Decimoputzu con l’Ipogeo di Sant’Iroxi ed i resti della Cultura di Bonnanaro e con i suoi siti archeologici
In questa tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Campidano di Cagliari e ci recheremo a visitare Decimoputzu che vedremo con il suo centro e con l’Ipogeo di Sant’Iroxi nella quale sono stati rinvenuti i resti della Cultura di Bonnanaro, e con i suoi dintorni nei quali si trovano diversi siti archeologici. Il Campidano di CagliariIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. Il Campidano di Cagliari comprende nella Provincia del Sud Sardegna i comuni di Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Villasor e Villaspeciosa. Comprende, inoltre, nella città metropolitana di Cagliari i comuni di Assemini, Cagliari, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta. I comuni di Samassi, Serramanna e Serrenti si trovano tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, i comuni di Pula, Villa San Pietro e Sarroch si trovano tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, così come Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. Geograficamente rappresenta la parte più meridionale della pianura del Campidano, che ha come suo centro principale Cagliari, nonche Quartu Sant’Elena ed i comuni immediatamente a nord ovest del capoluogo sardo. Si affaccia sul mare e comprende la costa orientale del golfo di Cagliari, fino al paese chiamato Villasimius. In viaggio verso DecimoputzuDal centro di Villaspeciosa, usciamo verso nord ovest con la via Dante e la seguiamo per un chilometro ed ottocento metri, poi entriamo nell’abitato di Decimoputzu con la via Villaspeciosa che ci porta in centro. Dal Municipio di Villaspeciosa a quello di Decimoputzu si percorrono 2.8 chilometri. Visita di DecimoputzuIl comune chiamato Decimoputzu (nome in lingua sarda Dèximu Putzu, altezza metri 17 sul livello del mare, abitanti 4.164 al 31 dicembre 2021) è situata a sud della piana del Campidano, a circa 25 chilometri di distanza da Cagliari, in un’area del Campidano circondata dai rilievi collinari di Monte Idda, Fanaris e Gutturugionis. La fertilità del suolo che la ha reso famosa per le sue pregiate produzioni di carciofi e pomodori, è dovuta ai numerosi corsi d’acqua che attraversano le campagne, si tratta soprattutto del Flumini Mannu, che scorre ad est dell’abitato, ma anche del rio Mannu, del rio Zirva Terramaini, del rio Sparagalli, del rio Matta e del rio Santu Ghinzu. L’abitato è raggiungibile tramite la SS196 di Villacidro, che dista soli sei chilometri ad est dell’abitato, e conduce da Decimomannu a sud, verso Villasor a nord, per proseguire poi per Villacidro; ed anche con la SP3 proveniente da Vallermosa, che entra nell’abitato da nord ovest. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, dato che si raggiungono i 253 metri di quota. Il comune fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra CrudaQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale delle città della Terra Cruda, nata per promuovere il recupero delle tradizioni e del patrimonio edilizio, naturalistico, artistico e storico delle comunità. Questa associazione comprende, in Sardegna, i comuni di Decimoputzu, donori, Fluminimaggiore, Furtei, Gonnosfanadiga, Guspini, Musei, Nuraminis, Pabillonis, Samassi, Samatzai, San Gavino Monreale, San Sperate, Sardara, Segariu, Selargius, Serramanna, Serrenti, Settimo San Pietro, Solarussa, Soleminis, Ussana, Ussaramanna, Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia, Villasor. Origine del nomeIl nome del paese ha origine latina, dove Decimo deriva dall’antico toponimo Ad Decimum milliarium, e sta ad indicare un insediamento posto lungo il decimo miglio della via A Karalibus Sulcos, e Putzu poteva indicare che il villaggio era ricco di acqua e pozzi per la sua estrazione. Il nome è documentato fino dall’anno 1414, in periodo medioevale, quando fa parte della curatoria di Gippi nel Giudicato di Càralis, come Decimo pozzo o Decimo Pupussi, e diviene poi Decimu Putzu. La sua economiaSi tratta di un centro di pianura la cui economia si basa sull’agricoltura e sulla pastorizia. Il settore economico primario è presente con la coltivazione soprattutto di carciofi e pomodori, ma anche di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olivo, agrumi, uva e altra frutta; ed anche con l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Il settore secondario è costituito da imprese che operano nei comparti della lavorazione e conservazione della frutta e degli ortaggi, dei materiali da costruzione ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva. Priva di servizi pubblici particolarmente significativi, le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciIl territorio di Decimoputzu è già abitato in epoca prenuragica e nuragica, e testimonianze di quel periodo sono il nuraghe di Monte Idda, la fortezza nuragica su Casteddu de Fanaris, e la domus de janas in località Sant’Iroxi, nota come tomba dei guerrieri, dove sono state rinvenute 19 lame di spade e pugnali in rame arsenicale, risalenti alla Cultura di Bonnanaro. Sempre all’epoca nuragica si riferisce la testa in avorio di una statuetta di soldato miceneo proveniente dalla località di Mitza Purdia, che starebbe a confermare gli scambi con le civiltà dell’Egeo, ed anche il ripostiglio sul monte Idda nelle vicinanze del nuraghe, dove sono stati scoperti vari oggetti in bronzo tra i quali diverse spade. L’area viene in seguito frequentata dai Fenici e dai Cartaginesi, poi dai Romani, ed infine dai Vandali e dai Bizantini. In periodo medioevale, il primo documento che attesta l’esistenza del borgo risale al 1089 ed è la conferma di una donazione fatta dal giudice all’Ordine di San Vittore di Marsiglia. All’inizio del quattordicesimo secolo fa parte del Giudicato di Càralis nella curatoria di Gippi. Subisce le conseguenze delle lotte tra Aragonesi ed Arboresi, che si contendono il possesso della curatoria, riuscendo a salvarsi insieme a pochi altri territori. Dopo la vittoria aragonese venne incorporata nel feudo dell’Incontrada di Parte Gippi. Divenuto possedimento dei conti della Gherardesca dopo la tripartizione del Giudicato avvenuta nel 1258, viene incorporato a partire dal 1497 nella conte di Villasor, feudo degli Alagon. Nel 1703 diviene possedimento dei De Silva Alagon, conti di monteSanto, che lo mantengono fino al 1839, quando avviene l’abolizione del regime feudale in Sardegna. Nel 2016 viene cambiata la Provincia alla quale appartiene, passando dalla Provincia di Cagliari alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a DecimoputzuA Decimoputzu sono attivi il Gruppo Folk San Giorgio e Santa Assuina di Decimoputzu, e l’Associazione San Basilio di Decimoputzu, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono sia nel terrritorio Comunale che anche in altre località. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Decimoputzu, la Patrona si festeggia il 2 luglio, nella Festa di Maria Santissima delle Grazie. Inoltre si segnalano due sagre importanti legate alla venerazione di due importanti Santi entrambi originari della Cappadocia, una ragione dell’attuale Turchia centrale. Si tratta della Festa di San Giorgio, che viene festeggiato insieme alla Santa Assuina, la terza domenica del mese di maggio, e della Festa di San Basilio Magno, che si svolge la seconda domenica di settembre. Ed a settembre in concomitanza con questa Sagra si svolge anche il Palio di San Basilio Magno. A inizio ottobre Decimoputzu ospita la manifestazione Benis benius, la Giornata dell’Ospitalità, che è una rassegna agroalimentare, dell’artigianato e del tempo libero. Visita del centro di DecimoputzuL’abitato di Decimoputzu è stato interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, e mostra l’andamento altimetrico tipico delle località di pianura. Da Villaspeciosa entriamo nell’abitato provenendo da sud, con la strada che assume appunto il nome di via Villaspeciosa. Il Cimitero di DecimoputzuDa Villaspeciosa entriamo nell’abitato provenendo da sud, con la strada che prende il nome di via Villaspeciosa. Lungo questa via Villaspeciosa, prima di entrare nell’abitato si trova il cartello segnaletico che indica l’arrivo in questo comune, e, percorsi verso nord circa quattrocentocinquanta metri da questo cartello, vediamo alla destra della strada l’ingresso del Cimitero di Decimoputzu, accanto al quale si trovano anche gli ingressi secondari che portano all’interno dello spazio cimiteriale. Il Campo da Calcio Comunale Gutturu PiricuSull’altro lato della via Villaspeciosa, a sinistra, si vede il Campo da Calcio Comunale che è situato in località Gutturu Piricu. Gli ingressi si trovano proseguendo verso il centro lungo la via Villaspeciosa per una cinquantina di metri, e prendendo a sinistra la via Cagliari. Tra la via Villaspeciosa che lo fiancheggia sulla destra, la via Cagliari a nord, la precedente via Perda lada a sud, e la via Assemini che lo fiancheggia sulla sinistra, si trova il Campo da Calcio con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare fino a 600 spettatori. Il Municipio di DecimoputzuDal Cimitero, proseguiamo verso nord lungo la via Villaspeciosa e, dopo trecentocinquanta metri, arriviamo all’incrocio con la via Roma, passato il quale la via Villaspeciosa prosegue con il nome di via San Michele. All’incrocio, prendiamo la via Roma verso destra e la seguiamo per un’ottantina di metri, fino a che da questa strada parte verso la destra la via casa Comunale. Ad angolo tra la via Roma e la via casa Comunale, si trova l’edificio nel quale si trova il Municipio di Decimoputzu, che ospita la sua sede e gli uffici che forniscono i servizi ai cittadini. La chiesa parrocchiale di Nostra Signora delle GrazieLasciamo sulla sinistra il Municipio e, seguendo le indicazioni, prendiamo la via casa Comunale, che, dopo una settantina di metri, porta nella piazza San Giorgio. Qui, prima dell’ingresso nella piazza, si incrocia la via della chiesa, che prendiamo verso destra, e vediamo alla sua sinistra la facciata della chiesa di Nostra Signora delle Grazie che è la parrocchiale di Decimoputzu. Precedentemente in questo luogo esisteva la chiesa di San Pietro Apostolo, che è stata la prima parrocchiale del paese, eretta alla fine del dodicesimo secolo dato che all’interno vi era murata un’iscrizione sepolcrale che recava la data del 1270. A giudicare dagli scarsi frammenti ancora esistenti, in seguito incorporati nei muri perimetrali dell’attuale chiesa, questa doveva essere stata edificata in stile romanico pisano. fra il 1550 e 1600, per ragioni a noi ignote, la chiesa di San Pietro viene demolita e nella sua area viene costruita l’attuale nuova chiesa parrocchiale, che viene consacrata con il nuovo titolo di Nostra Signora delle Grazie, e che rappresenta un gioiello di architettura tardo gotica di ispirazione catalana. Possiamo datare la sua costruzione dal momento che abbiamo i registri parrocchiali già dal 1550. L’edificio era composto da una navata unica, con presbiterio sagrestia, e con il campanile a pianta quadrata sulla sinistra. Nei secoli successivi sono state aggiunte cappelle laterali di foggia tardo gotica, ed altre, settecentesche, con volta a botte. Vari interventi si sono susseguiti per limitare il degrado statico della chiesa e per ristrutturarla e più riprese, nel tempo. Sul lato sinistro della facciata è presente ancora oggi il bel campanile a pianta quadrata con sommità a cupolino, ed all’esterno, sul fianco destro, sono presenti reperti di varie epoche, tra cui un’iscrizione del 1257, un pilastrino d’epoca bizantina e archetti romanici, oltre a graffiti di orme di pellegrinaggi. La Festa di Maria Santissima delle Grazie, che è la Festa patronale di Decimoputzu, si celebra il 2 luglio, con la tradizionale preparazione del pane che, dopo la cerimonia di benedizione, viene distribuito dai giovani, vestiti con gli antichi costumi dai colori vivaci e riccamente ornati di monili d’oro. alla processione partecipano i carri preparati con tappeti e arazzi che ricostruiscono scene di vita locale. La chiesa romanica di San Giorgio MegalomartireLa chiesa di San Giorgio Megalomartire si erge sul Colle di Sant’Iroxi, ossia di San Giorgio, alla periferia sud orientale dell’abitato, e si trova sul retro della chiesa parrocchiale della Madonna delle Grazie, raggiungibile costeggiando il lato sinistro della chiesa. La prima notizia di questa chiesa risale alla fine dell’undicesimo secolo, e si tratta di un documento che ne attesta la donazione, da parte del giudice di Cagliari, ai monaci Vittorini di Marsiglia, che la costruiscono in forme romanichesu un’aula di culto più antica. L’edificio preesistente aveva pianta a croce latina, era costituito da un’unica navata con abside situato ad est, ed al suo interno, in un ambiente a sud dell’aula, era collocata una vasca battesimale di forma quadrata rivestita di intonaco. La pavimentazione della vasca riutilizzava frammenti di un mosaico databile al terzo secolo, che si ritiene fossero stati recuperati da un edificio pubblico localizzato nelle vicinanze della stessa chiesa, dato che nel secolo scorso, non lontano dalla chiesa, è stata trovata un’iscrizione romana scolpita in un masso di pietra calcarea, che ha fatto ipotizzare la presenza di un edificio romano di tipo pubblico, forse una curia o un tribunale. Oggi della fase dell’impianto iniziale rimane unicamente la facciata in pietra calcarea, sormontata da campanile a vela. Al quindicesimo ed al sedicesimo secolo risalgono gli altri adeguamenti in stile tardo gotico. All’interno si conserva parte di una fonte battesimale del sesto o settimo secolo, assieme ad una pala d’altare di impronta popolaresca del cinquecento, a doppio trittico, che ricalca modelli dello stile gotico internazionale. La chiesa romanica è andata incontro a pesanti modifiche nel tempo, ed ha oggi una pianta a tre navate. L’edificio è stato riaperto al culto dopo i restauri realizzati tra il 1989 e il 1995. La chiesa conserva al suo interno, oltre al simulacro di San Giorgio Megalomartire, anche quello di Santa Suina una chiesa dedicata alla quale era situata tra i comuni di Decimoputzu e Villasor. Questa chiesa è stata distrutta nel 1782 e smantellata, e di essa non rimangono che alcuni frammenti, che sono stati ritrovati nel 1844. La Festa di San Giorgio si celebra la terza domenica del mese di maggio. I festeggiamenti iniziano il sabato precedente, quando nel pomeriggio i membri del Comitato allestiscono un carro e fanno il giro dei panifici del paese, nei quali acquistano pane in quantità. Finito il giro, il pane viene portato nella chiesa parrocchiale per la benedizione durante la messa. La domenica mattina parte la processione per le vie del paese. Vengono portati in processione i simulacri di San Giorgio e di Santa Suina, quindi si celebra la messa nei pressi della sua piccola chiesa, se la giornata è bella la messa viene celebrata all’aperto, altrimenti al chiuso. San Giorgio è uno dei più venerati martiri della chiesa cristiana, tanto da avere il titolo di Megalomartire, ossia di grande Martire. La storia di questo Martire è avvolta dalla leggenda, infatti son poche le testimonianze certe e attendibili. Per ricostruire le vicende umane di San Giorgio ci si riferisce alla Passio sancti Georgii, Che però è un’opera apocrifa. Secondo questa fonte, Giorgio nasce in Cappadocia tra il 275 ed il 285 da madre cappadoce e padre persiano, che lo educano nella religione cristiana. Divenuto adulto, si arruola nell’esercito dell’Imperatore romano Diocleziano. Giorgio dona tutti i suoi averi ai poveri e dichiara apertamente la propria adesione alla religione cristiana, ha così inizio per lui un lungo periodo di torture e tormenti, che terminano con la sua decapitazione, durante la persecuzione dei Cristiani sotto Diocleziano, a Nicomedia il 23 aprile 303. Su San Giorgio è nata una leggenda, che racconta che egli, trovandosi in libia, viene a conoscenza dell’esistenza di un terribile drago presente sotto le acque di un lago, in grado di uccidere con il suo fiato bollente chiunque gli si avvicinasse. Perciò gli abitanti limitrofi gli offrivano in sacrificio due pecore al giorno, e, quando le pecore iniziano a scarseggiare, si pensa di offrire una pecora e un fanciullo o una fanciulla estratti a sorte. Un giorno viene estratta a sorte la figlia del re, che per risparmiare la sua vita decide di offrire tutto il suo patrimonio, ma la popolazione si ribella. In quel momento passa il giovane soldato Giorgio, che, sentita la storia, suggerisce alla ragazza di legare la propria cintura intorno alla testa del drago. La principessa lega il drago, che diviene docilissimo. La popolazione rimane terrorizzata, ma Giorgio dice loro che, se avessero accettato di convertirsi alla religione cristiana, lui avrebbe avuto da Dio la forza per uccidere il drago. Tutti si convertono e Giorgio uccide il drago. |
Insieme a San Giorgio, a Decimoputzu viene celebrata anche Santa Suina o Santa Suia, conosciuta anche come Santa Assuina, deformazione dialettale di Santa Sofia. Il lunedì si celebra la Festa di Santa Suina, ed alla sera si svolge una processione con i simulacri di entrambi i Santi, dopo la quale viene celebrata la messa che conclude i festeggiamenti. Santa Suina o Santa Suia, conosciuta anche come Santa Assuina, deformazione dialettale di Santa Sofia, martire venerata come Santa dalla chiesa cristiana insieme alle figlie Pistis, Elpis, Agape, nomi greci che tradotti sono il suo Sapienza, e quelli delle figlie Fede, Speranza, Carità. Di nobile e antica famiglia, Sofia, dopo la morte del marito Filandro, da lei convertito al cristianesimo, soccorre con i suoi beni i poveri e svolge opera di proselitismo a Roma, dove vive con le figlie di dodici, dieci e nove anni. Denunciata all’imperatore Adriano, perché con la sua predicazione aveva indotto alcune donne sposate a vivere castamente, confessa la sua fede cristiana e rifiutatasi di adorare gli idoli, egli le fa imprimere sulla fronte il marchio d’infamia e la fa fustigare. Sperando di costringerla a rinnegare Cristo, Adriano fa torturare e decapitare una dopo l’altra le sue figlie sotto gli occhi della madre, che ne raccoglie i corpi straziati e dona loro degna sepoltura in una collina, al di fuori della città. Tre giorni dopo, stremata dal dolore, la donna si accascia sulla tomba delle figlie e muore nel 122 dopo Cristo, durante il pontificato del papa San Sisto I. Annoverata con vari nomi tra i Santi martiri, viene festeggiata in varie località sarde, e portata in processione addobbata con palme e gigli. |
Sul retro della chiesa di San Giorgio sono stati rinvenuti i resti di una tomba ipogeica con volta a botteNel 1989, durante i lavori di ristrutturazione della chiesa di San Giorgio, venne ritrovata e scavata una Tomba ipogeica con volta a botte. Sebbene non siano stati raccolti all’interno elementi che ne permettano una datazione certa, viene ormai generalmente accolta la datazione in epoca bizantina, come suggerito da Benito Serra, mentre precedentemente Alberto Boscolo la aveva datata in epoca vandalica. Si tratta di una tomba ipogeica a camera, che presenta una planimetria rettangolare con volta a botte, realizzata con conci dipietra lavorati, con un portello realizzato su uno dei lati corti, preceduto da una breve scalinata scavata direttamente nella terra. esteriormente l’ingresso, rivolto a sud est, ha un’apertura di forma rettangolare della larghezza di sessanta centimetri, che termina in alto con un architrave monolitico. Al vano tombale si accedeva mediante un corridoio, ossia un dromos, largo circa settanta centimetri, che conduceva agli scalini dell’ingresso all’interno della tomba. La tomba, in origine, era predisposta per ospitare un solo defunto su di un bancone laterale, senza corredo. È stata costruita nei pressi di una chiesa approssimativamente della stessa epoca. È possibile che vi fossero sepolti coloro che avevano fatto edificare il vicino luogo di culto. Lo stadio Comunale con gli impianti sportivi collegati e la Palestra ComunaleNella piazza San Giorgio, passata la chiesa, si arriva all’ingresso dello Stadio Comunale di Decimoputzu, con gli impianti sportivi collegati. Si tratta del Campo da Calcio Comunale, con fondo in erba sintetica, dotato di tribune in grado di ospitare 1700 spettatori, intorno al quale si sviluppa la Pista d’atletica leggera. alla destra del Campo da Calcio si trovano la Pista da bocce ed un Campo da Tennis con tribune per 50 spettatori, un Campo da Calcetto ossia da Calcio a cinque con tribune per 80 spettatori, e la Piscina Comunale. alla sinistra del Campo da Calcio si trova la Palestra Comunale di Decimoputzu, dotata di tribune in grado di ospitare 180 spettatori, nella quale si svolgono incontri di pallavolo, pallacanestro ed Handball, ossia pallamano. La si raggiunge più comodamente arrivando alla piazza San Giorgio dalla via casa Comunale, e prendendo a sinistra la via della chiesa. Dopo un’ottantina di metri, quando questa strada sbocca sulla via Roma, prendendo a destra la strada che porta verso la via San Francesco, e seguendola per un centianio di metri, fino a trovare la Palestra sulla destra. L’ipogeo di Sant’Iroxi con i resti della Cultura di BonnanaroNel 1987, nel corso dei lavori per la costruzione della Palestra Comunale di Decimoputzu, si è arrivati al ritrovamento di un ipogeo parzialmente danneggiato, chiamato l’Ipogeo di Sant’Iroxi. Il sito, ubicato sul pendio nord orientale del Colle di Sant’Iroxi, ossia di San Giorgio, è stato riportato alla luce sotto la direzione di Giovanni Ugas della Soprintendenza archeologica delle province di Cagliari e Oristano, ed oggi non è più visibile a causa di parziale danneggiamento durante i lavori per la costruzione della palestra, ed anche per la deperibilità del materiale di costruzione, dato che era scavata nella terra. Si ritiene che questo sito sia nato in età tardo neolitica, e sia stato utilizzato per millecinquecenti anni, come il villaggio a cui è appartenuto, dai tempi della Cultura di Ozieri sino a quella di Bonnannaro. La tomba si componeva di tre vani privi di addobbi architettonici e di arredi decorativi simbolici, ed in essa sono stati trovati ben 180 individui seppelliti in posizione rannicchiata fetale, ma inizialmente si ritiene potessero essere addirittura 250, depositati in ben 13 stratigrafie cronologiche. Unitamente ad essi, è stato rinvenuto un vasto campionario di armi dell’epoca, comprendente diciannove tra pugnali in rame arsenicale e, per la prima volta, anche grandi spade, intero corredo che è custodito oggi nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Particolare interesse presentano queste spade, foggiate a lama triangolare, la cui lunghezza varia dai ventisette ai sessantasei centimetri, che presentano alcune similitudini con le spade della Cultura di El Argar in Spagna. Ma la base di queste pregevoli armi è arrotondata, come quella dei più antichi pugnali, ed esse sono identiche a quelle raffigurate negli affreschi egizi e che raffigurano i guerrieri Shardana. Sono state rinvenute anche ceramiche diverse rispetto a quelle del passato, dato che tra di esse è assente il vaso tripode, sostituito da un vaso con quattro o cinque piedi alla base, e compare il bolli latte, con una sorta di arretramento della faccia interna, per consentire di appoggiare il coperchio fra il collo e la spalla del vaso. La peculiarità dei reperti rinvenuti in questa tomba è stata tale da indurre la gente del luogo a identificarla come la Tomba dei guerrieri denominazione che è poi rimasta nell’uso comune anche degli studiosi. La tomba è datata nell’Età del Bronzo Antico ed attribuita alla Cultura di Bonnanaro, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 2200 ed il 1900 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale tra il 1900 ed il 1600 avanti Cristo. Visita dei dintorni di DecimoputzuIl territorio di Decimoputzu ha restituito numerosi reperti delle culture che vi si succedettero nel tempo. Nei dintorni di Decimoputzu, sono stati portati alla luce i resti del menhir Sa Perda Sì; del nuraghe complesso su Casteddu de Fanaris ai confini con l’area Comunale di Vallermosa; dei Nuraghi Cilixianu, Ibbas, del monte Idda ai confini con l’area Comunale di Siliqua, che sono tutti di tipologia indefinita; ed anche dell’importante villaggio prenuragico di su Cungiau de Marcu. La chiesa campestre di San BasilioDal centro di Decimoputzu, prendiamo verso nord ovest la via Monte Granatico, che ci porta a una rotonda, alla quale la strada prosegue con la via San Basilio, che è la SP3 e porta in direzione di Vallermosa. La seguiamo per novecento metri, e, seguendo le indicazioni, prendiamo la deviazione veso sinistra che, in un chilometro ed ottocento metri, ci porta, a circa tre chilometri dal paese, nel Parco di San Basilio dove si trova la chiesa campestre di San Basilio. Riedificata nel 1642su un precedente impianto di epoca alto medievale, è caratterizzato da una planimetria a croce commissa, a forma di T, priva del braccio superiore. Si tratta sostanzialmente di due vani rettangolari che si intersecano e si raccordano tramite un grande arco a tutto sesto. alla navata si accede attraverso tre porte, due laterali semplici nei lati sud e nord, ed una caratterizzata da un arco a sesto ribassato nel lato ovest. La chiesa conserva al suo interno interessanti arredi, tra cui una pala d’altare barocca e fonte battesimale di forma ottagonale, che rivela lo stile degli scalpellini locali. Al centro della facciata, sopra il portale, si apre l’unica finestra di tutto l’edificio. Poco lontano, la presenza di un pozzo e di alcune tracce di strutture murarie, portano a ritenere che l’area fosse frequentata già in epoca bizantina. Era probabilmente abitata da una comunità monastica orientale intitolata appunto a San Basilio. I recenti restauri dell’edificio hanno portato alla rimozione delle Cumbessias, ossia dei piccoli alloggi destinati ad accogliere i pellegrini. Presso questa chiesa, la seconda domenica di settembre si svolge la Festa in onore di San Basilio Magno, la più articolata e la più sentita dai fedeli che giungono numerosi da tutta la Sardegna. I festeggiamenti iniziano il venerdì precedente con la preparazione del simulacro del Santo e l’addobbo della piccola chiesa. Il venerdì pomeriggio, dalla chiesa parrocchiale parte una processione solenne che vede protagonista il simulacro della Madonna, con traccas, cavalli, persone in costume e musica di launeddas, durante la quale si recita il rosario in sardo. All’uscita del paese, poco prima dell’incrocio per la deviazione che conduce alla chiesa campestre di San Basilio, il sacerdote lascia la processione e salesu una macchina per raggiungere la chiesa, prendere il simulacro del Santo e andare incontro alla Madonna. Nei pressi della piccola chiesa avviene S’Incontru tra la Madonna a San Basilio. Quindi si entra in chiesa e si celebra una messa solenne. Il sabato e la domenica vengono celebrate tre messe nell’arco della giornata. Il lunedì è la giornata dedicata ai moltissimi infermi, che la mattina vengono condotti per assistere ad una celebrazione solenne. Il martedì pomeriggio, la Madonna, dopo aver salutato San Basilio, riparte alla volta del paese, in una processione nella quale vengono distribuite ai fedeli delle candele perché si arriverà in paese dopo il tramonto. Anche in questa occasione, una volta raggiunto l’ingresso del paese, il sacerdote abbandona la processione e raggiunge in auto la chiesa parrocchiale, dove prende il simulacro di San Basilio piccolo in essa custodito, ossia di Santu Basibeddu, e raggiunge nuovamente la Madonna poco prima dell’arrivo in parrocchia. Qui avviene un altro S’Incontru tra la Madonna a San Basilio. Subito dopo si celebra una messa e con essa si conclude la festa. San Basilio figlio di un ricco retore e avvocato, nasce a Cesarea, di Cappadocia, nel 329 in una famiglia cristiana, e suo nonno muore Martire nella persecuzione di Diocleziano. Sua nonna Macrina, la madre Emmelia, i fratelli Gregorio Vescovo di Nissa, e Pietro Vescovo di Sebaste, e la sorella primogenita, Macrina, sono pure venerati dalla chiesa cattolica come Santi. Basilio studia la Teologia con numerosi studiosi del suo tempo, e per questo Viaggia moltissimo, facendo visita a molti anacoreti dell’Egitto, della Siria, della Palestina e della Mesopotamia per comprendere meglio il loro stile di vita. Discepolo di Gregorio Taumaturgo del Ponto, diviene molto amico di Gregorio Nazianzeno, venerato come Santo e commemorato nello stesso giorno, il 2 gennaio. porta anche i titoli di Confessore e Dottore della chiesa. muore nella sua città natale l’1 gennaio del 378. San Basilio è il primo Santo che dedica una preghiera agli animali, composta nel 370, nella quale si evidenziano tutte le tematiche relative ai diritti degli animali. Il maggior contributo San Basilio lo ha dato con due sue opere, ossia con La Grande regola e La Piccola regola, due trattati per l’orientamento della vita dei Monaci, che ancora oggi ispira la vita dei Monaci Basiliani. È, inoltre, autore di molte opere di carattere dogmatico, ascetico, discorsi ed omelie, scrive un trattato per i giovani sull’uso e il comportamento da tenersi nello studio dei classici pagani, e moltissime lettere sui più svariati argomenti. |
Il Mulino di San Basilio ossia su Mobiu de Santu BasibiAl termine del parco, a sud ovest della chiesa, si conservano i ruderi del Mulino di San Basilio ossia di Su Mobiu de Santu Basibi. alla vitalità della vicina chiesa va ricondotta, probabilmente, la costruzione post medievale del mulino usato dai Monaci Basiliani, che serviva principalmente all’irrigazione dei campi e all’abbeveramento degli animali appartenenti alla chiesa stessa. Si racconta che questo mulino sia stato utilizzato fino ai primi anni del novecento, e per esso l’acqua veniva attinta tramite una ruota di legno, chiamata la Noria, attorno alla quale era presente una corda fatta con rami intrecciati, alla quale venivano legati recipienti di terracotta. Un asinello bendato faceva girare la ruota in modo che i recipienti legati alla fune scendessero in una delle due bocche del pozzo, e risalissero, colmi d’acqua, dall’altra bocca. L’acqua veniva poi convogliata nei vari vasconi, in alcuni dei quali si abbeverava il bestiame. Dalle grandi vasche l’acqua defluiva poi nelle piccole vaschette laterali che venivano utilizzate per il lavaggio dei tessuti. Il fatto che in antiche carte catastali fosse segnalata la presenza di un canale chiamato Gora de su Mulinu, induce a pensare che l’acqua venisse deviata dal vicino ruscello per farla giungere fino al mulino. È dunque plausibile che questo mulino, almeno inizialmente, fosse del tipo idraulico, e che solo in seguito sia stato modificato con l’utilizzo della mola asinaria, così come avveniva soprattutto nel Campidano fino alla metà del novecento. La fortezza nuragica su Casteddu de FanarisDal centro di Decimoputzu, prendiamo verso nord ovest la via Monte Granatico, che ci porta a una rotonda, alla quale la strada prosegue con la via San Basilio, che è la SP3 e porta in direzione di Vallermosa. La seguiamo per sei chilometro ed ottocento metri, poi prendiamo la deviazione a sinistra seguendo le indicazioni per l’Ippodromo, ossia per il Galoppatoio Comunale di Decimoputzu, dopo centocinquanta metri ancora a sinistra, e, dopo seicento metri, vediamo alla destra della strada, a un centinaio di metri di distanza, un ovile. Per poter accedere alla Fortezza nuragica su Casteddu de Fanaris è consigliabile prendere un sentierino che parte nei pressi di questa struttura. Si tratta di un grande complesso nuragico che si inserisce nella tipologia dei Nuraghi complessi, ancora da scavare, forse persino più esteso dalla celebre reggia nuragica su Nuraxi di Barumini e che, per numero di torri, ricorda il Nuraghe Arrubiu di Orroli. La complessità della fortezza è dovuta al succedersi di diverse fasi costruttive, dato che vi è stata, probabilmente, l’esigenza di ampliare lo spazio utile all’interno della fortezza per accogliere nuovi ospiti. Questo nuraghe, il più imponente della Sardegna meridionale, consta di un bastione formato da almeno nove torri, e di una cinta antemurale dotata di almeno cinque torri, alternate a cortine. È stato realizzato usando per lo più il granito locale, con massi di medie dimensioni, talvolta anche piccoli. Alcune parti, come le feritoie, sono state più rifinite e curate. Le mura immettono su due spuntoni rocciosi che rendono la fortezza ancora più stabile e sicura. La visita di questo sito può nascondere dei tranelli, inoltre si debbono attraversare dei terreni privati, e quindi, per visitarlo in tutta sicurezza, è opportuno rivolgersi a guide riconosciute, meglio se del territorio. Il menhir Sa Perda Sì in località Sa Perda ladaDal centro di Decimoputzu, prendiamo verso sud ovest la via Roma, che, dopo quasi trecento metri, prosegue sulla via San Giovanni. Seguita per seicentocinquanta metri, in un’area periferica del paese di Decimoputzu, in località Sa Perda lada, alla sinistra della strada, si trova il Menhir Sa Perda Sì. Il monolite si presenta con forma antropomorfa ad ogiva, è alto circa un metro ed ottanta centimetri, e le sue origini non sono ancora certe. Sono presenti anche altri quattro menhir, a circa venti metri di distanza da questo, in direzione nord est, la cui altezza varia da un metro e novanta ai due metri e trenta. Gli esemplari di Perda Sì rappresentano la tipologia di menhir antropomorfi più semplice e meno elaborata, con un corpo parallelepipedo o prismatico tendente a restringersi e ad assottigliarsi verso la sommità. Uno dei menhir presenta due coppelle sul margine sinistro, profonde circa venti centimetri, da considerarsi come indicazione di un culto reso agli stessi monoliti. Sono ritenuti risalenti al Neolitico Medio, il periodo che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 4000 ed il 3400 avanti Cristo. Stando alle fonti, sembrerebbe che questi menhir si trovassero ad una distanza di due metri e mezzo circa l’uno dall’altro, e che fossero disposti lungo un allineamento con orientamento da est ad ovest, il che ha portato diversi studiosi a pensare che i massi facessero parte di un allineamento, o anche di un circolo megalitico. Le importanti scoperte archeologiche del villaggio prenuragico di su Cungiau de MarcuDal centro di Decimoputzu, prendiamo verso sud ovest la via Roma, che, dopo quasi trecento metri, prosegue sulla via San Giovanni. Seguita per novecento metri, dopo il cartello indicatore del restringimento della strada, alla sinistra si trova la strada verso un insediamento industriale, mentre sulla destra un sentiero porta al luogo dove si sono trovati i resti estremamente significativi del villaggio prenuragico di Su Cungiau de Marcu risalente alla facies culturale di San Ciriaco. Cultura che si è sviluppata in Sardegna tra il 4200 ed 4000 avanti Cristo e può essere vista come un momento di passaggio tra la Cultura di Bonu Ighinu e la successiva Cultura di Ozieri. La facies culturale di San Ciriaco è caratterizzata soprattutto da una produzione vascolare di ottima fattura. Nell’insediamento di Su Cungiau de Marcu è stata rinvenuta una famosa Statuina in alabastro della Dea Madre che presenta una struttura volumetrica vistosamente accentuata nei glutei e negli arti inferiori, con accenno ai piedi, mentre nelle due parti superiori, ossia nella testa e nel busto, la rotondità è più contenuta. La struttura del viso emerge da una abbondante parrucca o capigliatura, e l’andamento sbiecato, dalla punta del naso alla fronte, fa intuire uno sguardo verso l’alto, che le conferisce un’astrazione ed una superiorità divina. Gli arti superiori sono articolati in braccio, avambraccio e mano, con decorazione a pettine, e sono simmetricamente convergenti sul petto, posizione che conferisce all’idolo un atteggiamento cultuale. La statuina in alabastro della Dea Madre è oggi conservata nel Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. Il Galoppatoio Comunale di Decimoputzu nel quale si svolge il Palio di San Basilio MagnoDal centro di Decimoputzu, prendiamo verso sud ovest la via Roma, che, dopo quasi trecento metri, prosegue sulla via San Giovanni. Seguita per due chilometri e quattrocento metri, arriviamo a un bivio, dove prendiamo la deviazione verso destra, che seguiamo per due chilometri e mezzo. Passato un piccolo ponte sul canale, prendiamo a destra la strada che proviene dalla deviazione dalla SP3 per la fortezza nuragica su Casteddu de Fanaris, e che, in duecentocinquanta metri, ci porta all’ingresso del Galoppatoio Comunale di Decimoputzu. Ed ogni anno a settembre, presso l’ippodromo di Decimoputzu si tiene il Palio di San Basilio Magno, con l’esclusiva monta a pelo,su una distanza di circa 1600 metri. Il Palio è uno dei più longevi del Campidano ed è una delle tradizioni più importanti del paese. Oltre alla gara di cavalli la Festa è animata dagli stand con prodotti di artigianato locale, enogastronomia e molto altro. L’organizzazione propone il pranzo del cavaliere, giochi per i più piccoli e il chiosco bar per i più grandi. un’altra ricorrenza, di carattere esclusivamente religioso e raccolto, si celebra il 2 gennaio, con una processione intorno alla piccola chiesa di San Basilio e con la celebrazione della messa. Il campo di Tiro a Volo di DecimoputzuPassato l’ingresso del Galoppatoio, proseguiamo sulla strada che porta verso la SP3. Dopo un chilometro dal ponticello sul canale, prendiamo a sinistra la strada che, in cinquecento metri, ci fa vedere alla destra il Campo di Tiro a Volo di Decimoputzu. I resti del nuraghe e l’insediamento di Monte Idda con i reperti archeologici in esso ritrovatiAll’altro lato della strada, ossia alla sinistra, si trova il Monte Idda, ossia il Monte de Sa Bidda, ossia il monte del Paese, di 227 metri sul mare, che si trova a breve distanza verso nord dalla SS130 Iglesiente. Sulla sommità di questo rilievo boscoso è posizionato il Nuraghe di Monte Idda tutto intorno sono presenti resti di capanne e mura, di cui è stata redatta una documentazione già nel diciannovesimo secolo. Nonostante una parte sia interrata, si può notare il tipo di costruzione in massi chiari, ed esternamente, parte del muro. Probabilmente si tratta di una officina fondiaria, o di un abitazione di persone che si dedicavano alla fusione. Nel territorio circostante sono anche state trovate delle tombe. Il nuraghe presenta notevole valore in quanto al suo interno, in un ripostiglio, è stato ritrovato nel 1914, da due pastori di Desulo, il suo enorme patrimonio archeologico, costituito da oltre Duecento reperti in bronzo, tra i quali asce, else di spade, punte di lancia, tanti oggetti non identificati di cui non si conosceva l’uso. Buona parte di questi reperti oggi sono custoditi al Museo Nazionale Archeologico di Cagliari, dove occupano un’intera bacheca per la loro importanza storica. L’insediamento prenuragico, il nuraghe, ed i reperti in esso rinvenuti, stanno a dimostrare che questa zona aveva una certa importanza nell’ambito della produzione metallurgica, era quindi una zona ben organizzata. L’insediamento è praticamente ricoperto dalla fitta vegetazione, ma è visibile ad oggi parte dell’antemurale. Le dimensioni del perimetro ci danno un’idea dell’area di grande valore archeologico, che purtroppo non è stata scavata dalla moderna archeologia. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Campidano di Cagliari e ci recheremo a visitare Villasor con il suo centro ed i suoi dintorni dove vedremo tra l’altro i resti del nuraghe su Sonadori. |