Esterzili dove è nato Fernando Pilia e nei dintorni il tempio a megaron Domu de Orgia
In una precedente tappa del nostro viaggio eravamo arrivati a Villanova Tulo, e in questa tappa da Villanova Tulo ci recheremo ad Esterzili che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trovano il complesso di fonti nuragiche del villaggio di Monte Nuxi, il recinto megalitico di Monte Santa Vittoria, e soprattutto il grande tempio a megaron Domu de Orgia. La regione storica della Barbagia di SeuloLa Barbagia di Seulo (nome in lingua sarda Barbàgia ’e Seùlu), chiamata anche Barbagia Inferiore, è una regione storica della Sardegna centrale. Durante il periodo giudicale il suo territorio apparteneva al Giudicato di Càralis, per passare, dopo la sua estinzione, al Giudicato di Arborea. La regione si va a sviluppare inella parte settentrionale della Provincia del Sud Sardegna con i comuni di Esterzili, Sadali, Seui e Seulo, e nella Provincia di Nuoro con il comune di Ussassai. Conosciuta fin dai tempi antichi per l’asprezza dei suoi territori e per l’abbondanza delle sue acque, è una delle zone della Sardegna interna la cui economia è quasi esclusivamente basata sulla pastorizia. In viaggio verso EsterziliUsciamo da Villanova Tulo verso sud sulla SP53 e, dopo tre chilometri di curve, prendiamo a sinistra, verso nord est, la SS198 di Seui e Lanusei, la strada statale che ci porta all’interno della Barbagia di Seulo. Seguiamo la SS198 di Seui e Lanusei e, dopo tredici chilometri, prendiamo a destra la SP53, che si dirige verso sud, e che in sette chilometri ci porta all’interno dell’abitato di Esterzili. Dal Municipio di Villanova Tulo a quello di Esterzili si percorrono 23.3 chilometri. Il comune chiamato EsterziliIl comune chiamato Esterzili (nome in lingua sarda Stretzili, altezza metri 731 sul livello del mare, abitanti 565 al 31 dicembre 2021) è un piccolo centro situato in posizione particolarmente affascinante, nella parte nord orientale della Provincia del Sud Sardegna, alle pendici del monte Santa Vittoria, a sud della Barbagia Seulo, a est dell’altopiano Sarcidano. L’abitato è raggiungibile dalla SS198 di Seui e Lanusei, che dista soli sei chilometri. Il territorio comunale, comprensivo dell’area speciale lago del Flumendosa, ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni molto accentuate, che vanno da un minimo di 249 a un massimo di 1.212 metri sul livello del mare. Esterzili è anche meta di passaggio del Trenino Verde. Origine del nomeIl nome riflette la voce sarda Isterzu o Sterzu, con la quale viene indicata la Vitalba comune, pianta arbustiva delle Ranunculaceae rampicante lianosa, il cui nome deriva da Vite alba, ossia vite bianca. La sua economiaSi tratta di un comune di montagna, con un’economia di tipo prettamente agricolo. L’agricoltura è specializzata nella coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite e ulivi. Accanto al lavoro dei campi si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini ed equini. Il settore industriale è pressochché inesistente, dato che le uniche aziende che si registrano sul posto operano nel comparto dell’edilizia. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Non è meta di rilevante afflusso turistico. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciGià nell’epoca prenuragica e nuragica viene riconosciuta l’importanza di questo territorio, sono infatti numerosi e di grande rilevanza i ritrovamenti archeologici intorno a quest'area, dato che ben settantasette siti sono stati censiti nel suo territorio, tra templi, Tombe di giganti, domus de janas, Nuraghi, bronzetti sardi. La maggior parte di essi allo stato attuale risulta fortemente danneggiata, ma altri si presentano ancora perfettamente integri e di ottima fattura. La struttura più importante, in questo senso, è l’edificio megalitico detto Domu de Orgia. La zona passa sotto il dominio punico, per poi passare ai Romani dal secondo al quinto secolo dopo Cristo, ma il territorio rimane a lungo abitato dai Gallilensi, ossia dell’antica popolazione sarda stanziata nelle zona, che la protegge da numerosi tentativi di invasione, tra cui quelli romani che avevano insediato coloni per sfruttarne il territorio. Testimonianze di questi avvenimenti sono documentate dalla tavola di Esterzili. La zona diviene quindi meta delle scorribande vandaliche e bizantine. In epoca medievale appartiene al Giudicato di Càralis, facendo parte della curatoria di Seulo, di cui Seulo era capoluogo. Nel 1258, alla caduta del Giudicato, passa ai Pisani e successivamente, verso il 1324, agli Aragonesi, divenendo feudo di Berengario Carroz. In seguito viene incorporata nella contea di Quirra, e nel 1604 nel Ducato di Mandas, feudo dei Maza de liçana. La famiglia dei Maza de liçana regge il governo locale, prima del passaggio ai Silva, ed in seguito ai Tellez Giron d’Alcantara, ai quali viene riscattato nel 1839 con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo. Del comune di Esterzili nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Successivamente nel 2003, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Nuoro nuovamente a quella di Cagliari. Nel 2016 viene cambiata la Provincia alla quale appartiene, passando dalla Provincia di Cagliari alla nuova Provincia del Sud Sardegna. La tavola di EsterziliNel marzo del 1866 il contadino Luigi Puddu, soprannominato Pibinca, mentre arava un campo in località Cort ’e lucetta, S’accorge che il vomere del suo aratro di legno ha urtato contro qualcosa di duro. Incuriosito e preoccupato dell’ostacolo, allontana i buoi aggiogati, si mette a scavare, e porta alla luce quella che verrà chiamata la Tavola di Esterzili una lastra di bronzo scolpita del peso di circa venti chilogrammi, lunga sessanta, alta quarantacinque, e spessa cinque centimetri, costituita di metallo ben compatto e di buona qualità, sagomata in tutti i lati. In quella che verrà chiamata la tavola di Esterzili, è presente un’iscrizione in latino dell’anno 69 dopo Cristo, che descrive una diatriba fra due popolazioni dimoranti nel territorio in quel periodo, i Galillenses, ossia la popolazione locale, che avevano conteso invano il possesso o l’uso delle terre ai Patulcenses, coloni che dai Romani erano stati trasferiti in Sardegna dalla Campania. La tavola è oggi custodita nel Museo Nazionale Giovanni Antonio Sanna di Sassari. Personaggi nati ad EsterziliTra i personaggi nati ad Esterzili, i più significativi sono il seicentesco frate Antonio Maria da Esterzili autore delle prime opere teatrali in sardo campidanese, e l’archeologo Fernando Pilia. La storia di Frà Antonio Maria da Esterzili nato nel 1644 probabilmente ad Esterzili come suggerisce il suo nome, è poco conosciuta. Sappiamo che da giovane diviene frate cappuccino e si trasferisce a Sanluri, dove pare viva per circa mezzo secolo, per morire nel 1727. Posto ai margini della vita ecclesiale a causa di un Crimine pessimo, secondo alcuni un reato politico oppure a sfondo amoroso, compone opere ai suoi tempi di grande notorietà, e molti brani delle sue tragedie vengono, poi, tramandati come stralci di poesia popolare. La sua opera è contenuta in un voluminoso codice cartaceo manoscritto rilegato in pergamena, diviso in due parti, custodito nella Biblioteca Universitaria di Cagliari, Che ha il titolo in spagnolo Libro de Comedias escripto por Fray Antonio Maria de estercili sacerdote capuchino en Sellury 9bre a 18 ano 1688. La prima parte contiene opere teatrali di edificazione religiosa, e la seconda parte comprende una serie di disposizioni ecclesiastiche e canoniche, probabilmente aggiunte al libro per la rilegatura. Sino a tempi relativamente recenti si era convinti che le sue commedie fossero state composte in spagnolo, ma in seguito è stato appurato che in realtà la lingua utilizzata è il sardo campidanese del diciassettesimo secolo, con soltanto le didascalie in spagnolo. |
Nato a Esterzili nel 1927, Fernando Pilia si laurea in lettere nel 1951 discutendo con Giovanni Lilliu una tesi sul patrimonio archeologico preistorico del suo paese natale, del quale diventa anche sindaco per qualche anno. Il lavoro d’esordio gli viene affidato proprio da Lilliu, che lo sceglie come suo assistente fin dalla prima campagna di scavi culminati con la scoperta di su Nuraxi, e con Lilliu Fernando Pilia lavora per qualche tempo nell’Istituto di antichità sarde e paleontologia dell’ateneo. Vince poi il concorso per una cattedra di lettere nelle Scuole Medie a Cagliari, dove muore nel 2003. Giornalista pubblicista, ha collaborato a quotidiani e riviste di cultura, a programmi radiofonici e televisivi della Rai come autore di testi, regista programmista e animatore, ed ha scritto una trentina di pubblicazioni di carattere storico, letterario, etnografico e geografico. Tra le sue molteplici pubblicazioni, si ricordano, in particolare, la monografia Esterzili. Un paese e la sua memoria, ed anche Sardegna, il lavoro artigiano e Tradizioni popolari della Provincia di Cagliari. |
Le principali feste e sagre che si svolgono ad EsterziliAd Esterzili è attivo il Gruppo Folk Sant’Antoni e su Fogu, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Tra le principali feste e sagre che si svolgono ed Esterzili, si segnalano il 17 gennaio, la Festa di Sant’Antonio Abate, per la quale nella piazza principale del paese viene allestito un gigantesco falò; il 13 giugno, la Festa di Sant’Antonio da Padova; il 12 agosto, la Sagra de su Frigadòri e de Is Cocoèddas; la terza domenica di agosto, la Festa di San Sebastiano; la terza domenica di agosto, la Festa di Santa Vittoria; il 29 settembre, la Festa patronale di San Michele Arcangelo. La Sagra de su Frigadòri e de Is CocoèddasIl 12 agosto di ogni anno si svolge nel paese un’interessante manifestazione chiamata Sagra de su Frigadòri e de Is Cocoèddas, prodotti tipici del paese. Su Frigadòri è una sorta di pane di cipolle cotto al forno servibile ugualmente freddo o caldo, e Is Cocoèddas sono costituite da un ripieno prevalentemente di patate, avvolte in una pasta fresca chiusa in modo particolare, vengono fritte nell’olio e si possono consumare sia calde che fredde. Durante la manifestazione vengono distribuite anche Is Cocòis Prènas, che sono costituite da un ripieno prevalentemente a base di patate, avvolto in una pasta chiusa in modo particolare, il tutto cotto al forno facendo in modo che il ripieno resti morbido e l’esterno croccante come il pane. Si tratta di una manifestazione di tipo folkloristico a carattere locale, che prevede esibizioni musicali e di danza caratteristiche della Sardegna. Visita del centro di EsterziliL’abitato, interessato da forte espansione edilizia, è immerso in una suggestiva cornice paesaggistica, ed il suo andamento altimetrico è quello tipico delle località di montagna. Il centro storico conserva intatto il fascino delle antiche tipiche case rustiche montane della Sardegna, ed è reso caratteristico dalla presenza di numerosi murali, dei quali qui ne vediamo alcuni, mentre i più significativi si trovano in piazza Barbagia, e li vedremo più avanti. Il Cimitero di EsterziliArriviamo ad Esterzili da nord ovest con la SP53 che, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato, assume il nome di via Grazia Deledda, ed entra all’interno del paese. Percorsa appena una quarantina di metri lungo la via Grazia Deledda, dalla strada parte tutta a destra una deviazione in salita, alla cui sinistra si trova il muro di cinta, e, in poche decine di metri, arriviamo a vedere, al centro di questo muro di cinta, l’ampio ingresso del Cimitero di Esterzili. Il Municipio di EsterziliEntriamo nell’abitato con la via Grazia Deledda che, a duecentocinquanta metri dal cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, sbocca sulla via Roma. La prendiamo verso sinistra e la seguiamo per trecento metri, e arriviamo nella piazza Sant’Ignazio da Laconi, che prende il nome dalla Chiesa in essa presente. Nella piazza, al civico numero 1, vediamo, alla sinistra, l’edificio che ospita il Municipio di Esterzili, nel quale si trova la sua sede e tutti gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. La Chiesa parrocchiale di Sant’Ignazio da LaconiNella piazza Sant’Ignazio da Laconi, di fronte a dove arriva la via Roma, si trova la Chiesa di Sant’Ignazio da Laconi che è la nuova parrocchiale del paese, che è stata inaugurata nel 1972. È una moderna struttura in cemento armato, le cui linee architettoniche rivelano una edificazione assai recente, infatti, l’edificio, eretto fra gli anni sessanta e Settanta, è stato inaugurato nel 1972. Ancora più tardo è il campanile, la cui esecuzione è stata terminata nel 1997. La facciata presenta nella parte inferiore, sorretto da pilastri, un ampio portico rettangolare, in cui si apre il portale vetrato. La parte superiore, scandita da larghe strisce in cemento, presenta tre piccole finestre a forma di croce. Sul lato destro si eleva il campanile a canna quadrata alleggerito da grandi trifore a tutto sesto nei quattro lati della cella campanaria. La Chiesa si presenta a navata unica, con la volta sorretta da trabeazioni a vista, ed il semplice altare è sovrastato da sei ampie finestre e da una pregevole pala d’altare di grandi dimensioni raffigurante il Cristo crocefisso, opera realizzata nel 1995 da Angelo Pilloni, di San Sperate. Interessanti da vedere sono la statua della Madonna del Rosario, opera del diciassettesimo secolo, il gruppo scultoreo raffigurante Sant’Anna con la Madonna, databile al diciottesimo secolo, ed il simulacro del Cristo crocifisso conservato in una bacheca in vetro. L’antica Chiesa di San Michele ArcangeloGuardando la facciata della nuova Chiesa parrocchiale, prendiamo alla sua sinistra la via San Michele e la seguiamo verso nord est, fino all’estreno dell’abitato, Dopo circa trecento metri, vediamo la Chiesa intitolata a San Michele Arcangelo che è la vecchia Chiesa parrocchiale del paese, edificata nel quindicesimo secolo, sotto la dominazione spagnola, e dedicata al Santo patrono di Esterzili. La semplice e raffinata facciata ospita un portone intarsiato racchiuso in arco sesto acuto, sormontato da un grande rosone con cornice modanata. La parte alta del prospetto, ornato da una cornice aggettante, è scandita da merli dentati. Sul lato destro della Chiesa è posto un campanile a vela con due luci ogivali. All’interno, la Chiesa presenta una sola navata su cui si affacciano le piccole cappelle laterali, delimitate da archi a sesto acuto. Fino ad alcuni decenni fa, all’esterno della Chiesa il sagrato veniva utilizzato come Cimitero. Per la sua importanza, il monumento è stato sottoposto nel corso dei decenni a numerosi interventi, l’ultimo dei quali ha riguardato lavori di consolidamento e di restauro patrocinati dalla soprintendenza per i beni architettonici di Sassari. L’importanza della Chiesa di San Michele per il paese, ne fa un monumento imperdibile e dallo stile inconfondibile. A ogni anno a Esterzili, il 29 settembre si tiene la Festa patronale di San Michele Arcangelo. La Festa dura tre giorni, il primo giorno, il 28, si tiene la processione di accompagnamento del Santo dalla Chiesa parrocchiale di Sant’Ignazio da Laconi alla Chiesa di San Michele Arcangelo. Nella Chiesa di San Michel il giorno successivo, ossia il 29, si tengono le celebrazioni religiose solenni. Ed il terzo giorno, il 30, una solenna processione per le vie del paese accompagna il Santo nel suo rientro nella Chiesa parrocchiale. Alle diverse celebrazion religiose seguono le manifestazioni civili, con esibizione di gruppi folcloristici, balli in piazza, e in conclusione uno spettacolo pirotecnico. La piazza Barbagia con i murali ed il Monumento ai Caduti di EsterziliDalla piazza Sant’Ignazio, arrivando con la via Roma, prendiamo a destra la via Vittorio Emanuele, che torna indietro verso sud ovest. Dopo un centinaio di metri, la via Vittorio Emanuele arriva nella Piazza Barbagia Una piazza del centro con due bei murali, uno che descrive il treno che arriva nella stazione di Esterzili, e l’altro con un uomo che spinge l’aratro. Nella piazza Barbagia, sotto il murale che descrive l’arrivo del treno, appoggiato la muro della casa, si trova il Monumento ai Caduti Di Esterzili, realizzato tre il 1070 ed il 1908. Si tratta di un monumento delimitato da catene metalliche tese su pezzi d’artiglieria, e costituita da un alto cippo collocato su una base trapezoidale, mentre un altro elemento di raccordo ospita una statuetta bronzea di fante, coperto da un pastrano e munito di fucile ed elmo. La lastra con i nomi dei caduti è posta sul fianco destro del monumento. Gli impianti sportiviArrivati in piazza Barbagia con la via Vittorio Emanuele, prendiamo leggermente verso destra, tra gli edifici con i due murales, la via San Giovanni. Percorsa per duecento metri la via San Giovanni, arriviamo a una deviazione dove svoltiamo leggermente a sinistra e prendiamo la via Sant’Antonio, in circa duecento metri, con la via Sant’Antonio arriviamo a un’altra deviazione, dove prendiamo in salita a sinistra la via San Sebastiano. Questa strada, in un’ottantina di metri, arriva a un bivio, dove la via San Sebastiano continua a sinistra, mentre prendendo a destra in una cinquantina di metri raggiungiamo l’ingresso degli Impanti sportivi di Esterzili, che si trovano tra le due strade. All’interno degli impianti sportivi si trova un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, non dotato di tribune; ed un Campo da Calcetto ossia calcio a cinque, con fondo in erba sintetica. Su questo Campo da Calcio gioca le sue partite casalinghe la squadra del PSV Esterzili calcio, la Polisportiva Santa Vittoria, che partecipa al campionato di calcio di Seconda categoria. Visita dei dintorni di EsterziliVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Esterzili, sono stati portati alla luce i resti del villaggio nuragico del monte Santa Vittoria; del tempio a megaron Domu de Orgia; delle Tombe di giganti Genna ’e Cussa I, Genna ’e Cussa II, Genna ’e Cussa III, monte Nieddu I, monte Nieddu II, monte Nieddu III, monte Nieddu IV, S’Omu ’e Nannis, Sa Ucca ’e Is Canis, Sa decimoea ’e Molis, Taccu ’e linu I, Taccu ’e linu II, Taccu ’e linu III; dei Nuraghi semplici Bruncu Tisieri, Corti Eccia, Cuccuru Is Abis, monte Nuxi, Soperi; dei Nuraghi complessi Furca Eccia e San Sebastiano. La Chiesa campestre di Sant’Antonio da PadovaDalla piazza Sant’Ignazio, arrivando con la via Roma, prendiamo a destra la via Vittorio Emanuele, che torna indietro verso sud ovest. Dopo un centinaio di metri, la via Vittorio Emanuele arriva in piazza Barbagia, e qui prendiamo, leggermente verso destra, la via San Giovanni. Percorsa per duecento metri la via San Giovanni, arriviamo a un bivio dove svoltiamo leggermente a sinistra e prendiamo in salita la via Sant’Antonio. In circa duecento metri, la via Sant’Antonio arriva a un altro bivio, dove parte in salita a sinistra la via San Sebastiano verso gli impianti sportivi, mentre noi proseguiamo a destra con la continuazione della via Sant’Antonio che porta, alle pendici del monte Taccu. Dopo circa centocinquanta metri, si trova alla destra della strada il cancello dopo il quale si vede un ampio e verde cortile al cui interno si trova la Chiesa campestre di Sant’Antonio da Padova. L’edificio, che risale al diciassettesimo secolo, si presenta con pianta a croce, infatti alla navata centrale si uniscono lateralmente i due bracci del transetto. Nella modesta facciata, il semplice portone in legno è sovrastato da una statua del Santo, posto sopra una piccola mensola. Nella parte centrale del prospetto si trova un piccolo campanile a vela con luce ogivale e una campana. La Chiesa è aperta solo i giorni di novena, ed il 13 giugno per la Festa di Sant’Antonio da Padova. La Festa inizia il 13 con la processione che porta il simulacro del Santo dalla Chiesa parrocchiale alla sua Chiesa campestre, seguono celebrazioni religiose, gare di canto e ballo, per concludersi il terzo giorno con il riento del Santo nel paese. La Chiesa campestre di San SebastianoArrivati in piazza Barbagia con la via Vittorio Emanuele, prendiamo leggermente verso destra, tra gli edifici con i due murales, la via San Giovanni. Percorsa per duecento metri la via San Giovanni, arriviamo a una deviazione dove svoltiamo leggermente a sinistra e prendiamo la via Sant’Antonio, in circa duecento metri, con la via Sant’Antonio arriviamo a un’altra deviazione, dove prendiamo in salita a sinistra la via San Sebastiano. Seguiamo la via San Sebastiano per circa un chilometro, dopo che è diventata una strada bianca, ed arriviamo a vedere, sopra un colle in prossimità del paese, il parco di San Sebastiano, all’interno del quale si trova la Chiesa campestre di San Sebastiano. Si tratta di una piccola Chiesa campestre realizzata probabilmente nel seicento, che si trova nell’omonimo parco ed è posta su un colle all’estremità sud occidentale del paese. Ha un tetto a capanna, il portone principale in legno nella parte centrale del prospetto ed un altro ingresso lungo il lato sinistro. All’interno presenta un’unica aula rettangolare. Presso questa Chiesa campestre, la terza domenica di agosto si svolge la Festa di San Sebastiano, anch’essa con la processione dal paese alla sua Chiesa campestre, le celebrazioni religiose, ed il rientro nel paese. I pochi resti del Nuraghe San SebastianoNelle vicinanze della Chiesa campestre, subito a nord, si può visitare un rudere risalente all’epoca nuragica. Si tratta dei resti del Nuraghe complesso di San Sebastiano un piccolo Nuraghe ubicato su una modesta collinetta, a 754 metri di altezza, che all’esterno si presenta come completamente distrutto. Tutte le pietre che lo costituivano affiorano sul terreno, il muro esterno è stato portato via, mentre interrati, sulla sommità della collina, rimangono due ambienti sotterranei comunicanti tra loro. I ruderi della Chiesa campestre di Santa MariaArrivando con la via Vittorio Emanuele nella piazza Barbagia, prendiamo a sinistra la via Lanusei seguendo le indicazioni per il tempio nuragico Domu de Orgia. La via Lanusei, dopo una settantina di metri, diventa via Santa Vittoria, la seguiamo per duecentocinquanta metri, dove la strada sbocca su una trasversale, svoltiamo a destra e, dopo una cinquantina di metri, seguendo le indicazioni, a sinistra sulla via Santa Maria. Seguiamo la via Santa Maria, e, dopo quattrocentocinquanta metri, la strada si immettesu una trasversale, che è la strada per il monte Santa Vittoria, che prendiamo verso sinistra. Dopo trecento metri, alla sinistra della strada, si trovano alture, sulle quali sono presenti i ruderi della Chiesa campestre di Santa Maria che viene citata da Vittorio Angius nel Dizionario Geografico Storico Statistico e Commerciale degli Stati di Sua Maestà il re di Sardegna come ancora esistente nel 1834. Il complesso di fonti nuragiche del villaggio di Monte NuxiDa dove avevamo preso la strada per il monte Santa Vittoria, la seguiamo per tre chilometri e duecento metri verso sud, salendo lungo la strada di montagna, giunti ad un’altitudine di circa 1.137 metri, scorgiamo sulla sinistra il grande fabbricato della Colonia estiva di Monte Nuxi, mai entrata in funzione, vicino alla quale si trovano i primi resti del Complesso di fonti nuragiche del villaggio di Monte Nuxi. Vicino alla Colonia, verso nord est, si trova il rudere di una prima grande capanna nuragica, della quale si vede la parte bassa della muratura circolare, il pavimento costituito da acciottolato frammisto ad affioramenti di roccia. Vicino a questa, si trovano altre capanne del primo insediamento nuragico. Un poco più a sud si trovano i resti del secondo insediamento nuragico, costituito dai ruderi di tre capanne circolari, e nella muratura perimetrale di quella più grande si notano due nicchie. Circa duecento metri più a sud rispetto alla Colonia, alla sinistra della strada si trovano i resti dell’area sacra di Monte Nuxi, che si compone di tre fonti sacre e una capanna, nel lastricato della quale è presente un foro dove si può scorgere l’acqua che scorre. Nelle vicinanze dell’insediamento sono presento i pochi resti del Nuraghe monoTorre di Monte Nuxi, edificato a 1.131 metri di altezza. Il complesso nuragico si configura a tutti gli effetti come un Santuario nuragico. Il recinto megalitico di Monte Santa VittoriaProseguendo per quattrocento metri verso sud lungo la strada per il monte Santa Vittoria, troviamo una indicazione, che ci fa prendere una deviazione sulla destra, per raggiungere la vetta del monte, alto 1.212 metri, con sulla sommità una vasta pineta, ed il recinto megalitico di Monte Santa Vittoria, che si raggiunge in circa cinquecento metri. A testimoniare l’importanza del monte Santa Vittoria in epoca nuragica, sopra di esso nel suo versante settentrionale sono presenti i ruderi del recinto megalitico di Monte Santa Vittoria una poderosa muraglia al cui interno si trova una serie di capanne quadrangolari disposte perimetralmente. Al suo interno, oltre alle capanne, è possibile individuare i ruderi della parte basale di un possibile tempio nuragico. Quest'ultimo ha una pianta che somiglia alla forma di un’antica serratura, richiamando alla mente quella dei pozzi sacri e dei templi a mègaron. In particolare, sembra si possano scorgere i ruderi della muratura di un vestibolo con apertura disposta verso sud e, in posizione contrapposta, una struttura circolare riservata probabilmente allo svolgimento dei riti cerimoniali. Il recinto megalitico di Monte Santa Vittoria è stata spesso citato per esemplificare una particolare tipologia architettonica, quella dei recinti, la cui attribuzione cronologica ha oscillato a lungo tra la Cultura di Monte Claro e l’età nuragica. I resti della Chiesa campestre di Santa VittoriaAll’interno del recinto megalitico in cima al monte Santa Vittoria di trovano anche pochi resti di un edificio circolare del diametro di circa nove metri, munito, sul lato nord, di una panchina poggiata direttamente sul pavimento lastricato. La capanna è stata in parte smontata in età storica, per l’impianto di un edificio rettangolare con loggiato, identificabile con la Chiesa campestre di Santa Vittoria ricordata dalla tradizione orale, che ha dato il nome al monte. Si tratta solo di poche rovine, poiché la Chiesa campestre, che doveva essere già in pessime condizioni, è stata demolita quando sono stati effettuati gli scavi archeologici per portere alla luce i resti delle costruzioni presenti nel recinto. Il nome di Santa Vittoria, che si ritrova anche nel sito archeologico di Santa Vittoria di Serri, nella Chiesa diroccata di Santa Vittoria di Setzu, si ritiene che forse identificasse cittadine sacre e fortificate poste su altopiani inaccessibili, ultimi rifugi dell’antica religione, luoghi poi strappati con la violenza dai Cristiani ai sardi, e ribattezzati appunto con questo nome. Il tempio a megaron Domu de OrgiaContinuando sulla strada per il monte Santa Vittoria per altri due chilometri e duecento metri, subito dopo l’incrocio con una strada trasversale, proseguiamo e troviamo, sulla sinistra della strada bianca, in prossimità di una vecchia pista per il bestiame in transumanza, il tempio a megaron Domu de Orgia chiamato anche Domu ’e Urxìa ossia Casa della Fata Malefica, situato a 978 metri di altitudine. È il più grande tempio a megaron conosciuto, costruito con blocchi di scisto, ha pianta rettangolare di circa dieci per venti metri, ed i muri conservano un’altezza di circa due metri. L’ingresso è dotato di un vestibolo ad ante, con un bancone-Sedile lungo i muri, utilizzato dai fedeli per deporre i loro oggetti votivi. All’interno, il tempio è costituito da due locali, una cella maggiore con panche lungo le pareti, dalla quale si accede, attraverso una porta situata sul fondo, a una cella minore, anch’essa dotata di panche lungo le pareti. Il tempio è racchiuso in un recinto ellittico di cinquanta per ventotto metri, con uno spessore murario di un metro e mezzo, ridotto però oggi a un solo filare di pietre. Il Santuario si sovrappose ad un villaggio nuragico preesistente, ed alcune capanne dell’abitato più antico sono state inglobate nelle strutture murarie del recinto. Lo scavo di questi ambienti ha restituito numerosi bronzetti che hanno strettissime affinità tipologiche con quelli rinvenuti nel vicino Santuario di Santa Vittoria di Serri, tanto da poter ipotizzare l’esistenza di una importante officina fusoria specializzata nella produzione di bronzetti votivi per diversi luoghi di culto della zona. Ha restituito, inoltre, pestelli, macine, lisciatoi, denti di falcetto, schegge di ossidiana, ciotole ed olle attribuibili cronologicamente al Bronzo recente e finale. L’indagine archeologica degli strati superficiali dell’area d’ingresso del recinto ha consentito il recupero di un tesoretto di monete di età romana, che attesta la continuità di frequentazione del sito fino ad epoca storica. Per la sua datazione, diversi studiosi si sono affidati alla datazione dei reperti da esso restituiti. Ancora nel 1833, il tempio viene notato dal presbitero e studioso Vittorio Angius; più tardi suscita l’attenzione del generale e studioso Alberto della Marmora, il quale attribisce il tempio ad epoca romana ritenendolo un avamposto militare, sulla base della Tavola bronzea di Esterzili; in seguito Ercole Contu, lo ritiene un edificio religioso coevo col tempio di Santa Vittoria di Serri, e risalente quindi al sesto secolo avanti Cristo; Giovanni Lilliu nel 1947 e nel 1963 lo considera come Il trasferimento barbarico di una forma greca soprattutto nella zona appartata dei monti pervasa da arcaismo, ma poi nel 1967 collega l’edificio a modelli anatolici e peloponnesiaci del secondo millennio avanti Cristo, mentre nel 1980 lo ritiene Derivato, sebbene costruito in autonomia, dai modelli di Troia II e sesto e di Micene, Tirinto e Pylos e lo colloca cronologicamente nella tarda Età del Bronzo, e nell’ultimo lavoro del 2010, conferma, alla luce dei dati provenienti dai nuovi scavi, le sue precedenti affermazioni ed esamina le pratiche religiose dei protosardi nel tentativo di dare un’identità alla divinità adorata in quei templi, che definisce come Un essere mitico, una dea legata all’acqua di vena, una dea materna della natura e della fecondità; Ercole Contu, nel 1948, accosta il monumento ai megara di epoca preellenica, e riscontra nei tempietti sardi un influsso esterno giunto attraverso la presenza micenea in Sardegna; nel 1981, Ferruccio Barreca mette a confronto la planimetria del megaron di Esterzili con la pianta tripartita di tipo siro palestinese del tempio di Gerusalemme, ipotizzando apporti culturali diretti dal mondo orientale, e collocando la costruzione dell’edificio nel quinto secolo avanti Cristo. Ma infine, nel 2001, le indagini di Ausilia Fadda, direttrice della Soprintendenza dei beni archeologici di Nuoro che ne sta curando gli scavi tuttora in corso, colloca la sua edificazione molto prima, nel tredicesimo secolo avanti Cristo, e ritiene i reperti in esso rinvenuti dovuti alla successiva rifrequentazione da parte di popolazioni successive. La Stazione ferroviaria di EsterziliDal centro di Esterzili prendiamo verso nord ovest la via Roma, che esce dall’abitato come SP53 e, dopo quasi sette chilometri, sbocca sulla SS198 di Seui e Lanusei, che, presa verso destra, in un centinaio di metri ci porta alla stazione di Esterzili, lo scalo ferroviario di riferimento del paese. La Stazione di Esterzili è una Stazione ferroviaria posta lungo la linea che collega Mandas con Arbatax, al servizio del comune di Esterzili, che però si trova all’interno del territorio comunale di Sadali. La stazione, realizzata a nord ovest dell’abitato di Esterzili dalla Società italiana per le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, vene inaugurata nel 1894 insieme al tronco ferroviario che collegava Villanova Tulo con Ussassai, ultimo lotto completato della linea tra Mandas ed Arbatax. Nel 1921 subentra nella sua gestione quella della Ferrovie Complementari della Sardegna, a cui nel 1989 segue quella delle Ferrovie della Sardegna. Sotto questa amministrazione, nel 1997 l’intera linea tra Mandas ed Arbatax viene destinata all’impiego per il solo traffico turistico legato al progetto Trenino Verde, fatto che porta alla cessazione dell’utilizzo regolare dello scalo, e da allora la stazione, che dal 2010 è gestita dall’ARST, viene utilizzata quasi esclusivamente nel periodo estivo, restando per il resto dell’anno priva di traffico. Nell’agosto 2017, un incendio divampato nel territorio circostante la ha investita, devastandone le strutture e rendendola totalmente inagibile. Oggi è un rudere, posizionato lungo la strada statale, subito prima del rudere della Cantoniera di Perdamengianu. La fermata ferroviaria di BetilliPrendiamo, invece, la SS198 di Seui e Lanusei verso sinistra, ossia in direzione sud. Dopo cinque chilometri e mezzo troviamo una deviazione sulla sinistra nella Strada Comunale di Macciorri, una strada bianca che, in due chilometri e mezzo, ci porta alla Fermata di Betilli, situata tra la stazione di Palarana e quella di Esterzili, e che si trova subito prima dell’Hotel e ristorante Borgo dei Carbonai. La fermata di Betilli viene realizzata all’interno dell’omonima foresta di lecci a inizio Novecento, in corrispondenza della casa cantoniera numero 75 della linea, e risulta già in uso nel 1921, anno del passaggio della linea ferroviaria dalla Strade Ferrate Secondarie della Sardegna alla Ferrovie Complementari della Sardegna, a cui segue nel 1989 la gestione delle Ferrovie della Sardegna. Sotto questa amministrazione l’intera lienea viene destinata, a partire dal 1997, all’impiego per il solo traffico turistico legato al progetto Trenino Verde, fatto che porta alla cessazione dell’utilizzo regolare dello scalo. Da allora la fermata, che dal 2010 è gestita dall’ARST, viene utilizzata quasi esclusivamente nel periodo estivo, restando per il resto dell’anno pressoché priva di traffico. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Esterzili ci recheremo a Sadali che visiteremo con il suo centro nel quale si trova una cascata all’interno dell’abitato, e con i dintorni nei quali si trova la grotta di Is Janas. |