imboccare la via Stintino, alla destra della quale, dopo qualche decina di metri, si vede la Stazione ferroviaria di Porto Torres centrale. Si tratta di una stazione di categoria Bronze posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda in direzione di Porto Torres Marittima, dopo la stazione di Sassari e le stazioni dismesse di Sant’Orsola, di San Giorgio, di San Giovanni, e prima della Stazione ferroviaria di Porto Torres Marittima. Si tratta della maggiore Stazione ferroviaria delle Ferrovie dello Stato nel comune di Porto Torres, la cui storia risale agli inizi negli anni ’80 del novecento, quando è stato deciso di arretrare la stazione dalla sede originaria, che era situata nei pressi del porto alcune centinaia di metri più a nord, e di portarla alla zona di fontana Vecchia. L’impianto viene realizzato nelle vicinanze del rio Mannu, prima della galleria del faro turritano e dell’imbocco della diramazione sud, che all’epoca conduceva al vecchio capolinea di Porto Torres piazza Cristoforo Colombo, e che dal 2004 collega la stazione con la nuova fermata terminale di Porto Torres Marittima. L’area della nuova stazione è collegata con il Porto Industriale da un raccordo, ancora armato ma non più utilizzato.

Porto Torres: la Stazione ferroviaria Porto Torres: la Stazione ferroviaria

Entrata in esercizio nel 1991, la sua gestione passa nel 2001 dalle Ferrovie dello Stato alla controllata RFI. Nell’area del fabbricato viaggiatori sono presenti due binari, attrezzati con pensiline, utilizzati per il servizio passeggeri, ognuno dotato di propria banchina, mentre ulteriori binari a fianco di questi sono utilizzati per la sosta di carri, e quello più esterno costituisce l’imbocco del raccordo per il Porto Industriale di Porto Torres, ancora armato ma non più utilizzato.

Prendiamo la strada statale che ci porta verso Sassari

Passato il ponte Vespucci, proseguiamo sul lungomare che, dopo trecento metri, arriva a una rotonda. Prendiamo la seconda uscita, che ci fa imboccare la via dell’Industriala quale, dopo tre chilometri, sbocca sulla via Sassari. Questa strada prosegue fino ad uscire dall’abitato con il nome di SS131 di Carlo Felice, che porta in direzione di Sassari. Si tratta della vecchia SS131 di Carlo Felice, dato che negli ultimi anni è stata realizzata la nuova SS131 di Carlo Felice, che passa più ad ovest, e si può imboccare da una deviazione dopo seicento metri da dove avevamo imboccato la via dell’Industria.

Visita dei dintorni orientali e meridionali di Porto Torres

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Porto Torres, sono stati portati alla luce i resti dell’altare preistorico di Monte d’Accoddi; delle necropoli di Marinaru, di Ponte Secco, di su Crucifissu Mannu; della Tomba di giganti Andriolu; dei Nuraghi semplici Biunisi, Ferrali, la Camusina, Nieddu; dei Nuraghi complessi Margone, monte Alveghe, monte Elva, Sant’Elena; dei Nuraghi la luzzana di Chercu, nuragheddu di li Pedriazzi, Ruina, tutti di tipologia indefinita; mentre non resta più nulla dei Nuraghi Minciaredda, e Piano di Colti, che sono stati distrutti.

Le prime spiagge che si affacciano sul lungomare della città

Dal Porto Turistico, andando verso destra, ossia verso est, prima di prendere la strada litoranea per Platamona, troviamo le diverse spiagge di Porto Torres. La prima che incontriamo è la spiaggia della renaredda, che si trova subito ad est rispetto al porticciolo turistico.

Porto Torres: la spiaggia della Marinella chiamata anche spiaggia di renareddaLa prima spiaggia che incontriamo, prima di uscire dal paese, subito a destra rispetto alla foce del rio Mannu, è la spiaggia Di renaredda ossia della Piccola rena, intesa come Piccola spiaggia. Si tratta di una spiaggetta dal fondale verde chiaro e roccioso, che si trova all’inizio del lungomare della città, e presenta una piccola spiaggia bianca con la grana non troppo sottile.

Muovendosi verso est, passato il terminale traghetti e Porto Turistico, passata la piazza Cristoforo Colombo con la torre Aragonese, prendiamo il lungomare di Balai, che si apresu un’ampia insenatura al centro della quale, percorsi seicentocinquanta metri, si trova la spiaggia di Scoglio lungo.

Porto Torres: la spiaggia di Scoglio lungoPiù avanti incontriamo la spiaggia di Scoglio lungo che si trova all’interno della città, è la prima che troviamo sul lungomare, dopo la spiaggia della Marinella e dopo aver superato il Porto Turistico. La spiaggia dello Scoglio lungo è una spiaggia dall’acqua in alcuni tratti verde e altri azzurra, con una caratteristica statua di delfino adagiata su una roccia affacciata nel mare. Prende il suo nome per la presenza di un lungo scoglio semisommerso, che si estende dalla riva fino al largo.

Porto Torres: la spiaggia di Scoglio lungo: la scogliera e la spiaggia Porto Torres: la spiaggia di Scoglio lungo

Passato il promontorio che chiude ad est l’insenatura con la spiaggia di Scoglio lungo, percorsi quattrocento metri arriviamo alla spiaggia delle Acque Dolci, che da breve tempo è una spiaggia artificiale con piccoli tratti sabbiosi, mentre sino a pochi anni fa era soltanto una distesa di rocce.

Porto Torres: la spiaggia di Acque DolciSubito dopo la bassa scogliera troviamo la spiaggia delle Acque Dolci così definita per le sorgenti di acque dolci disseminate sul fondale marino antistante la spiaggia. Il mare, molto trasparente, ha un fondale basso e prevalentemente sabbioso. Ha una cromia che abbraccia i colori verde smeraldo, azzurro e turchese, ed in essa sono presenti le docce per i bagnanti, che sono gratuite.

Porto Torres: la spiaggia delle Acque Dolci: veduta della città dalla strada che porta a Balai Porto Torres: la spiaggia delle Acque Dolci: veduta della spiaggia Porto Torres: la spiaggia delle Acque Dolci: scogliere lungo la strada che porta a Balai

La bellissima piccola spiaggia di Balai

Proseguendo sulla via litoranea, dopo settecento metri ci troviamo di fronte a un piccolo gioiello, la bellissima piccola spiaggia di Balai, che prende il nome dal quello della località nella quale sorge. La spiaggia di Balai è dominata, dall’alto della strada costiera, dalla piccola chiesa di San Gavino a Mare detta anche la chiesa di Balai vicino che si trova trecento metri prima della spiaggia. L’interno della chiesa ha la volta a botte, e dietro l’altare si trova un altro edificio, precedente alla chiesa. Qui è stato scavato un complesso ipogeico costituito da tre camere comunicanti, una delle quali presenta delle banchine lungo le pareti ed una nicchia absidata nella quale si trovava in origine un piccolo altare, sostituito successivamente da un altro, di dimensioni maggiori, in blocchi di tufo. Gli scavi eseguiti nel 1980 hanno portato in luce una struttura, probabilmente un’edicola, anteriore alla chiesa e relativa all’ambiente situato dietro di essa, che si suppone fosse una cisterna romana coperta a botte, che nell’alto medioevo è stata trasformata in sacello.

Porto Torres-Balai: la piccola chiesa di Balai Porto Torres-Balai: veduta della costa dalla piccola chiesa di Balai

La chiesa di San Gavino a Mare è stata costruita su una roccia a picco sul mare, e nell’area circostante sono state ritrovate diverse sepolture di origine romana, utilizzate anche in periodo cristiano. Lo stesso luogo, secondo la tradizione, sarebbe stata la prima sepoltura dei tre martiri, i Santi Gavino, Proto e Gianuario, dato che, adiacenti e comunicanti con la cappella, vi sono tre ambienti ricavati nella roccia, utilizzati come sepolcri in epoca romana, uno di questi sulla sinistra della piccola chiesa, sarebbe il sepolcro dei tre martiri. Da questa piccola chiesa si può ammirare un bel panorama di tutta la costiera. a piccola chiesa di Balai, durante la Festha Manna del 2013, ha, però, mostrato numerose crepe tali da pregiudicare la staticità dell’edificio, e don Mario Tanca, parroco di San Gavino, ha inviato al comune una dettagliata relazione con allegata una ricca documentazione fotografica che evidenziava le condizioni critiche dell’importante monumento, per il quale ci si augura che verrà effettuato un ampio restauro.

Porto Torres: la spiaggia di BalaiLa bella piccola spiaggia di Balai prende il suo nome dalla caratteristica chiesa a picco sul mare nota con il nome di San Gavino a Mare o di Balai vicino. ’e una piccoLa Caletta delimitata da una serie di insenature rocciose, con una spiaggia di piccole dimensioni, con una sabbia dorata e fine, che si affaccia su un mare verde, poco profondo. La sabbia fine, l’acqua cristallina e poco profonda sono qualità che fanno della spiaggia di Balai la più frequentata della zona di Porto Torres. È affollata in alta stagione, a causa della sue bellezza e delle piccole dimensioni, è immersa, nei suoi dintorni orientali, da un ambiente naturale solitario e selvaggio.

Porto Torres: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: veduta della spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia e scogliera di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: giochi sulla spiaggia di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia e scogliera di Balai Porto Torres-Balai: la spiaggia e scogliera di Balai Porto Torres-Balai: tuffi dalla scogliera di Balai Porto Torres-Balai: nuotare nel mare di Balai Porto Torres-Balai-mare di Balai

C'è la possibilità di scegliere tra sabbia e rocce da cui tuffarsi. Di fronte alla spiaggia di Balai, nell’altro lato della strada, c'è un ampio parcheggio per coloro che si recano in spiaggia.

Proseguendo lungo la costa incontriamo la spiaggia di Scoglio Ricco

Da qui inizia una bella costiera verso la chiesa di Balai lontano, e la costa prosegue, con molte belle piccole spiaggie, calette e grotte marine, in direzione ovest, portandoci, appunto, dalla Piccola chiesa di Balai a quella di Balai lontano.

Qui, lungo la strada verso Balai lontano, incontriamo la spiaggia di Scoglio Ricco che troviamo invasa durante l’inverno dalle alghe, ma in Sardegna non sono le mucillagini dell’Adriatico, sono solitamente rami di Posidonia molto sensibile agli agenti inquinanti, presente solo dove il mare è assolutamente privo di inquinamento. Si tratta di una spiaggetta accessibile solamente via mare, protetta nel suo perimetro da un’alta scogliera rocciosa che costeggia la litoranea per Platamona. La spiaggia è caratterizzata da sabbia fine e compatta, di colore rosa beige molto chiaro. Il mare limpido ha un fondale basso e sabbioso nel tratto iniziale, per poi divenire roccioso più a largo. Ha una cromia dominata dal verde smeraldo e dalle sfumature d’azzurro.

Porto Torres-Balai: un cane sulla pista ciclabile a ridosso della spiaggia di Balai Porto Torres: la spiaggia di Scoglio Ricco Porto Torres-Scoglio Ricco: la spiaggia in inverno invasa dalla Posidonia

Il Santuario di Santa Maria di Balai detto anche la chiesa di Balai lontano

Porto Torres: la piccola chiesa di Balai lontanoA circa un chilometro e settecento metri dalla spiaggia di Balai, sulla via litoranea SP81, si incontra un’altra piccola chiesa chiamata il Santuario di Santa Maria di Balai, detto anche la chiesa di Balai lontano o la chiesa di Santu Bainzu Ischabizzaddu ossia San Gavino decollato o decapitato. La sua edificazione è molto antica ma difficilmente databile in quanto scarseggiano caratteristiche architettoniche e decorative di riferimento. Il luogo appare come ottenuto dalla trasformazione di una precedente struttura. A questo proposito non si esclude il fatto che la chiesa possa essere il riadattamento di una cisterna per l’acqua. L’edificio ha una apertura unica che consiste nella porta, le altre due luci sono due Loculi tondi molto piccoli. La costruzione è stata edificata con calcare locale tenuto da malta idraulica. Colonne in granito sugli spigoli della facciata si possono notare sotto numerosi strati di intonaco.

La piccola chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli ai tre Santi martiri che, secondo la tradizione agiografica, sarebbero stati decapitati nella località di Balai lontano, dove ancora oggi è ubicata la piccola chiesa intitolata a Santu Bainzu Ischabizzaddu. Un’altra leggenda, in contrasto con la tradizione agiografica, dice invece che la piccola chiesa di Balai vicino sarebbe stata edificata nel luogo dove sarebbero stati gettati a mare i corpi dei tre Santi martiri, e la seconda piccola chiesa, quella di Balai lontano, nel luogo dove la corrente li avrebbe riportati a riva.

La vasta necropoli orientale di Porto Torres

La vasta Necropoli orientale si estende dalla zona portuale moderna e il corso Vittorio Emanuele, fino alle piccole Chiese di San Gavino a Mre e San Gavino Iscabizzadu, ossia decollato, poste sulle alture della scogliera litoranea di Balai. Nella descrizione che segue vedremo la costiera e le parti della necropoli che sono state scavate.

Le sepolture più antiche sono emerse nell’angolo tra via libio e via Galilei, tratto nel quale si registrano almeno due fasi della necropoli. La prima, compresa tra i primi decenni e la prima metà del primo secolo dopo Cristo, è documentata da tre sepolture ad incinerazione, due in urna ed una in anfora, con accanto, ad una quota lievemente inferiore, una sepoltura ad inumazione in fossa terragna, singolare perché il defunto stringeva nella mano poggiata sul petto un sestante di Nerone, datato tra il 54 ed il 55 dopo Cristo. La seconda, in una fase successiva, datata intorno al quarto secolo, è attestata da altre sepolture sovrapposte, tra cui una formata da un cassone doppio con copertura piana in embrici contenente più individui. alla fine del I ed al secondo secolo appartengono le sepolture rinvenute tra via libio, via Camillo Benso di Cavour e corso Vittorio Emanuele, con quarantadue tombe ad incinerazione e venti ad inumazione, di varia tipologia. Anche la zona scavata tra via Mare, corso Vittorio Emanuele, piazza della Consolata, via Amsicora e via Trieste presenta almeno tre fasi sovrapposte. Nella prima, compresa tra il II e la metà del terzo secolo, l’area era cimiteriale e ospitava sepolture di varia tipologia. Nella seconda l’area viene occupata da edifici per uso civile, mentre nella terza, tra i primi del V e tutto il sesto secolo, gli edifici vengono abbandonati e il Cimitero occupa l’intero spazio con sepolture soltanto a inumazione. Ad uso esclusivamente cimiteriale è la zona tra via Ettore Sacchi e via Galileo Galilei, con sepolture in maggioranza alla cappuccina, ma è attestata anche la presenza di un cassone e una deposizione in anfora.

Porto Torres-tombe dell’area archeologica di via libio 53Il retro del palazzo che ospita gli uffici del comune si affaccia sulla via libio, e, di fronte ad esso, sull’altro lato della via libio, al piano seminterrato dell’edificio di proprietà privata al civico numero 53, è stata rinvenuta nel 2000 l’Area archeologica di via libio, che è visitabile solo su prenotazione, ma il cui ingresso si trova nella via Ampsicora. Il complesso monumentale è composto da due grandi camere ipogeiche nelle quali sono presenti diverse tombe ipogeiche ad arcosolio, ossia costituite da un’area sepolcrale incassata nella parete, di epoca romana, che sono state scavate nel calcare affiorante. In questa area archeologica sono state rinvenute anche alcune altre sepolture ad inumazione.

L’area della necropoli lungo la fascia costiera

Lungo la fascia litoranea, proseguendo verso est, sono venuti in luce due complessi di sepolture ipogeiche scavate nella roccia calcarea, in località Tanca Borgona e Scoglio lungo. Dal Porto Turistico, andando verso destra, ossia verso est, si prende la via Mare, che va ad immettersi sul lungomare Balai. Percorsi trecentocinquanta metri dalla piazza ventesimo Settembre, arriva dalla destra la via Principe di Piemonte, passata la quale si trova, alla destra della strada, l’insieme degli edifici sotto i quali è stata rinvenuta la Necropoli di Tanca Borgona costituita da due monumenti funerari, un colombario ed un complesso ipogeico. Gli scavi sono stati eseguiti eseguiti nel 1944 sotto la direzione di Giovanni Lilliu, e successivamente, nel 1988, sono stati compiuti lavori di restauro e consolidamento e nuovi rilievi. Il Colombario, rinvenuto sotto l’edificio ad angolo tra il lungomare Balai e la via Principe di Piemonte, è di forma inconsueta, dato che ha pianta circolare con un sostegno cilindrico centrale, relativo verosimilmente ad una copertura lignea. Sulla parete sono presenti otto nicchie centinate, destinate a contenere le urne con le ceneri dei defunti. Di queste, ne sono state utilizzate solamente quattro, che si alternano con quelle vuote. Nelle nicchie, le urne, in terracotta, erano collocate sotto il piano di base. Poco distante dal colombario, più ad ovest, è stato rinvenuto un vasto Ipogeo a camera che conteneva trentadue inumazioni, utilizzato dagli inizi del terzo secolo dopo Cristo alla seconda metà del secolo successivo. Il monumento si sviluppa intorno ad un ambiente centrale, il cui soffitto è retto da due pilastri risparmiati nel banco roccioso; nelle pareti otto arcosoli, ossia aree sepolcrali incassate nelle parete, che ospitavano i sarcofagi dei defunti, mentre altre deposizioni sono presenti come Formae nel pavimento, ossia come semplici tombe a fossa. Le tombe erano protette da tegole disposte in piano o a doppio spiovente e murate. Le pareti conservano tracce d’intonaco dipinto, di cui residuano alcune decorazioni geometriche e, in particolare, le teste e le zampe anteriori di una quadriga di cavalli. Le sepolture ricavate nel pavimento erano ricoperte con mosaici policromi, che riproducevano gli epitafi dedicati ai defunti.

Porto Torres-Necropoli di Tanca Bogogna: colombario Porto Torres-Necropoli di Tanca Bogogna: l’ipogeo a camera

La necropoli orientale giungeva fino alle estreme propaggini della scogliera di Balai, a circa tre chilometri di distanza dal centro urbano, non lontano dalla chiesa di San Gavino a Mare. Uno dei complessi funerari più interessanti della città è stato scoperto da Guglielmo Maetzke nel 1963 in località Scogliolungo, dietro l’Istituto Nautico, a seguito dell’inizio di lavori di sbancamento della collina costituita da un banco di calcare, lavori che ne hanno, però, seriamente compromesso la conservazione. Si tratta della Necropoli di Scoglio lungo ossia di un Complesso funerario di tombe ad arcosolio che occupa l’area di una cava romana, costituito da quattro ambienti adiacenti, nelle cui pareti si aprono numerosi arcosoli scavati nel fianco della collina. Gli arcosoli contengono per lo più due o tre inumazioni affiancate, e talvolta si notano deposizioni sovrapposte. Con le Formae, ossia con le tombe a fossa praticate nel pavimento sono state recensite più di cinquanta sepolture. Alcune delle sepolture, distribuite tra sarcofagi e tombe a fossa, hanno restituito importanti oggetti di corredo. Poco distante dal complesso funerario di tombe ad arcosolio, si trova una tomba ipogeica, chiamata l’Ipogeo funerario romano di Scoglio lungo. L’evidente relazione architettonica e rituale esistente tra le tombe ad arcosolio dello Scoglio lungo e il vicino ipogeo di Tanca Borgona fa ritenere che i monumenti fossero utilizzati da parte di piccole comunità che deponevano i defunti all’interno di spazi riservati, distinti e monumentalizzati, spesso arricchiti con soluzioni decorative che rimarcano talvolta le capacità economiche dei committenti.

Porto Torres-Necropoli di Scoglio lungo: tombe ad arcosolio Porto Torres-Necropoli di Scoglio lungo: ipogeo funerario

Porto Torres: il mosaico che ricorda Dionisio e Septimia Musa La presenza della necropoli è testimoniata anche da rinvenimenti sporadici, avvenuti durante l’apertura di via Balai, e la realizzazione di costruzioni di edilizia privata. Scavi effettuati lungo la via Balai, nel 1964 è stato rinvenuto un complesso di undici inumazioni in fossa con copertura di embrici, otto delle quali raggruppate in uno spazio limitato. Tra queste particolare importanza hanno le tombe di due coniugi, Dionisio e Septimia Musa, le cui tombe erano vicine e parallele, protette da embrici disposti alla cappuccina e coperte da una muratura rivestita, per la parte emergente, da un mosaico funerario con le iscrizioni che ricordavano i defunti, che oggi è conservato nell’Antiquarium. Sulla base di confronti con mosaici funerari analoghi, che si rivela paleocristiano per gli elementi decorativi e simbolici, e tombe sono state datate alla seconda metà del quarto secolo, o agli inizi del successivo.
Al lembo più orientale della necropoli sembrano appartenere anche le tre celle ipogeiche, resti di un precedente ipogeo funerario romano, e della cisterna voltata a botte, trasformata in sacello in età altomedievale, presso la chiesa di San Gavino a Mare, sulla penisoletta di Balai, tradizionalmente indicata come il primo luogo di sepoltura dei martiri turritani.

Gli importanti siti archeologici che si trovano a sud di Porto Torres

Da Porto Torres, preso da piazza Cristoforo Colombo il corso Vittorio Emanuele, lo seguiamo fino al bivio dove parte sulla sinistra la via Sassari, che diventa la SS131 di Carlo Felice, la strada a scorrimento veloce che conduce verso Sassari, per proseguire poi verso Macomer e Oristano fino a Cagliari, lungo la quale si trovano gli importanti siti archeologici che descriveremo più avanti.

Un ottimo ristorante segnalato dalla Guida Michelin dove gustare la cucina della tradizione

Presa la vecchia SS131 di Carlo Felice, percorsi quattro chilometri e settecento metri dalla città in direzione Sassari, arriviamo in località li lioni, dove si trova la Tenuta li lioni, che prende il nome dall’omonima località. Nella tenuta sono presenti il caratteristico ristorante li lioni segnalato dalla Guida Michelin dove ci possiamo fermare per un ottimo pasto, la Panefratteria, ed il maneggio.

Consigliato dalla MichelinPorto Torres: il ristorante li lioni: ingresso del localeIl ristorante Li lioni abilmente gestito da Massimo Pintus e segnalato dalla Guida Michelin, è un locale specializzato nella cucina sarda in un ambiente conviviale. Si tratta di un ristorante a gestione familiare dove gustare una buona e fragrante cucina casalinga realizzata a vista, con piatti alla brace e specialità regionali, come i Maccarones de busa con carne di Saccaya. Il ristorante, con una grande attenzione, ripropone di menu tipici della cucina tradizionale sarda, ed offre, in una atmosfera casalinga, sapori che sanno di buono. Per pranzare o cenare in questo ristorante è consigliato effettuare la prenotazione.

Porto Torres: il ristorante li lioni: antico mulino ad acqua Porto Torres: il ristorante li lioni: interno del locale Porto Torres: il ristorante li lioni: esposizione di prodotti tipici locali Porto Torres: il ristorante li lioni: cena sulla veranda Porto Torres: il ristorante li lioni: antipasti tipici sardi Porto Torres: il ristorante li lioni: <em>Pane frattau</em>, piatto nuorese ottenuto con <em>Panecarasau</em> ammorbidito nel brodo e condito con pomodoro, formaggio e uovo in camicia Porto Torres: il ristorante li lioni: secondo tipico di carne arrosto: il porcetto, costine di pecora e salsicce

Ci siamo anche recati in cucina per assistere alla preparazione dei diversi piatti, dalla lavorazione dei culingiones, impasto di farina di semola sarda e acqua ripieno di patate formaggio e menta, alla cottura del porcetto. E nelle cantine dove Massimo effettua in proprio la stagionatura dei formaggi prodotti da pastori locali e da lui proposti alla clientela.

Porto Torres: il ristorante li lioni: culingiones, piatto ogliastrino, impasto di farina di semola sarda e acqua, ripieno di patate formaggio e menta Porto Torres: il ristorante li lioni: i culingiones di patate, notare la chiusura artistica a mano (quasi un ricamo) Porto Torres: il ristorante li lioni: cottura del porcetto Porto Torres: il ristorante li lioni: il porcetto arrosto Il ristorante li lioni: taglio del porcetto arrosto Porto Torres: il ristorante li lioni: la Cantina di stagionatura dei formaggi locali Porto Torres: il ristorante li lioni: la Cantina di stagionatura dei formaggi locali

recentemente, Massimo Pintus ha affiancato alla cucina tradizionale del ristorante, quella della Fanefratteria dove è possibile gustare piatti a base di Pane Frattau ed alltri pani tipici della Sardegns, come il Pane Zichi di Bonorva, oltre a legumi, uovo fritto, formaggio arrosto ed altro, all’insegna del suo slogan: Pane et casu, e binu a rasu, ossia pane e formaggio, e vino col bicchiere pieno, ossia in abbondanza.

L'altare preistorico di Monte d’Accoddi

Monte d’Accoddi: la Ziqqurat SardaLettura di <em>L’altare preistorico di Monte d’Accoddi</em>Lungo la vecchia SS131 di Carlo Felice che da Porto Torres porta verso Sassari, a due chilometri dal ristorante li lioni, in località Ottava, troviamo sulla destra della strada le indicazioni per raggiungere l’Altare preistorico di Monte d’Accoddi. Prendiamo questa strada che, dopo quattrocento metri, ci porta al parcheggio, dal quale possiamo proseguire a piedi fino a raggiungere questo monumento unico al mondo. Per la concentrazione di differenti tipologie costruttive, il monumento è a tutt’oggi considerato unico non solo in Europa ma nell’intero bacino del Mediterraneo, tanto singolare da essere accomunato morfologicamente a una Ziggurath di tipo orientale, che è stato realizzato, però, non in argilla, come quelli della Mesopotamia, che sono stati quasi completamente distrutti dal tempo, bensì in pietra, come tutte le costruzioni megalitiche presenti in Sardegna. Oggi la maggior parte delle ricostruzioni fanno risalire l’edificazione dell’altare preistorico di Monte d’Accoddi al 2440 avanti Cristo, in concomitanza con la migrazione proveniente da oriente, che ha portato in Sardegna la conoscenza della lavorazione del rame. Lo studioso Leonardo Melis farebbe, invece, derivare il nome Accoddi da Akkad, in Mesopotamia, che è stata la capitale del regno di Sargon I, il che starebbe ad indicare il luogo di provenienza degli Shardana, emigrati successivamente, verso il 2000 avanti Cristo, anch’essi dalla Mesopotamia, e stabilitisi in Sardegna, dove avrebbero portato la conoscenza della lavorazione del bronzo.

Con le prime migrazioni dal Mediterraneo orientale, le popolazioni da lì arrivate realizzano, vicino a Porto Torres, una piramide a gradoni sulla cui sommità si ritiene si svolgessero riti sacri. Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi-tempio RossoSi tratta della prima fase del Santuario, detto il Tempio rosso di Monte d’Accoddi costituito da una struttura tronco piramidale di ventiquattro per ventisette metri, alta cinque metri, con una rampa lunga venticinque metri, che da terra permetteva di raggiungere la terrazza sulla sommità. È un esempio di architettura tipicamente orientale che ricorda i templi a Ziggurat dei quali sono stati trovati resti in Mesopotamia. È realizzato con piccole lastre di calcare legate con malta, intonacate e dipinte con ocra rossa, dal che deriva il nome di tempio Rosso. Sia la legatura delle lastre di calcare che la decorazione in ocra rossa, nata anch’essa in Mesopotamia per imitare il colore del rame, non esistevano in Sardegna e non verranno mai più ripetute. L’altare di Monte d’Accoddi viene incendiato, segno di una guerra tra la popolazione locale ed i nuovi arrivati che, d’altra parte, dopo questo altare non ne hanno costruiti altri, e probabilmente con la loro sconfitta si è persa la capacità di realizzare costruzioni di questo tipo. Quindi nuovi venuti sarebbero stati respinti.

Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi-Secondo tempioDopo 300 anni, nel periodo della Cultura di Filigosa, sopra i resti del primo viene edificato il Secondo Santuario di Monte d’Accoddi quello che è arrivato fino a noi, costituito da un altare di trentasei per ventinove metri, alto nove metri, con la sommità raggiungibile da una rampa lunga quarantuno metri e mezzo. È interamente realizzato con strutture murarie di tipo megalitico, con grosse pietre messe in opera a secco senza uso di intonaco, viene quindi edificato dagli eredi dei costruttori dei grandi Nuraghi. È sotto di esso che sono state individuate le tracce del tempio Rosso che, con la difficoltà di effettuare piccolo scavi senza compromettere la struttura sovrastante, hanno permesso di ricostruirne la storia. Il monumento, a trecento metri dal quale sono presenti due massi di arenaria scolpiti e dipinti uno di bianco l’altro di rosso (forse la coppia divina Dio Toro e Dea Madre), testimonia un insolito, unico ed eccezionale incontro fra il Megalitismo tipico del mondo occidentale e l’architettura tipicamente orientale dei templi a Ziggurat.

Altare di Monte d’Accoddi-tempio abbandonato e ricoperto dalla vegetazioneI reperti più antichi rinvenuti durante gli scavi mostrano un Villaggio di capanne ancora del Neolitico Medio, presumibilmente del periodo della Cultura di Bonu Ighinu tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo. Nelle capanne sono stati rinvenuti resti di vasi puntinati. Nel periodo della Cultura di Ozieri, tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo, accanto ad esso si realizza un villaggio a capanne quadrangolari. Nelle capanne che sorgono alla base del monumento sono stati trovati reperti delle Culture di Filigosa e Abealzu, di Monte Claro e del Vaso Campaniforme, mentre è quasi certo che all’epoca della Cultura di Bonnanaro il Santuario come luogo di culto non fosse più in uso. Non è possibile fare supposizioni sulla funzione dei megaliti presenti al suo esterno, dato che sono stati spostati nel tempo. Si tratta di un menhir alto quattro metri e settanta, attribuibile alla fase del tempio Rosso; due massi di arenaria dipinti di bianco e di rosso, il più grande dei quali di forma perfettamente sferica, sulla cui superficie sono scolpite numerose coppelline, che si ipotizza potessero raffigurare le costellazioni; un piccolo lastrone del 3200 avanti Cristo; un più grande lastrone trapezoidale sorretto su tre appoggi, come un piccolo Dolmen, con ai bordi sette piccole cavità, ritenuto un altare sacrificale, risalente al 2900 avanti Cristo.

Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi-resti del villaggio prenuragico Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi-Menhir di fronte all’altare Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi-Menhir alto quattro metri e settanta Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi: altare sacrificale Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi: i due massi di arenaria dipinti di bianco e di rosso reperti rinvenuti nelle capanne di Monte d’Accoddi

L’altare di Monte d’Accoddi è orientato astronomicamente verso il nord, un orientamento che non si riscontra altrimenti in ambito europeo, e che testimonia come potrebbe essere stato adibito a funzioni religiose collegate con la stella polare.

I resti della necropoli di Ponte Secco

Passata la strada che conduce all’area archeologica di Monte d’Accoddi, procediamo ancora per settecentocinquanta metri e raggiungiamo la necropoli afferente al complesso di Monte d’Accoddi. Di tratta della Necropoli di Ponte Secco scavata nella parete calcarea prospiciente il corso del rio d’Ottava. La necropoli, visibile sul basso costone calcareo orizzontale, che inizia dalla strada e procede perpendicolarmente ad essa, verso ovest, è costituita da 13 domus de janas del tipo a proiezione longitudinale e a proiezione verticale con pozzetto, ma mancano le indicazioni per raggiungerla e non siamo riusciti, quindi, a visitarla.

Porto Torres: la necropoli di Ponte SeccoLa Tomba I, presenta un breve dromos, un’antecella e una camera principale dalla quale si accede a sei cellette laterali. Sulle pareti laterali dell’anticella sono presenti delle protomi bovine. La Tomba II, detta anche Tomba Bassu, si compone di otto ambienti disposti intorno alla cella centrale, con uno sviluppo prevalentemente rettilineo. La Tomba II A, detta anche Tomba delle protomi, molto degradata, presenta tredici vani a pianta curvilinea distribuiti attorno a due vani centrali. L’anticella presenta, sulle pareti laterali e in quella frontale, decorazioni a rilievo, con quattro file di tre protomi bovine. La Tomba III ha un’antecella che conduce alla cella principale, con un pilastro centrale quadrangolare, ed a tre celle sussidiarie. La Tomba IV, molto degradata, ha un dromos, l’antecella oggi aperta sulla fronte e quindi con due ingressi, che conduce alla cella principale, con una colonna centrale circolare e con la volta a un unico spiovente, che immette in un ambiente a pianta semicircolare, nel quale si affacciano, sulla parete destra, due vani a pianta semicircolare e rettangolare, mentre dalla parete di fondo, attraverso un portello, si accede ad una cella rettangolare, coassiale con un altro ambiente semicircolare. La Tomba sesto, detta anche Tomba del capovolto, molto degradata, si presenta come la Tomba delle protomi, ed è caratterizzata dalla presenza di motivi figurativi incisi, in particolare sulla parete di fondo si trovano alcune figure antropomorfe capovolte, con bracci curvilinei, mentre doppie corna si trovano sopra il portello. Di notevole interesse i materiali restituiti dalle diverse sepolture, come alcuni idoli di dea madre, bottoni perforati e Brassard. La prima fase della necropoli è attribuibile alla Cultura di Ozieri, che si è sviluppata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo, ma le tombe sono state riutilizzate in seguito da altre culture, fino a quella del Vaso Campaniforme, che si è sviluppata tra il 2400 ed il 2100 avanti Cristo.

I resti della necropoli costituita dalle quattro tombe di Marinaru

Tornati sulla SS131 di Carlo Felice, proseguiamo ed, appena possibile, effettuiamo una conversione a U e torniamo verso Porto Torres sull’altro lato della strada. All’altezza all’incirca del chilometro 222.3, poco prima di arrivare di fronte alla strada che conduce all’altare di Monte d’Accoddi, circa una trentina di metri a nord della superstrada e circa ottocento metri più a nord rispetto all’altare preistorico, troviamo la Necropoli ipogeica di Marinaru probabilmente realizzata nel periodo della Cultura di Ozieri. Porto Torres: la necropoli di Marinaru: vasi campaniformi e brassard dalla tomba di MarinaruLa necropoli è molto importanti perché in una delle sue tombe sono stati rinvenuti i primi reperti della cultura del Vaso Campaniforme, affermatasi in Sardegna dal 2400 avanti Cristo. La tomba principale porta il nome di Tomba Amorelli, e costituisce una necropoli composta da essa e da altre tre domus de janas non ancora esplorate. La tomba Amorelli è composta di tre ambienti, due dei quali circolari e l’ultimo di forma oblunga, che si allarga verso la parte terminale. In quest’ultimo ambiente è stato effettuato il ritrovamento dei diversi importanti reperti, costituiti fra l’altro dai resti umani di due inumati, con il corredo di tre vasi campaniformi interi, decorati, e di un idoletto in marmo di Dea Madre. La necropoli è stata, successivamente, reinterrata, ed ora è segnata solo da un accumulo di pietre e terra, che la ostruisce, in mezzo a un campo coltivato. Risulta, pertanto, inaccessibile.

I resti della necropoli di su Crucifissu Mannu

Proseguendo verso Porto Torres, poco prima di arrivare di fronte al ristorante li lioni, prendiamo una delle piccole traverse verso destra, indicata come strada n. 14, e fiancheggiamo per trecento metri le costruzioni fino all’ingresso del Maiss Club. Poco più avanti dove la strada termina, prima di entrare nei cortili delle abitazioni, vediamo a sinistra i lastroni sotto i quali si trova la Necropoli di su Crucifissu Mannu. La necropoli, del terzo millennio avanti Cristo, comprende ventidue domus de janas ipogeiche non ancora portate del tutto alla luce, scavate in un bancone calcareo, tutte formate da più camere comunicanti. Alcune tombe hanno un accesso di tipo a pozzo, mentre altre sono precedute da un corridoio orizzontale scavato nel calcare. Quasi tutte le tombe hanno i portelli sagomati ed alcune di esse hanno anche altre caratteristiche architettoniche tipiche delle abitazioni civili, come i gradini ed in alcuni casi le colonne interne. Tra le sepolture portate alla luce, sono significative le Tombe ottavo, dodicesimo e ventesimo I, per la loro complessità e per la presenza di protomi bovine scolpite alle pareti. La Tomba ottavo ha di un breve dromos che porta a due piccoli vani quadrangolari, dai quali si passa in un’ampia cella rettangolare intorno alla quale si dispongono dieci vani secondari. La Tomba dodicesimo si compone di un lungo dromos che immette in un’anticella sulla cui parete destra si trova un vano quadrangolare che immette in altre quattro camere, mentre dal fondo dell’anticella si accede alla cella principale, attorno alla quale si trovano altri sette ambienti. La Tomba ventesimo I, molto danneggiata, si conserva, in parte, il pozzetto d’ingresso, una minuscola anticella e otto vani comunicanti. Sulla parete destra della prima cella sono presenti due protomi taurine accostate, realizzate a basso rilievo.

Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu

Porto Torres: la necropoli su Crucifissu Mannu: tracce di trapanazione cranicaLa prima fase della necropoli è attribuibile alla Cultura di Ozieri, che si è sviluppata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo, ma le tombe sono state riutilizzate in seguito da altre culture, da quella di Monte Claro, dal 2700 al 2400, fino a quella di Bonnanaro che ha avuto inizio nel 2200 avanti Cristo. Numerose tombe si presentano intatte, mentre in altre vediamo l’interno, dato che sono state scoperchiate dal passaggio dei carri in epoca romana. La più significativa è la Tomba quindicesimo I, che troviamo del tutto isolata rispetto alle altre. In essa sono stati rinvenuti reperti che risalgono al periodo finale dell’utilizzo della necropoli, al periodo della Cultura di Bonnanaro. Particolarmente importante è un cranio che presenta le tracce di un’Operazione di trapanazione cranica, che mostra come la medicina e la chirurgia fossero già particolarmente evolute. Ed è certo che, dopo l’operazione, l’individuo sarebbe sopravvissuto ancora per un certo tempo.

La zona industriale di Porto Torres

Porto Torres: veduta della zona industriale di Porto TorresVerso occidente, proseguendo il lungomare Amerigo Vespucci, passato il Porto Industriale dove attraccano i grandi traghetti, si arriva nella zona industriale di Porto Torres. L’idea di sviluppare a Porto Torres uno Stabilimento petrolchimico risale al 1959, quando a Sassari viene costituita la SIR, Sarda Industrie resine, facente capo al gruppo dell’imprenditore brianzolo Nino Rovelli. L’ipotesi di insediare nell’area portuale quello che sarebbe divenuto, a pieno regime, uno dei più grandi poli petrolchimici europei, era suffragata da una serie di vantaggi, tra i quali la vicinanza a snodi importanti come il porto e l’Aeroporto di Fertilia, ma anche la possibilità di godere delle agevolazioni e dei contributi statali e regionali. Il piano chimico nazionale, risalente agli inizi degli anni settanta, contribuì alla crescita della SIR prevedendo progetti di ampliamento sia per Porto Torres che per gli impianti di Assemini, in Provincia di Cagliari. La crisi petrolifera del 1973, che porta, quattro anni dopo, al raddoppio del costo della materia prima, causa il crollo della domanda e di conseguenza un netto calo della riChiesta di materie plastiche. L’avvento dell’Ente nazionale Idrocarburi nel sito industriale di Porto Torres dà il via a un lento ma inesorabile ridimensionamento degli investimenti nell’area, in modo particolare nel settore della chimica, mentre si avvia verso una crescente importanza, anche in campo nazionale, il polo energetico, con lo sviluppo della Centrale termica ed eolica di Fiume Santo, che si trova in territorio di Sassari e che descriveremo quando parleremo di Stintino. Intanto, il sito industriale vero e proprio veniva spezzettato, con la dismissione in più aziende, solo alcune mantenute dall’Eni in proprio e poi attraverso controllate.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, da Porto Torres ci recheremo a visitare Stintino una delle località turistiche più famose della Sardegna. Stintino è apprezzata soprattutto per gli incredibili colori del suo splendido mare e per la bellezza delle sue, purtroppo, affollatissime spiagge. Da Stintino si parte per visitare l’isola Asinara, che vedremo nella tappa successiva.


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