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Abbasanta ed i dintorni con il Nuraghe Losa uno dei quattro complessi nuragici più importanti dell’Isola


In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Guilcer sull’altopiano di Abbasanta, dove visiteremo il paese di Abbasanta nei cui dintorni andremo a vedere il grande Nuraghe Losa, uno dei quattro complessi nuragici più importanti di tutta la Sardegna.

La Regione storica del Guilcer

Il GuilcerIl Guilcer è un’area geografica situata al centro dell’isola ed è, da secoli, crocevia di attività e commerci, comprende un altopiano basaltico e la sottostante pianura dove scorre il fiume Tirso e si trova l’invaso artificiale del lago Omodeo. L’Unione dei comuni del Guilcier è stata istituita nel 2008 quando i Sindaci di Abbasanta, Aidomaggiore, Boroneddu, Ghilarza, Norbello, Paulilatino, Sedilo, Soddì, e Tadasuni, hanno sottoscritto l’Atto Costitutivo, convalidando la costituzione del nuovo ente. Prima di allora i comuni venivano considerati appartenenti alla Regione storica del Barigadu. Il Guilcier raccoglie numerosi tesori archeologici, tra i quali ricordiamo per importanza il Nuraghe Losa di Abbasanta, la chiesa di San Pietro di Zuri, la torre Aragonese a Ghilarza, il complesso archeologico di Santa Cristina a Paulilatino, la foresta pietrificata a Soddì e la chiesa dei templari a Norbello.

In viaggio verso Abbasanta

Dal Municipio di Paulilatino prendiamo in direzione nord ovest il viale della Libertà, dopo quattrocento metri svoltiamo leggermente a destra allo svincolo per Sassari e prendiamo la SS131 di Carlo Felice, la seguiamo per quattro chilometri e, seguendo le indicazioni per Nuoro e Olbia, prendiamo verso destra il raccordo che ci porta sulla SS131 Diramazione centrale Nuorese, la seguiamo per circa un chlometro e mezzo, poi prendiamo l’uscita verso Abbasanta che in poco più di un chilometro e mezzo ci porta all’interno dell’abitato. Dal Municipio di Paulilatino a quello di Abbasanta si percorrono 8.7 chilometri.

Il comune chiamato Abbasanta

Abbasanta-Veduta dell’abitatoAbbasanta-Stemma del comuneIl comune chiamato Abbasanta (altezza metri 313 sul livello del mare, abitanti 2.579 al 31 dicembre 2021), che dà il suo nome all’altopiano basaltico posizionato nel centro del Barigadu, sul quale sorge l’abitato, si trova in un territorio ricco di boschi naturali, recentemente diventato anche nodo stradale con il completamento della SS131 di Carlo Felice diramazione, il cui tracciato ne attraversa il territorio. La linea ferroviaria che collega Cagliari con Ozieri Chilivani ha uno scalo sul posto. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con i 483 metri di quota, ed è ricco di sorgenti anche se alcune non hanno più acqua a causa del dissesto idrogeologico. La principale caratteristica del suo paesaggio è la stretta connessione tra l’ambiente naturale e la presenza umana, dato che l’uomo ha esercitato un ruolo notevole, condizionando il paesaggio vegetale, sostituendolo con colture agrarie, foreste di sughere, olivastri e rovelle, ma mantenendo sempre vaste superfici a pascolo semi naturale.

Origine del nome

Il suo nome deriva dal sardo Abba, ossia acqua, e Santa, ossia Santa, sacra, salutare, in riferimento alle acque che sgorgavano a poca distanza dal borgo, alle quali era attribuito un potere terapeutico. In età romana era conosciuta con il nome del paese di Ad Medias Acquas, mentre il nome del paese Aba Sancta viene citato per la prima volta nel dodicesimo secolo nelle Rationes decimarum Sardiniae, ossia nella descrizione dei pagamenti delle decime ecclesiastiche.

La sua economia

Si tratta di un comune di collina, che basa la sua economia soprattutto sulle tradizionali attività agricole. Nel settore primario l’agricoltura, basata sulle produzione di ortaggi, foraggi, vite, olivo e frutteti, conserva un ruolo importante, e si pratica anche l’allevamento di bovini, ovini, caprini, equini, e suini. Nel secondario l’industria è costituita da aziende che operano nei comparti alimentare, dei materiali da costruzione, metallurgico, meccanico, tessile e della lavorazione del legno. Il terziario è costituita da una buona rete commerciale. Abbasanta-Los CulurzonesIl bel paesaggio, caratterizzato dalla piatta morfologia degli espandimenti basaltici che si affacciano con una continua parete sulla valle del Tirso, i resti nuragici e le foreste di sughere attirano un discreto flusso turistico sul posto. Le strutture ricettive offrono la sola possibilità di ristorazione, non quella di soggiorno. Abbasanta e Ghilarza sono due localit che devono la loro fama nel resto dell’Italia e del mondo anche alla ricchezza della loro tradizione gastronomica, e tra i primi piatti pi gustosi che si possono assaporare vi sono senza dubbio i Los Culurzones, ovvero dei ravioli fatti a mano contenenti un morbido ripieno di formaggi, che in passato rappresentavano il piatto della festa per eccellenza, ed oggi sono serviti generalmente con un sugo a base a di carne ed accompagnati da vino rosso, rigorosamente sardo.

Brevi cenni storici

Il territorio viene abitato già in epoca nuragica arcaica, come è attestato dai resti archeologici. In seguito, subisce numerose devastazioni durante l’invasione cartaginese. Nel periodo della dominazione romana, è una stazione romana situata tra Forum Traiani, oggi Fordongianus, e Molària, oggi Mulargia, e viene chiamata Ad Medias Aquas, data la sua collocazione tra due Torrenti. Prende, quindi, il nome Aba o Abba, cui si aggiunge quello di Sancta nel tempo del cristianesimo. In periodo medioevale appartiene al Giudicato di Arborea, nel quale fa parte della curatoria del Guilciber, e per un certo periodo ne è anche il capoluogo. Diviene centro di raccolta per i preliminari della pace del 1388 tra Eleonora d’Arborea e Giovanni I d’Aragona. Con la fine del Giudicato e la conquista aragonese nel 1416, tutti i territori della curatoria vengono concessi in feudo a Valore di ligia, un arborense che aveva tradito il giudice di Arborea Ugone III nel corso delle guerre tra Aragona e Arborea. Quando però Valore e suo figlio Bernardo si recano a prendere possesso del feudo, vengono uccisi insieme alla loro scorta a Zuri. Nel 1417 i territori della curatoria vengono dati in feudo a Giovanni Corbera che li vende nel 1426 al Marchese di Oristano. Nel 1479 i suoi cittadini chiedono di essere amministrati direttamente da funzionari reali, e non più da signori feudali. Il Marchesato nel 1478 viene confiscato a Leonardo de Alagon e il territorio viene identificato con il nome di Parte Ocier Real, divenendo quindi un feudo regio per tutto il periodo aragonese e spagnolo. Diviene successivamente, con la dominazione dei Savoia, un feudo regio, che viene riscattato al demanio nel 1838. Il comune di Abbasanta, nel 1927 viene soppresso ed aggregato al comune di Ghilarza, che prende il nome di Ghilarza Abbasanta. Da questo nel 1934 viene nuovamente separato, viene cambiata la denominazione da Ghilarza Abbasanta nuovamente a quella di Abbasanta. Successivamente nel 1946 viene staccato dal comune di Abbasanta il comune di Norbello, costituito in comune autonomo, e nel 1950 anche il comune di Domusnovas Canales viene staccato dal comune di Abbasanta e trasferito in quello di Norbello, del quale diventa una frazione. Il comune di Abbasanta nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene trasferito dalla Provincia di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano.

Personaggi nati ad Abbasanta

Ad Abbasanta è nato Gigi Sanna, considerato il maggior epigrafista sardo.

Gigi SannaL’epigrafista Gigi Sanna, nato ad Abbasanta nel 1939, che ha insegnato lingua e letteratura Greca e latina ed è stato docente presso l’Istituto di Scienze Religiose dell’Arcidiocesi di Oristano, a partire dal 1995 aveva analizzato diversi reperti in ceramica, in bronzo e in pietra rinvenuti in Sardegna, che mostrano delle incisioni a sua opinione considerabili come scritte nuragiche risalenti alla seconda metà del secondo millennio avanti Cristo. I testi studiati appartengono a svariate tipologie alfabetiche, protosinaitica, ugaritica, gublitica, protocananaica e fenicia. Lo studioso, che identifica gli autori con l’antico popolo degli Shardana, sostiene che essi parlassero una lingua indoeuropea simile al latino, e che utilizzassero codici di scrittura semitici, esibendo a sostegno delle sue tesi svariati documenti come la celebre Stele di Nora, le Tavolette di Tzricottu di Cabras, il Sigillo di Sant’Imbenia rinvenuto vicino ad Alghero, l’Anello sigillo di su Pallosu rinvenuto a San Vero Milis, l’iscrizione rinvenuta su un’anfora nel sito di S’Arcu e Is Forros presso Villagrande Strisaili, e da ultimo il Coccio di Pozzomaggiore.

Le principali feste e sagre che si svolgono ad Abbasanta

Abbasanta-Associazione Folkloristica AbbasanteseAbbasanta-Coro Polifonico di AbbasantaAd Abbasanta è attiva l’Associazione Abbasantese, una associazione della quale fa parte l'Associazione Folkloristica Abbasantese, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località dell’Isola, e fa parte anche il Coro Polifonico di Abbasanta, il cui scopo quello di recuperare e ricordare ancora oggi canti e poesie che esistevano nei tempi passati.

Tra le principali feste e sagre che si svolgono ad Abbasanta meritano di essere citate, il 17 gennaio, la Festa di Sant Antonio Abate, preceduta la sera della vigilia dalla accensione de Sas Tuvas de Sant’Antoni, ed in questa occasione si tiene la Sagra de Sa Paniscedda; il 6 febbraio, la Festa di Sant’Amada, preceduta la sera della vigilia dalla accensione de Sa Tuva de Sant’Amada; seguono i festeggiamenti per il Carnevale Abbasantese, con Sa Cursa a Sa Pudda, competizione la cui denominazione deriva dalla presenza lungo la strada di galline di pezza obiettivo dei cavalieri che cercano di abbatterle con un bastone di legno mentre galoppano sul dorso del proprio cavallo, e con una spericolata corsa a pariglie che vede la partecipazione dei migliori specialisti isolani, ed infine con le sfilate dei carri allegorici; a maggio, la Festa di Sant Isidoro; il 24 giugno, la Festa di San Giovanni Battista in occasione della rievocazione della sua nascita, ed il 29 agosto si rinnovano i festeggiamenti in ricordo della sua decollazione, con anche la sfilata de Is Carrus de S Abiu, ossia i carri addobbati con frasche di ontano; l’8 agosto, la Festa di San Domenico di Guzman.

Abbasanta-Sas Tuvas de Sant’Antoni Abbasanta-Sagra de Sa Paniscedda Abbasanta-Sa Tuva de Sant’Amada Abbasanta-Carnevale Abbasantese Abbasanta-Festa di San Domenico di Guzman

Le principali feste e sagre di Abbasanta si svolgono dalla fine di agosto, quando il 28 agosto si svolge la Festa di Sant Agostino presso l’omonima chiesa campestre, con anche Sas Pariglias de Sant’Austinu; ed in occasione della festa di Sant’Agostino si svolgono anche altri eventi come la manifestazione BirraNostra, la Sagra della Pecora, e la Rassegna Folkloristica; ed il 25 novembre, si festeggia la Patrona, nella Festa di Santa Caterina.

Abbasanta-La Festa di Sant Agostino Abbasanta-Sas Pariglias de Sant’Austinu Abbasanta-La manifestazione BirraNostra Abbasanta-Sagra della Pecora Abbasanta-Rassegna Folkloristica Abbasanta-Festa di Santa Caterina

Visita del centro di Abbasanta

L’abitato, interessato da una forte crescita edilizia, ha un andamento altimetrico di tipo collinare. Possiede un centro storico molto caratteristico, arricchito dalle tradizionali costruzioni in pietra scura basaltica, ed in esso si possono vedere le caratteristiche di alcune abitazioni del sedicesimo e diciassettesimo secolo, con il solo pianterreno ed una torre a tre piani. Usciti dalla SS131 Diramazione centrale Nuorese, il raccordo ci fa immettere a sinistra sulla SP23, che, seguita per circa settecento metri, dove si immette dalla sinistra la via Suiles, ci fa incontrare il cartello segnaletico che indica l’ingresso nell’abitato di Abbasanta. La SP23, all’interno dell’abitato, assume il nome di via Tirso.

La Stazione Ferroviaria di Abbasanta

Seguiamo la via Tirso che ci porta all’interno dell’abitato, dopo seicentocinquanta metri incrocia la via Vittorio Emanuele e continua con il nome di via Cavalier Citzia. Percorsa con trecentocinquanta metri, arriviamo in piazza della stazione, e vediamo alla sinistra della strada, la Stazione Ferroviaria di Abbasanta una stazione di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda, dopo la stazione di Paulilatino e prima di quella di Borore. realizzata dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde e inaugurata nel 1880, insieme al tronco tra Oristano e Giave della Dorsale Sarda, l’impianto nel 1920 viene acquisito dalle Ferrovie dello Stato. Durante l’epoca fascista, quando, tra il 1927 e il 1934, il comune di Abbasanta viene inglobato in quello di Ghilarza, lo scalo muta denominazione in stazione di Ghilarza. Nel 2000 venne dato in gestione dalle Ferrovie dello Stato alla controllata RFI. L’impianto è dotato di tre binari, di cui il primo di corsa, tutti attrezzati per il servizio passeggeri, e, ad est del fascio binari, si trovano il fabbricato viaggiatori ed altri locali. L’edificio per i passeggeri è una costruzione su due piani a pianta rettangolare, composto da una parte centrale e da due corpi laterali a un solo piano.

Abbasanta-La Stazione Ferroviaria di Abbasanta Abbasanta-La Stazione Ferroviaria di Abbasanta

Ci rechiamo in via Sant’Agostino dove si trova il ristorante su Carduleu

Passata la piazza della Stazione, proseguiamo lungo la via Cavalier Citzia per un centinaio di metri, fino a che questa strada termina, qui prendiamo a sinistra e, dopo una cinquantina di metri, prendiamo di nuovo a sinistra la via Giuseppe Garibaldi, che porta verso la periferia occidentale dell’abitato. La seguiamo per trecento metri, fino a che, passato l’incrocio con la via Oristano, questa strada diventa via Sant’Agostino, ed al civico numero 1 di questa strada si trova il ristorante Su Carduleu, attualmente in ristrutturazione.

Abbasanta-Esterno del ristorante su CarduleuAlla sinistra della strada, al civico numero 1 della via Sant’Agostino, si trova l’importante ristorante Su Carduleu, un locale con la cucina moderna in un ambiente accogliente, con il suo chef Roberto Serra, figlio di ristoratore nato a Ghilarza e cresciuto in un ambiente in cui respirare amore per la cucina è la quotidianità. Si tratta di uno dei locali tra i migliori dell’isola, in virtù di una rivisitazione ingentilita della tradizione locale, sia di terra sia di mare. Qui si può trovare il maiale sardo affinato a Mamoiada, il pane tipico di Abbasanta, la manzetta della razza Bruna Sarda e il Su Casu ’e Crabittu, un raro formaggio di antica tradizione stagionato nello stomaco di capra.

La chiesa di Santa Maria delle Grazie

Abbasanta-La chiesa di Santa Maria delle GraziePassata la piazza della Stazione, prendiamo a destra il corso Giuseppe Garibaldi, che porta verso est in direzione del centro dell’abitato. Percorsa per trecentocinquanta metri, prendiamo a destra la via Norbello, la seguiamo per quasi centocinquanta metri, e vediamo, alla destra della strada, uno slargo con la piazza Santa Maria. Nella piazza si affaccia la chiesa di Santa Maria delle Grazie che è intitolata alla Vergine delle Grazie. Posta all’estremità nord orientale del paese, verso Norbello, aveva intorno ad essa alcuni Muristenes, che costituivano dimore temporanee per la novena, il cui uso è cessato alla fine dell’ottocento. Non si conosce la data della sua costruzione, nemmeno approssimativa, e si ritiene sia stata edificata probabilmente del quattordicesimo secolo, dato che per la cronologia proposta sono stati esaminati gli elementi architettonici databili con una certa sicurezza.

Abbasanta-chiesa di Santa Maria delle Grazie: facciata Abbasanta-chiesa di Santa Maria delle Grazie: vista da sinistra Abbasanta-chiesa di Santa Maria delle Grazie: retro

La chiesa è stata anche destinata a Cimitero pubblico, come risulta nei Decreti del Vescovo Monsignor Cusany nella sua visita pastorale del 1789, da una lettera del rettore Bua al Vicario generale capitolare in data 24/11/1824, ed anche da alcuni atti testamentari.

La chiesa di Sant’Antonio Abate

Abbasanta-La chiesa di Sant’Antonio AbateProseguendo lungo il corso Giuseppe Garibaldi dopo la deviazione in via Norbello, percorriamo appena una cinquantina di metri verso est, e prendiamo verso destra la via Vittorio Veneto. Seguita per una novantina di metri, vediamo, alla sinistra della strada, una piazza nella quale si affaccia la chiesa di Sant’Antonio Abate che risale alla fine del diciassettesimo secolo. Le poche notizie relative a questa chiesa risalgono alla fine del settecento, infatti, nel 1789 il Vescovo Monsignore Cusany, nella sua visita pastorale, la trova in stato indecente, ed ordina che rimanga interdetta Se entro un anno non verrà sistemata e dotata. In seguito, la chiesa viene integralmente restaurata nel 1936, e dopo l’ultima guerra, nel 1947, il parroco la fa di nuovo restaurare utilizzando parte del sussidio concesso dal Ministero della Guerra, per l’uso che ne aveva fatto durante il periodo bellico. Durante la notte del gennaio 1979, crollata una parte del tetto, il Comitato degli Antonio riesce a reperire i fondi necessari per demolire e rifare completamente il tetto, ed inoltre opera un ampio restauro nel gennaio 1982. La chiesa, sorta ad opera di maestranze locali, non presenta caratteristiche architettoniche peculiari. La facciata, tipica di un’architettura popolare, non è più intonacata, ma è stata lasciata con la muratura basaltica ad opera incerta a vista ed è sormontata da un timpano racchiuso da una cornice modanata, sormontato da una croce di pietra. Al centro, si trova un portale di ingresso in asse con una lunetta. Alla destra, il prospetto è completato da un campanile a vela staccato dal corpo centrale, modulo di notevole diffusione nel settecento.

Abbasanta-chiesa di Sant’Antonio Abate: vista da sinistra Abbasanta-chiesa di Sant’Antonio Abate: vista da destra Abbasanta-chiesa di Sant’Antonio Abate: il timpano sopra il portale

La chiesa è a navata unica, con una piccola Cappella sul lato destro, ed è improntato alla massima semplicità. Lo spazio interno è scandito da tre coppie di paraste dalle quali si dipartono tre archi a tutto sesto, sono questi gli unici elementi decorativi in quanto realizzati in pietra lasciata a vista. Le pareti e la copertura cementizia a due falde sono intonacati con un intonaco grossolano e dipinte di bianco. Il presbiterio, più alto di un gradino rispetto al piano del calpestio della chiesa, è posto nel fondo della navata ed ha una forma rettangolare. La facciata non è più intonacata, ma è stata lasciata con la muratura basaltica ad opera incerta a vista ed è sormontata da un timpano racchiuso da una cornice modanata. Il campanile è a vela e sorge su un setto murario complanare alla facciata.

Abbasanta-chiesa di Sant’Antonio Abate: interno verso il presbiterio Abbasanta-chiesa di Sant’Antonio Abate: interno verso il portale di ingresso

Abbasanta-accensione de Sas Tuvas de Sant’AntoniPresso questa chiesa, il 17 gennaio si tiene la Festa di Sant’Antonio Abate, ossia di Sant’Antonio de su Fogu. In giorno precedente nel piazzale della chiesa vengono eretti e benedetti Sas Tuvas de Sant’Antoni, enormi tronchi cavialti fino a sei o sette metri, privati dei rami, dove al loro posto verranno messe delle fronde di alloro, che sono stati recuperati nei giorni precedenti dal Comitato costituito da gruppi di persone che portano il nome del Santo, ossia dal Comitato degli Antonio. Nella piazza viene, quindi, acceso il fuoco all’interno dei tronchi, al primo segno di campana che annunzia l’inizio della funzione religiosa dei vespri, regalando uno spettacolo unico, alla presenza della folla che commenta e discute, tra fiaschi di vino e di fette di Panischedda, un dolce che si usa confezionare solo per l’occasione. Poi, la notte, tutti i gruppi formati da soli uomini si riuniscono per la Succhena, una cena a base di agnello arrosto, olive, formaggio e vino in abbondanza. Il focolare deve restare acceso tutta la notte perché è Su Fogu de Santu Antoni.

La piazza della Vittoria con il suo bel murale

Abbasanta-Il murale di Pina Monne in piazza della VittoriaDopo aver visitato la chiesa di Sant’Antonio Abate, riprendiamo il corso Giuseppe Garibaldi e lo seguiamo verso est ancora per un’ottantina di metri. Alla sinistra della strada si apre l’ampia piazza della Vittoria, al cui estremo settentrionale scorre la via Giovanni Maria Angioy, lungo la quale, al civico numero 14, si trova un bell’edificio in pietra basaltica, sul quale è presente il più visitato Murale presenta ad Abbasanta, nel quale sono rappresentate figure maschili, femminili, ed animali. Questo murale è stato realizzato nel 2010 dell’artista sarda Pina Monne, un’artista eclettica nata a Irgoli nel 1971, conosciuta come autrice affermata e riconosciuta di numerosi murali, in diverse località dell’Isola.

Abbasanta-Murale di Pina Monne in piazza della Vittoria: figure maschili e femminili Abbasanta-Murale di Pina Monne in piazza della Vittoria: figura maschile a cavallo Abbasanta-Murale di Pina Monne in piazza della Vittoria: figura maschile e femminile alla fonte

Il Municipio di Abbasanta

Abbasanta-Municipio di AbbasantaRiprendiamo ancora lungo il corso Giuseppe Garibaldi. Passata la piazza della Vittoria, proseguiamo ancora lungo il corso verso est, e, dopo una sessantina di metri, alla destra della strada, al civico numero 144 del corso Giuseppe Garibaldi, si trova l’edificio nel quale è ospitato il Municipio di Abbasanta, con la sua sede e con gli uffici che offrono i loro servizi ai cittadini ed alle aziende che operano nell’area Comunale. La lingua sarda è lingua del comune di Abbasanta, che ne favorisce l’insegnamento e ne sostiene ogni forma di diffusione e conservazione, e che può essere usata, insieme alla lingua italiana, in forma orale e scritta, nelle cerimonie ufficiali e negli atti del comune. Nel Municipio di Abbasanta è conservata una copia datata 1794 del regolamento del Corpo Barracellare vigente in Abbasanta alla fine del 1700, uno dei pochi documenti in Limba tornato alla ribalta grazie al lavoro di ricerca di lucio Pinna.

Di fronte alle Scuole Elementari si trova il Monumento ai Caduti

Abbasanta-Le Scuole ElementariDi fronte al Municipio, all’altro lato della strada, alla sinistra al civico numero 195, si trova l’edificio delle Scuole Elementari, che è stato edificato nel 1939 ed oggi ospita l’Istituto Comprensivo di Abbasanta. Alla destra delle scuole è presente uno spazio aperto alberato chiamato la piazza dei Caduti, al centro della quale si trova il Monumento ai Caduti di Abbasanta nella Prima e nella Seconda Guerra Mondiale, realizzato nel 1955 e costituito da un alto cippo in marmo bianco edificato sopra quattro gradini, con intorno alla base anch’essa in marmo, ai quattro angoli la riproduzione di quattro bombe. Alla sommità del cippo è presente una statua in bronzo che rappresenta la figura di un soldato morente durante la guerra. Sulla facciata anteriore del plinto una lapide ricorda i nomi dei Caduti di Abbasanta nelle due Guerre Mondiali.

Abbasanta-Lo spazio alberato alla destra delle Scuole Elementari Abbasanta-Monumento ai Caduti di Abbasanta Abbasanta-Monumento ai Caduti di Abbasanta

Il Museo Etnografico Comunale

Abbasanta-Museo Etnografico ComunaleAbbasanta-Museo Etnografico ComunalePercorsa un’altra settantina di metri verso est lungo il corso Giuseppe Garibaldi, si arriva a un bivio, dove il corso continua sulla destra, mentre a sinistra parte la via Santa Caterina. Presa la via Santa Caterina, dopo un’altra settantina di metri si vede sulla sinistra della strada, al civico numero 23 della via Santa Caterina, la casa Aragonese, che si erge ai margini del sagrato parrocchiale, ristrutturato negli anni a cavallo del 2007 e del 2009. All’interno di questa casa di gusto aragonese di grande pregio è stato aperto nel gennaio 2014, da parte dell’associazione archeologica, il Museo Etnografico Comunale oggi chiamato Museo META ed inizialmente denominato Museo della Civiltà Contadina, realizzato con il sostegno dell’amministrazione Comunale e il contributo dei tanti cittadini che hanno ceduto in comodato d’uso gratuito buona parte dei pezzi ora esposti. Il Museo ha ricreato le atmosfere e gli ambienti domestici e di lavoro della società agropastorale di fine ottocento e primi del novecento.

Abbasanta-Museo Etnografico Comunale Abbasanta-Museo Etnografico Comunale Abbasanta-Museo Etnografico Comunale

Sia le case con porticati esterni, sia i portali e le finestre ancora visibili e edificati a partire dal cinquecento fino al settecento vengono ritenuti di stile Aragonese, dato che, a partire dal 1479, è salito al trono d’Aragonail re Ferdinando II, detto il Cattolico, che anni prima aveva sposato la regina Isabella di Castiglia, e la sua successione al trono d’Aragona ha determinato l’unione delle due corone, facendo diventare la Sardegna, da quel momento, spagnola. Sicuramente alcuni elementi decorativi degli architravi delle finestre e delle porte, dei capitelli a foglioline goticizzanti, le basi sfaccettate e molti altri particolari, sono venuti in Sardegna con l’invasione spagnola.

La chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria Vergine e Martire

Abbasanta-La chiesa parrocchiale Santa Caterina d’AlessandriaPochi metri più avanti lungo la via Santa Caterina, e, alla destra della strada, si apre la piazza nella quale è ospitata la chiesa di Santa Caterina d’Alessandria Vergine e Martire che è la parrocchiale di Abbasanta, costruita tra il 1870 e il 1886 secondo schemi rinascimentali su un impianto preesistente. La facciata principale presenta un possente zoccolo in basalto massiccio su cui poggiano ai lati estremi due coppie di paraste ed al centro due coppie di semicolonne in stile ionico che sorreggono un ampia trabeazione modanata, sempre in basalto. La parte superiore ospita una grande lunetta con vetri colorati che d’luce alla navata. La parte centrale raccordata a quelle laterali da due volute mentre quella superiore, sempre in basalto, presenta nella parte sottostante dei riquadri intonacati. Il portale centrale, al quale si accede attraverso due larghi gradini semicircolari in basalto, sormontato da una cornice modanata sorretta da due mensole laterali.

Abbasanta-chiesa parrocchiale Santa Caterina d’Alessandria: veduta d’insieme Abbasanta-chiesa parrocchiale Santa Caterina d’Alessandria: facciata Abbasanta-chiesa parrocchiale Santa Caterina d’Alessandria: veduta laterale

La chiesa presenta una pianta a croce latina con sola navata, delimitata da tre cappelle su entrambi i lati, e l’incrocio della croce sormontata da un ampio tamburo ottagonale alto ventotto metri, che illumina la parte centrale della chiesa. Oltre il transetto presente un ampio coro affiancato da due sacrestie, una a destra e l’altra a sinistra. Dal transetto laterale destro possibile accedere all’antica Cappella del Crocefisso, venuta alla luce durante i lavori di restauro del 1970, che a sua volta prospetta su un piccolo cortile dal quale sia accede al campanile. La chiesa conserva all’interno, sull’altare, la statua di Santa Caterina, in legno bagnato in oro zecchino, risalente al 1500. Le spoglie mortali di Paolo Ponti, originario di Paulilatino, che è stato reggente della parrocchia dal 1864 1l 1866 e poi suo rettore dal 1866 al 1900, che ha fatto edificare questa chiesa, per sua espressa volontà testamentaria riposano nella seconda Cappella a destra, dedicata alla Madonna di Bonaria.

Abbasanta-chiesa parrocchiale Santa Caterina d’Alessandria: interno verso il presbiterio Abbasanta-chiesa parrocchiale Santa Caterina d’Alessandria: statua della Santa: altare maggiore Abbasanta-chiesa parrocchiale Santa Caterina d’Alessandria: interno verso l’ingresso

Abbasanta-Locandina della Festa di Santa CaterinaAd Abbasanta, il 25 novembre, si svolge la Festa patronale di Santa Caterina d’Alessandria, meta di numerosi forestieri, che conserva ancora oggi l’antico fascino di Festa mercato, con la presenza di artigiani del rame, del ferro e del legno, dei dolci più caratteristici dell’isola, e con tutti i giochi e giocattoli che ogni Festa comporta. Ricco è il programma dei tre giorni di festeggiamenti civili e religiosi in onore della patrona, che si concludono il giorno 25 con la processione seguita dalla messa, dopo la quale si svolge il tradizionale pranzo per gli ambulanti, ed altre numerose manifestazioni civili. È tradizione per gli abbasantesi avere a pranzo per l’occasione uno o più ospiti, e più sono gli ospiti più appare bella la festa, per la quale in tempi non molto lontani veniva lavorato il pane festivo di fior di farina chiamato Simbula.

Dalla parrocchiale arriviamo verso nord alla chiesa di Sant’Amada

Abbasanta-La chiesa di Sant’AmadaPassata la chiesa parrocchiale, proseguendo lungo la via Santa Caterina, prendiamo dopo una quarantina di metri a destra la via Sant’Amada e, percorsa per una novantina di metri, arriviamo a un bivio, dove prendiamo verso sinistra la prosecuzione della via Sant’Amada. La seguiamo, dopo una sessantina di metri si incrocia la via Mannu, superiamo l’incrocio e, dopo un’altra quarantina di metri, prima dell’incrocio con la via Giovanni Battista Tuveri, si vede alla destra un sentiero che conduce di fronte alla chiesa di Sant’Amada eretta in forme gotico aragonesi nel sedicesimo secolo. Il rettore della parrocchia dal 1922 al 1939, Salvatorangelo Dessì Ponti, ha lasciato scritto che questa è stata la prima chiesa edificata ad Abbasanta, come è risultato da un tubetto di pergamena rivenuto nella demolizione dell’altare, che è andato, però, perduto nel tempo. Si tratta di un esempio di semplice architettura spontanea, nata dall’improvvisazione di maestranze locali, che però hanno guardato a moduli catalani soprattutto per quanto riguarda la struttura interna, a tre campate, con bei pilastri. Il prospetto principale ha una modesta facciata irregolare a capanna, il cui tetto presenta due diversi livelli essendo più alta a destra. Sovrapposto ad essa si trova un campaniletto a vela, spostato leggermente al sinistra rispetto all’asse centrale della facciata, ed ha una sola luce con arco a tutto sesto. Il portone di ingresso semplicemente sottolineato da una cornice Liscia di elementi di basalto. Caratteristici sono i sedili di pietra, chiamati in lingua Istradeddas, che delimitano la piazzetta antistante.

Abbasanta-chiesa di Sant’Amada: veduta da sinistra Abbasanta-chiesa di Sant’Amada: veduta da destra

La chiesa ha una navata unica, che scandita da tre pilastri e archi a tutto sesto di pietra a vista. L’aula ha una copertura cementizia a doppia falda. Le pareti e il soffitto sono grossolanamente intonacati e dipinti di bianco. Il presbiterio, pi alto di un gradino rispetto al piano del calpestio della chiesa, posto nel fondo della navata ed ha una forma rettangolare. La luce naturale penetra da una finestra posta sul muro di fondo del presbiterio e da altre due poste lungo il lato destro.

Abbasanta-chiesa di Sant’Amada: interno verso il presbiterio Abbasanta-chiesa di Sant’Amada: interno verso il portale di ingresso

Santa DoroteaNon è chiaro a quale Santa sia dedicata questa chiesa, dato che la devozione verso questa Santa, a partire da un secolo e mezzo fa, è stata oggetto in più occasioni di alcune congetture che hanno sollevato dubbi o incertezze sul nome della Martire. È stata identificata dallo storico Vittorio Angius con Santa Dorotea infatti l’Angius scrive, a proposito delle Chiese di Abbasanta, che «La chiesa parrocchiale è denominata da Santa Catterina Vergine e Martire. Governasi da un parroco, che ha il titolo di rettore, il quale viene assistito nella cura delle anime da altri due sacerdoti. Vi è inoltre l’oratorio di San Martino, dove uffizia la Confraternita del Rosario, e le Chiese di Sant’Antonio, di Santa Maria, e di Santa Dorotea». La chiesa sarebbe stata, quindi, dedicata a Santa Dorotea Vergine e Martire, uccisa in Cesarea di Cappadocia sotto Diocleziano, ed il nome Amada, ossia Amata, sarebbe stato suggerito probabilmente dalla espressione Amada de Deus.

Santa AmadaSecondo una interpretazione successiva, Santa Amada sarebbe stata una Santa locale, nata da una famiglia romana od italica, ed avrebbe condotto una vita del tutto simile a quella della generalità degli abitanti del suo ceto sociale, con una storia, martirio a parte, senza episodi una qualche rilevanza. Non avrebbe avuto la fortuna di essere conosciuta al di fuori del ristretto ambito locale, cristiana perseguitata fra i tanti di quel periodo, senza nessuno che descrivesse la sua breve vita, i momenti del suo supplizio, della sua morte ed il luogo della sua sepoltura. L’unica fonte in grado di dare testimonianza della sua esistenza è costituita dal contenuto delle Laudes a Sant’Amada virgine e Martire, componimenti opera di un ecclesiastico rimasto sconosciuto, che vengono cantati in occasione della novena e della Festa in suo onore. Da esse risulta il suo nome, nell’ultimo verso dell’introduzione che viene chiamata S’Isterrida ed indica spesso in queste opere religiose il nome del Santo, dove si legge «De Cristos ispos’Amada». Nel secondo verso della prima strofa si dichiara «Su nomen bostru est Amada». Inoltre ne attestano la verginità i versi «Su celestiale gesminu / De Sa bostra candidesa / Cunservestis cun puresa / Pro S’altu Ispo su Divinu»; il suo martirio è attestato dai versi «Crudeles arman turmentos / Famosos battin buzinos»; e la sua morte è attestata dai versi «Finalmente rubrichestis / Cun Sa purpura su lizu».

Presso questa chiesa, il 6 febbraio si tiene la Festa di Sant’Amada, che è preceduta la sera antecedente dall’accensione de Sa Tuva de Sant’Amada, tradizione ancora oggi mantenuta forse dalle origini della sua venerazione, che sembra offrire un’ulteriore conferma nel ritenere appartenente ai primi secoli del Cristianesimo la sua vicenda umana e nel richiamare la contemporanea esistenza di un nucleo di fedeli che la conobbero, la stimarono e costruirono, forse nel luogo del suo martirio, un primo edificio di culto.

Abbasanta-accensione de Sa Tuva de Sant’Amada Abbasanta-Sa Tuva de Sant’Amada

Il Cimitero Comunale di Abbasanta

Abbasanta-Ingresso del Cimitero di AbbasantaArrivati all’incrocio tra la via Sant’Amada e la via Mannu, invece di proseguire dritti verso la chiesa di Sant’Amada, prendiamo a destra la via Mannu e, dopo quasi duecento metri, arrivati al termine della strada, vediamo alla sinistra l’ingresso del Cimitero Comunale di Abbasanta. Ci saremmo potuti arrivare anche dalla chiesa parrocchiale di Santa Caterina d’Alessandria Vergine e Martire, presa la via Sant’Amada fino al bivio, e qui proseguendo verso destra lungo la strada che assume il nome di Passeggiata Sos Molinos, la quale, dopo duecento metri, ci porta sulla via Mannu, circa una cinquantina di metri prima dell’ingresso del Cimitero Comunale.

Dalla parrocchiale verso sud arriviamo nello spiazzo dove sorgeva l’oratorio di San Martino

Abbasanta-Lo spiazzo nel quale sorgeva la chiesa di San MartinoNella nostra visita nel centro di Abbasanta, per recarci a visitare il Museo Etnografico Comunale, dal corso Giuseppe Garibaldi, eravamo arrivati a un bivio, dove avevamo preso a sinistra la via Santa Caterina, mentre ora seguiamo il corso che continua sulla destra. Percorsa appena una cinquantina di metri, vediamo sulla destra uno spiazzo nel quale sorgeva l’oratorio di San Martino che era stato edificato sopra un ammasso roccioso che dominava la sottostante vallata di Chenale, luogo caro ai vecchi abitanti e passaggio obbligato per le antiche popolazioni del territorio. Non è stato ancora identificato il San Martino al quale era dedicata, ossia non si sa se si trattava di San Martino di Tours oppure di San Martino de Porres. La chiesa era situata al limitare dell’antico abitato, limitrofa al rione che, trovandosi a maggior altitudine, è ancora popolarmente denominato Montigu. In essa officiava la Confraternita del Rosario, fondata con altri fedeli, intorno al 1640, dal possidente Zuanni Antiogu Brunellu, alla quale è riconducibile la ristrutturazione messa in atto nella seconda metà del diciassettesimo secolo. A questo periodo, baroccheggiante, è sicuramente attribuibile la rifinitura superiore a doppia inflessione, definita dagli studiosi attuali a cappello di carabiniere, largamente adottata nel prospetto frontale di molte Chiese dell’isola nei decenni di fine seicento e oltre.

Abbasanta-vecchia foto dello spiazzo nel quale sorgeva la chiesa di San Martino Abbasanta-vecchia foto della chiesa di San Martino Abbasanta-vecchia foto della chiesa di San Martino Abbasanta-vecchia foto della chiesa di San Martino: interno

La chiesa è stata demolita nei primi anni settanta del secolo scorso, dopo che era caduta in uno stato di completo abbandono per l’incuria degli amministratori. Non si ricorda la presenza, all’interno, di immagini o statue di San Martino, che non si ricorda venisse festeggiato, mentre si festeggiava principalmente San Domenico di Guzman, con novena, messa solenne, esposizione del Santissimo Sacramento, panegirico, vespri, processione e manifestazioni civili; e, come devozione aggiunta e secondaria, si festeggiava anche San Matteo, con messa, vespro e processione.

Gli Impianti Sportivi di Abbasanta con lo stadio Comunale Antongiulio Cabras

Proseguendo verso sud con il corso Giuseppe Garibaldi, dopo centocinquanta metri si incrocia la SP15, che assume il nome di via Vittorio Emanuele verso destra, e di via Giacomo Matteotti verso sinistra, che poi prosegue con il nome di via Santa Lucia e conduce in direzione di Ghilarza. Passato l’incrocio, proseguiamo dritti verso sud con la prosecuzione del corso Giuseppe Garibaldi, che diventa il viale Antonio Gramsci, lo seguiamo per una cinquantina di metri, e prendiamo verso destra la via Caprera, che ci porta al parcheggio degli Impianti Sportivi di Abbasanta. Subito più avanti, lungo la via Caprera, si trova l’ingresso, che porta al Campo da Calcio Comunale, il cui nome completo è Stadio Comunale Antongiulio Cabras, con fondo in erba sintetica e dotato di tribune in grado di ospitare 960 spettatori, che ospita le partite interne della squadra G.S.D. Abbasanta, che milita nel campionato di Prima Categoria, nel Girone C di Sardegna.

Abbasanta-Ingresso degli Impianti Sportivi di Abbasanta Abbasanta-Impianti Sportivi di Abbasanta: lo stadio Comunale Antongiulio Cabras Abbasanta-Impianti Sportivi di Abbasanta: Campo da Calcio di allenamento Abbasanta-Impianti Sportivi di Abbasanta: Campo da Calcetto Abbasanta-Impianti Sportivi di Abbasanta: Campo da Tennis

Accanto al Campo da Calcio, sono presenti un Campo da Calcio di allenamento, con fondo interra battuta; un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica; ed un Campo da Tennis dotato di tribune per 380 spettatori.

I dintorni di Abbasanta

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Abbasanta si trovano notevoli tracce delle varie civiltà che si sono succedute nel suo territorio, dato che ci si trovano una ventina di Domus de janas, cinque Dolmen, dieci Tombe di giganti, e numerosi Nuraghi. Vanno citati i resti della Domus de janas di Bonorchis; dell’area sacro funeraria di Mesu Enas; dell’altare preistorico in località Pispisu; delle Tombe di giganti Aiga, Cannas Mannu, Losa, Mura Tuffau, Perda Crappida, Perda Crappida II, su Portale Mannu, su Pranu I, su Pranu II, Zuras; dei Protonuraghi Mura ’e lauros, su Serrau ’e Sa Murrighesa; dei Nuraghi semplici Chirighiddu I, Mandra Edera, Osoddeo, Perda Crappida, Pizzinu, Zuras; dei Nuraghi complessi Aiga, Argiola lepres, Losa; ed anche dei Nuraghi Cannas, Chenale, Chirigidu II, Corrigas, Izzi, Mura Tuffau, Nurru, Serra Traes, tutti di tipologia indefinita. Il territorio di Abbasanta ospita uno tra i più importanti Nuraghi della Sardegna, l’importante Nuraghe Losa, imponente costruzione di blocchi basaltici, uno dei quattro complessi più importanti dell’Isola.

La Trattoria Sarda Armidda alla quale il Gambero Rosso ha assegnato i Tre Gamberi

Dalla chiesa parrocchiale di Santa Caterina, proseguiamo verso nord lungo la via Santa Caterina, che continua in direzione nord ovest con il nome di via dei Caduti. Percorsi cinquecento metri, passata la linea ferroviaria, prendiamo a sinistra e poi subito a destra seguendo le indicazioni per la SS131, e imbocchiamo la SP15 in direzione ovest, che conduce verso Santu Lussurgiu. Lungo la SP15, percorsi circa cinquecento metri dalla segnalazione della SS131, vediamo alla sinistra della strada la Trattoria Sarda Armidda, alla quale il Gambero Rosso ha assegnato i Tre Gamberi.

Tre Gamberi del Gambero Rosso assegnato alle migliori trattorieAbbasanta-Interno della trattoria ArmiddaSubito fuori dall’abitato di Abbasanta, lungo la SP15 che conduce verso Santu Lussurgiu, si trova la Trattoria Sarda Armidda, aperta dallo chef Roberto Serra, figlio di ristoratore nato a Ghilarza e cresciuto in un ambiente in cui respirare amore per la cucina è la quotidianità, ed alla quale il Gambero Rosso ha assegnato i Tre Gamberi, il riconoscimento attribuito alle migliori trattorie d’Italia. Una vera rivoluzione ad Abbasanta, dove Roberto Serra ha aperto una vera e autentica trattoria sarda, nella quale ha acceso i fornelli il 10 agosto 2020, raccogliendo l’eredità del suo storico ristorante Su Carduleu, attualmente in ristrutturazione. Si chiama Armidda, che significa timo selvatico, e propone ricette tradizionali, materie prime di grande livello, tipicità del territorio lavorate il giusto per portarle a esprimersi al massimo, toccando commoventi livelli di bontà. I piatti sono quelli genuini della tradizione popolare, fetta di pane crivazzu a lievitazione naturale e lingua arrosto, trippa equilibrata, saporita e dalla consistenza perfetta, su pane con ou ovvero l’uovo al sugo col pane raffermo, e poi ci sono le paste, rigorosamente artigianali, che lasciano di stucco, su tutte sas lisanzas che sono grosse tagliatelle al ragù di cortile, semplicemente perfette.

I resti del Nuraghe Zuras con il fenomeno della luce del Toro

Abbasanta-Il Nuraghe ZurasLungo la SP15, percorsi poco più di due chilometri dalla segnalazione della SS131, subito prima del cartello indicatore del chilometro 43, prendiamo la sterrata alla sinistra della strada provinciale, ed, in circa duecento metri, arriviamo a vedere il Nuraghe Zuras situato a 331 metri di altezza. Si tratta di un Nuraghe monotorre costruito con grossi blocchi di basalto, accuratamente squadrati, disposti a filari regolari. Nel corridoio d’ingresso, piattabandato, sono presenti, sul lato destro un piccolo vano, e sul lato sinistro la scala che conduce al terrazzo superiore. La camera presenta la tholos ancora intatta, ed alle pareti si notano tre vani voltati con una piccola tholos, mentre al centro della stanza si trova una fossa. Altre curiosità nella struttura del Nuraghe sono date dalla presenza, sopra l’ingresso, di due architravi sovrapposti, con due finestrelle di scarico sovrapposte. A un centinaio di metri di distanza verso ovest si trovano i pochi resti della Tomba di giganti di Zuras.

Descrizione del volume la luce del ToroIl fenomeno della Luce del Toro, così definito dal Gruppo Ricerche Sardegna, si presenta in torri arcaiche dei Nuraghi semplici provvisti di un finestrino di scarico al di sopra della porta di ingresso, ed è prodotto dall’allineamento del sole che genera, al’interno del Nuraghe, un fascio luminoso che percorre la sala, ed arriva al massimo quando si realizza l’impatto della luce sulla parete, o dentro una nicchia posizionata di fronte, dove viene realizzata visivamente una forma di testa taurina nitida ed inconfutabile, oppure, in altri casi, una fisionomia soltanto stilizzata. Riportiamo qui accento il testo di un articolo del Gruppo Ricerche Sardegna sul fenomeno della Luce del Toro.

Lo studioso Piero Zenoni è stato il primo a notare il fenomeno luminoso della Luce del Toro nel Nuraghe Zuras di Abbasanta. Il fenomeno avviene all’alba del solstizio d’inverno, quando si verifica l’illuminazione della camera centrale del Nuraghe attraverso i due finestrini posizionati al di sopra della porta di ingresso, che generano una doppia immagine della testa taurina, ed allora la nicchietta parietale a sinistra della nicchia centrale viene illuminata dai raggi del sole appena spuntato all’orizzonte. In questo caso si tratta dell’unico fenomeno che vede proiettare due immagini della testa del toro, invece che una sola come avviene negli altri casi.

Abbasanta-Fenomeno della luce del Toro all’alba solstizio d’inverno all’interno del Nuraghe Zuras Abbasanta-Fenomeno della luce del Toro all’alba solstizio d’inverno all’interno del Nuraghe Zuras

I resti del Nuraghe Aiga con il fenomeno della luce dal foro apicale

Abbasanta-Il Nuraghe AigaPercorsi altri ottocento metri sulla SP15 in direzione ovest, subito dopo l’indicazione per il ristorante Arzola e leperes, prendiamo a destra la strada bianca che, percorsa per un chilometro ed ottocento metri, ci fa vedere sulla destra i resto del Nuraghe Aiga un Nuraghe complesso costituito da una torre centrale realizzata su due piani e tre torri secondarie esterne. Le torri est ed ovest sono raccordate da un muro curvilineo, al cui interno si sviluppa un camminamento. Attualmente è accessibile solo il primo piano della torre centrale, nel quale è possibile entrare tramite una finestra lievemente sollevata dal piano di calpestio formato dal crollo delle altre torri. Le torri laterali si trovano in cattivo stato a causa del crollo e della vegetazione che le ricopre, ma, nonostante lo stato di abbandono, il monumento mantiene inalterato il suo fascino, è facile immaginarlo in tutta la sua originaria maestosità. Tutto intorno al Nuraghe sono presenti resti di un notevole villaggio realizzato in vari periodi. A nord est del Nuraghe, a circa duecento metri, è situata una necropoli ad urne cinerarie in basalto.

Il fenomeno della Luce dal foro apicale, così definito dal Gruppo Ricerche Sardegna, si verifica nei Nuraghi nei quali il sole, nel giorno del solstizio d’estate, raggiunge una determinata altezza, un sottile raggio di luce penetra attraverso il foro ricavato dai costruttori all’apice della tholos del Nuraghe, attraversa tutta l’ampia volta e va ad illuminare la base della camera, oppure una nicchia presente nella camera stessa.

Sono stati I professori Carlo Maxia e lello Fadda, ricercatori ed appassionati studiosi di preistoria sarda, che hanno effettuato misurazioni geometriche su tre altari in Provincia di Oristano, e ne hanno ipotizzato l’orientamento solstiziale. ad aver scoperto anche gli eventi all’interno del Nuraghe Aiga di Abbasanta. Secondo gli studi condotti dal Gruppo Ricerche Sardegna, nel Nuraghe Aiga di Abbasanta, il giorno del solstizio d’estate, si può osservare il suggestivo fenomeno del sole che, dal foro apicale della camera superiore, al primo piano, e penetra nella stanza circolare illuminandola con un fascio di luce. Il sole entra illuminando la nicchia frontale all’ingresso per alcuni minuti, e successivamente illumina quella posta a lato. E, quando l’astro è allo zenit, il sole illumina la nicchia frontale, nella quale un tempo potesse essere ospitata la sepoltura di una persona importante, forse un eroe nuragico. Si fa anche l’ipotesi che nella nicchia si posizionasse il sacerdote per essere investito dalla luce sacra. Infatti ancora oggi, l’individuo presente nella nicchia è come se brillasse di luce propria, e se poi indossa una maglia colorata, lo stupore è assicurato, dato che la luce, rifrangendosi, dipinge le pareti dell’uno o dell’altro colore.

Abbasanta-Evento del sole al solstizio d’estate all’interno del Nuraghe Alga di Abbasanta Abbasanta-Evento del sole al solstizio d’estate all’interno del Nuraghe Alga di Abbasanta

L’azienda agricola Tanca Regia all’interno della quale si trova la chiesa di San Filippo Apostolo

Percorsi ancora ottocento metri lungo la SP15 in direzione ovest, arriviamo a vedere sulla sinistra della strada l’ingresso della Tanca Regia che era un’azienda agricola già sfruttata fino dal tempo degli Aragonesi, sede di un famoso allevamento delle pregiate razze di cavalli sardi. Chiamata, in passato, Tanca Regia di Paulilatino, è stata per diversi secoli il principale allevamento governativo della Sardegna, abitato da numerose famiglie originarie di quella zona al confine tra il Guilcer e il Montiferru. Nonostante il primo documento che ne attesti la nascita risalga al 1481, pare che le origini della borgata siano ancora più antiche, anche in funzione dell’importanza ascritta dai giudici d’Arborea al cavallo, tanto da regolamentarne la cura all’interno della Carta de logu, uno dei più vecchi codici di leggi del continente europeo. I cavalli nati e allevati a Tanca Regia si guadagnarono una meritata fama internazionale e furono donati in omaggio ai principali regnanti d’Europa. Tanca Regia si presenta, oggi, come un agglomerato di strutture accorpate, casette dai tetti bassi, stalle e piccoli box per cavalli, racchiusi all’interno di un alta muraglia quasi a formare un vecchio villaggio fortificato. La famiglia Dalmasso, che la possedeva, la ha venduta alla Regione Sardegna, che la utilizza per studi ed esperimenti nel campo agropastorale. In particolare in essa sono ospitati e tutelati circa 300 soggetti appartenenti alle razze giara, giarab, Sarcidano; ed un piccolo nucleo di un’ottantina tra fattrici e puledri di razza Puro Sangue Arabo ed Anglo-Arabo-Sardo, dato che in essa opera l’Istituto di Incremento Ippico, che cura il miglioramento e la valorizzazione del cavallo Anglo-Arabo-Sardo.

Abbasanta-Ingresso dell’Azienda Agricola Tanca Regia Abbasanta-Interno dell’Azienda Agricola Tanca Regia Abbasanta-Le stalle dell’Azienda Agricola Tanca Regia Abbasanta-I cavalli dell’Azienda Agricola Tanca Regia

Abbasanta-chiesa di San Filippo Apostolo all’interno dell’Azienda Agricola Tanca RegiaUna volta varcato il cancello d’ingresso della tenuta di Tanca Regia, ad accogliere il visitatore si incontraprima la piccola chiesa di San Filippo, e, subito dopo, il grande Dominario sulla sinistra, mentre le piccole stalle per i cavalli si trovano sulla destra. La chiesa di San Filippo Apostolo era la piccola chiesa realizzata, con il suo piccolo Cimitero, nel 1781, e dedicata a San Filippo ed a San Giacomo, due Santi che erano molto popolari in Spagna. Degna di menzione è la sua storia, fino a quando il suo responsabile, per volontà del re di Sardegna, non volendo pagare le decime al parroco di Santa Caterina, chiede ed ottiene dal papa l’erezione di questa chiesa a seconda parrocchiale di Abbasanta.

Le Tombe di giganti di su Pranu

Percorsi appena duecento metri lungo la SP15 in direzione ovest, prendiamo la deviazione a destra in direzione della località Bonorchis, la seguiamo per un chilometro e novecento metri, ed arriviamo dove si trova l’indicazione per le Tombe di giganti di su Pranu. A breve distanza, alla destra della strada, seguendo il cartello, si raggiunge la Tomba di giganti di su Pranu est, che si presenta in cattivo stato di conservazione, della quale, comunque, sono leggibili le sue componenti fondamentali. Nella facciata, si trovano nelle posizioni originarie solo pochi blocchi dell’esedra, ed al centro sta la monumentale stele monolitica centinata, che attualmente è spezzata in due, divelta e rovesciata sopra i resti della camera. La stele ha un’altezza di due metri e mezzo, e circa due metri di larghezza. La camera, lunga otto metri e mezzo, è costruita con un doppio paramento di lastre di pietra infisse verticalmente nel terreno, ed all’interno in origine si trovava un riempimento di terra e pietrame più minuto. La copertura era a piattabanda, cioè con lastroni disposti orizzontalmente, dei quali alcuni si conservano ancora al loro posto.

Abbasanta-Tomba di giganti di su Pranu est Abbasanta-Tomba di giganti di su Pranu est

avanti, alla sinistra della strada a circa duecento metri di distanza, scavalcando il muretto a secco e camminando ancora una decina di metri, si trova la Tomba di giganti di su Pranu ovest, che si trova, però, in uno stato di completo abbandono.

Abbasanta-Tomba di giganti di su Pranu ovest Abbasanta-Tomba di giganti di su Pranu ovest

L’Area funeraria di Mesu Enas

Percorsi ancora circa duecentosettanta metri sulla deviazione per la località Bonorchis, si trova un cartello che indica un sentiero alla destra della strada che conduce a una cascina. Percorso un centinaio di metri, si trova una deviazione sulla sinistra che, in circa tre o quattrocento metri, conduce all’Area sacro funeraria di Mesu Enas nella quale sono presenti un Dolmen, una Domus de janas con ingresso Dolmenico, ed i resti di un circolo megalitico.

Abbasanta-area sacro funeraria di Mesu Enas-Dolmen Abbasanta-area sacro funeraria di Mesu Enas: la Domus de janas con ingresso Dolmenico Abbasanta-area sacro funeraria di Mesu Enas: i resti del circolo megalitico

La Domus de janas di Bonorchis

Percorriamo la deviazione per la località Bonorchis per altri due chilometri e seicento metri, e vediamo, alla sinistra della strada, l’indicazione che indica il sentiero da prendere per raggiungere, a breve distanza, la Domus de janas di Bonorchis.

Abbasanta-La Domus de janas di Bonorchis Abbasanta-La Domus de janas di Bonorchis: interno

La chiesa di Sant’Agostino Vescovo

Abbasanta-La chiesa campestre di Sant’AgostinoRitorniamo sulla SP15, che riprendiamo dal cancello d’ingresso della tenuta di Tanca Regia, e procediamo verso ovest per un chilometro e novecento metri, e vediamo, alla destra della strada, l’ingresso della chiesa campestre di Sant’Agostino che si trova all’interno del piccolo Borgo di Sant’Agostino. Su iniziativa di Paolo Ponti, rettore della chiesa parrocchiale di Abbasanta, nel 1872 viene posta la prima pietra per la costruzione della chiesa dedicata al Santo, voluta per ricordare in perpetuo la conversione di Agostino, ed una lapide posta nel suo centenario ricorda l’episodio. La facciata della chiesa dedicata a Sant’Agostino presenta una originale forma a semicerchio, con un rosone centrale da cui alza un pinnacolo a forma di cappella, nella cui nicchia al culmine della facciata è stata posta una statua di Sant’Agostino. L’immagine del Santo è piuttosto comune senza particolari tratti di originalità, il viso ha un aspetto giovanile con una folta barba nera, ha in testa una mitra, indossa l’abito vescovile, regge con la mano sinistra un libro, mentre con la destra tiene in mano un cuore fiammante, un attributo abbastanza comune dal 1600 in poi.

Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: facciata Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: veduta da sinistra Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: fronte del campanile a vela Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: retro del campanile a vela Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: veduta posteriore

L’interno della chiesa è alquanto semplice, con un solo altare su cui si trova una statua di Sant’Agostino, che ci presenta un Agostino invecchiato con una lunga barba bianca, indossa gli abiti vescovili, in testa ha la mitra, mentre con la mano sinistra impugna il bastone pastorale, e tiene alta invece la mano destra che, con un atto semplice e maestoso, benedice il fedele che gli pone dinanzi. La presenza della devozione agostiniana in Sardegna è ben documentata a Cagliari, dove il suo feretro era stato portato da esuli fuggiti all’invasione vandala del nord Africa, e vi ha riposato per secoli, dopo il 430, anno della sua morte, fino al 718, quando viene fatto trasportare dalla Sardegna a Pavia, ad opera del re longobardo liutprando.

Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: interno verso il presbiterio Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: interno Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: la statua del Santo sull’altare Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: la statua del Santo nella nicchia Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino Abbasanta-chiesa campestre di Sant’Agostino: interno verso il portale di ingresso

Abbasanta-Festa di Sant’Agostino: esibizioni a cavalloIl Novenario di Sant’Agostino, che sorge all’interno del borgo, intorno all’omonima chiesa campestre, Abbasanta-Festa di Sant’Agostino: il processioneè caratterizzato dalle piccole dimore chiamate Muristenes, destinate ad ospitare i fedeli durante i festeggiamenti in onore del Santo. La chiesa campestre di Sant’Agostino, che ha anche un parco giochi, è un animato punto d’incontro, dove si balla e si prega tutte le sere durante il novenario, che si svolge dal 16 al 28 agosto, e, in occasione della Festa di Sant’Agostino del 28 agosto, il Santo viene trasportato su un carro addobbato di alloro e di fiori seguito dai pellegrini a cavallo e a piedi. Durante le novene vengono organizzate anche manifestazioni civili e gare, con tra l’altro corse ed esibizioni a cavallo, che, il giorno della festa, culminano nelle corse dei cavalli a pariglie, con premi ai cavalieri più capaci.

I resti del Nuraghe Losa che è uno dei più importanti Nuraghi solari della Sardegna

Abbasanta-Planimetria del Nuraghe LosaLettura di 'Il Nuraghe Losa di Abbasanta'Il Nuraghe Losa, anche se meno complesso degli altri, è sempre uno dei quattro siti archeologici più importanti dell’Isola, insieme alla reggia nuragica Santu Antine di Torralba, alla reggia nuragica su Nuraxi di Barumini ed al Nuraghe Arrubiu di Orroli. Ci arriviamo dal centro di Abbasanta, prendendo all’indietro, ossia verso sud, la SS131 Diramazione Centrale Nuorese, la quale ci conduce sulla SS131 di Carlo Felice. Lungo questa strada statale, tra il chilometro 123 ed il chilometro 124, si vede l’area archeologica di Losa, che ed è visibile dalla strada, sulla destra se si viene da nord. Il complesso nuragico, edificato con grossi blocchi di basalto, sorge al centro di un vasto altopiano basaltico. Il Nuraghe Losa è costituito da un grande Nuraghe trilobato, con un mastio centrale circondato da un antemurale nel quale sono inglobate altre tre torri realizzate in una seconda fase. Un altro antemurale fascia l’intera costruzione.

Abbasanta-Veduta del Nuraghe Losa dall’altoAlle due torri laterali rispetto all’ingresso si accede dal corridoio centrale, entrambe presentano delle aperture verticali a raggiera nelle pareti, ossia delle feritoie dalle quali, però, non entra la luce.La torre opposta all’entrata è accessibile invece solo dal muro esterno. Queste torri satelliti sono completamente dissociate dalla costruzione centrale, e sono state realizzate per un uso diverso da quello del rito ancestrale che si svolgeva all’interno del Nuraghe canonico. Una particolarità del Nuraghe Losa, che lo differenzia dagli altri grandi Nuraghi, è l’assenza di un cortile interno, ed è quindi privo dello spazio interno scoperto di raccordo fra le camere. Dalla torre centrale, che originariamente era più alta e conserva oggi un’altezza di tredici metri, possiamo salire tramite una scala ricavata nello spessore murario sino al primo piano, l’accesso al secondo piano è invece chiuso. Il complesso nuragico era originariamente difeso da una seconda cinta muraria a forma ovale, lunga circa trecento metri e larga Duecento, lungo la quale si possono vedere i resti di tre torri che hanno un ingresso esterno ed uno interno alle mura. Intorno al Nuraghe si trovano i resti dell’ampio villaggio nuragico formato da capanne circolari, il quale è stato costruito successivamente al Nuraghe, a partire dal Bronzo recente. Davanti all’ingresso c’è una grande capanna a pianta circolare di otto metri di diametro, con oggi un’altezza residua di oltre tre metri e mezzo. Abitato fino alla tarda Età del Ferro, dopo un abbandono di diversi secoli l’insediamento è stato rioccupato in età punica e riabitato ininterrottamente anche in età romana, addirittura fino al settimo secolo dopo Cristo.

Abbasanta-Veduta del Nuraghe Losa dall’alto Abbasanta-Il Nuraghe Losa: veduta del Nuraghe trilobato Abbasanta-Il Nuraghe Losa: veduta del Nuraghe trilobato Abbasanta-Il Nuraghe Losa: veduta del Nuraghe trilobato Abbasanta-Il Nuraghe Losa: veduta del Nuraghe e della capanna circolare Abbasanta-Il Nuraghe Losa: apertura verso l’alto di una delle torri laterali Abbasanta-Il Nuraghe Losa: ingresso della torre centrale

Abbasanta-Il Nuraghe Losa durante i primi scaviSono i primi scavi avviati su quella collina dall’appassionato ingegnere minerario e archeologo Leon Gouin a riesumare, negli anni ottanta dell’ottocento,su una ex collina di pietre che sorgeva vicino al paese di Abbasanta, reperti archeologici e stanze sotterrate dai millenni passati. Nel 1890, gli archeologi Filippo Vivanet e Filippo Nissardi, indagano a fondo quello che verrà ricordato come il Nuraghe Losa, concentrandosi in particolare nella cosiddetta area del bastione. Nel 1915, poi, l’accademico Antonio Taramelli conduce una nuova campagna di scavi riportando alla luce nuove strutture, ed individuando un vasto villaggio circostante. Negli anni cinquanta del novecento, Giovanni Lilliu esamina i reperti rinvenuti negli scavi precedenti, offrendo alla comunità scientifica una chiave di lettura più moderna, anche alla luce delle sue e delle indagini dei predecessori. Infine, negli anni settanta del novecento l’archeologo Ferruccio Barreca condusce ulteriori scavi, ai quali fanno seguito gli interventi di restauro che rendono oggi visitabile il monumento.

Recenti studi archeoastronomia hanno messo in luce come i Nuraghi possiedano un chiaro significato astronomico. In particolare, lo studioso Mauro Peppino Zedda ha effettuato delle osservazioni presso numerosi complessi nuragici ed è giunto alla conclusione che la quasi totalità dei Nuraghi complessi hanno delle linee tangenti alle torri periferiche orientate verso uno dei punti dove sorgono o tramontano il sole e la luna nei solstizi e nei lunistizi. Tale significato astronomico emerge sia dalle caratteristiche della loro struttura architettonica, che dalla loro dislocazione sul territorio, ed, a seconda che siano allineati con il sorgere o il tramontare del sole o della luna, si possono distinguere i Nuraghi solari ed i Nuraghi lunari.

Il sole non sorge sempre nello stesso punto dell’orizzonte ma, nel corso dell’anno, il punto si sposta ogni giorno dalla posizione più meridionale, nel solstizio d’inverno oggi intorno al 21 dicembre, a quella più settentrionale, nel solstizio d’estate oggi intorno al 21 giugno, per poi ripercorrere il medesimo tragitto in senso inverso. A metà del percorso, il sole sorge quasi esattamente ad est, nei due equinozi, in primavera intorno al 21 marzo, e in autunno intorno al 23 settembre.

Ai Nuraghi solari appartiene il Nuraghe Losa di Abbasanta. Infatti, in questo Nuraghe, al solstizio d’estate dalla torre nord si vede il sole tramontare dietro la torre sud est, ed al solstizio d’inverno lo si vede sorgere dietro la stessa torre. E, al solstizio d’estate, dalla torre sud est si vede il sole sorgere dietro la torre sud ovest, ed, al solstizio d’inverno, lo si vede tramontare dietro la stessa torre. Il Nuraghe è, quindi, orientato in modo da essere perfettamente idoneo a collimare i punti da cui sorge e tramonta il sole, dato che le torri sono perfettamente orientate in direzione delle albe e dei tramonti in entrambi i solstizi, un dettaglio che rende il monumento unico in tutta Europa. Tutto questo porta a pensare che i Nuraghi non fossero fortezze, l’ipotesi più probabile è che fossero una specie di santuari. Come rivela una sorta di tabù o timore reverenziale, che ancora oggi i Sardi nutrono nei loro confronti. Le campagne sarde sono piene di ovili, costruiti anche a ridosso dei Nuraghi stessi, ma mai ricavati all’interno di essi, come sarebbe stato più comodo.

L’altare preistorico in localtà Pisapia

I ricercatori Carlo Maxia e lello Fadda, appassionati studiosi di preistoria sarda, hanno effettuato misurazioni geometriche su tre altari in Provincia di Oristano, e ne hanno ipotizzato l’orientamento solstiziale. In particolare, hanno individuato in territorio di Abbasanta l’Altare preistorico in località Pispisu che sembra rivolto verso l’alba al solstizio invernale, con un errore di circa 3°. La direzione dell’alba al solstizio d’inverno potrebbe essere ricollegato al culto religioso della resurrezione.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggo, da Abbasanta ci recheremo a Norbello che visiteremo con il suo centro nel quale si trova tra l’altro la chiesa di Santa Maria della Mercede che apparteneva all’Ordine dei Templari, e con i suoi dintorni.


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