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Ittireddu che visiteremo con i suoi dintorni dove nel Nuraghe Funtana è stata trovata una bellissima brocca askoide


In questa tappa del nostro viaggio, da Mores ci recheremo a Ittireddu che visiteremo con i suoi dintorni, nei quali si trova il Nuraghe Funtana.

La regione storica del Meilogu, chiamata anche Mejlogu o Logudoro Meilogu

La regione storica del MeiloguIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. In particolare, il Meilogu ha il nome che deriva dal suo posizionamento in Mediu logu, vale a dire nel cuore del Giudicato. I comuni che fanno parte del Meilogu sono Ardara, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittireddu, Mara, Mores, Padria, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba. Il Meilogu è caratterizzato da un territorio prevalentemente pianeggiante, che produce cereali, verdure, ortaggi. Sono fiorenti gli allevamenti ovini, da cui deriva la ricca produzione casearia. Le numerose sorgenti e corsi d’acqua favoriscono questa ricchezza.

In viaggio verso Ittireddu

Dal centro di Mores, usciamo verso est con la SS128bis, che seguiamo per 6,3 chilometri, poi arriviamo a una deviazione sulla destra, sulla SP6 in direzione di Ittireddu. Seguiamo la SP6 per 2,7 chilometri, e ci porta all’interno dell’abitato di Ittireddu, dove prendiamo sulla destra la via San Giacomo.

Il comune chiamato Ittireddu

Ittireddu-Stemma del comuneIl comune chiamato Ittireddu (altezza metri 313 sul livello del mare, abitanti 481 al 31 dicembre 2021), un piccolo paese che si estendesu una collina denominata monte Ruiu, nome che gli e stato messo per il suo colore rosso, sulla cui vetta è possibile ammirare una croce. Il comune è situato ad est dell’altopiano Meilogu, ai piedi dei monti Ruini, Zuighe e lisiri. Il territorio comunale ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 232 a un massimo di 625 metri sul livello del mare. I collegamenti stradali sono assicurati dalla SS128bis centrale Sarda, il cui tracciato corre a soli tre chilometri dall’abitato. La Stazione ferroviaria di riferimento si trova in territorio del vicino comune di Mores.

Origine del nome

La sua denominazione è ritenuta un diminutivo di Ittiri. Inizialmente il paese era denominato Itiri Fustialbos, con l’aggiunta della seconda parola per la necessità di non confonderlo con Ittiri, che in quel periodo si chiama Itiri Cannedu. Il nome Ittireddu, ossia piccola Ittiri, risale solo al 1626, e si può ritenere che anche il nome Ittireddu provenga dal latino Iter, ossia strada, e sia da collegarsi alla presenza nel suo territorio dei resti di un ponte romano che collegava il Meilogu con il Logudoro ed il Goceano. Il paese, circondato da rilievi di origine vulcanica, è stato l’epicentro del terremoto del Logudoro nel 1870, il più forte mai rilevato sulla terraferma in Sardegna dall’Istituto nazionale di Geofisica, con una potenza stimata tra il quinto e il sesto grado della scala Mercalli.

La sua economia

L’agricoltura riveste un ruolo rilevante nell’economia locale e si basa sulla produzione di cereali, ortaggi, foraggi, viti e ulivi. Viene praticato anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Di discrete dimensioni l’attività industriale, seppur limitata ai settori estrattivo e alimentare. A sud est del paese si trova la grande cava di pomice di Ittireddu, e lungo a strada che porta all’abitato si trovano gli impianti per la lavorazione della pomice. L’artigianato locale è caratterizzato dal tradizionale intreccio di diverse erbe palustri, ossia giunco fiorito, giunco spinoso, biodo, canna, ecc.. Dalla loro lavorazione nascono funi, redini, canestri, graticci, stuoie e cesti. Modesta è anche la presenza del terziario. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. È meta di un discreto afflusso di visitatori, essendo collocato nell’ambito territoriale del Monte Acuto, vicino ad attrattive di tipo archeologico e naturalistico quali i Nuraghi Funtana e affascinanti monti che le regalano scorci paesaggistici incantevoli e sui quali è possibile effettuare piacevoli e rilassanti escursioni. Si possono anche degustare i tradizionali prodotti locali, ossia i papassini che sono dolci tipici della festività di OgnisSanti, gli amaretti, le Casadinas che sono formaggelle, le Tiriccas e la Seadas pasquali, le Cattas che sono frittelle di Carnevale, il Kàbude che è il dolce tipico dell’Epifania.

Brevi cenni storici

Il territorio è stato abitato sin dall’età preistorica, come dimostrano le necropoli di Partulesi, San Giacomo, monte Pira, monte Ruju, monte Nieddu, e numerose testimonianze della civiltà nuragica, ossia, nei pressi del paese, Sa Domo ’e S’Orku, uno degli esempi più antichi di Nuraghi del tipo a corridoio, e il Nuraghe Funtana. È stato, successivamente, un centro del dominio punico e romano. L’attuale insediamento risale probabilmente al periodo bizantino, ed intorno all’anno mlle sul monte Zuighe si presuppone esistesse un Castello, del quale parlano il la Marmora e l’Angius. In periodo medioevale, dal secolo undicesimo e fino al 1272, fa parte del Giudicato di Torres, nella curatoria di Ardara o di Oppia, entrambe acquisite dai Doria a metà del 1200, ed in seguito dal Giudicato d’Arborea. Dopo la conquista aragonse viene concesso in feudo a Bernardo de Centelles, viene, poi, unito, tra il 1462 e il 1519, al Monte Acuto. Da quel momento le sue vicende sono legate alla signoria di Oliva. Dopo il passaggio della Sardegna sotto il dominio sabaudo, con la costituzione del regno d’Italia, nell’anno 1861 viene eletta a comune, acquisendo piena autonomia amministrativa nell’anno 1861.

Le principali feste e sagre che si tengono a Ittireddu

A Ittireddu è attiva l’Associazione Gruppo Folk Santu Jagu di Ittireddu, i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località, e nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale del posto.

Tra le feste e sagre che si celebrano a Ittireddu, vanno citate il 2 maggio, la Festa di San Giuseppe e San Giacomo il Minore; il 25 luglio, si svolge la Festa principale in onore di San Giacomo il Maggiore; il 18 agosto, la Festa di Sant’Elena; l’8 dicembre, la Festa di Maria Vergine o di Nostra Signora di Intermontes, che è la Santa patronale di Ittireddu.

Visita del centro di Ittireddu

L’abitato, interessato da espansione edilizia, si estende dai piedi un’altura rocciosa verso la pianura. Arriviamo a Ittireddu con la SP6 che proviene da nord e compie un’ampia curva verso sinistra, entrando nell’abitato da nord ovest.

Il Cimitero di Ittireddu

A quattrocento metri dal cartello indicativo di Ittireddu, prima di raggiungere le prime case dell’abitato, sulla sinistra della strada si trova l’ingresso del Cimitero di Ittireddu.

Gli impianti di lavorazione della pomice

Meno di cento metri più avanti, sulla sinistra della strada, troviamo una deviazione che ci porta agli Impianti di lavorazione della pomice estratta dalla grande cava situata a sud est di Ittireddu. Il materiale estratto è destinato in gran parte al settore delle costruzioni civili e dei lavori edili, ed, una volta estratto, viene selezionato secondo diverse classi granulometriche e quindi immesso nel mercato.

Il Municipio di Ittireddu

Proseguendo, la SP6 entra nell’abitato dove prende il nome di viale Europa. A trecento metri dalla deviazione che ci ha portato agli impianti di lavorazione della pomice, prendiamo a destra la via San Giacomo, nella quale, al civico numero 3a, si trova l’edificio che ospita la sede e gli uffici del Municipio di Ittireddu.

Il Civico Museo Archeologico ed Etnografico

Lettura di 'Ittireddu - Il Museo e il territorio'Ittireddu è stato il quarto paese in Sardegna ad istituire il Civico Museo Archeologico ed Etnografico. Anch’esso si trova in via San Giacomo, ed è contiguo all’edificio che ospita il Municipio. Il Museo è diviso in due sezioni. La più ricca è quella archeologica, che raccoglie i materiali ritrovati in superficie o in brevi interventi di recupero effettuati nelle varie località, con reperti che vanno dalla preistoria fino al periodo medioevale. La sezione etnografica espone reperti attinenti alla cultura tradizionale riguardante il lavoro contadino, la pastorizia e le tecniche di lavorazione del latte, la panificazione e la preparazione dei dolci, l’intreccio, la filatura e la tessitura. L’esposizione prende il via dall’ingresso dove sono illustrate le caratteristiche del territorio, mentre una carta di distribuzione permette di avere una visione generale delle emergenze differenziate cronologicamente per mezzo di colori diversi che potremmo definire l’elemento guida di ciascuna epoca. Una grande tabella cronologica consente un immediato orientamento attraverso le vicende culturali susseguitesi in Sardegna.

Il palazzetto dello sport

Proseguendo lungo la via San Giacomo, dopo una trentina di metri prendiamo a sinistra la via Camillo Benso conte di Cavour, e, dopo un centinaio di metri, troviamo l’ingresso del Palazzetto dello sport di Ittireddu.

La Chiesa parrocchiale di Nostra Signora di Intermontes

Ittireddu: Chiesa parrocchiale di Nostra Signora di IntermontesLa via Camillo Benso conte di Cavour ci riporta sul viale Europa. A 180 metri da dove avevamo preso sulla destra la via San Giacomo, prendiamo a sinistra la via Goceano. Percorsa per poco più di centocinquanta metri, troviamo alla destra della strada la facciata della Chiesa di Nostra Signora di Intermontes che è la Chiesa parrocchiale di Ittireddu dedicata alla Vergine Immacolata, e si trova all’inizio della trasversale via Roma, al civico numero 1. La struttura originaria della Chiesa prevedeva solo la navata centrale, ed è stata modificata verso la fine dell’ottocento, ampliata con aggiunta del campanile, del presbiterio, del coro, della sacrestia e delle cappelle di San Francesco d’Assisi e di Sant’Antonio da Padova. In seguito sono stati eretti due altari laterali dedicati alla Madonna di Lourdes ed a Sant’Antonio. Purtroppo le notizie che ci sono pervenute sulle sue origini di questa Chiesa sono poche, e lasciano un grande mistero sulla sua storia. Si racconta che la statua della Madonna che si trova sull’altare della Chiesa, sia stata trovata dai contadini del paese in una grotta, ai piedi dei tre monti, il Zuighe, il lisiri ed il Ruiu. Probabilmente l’origine del nome Intermontes, deriverebbe proprio da questa circostanza, dalle parole Inter montes, ossia tra i monti. Nell’archivio parrocchiale, il primo documento che contiene questo nome è relativa ad un battesimo celebrato in lingua sarda latina del 1678.

La Festa della Maria Vergine, ossia di Nostra Signora di Intermontes, che è la Santa patrona di Ittireddu, si svolge l’8 dicembre, giorno dell’Immacolata Concezione. Per la ricorrenza viene celebrata la messa con la partecipazione del coro con il costume tradizionale, che accompagnano la statua della Madonna con i canti liturgici durante la messa e durante la processione tra le vie del paese. Dopo la messa ci si riunisce tutti nella piazza dove si assaggiano i vini novelli, in una Festa con musiche e danze tradizionali sarde.

La Chiesa della Santa Croce

Ittireddu: Chiesa della Santa CroceProseguiamo lungo la via Goceano per una cinquantina di metri, svoltiamo a destra ina via Alessandro Manzoni, e, dopo una settantina di metri, svoltiamo verso sinistra e prendiamo la via Santa Croce, che ci porta di fronte alla Chiesa della Santa Croce. È stata realizzata infatti in due fasi. Il primo impianto è stato realizzato fra il nonno e l’undicesimo secolo, ed era costituito da una struttura a croce greca, cioè la forma della croce aveva tutti i lati della stessa lunghezza e presentava una sola abside. La seconda fase è l’ampliamento, avvenuto nella prima metà del tredicesimo secolo, con un primo allungamento fino ad arrivare alle dimensioni attuali. Con queste modifiche si è passata da una forma a croce greca a quella latina, cioè due lati più corti. La Chiesa è, infatti, oggi composta da una navata principale sulla quale, ai due terzi della lunghezza, si innesta perpendicolarmente un transetto di dimensioni minori. La facciata risale al quindicesimo secolo, ed il campanile a vela è stato aggiunto nel diciassettesimo secolo.

Visita dei dintorni di Ittireddu

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Ittireddu, sono stati portati alla luce i resti della necropoli di Partulesi; della fonte sacra Funtana ’e Baule e della probabile fonte sacra di Isca Piscamos; del Protonuraghe Sa Domu ’e S’Orcu; dei Nuraghi semplici Chisti, Frades, di Monte lisiri; del Nuraghe complesso Funtana; ed anche dei Nuraghi Badde Tanchis, Calarighes, Calarighes II, Corona Alta, Padru Majore, Padru Majore II, su Bagliu, su Runache, tutti di tipologia indefinita.

Il Campo da Calcio di Ittireddu

Dal centro di Ittireddu prendiamo indietro la SP6 che ci ha portato qui da Mores e, passato il Cimitero, poco meno di trecento metri più avanti troviamo una deviazione sulla sinistra che ci porta, in duecento metri, al Campo da Calcio di Ittireddu.

I resti delle cisterne romane

Passati poco più di cento metri su questa deviazione, troviamo un viottolo sulla sinistra che ci porta ai resti delle Cisterne romane ubicate in una zona denominata Olensas, forse perché utilizzate per la spremitura delle olive. Si tratta di dieci cisterne di forma globulare, scavate in un banco trachitico affiorante, ed, accanto alle cisterne, si notano una serie di canalette divergenti dalle imboccature delle cisterne, con lo scopo di convogliare altrove le acque piovane. Si pensa ad un loro uso come deposito di olive, o ad una funzione legata all’olivicoltura, ed, aconferma dell’ipotesi che esse fossero destinate al contenimento dell’olio, si nota la presenza, a circa venti metri dalle cisterne, di due pressoi e due vasche circondate da canaletta, presumibilmente usate come vasche per la decantazione dell’olio. Le cisterne sono chiamate anche di Sas Conzas, dato che tradizionalmente si riteneva che questi manufatti fossero destinati all’attività della concia delle pelli, e da questo deriva il nome che indica le concerie. In realtà, non si esclude che, in epoche successive, ci sia stato un loro utilizzo di questo tipo.

I resti del Protonuraghe Sa Domu ’e S’Orcu per molto tempo ritenuto un Nuraghe semplice

Ittireddu-Planimetria del Nuraghe Sa Domu ’e S’Orcu nella versione di Paolo MelisDal centro di Ittireddu prendiamo indietro la SP6 che ci ha portato qui da Mores e, passato il Cimitero, dopo appena un centinaio di metri troviamo la prima deviazione sulla sinistra, dopo una quarantina di metri arriviamo a una rotonda dove prendiamo la prima uscita. Seguiamo questa strada per quattrocento metri, dopo di che la strada asfaltata termine a prosegue una carreggiabile, lungo la quale, alla destra, di trova un’altura sulla quale sono presenti i resti del Protonuraghe Sa Domu ’e S’Orcu di Ittireddu. Giovanni Lilliu aveva descritto questo monumento come un Nuraghe monotorre con la camera interna marginata da una nicchia, descrizione ripresa anche da Paolo Melis che ha prodotto la planimetria qui riportata, mentre in seguito Edoardo Galli ha ritenuto che si trattasse di un Protonuraghe a corridoio, versione che oggi è quella più accettata. Intorno al Nuraghe sono presenti tracce di un insediamento abitativo nuragico.

I ruderi della Chiesa di Sant’Elena

Percorsi 450 metri sulla SP6 in direzione del centro di Ittireddu, prendiamo, di fronte agli impianti per la lavorazione della pomice, sulla sinistra, la via monte Zuighe, che, passata la piazza Bachelet, esce dall’abitato in direzione sud ovest. La seguiamo per circa 750 metri, e vediamo, sulla destra della strada, nella campagna i pochi resti della Chiesa di Sant’Elena una Chiesa di impianto bizantino della quale non rimane che poca parte dei resti della muratura esterna. Fin dai tempi antichi, Sant’Elena veniva festeggiata il 18 agosto, ma questa tradizione è stata abbandonata negli anni ’50 del Novecento. Da qualche anno è nato un comitato con lo scopo di ricostruire la Chiesa con gli stessi materiali che la componevano all’origine, ma i tentativi per la ricostruzione sono risultati finora vani.

La Festa di Sant’Elena è una Festa religiosa che si svolge a Ittireddu il 18 agosto. La statua di Sant’Elena, ritrovata nell’antica piccola Chiesa campestre e custodita nella sacrestia della Chiesa parrocchiale, viene portata in processione da questa alla Chiesa della Santa Croce, dove viene celebrata la messa in forma solenne.

I resti della necropoli di Partulesi

Percorsi altri 250 metri sulla strada che ci ha portato ai resti della Chiesa, troviamo sulla destra della strada il cancello dell’area archeologica, passato il quale una stradina di cemento, dopo circa 300 metri, conduce alla base della collina dove si aprono le tombe della Necropoli di Partulesi. La necropoli comprende una una trentina di domus de janas distribuite su diversi livelli, ma è probabile che in origine il numero delle tombe fosse maggiore. Si tratta di tombe quasi sempre pluricellulari, con disposizione dei vani nello schema a T modificato da ampliamenti successivi, in alcune si aprono delle nicchie o portelli ornati da rincassi a cornice o sovrastati da architravi in rilievo. Si segnala la Tomba diciannovesimo, che è quella meglio conservata; e la tOmba decimoquindicesimo, con la presenza di una singolare concentrazione di coppelle scavate sulle pareti. La Tomba quattordicesimo, che nell’Età del Bronzo è stata trasformata in una tomba a prospetto architettonico, con una stele centinata, ed oggi comunica con l’adiacente Tomba quindicesimo, è composta da due vani di pianta quadrangolare irregolare, dispostisu un asse comune. La necropoli è databile nel Neolitico Finale, nel periodo della Cultura di Ozieri, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo e secondo la datazione tradizionale tra il 3200 d’il 2800 avanti Cristo, ed è stata riutilizzata fino nell’Eneolitico.

La Chiesa campestre di San Giacomo

Ittireddu: Chiesa campestre di San GiacomoProseguendo per altri poco più di cinquecento metri sulla strada che ci ha portato all’area archeologica, troviamo sulla sinistra della strada il viottolo che conduce al parco di San Giacomo, all’interno del quale si trova l’antica Chiesa di San Giacomo della quale abbiamo scarse notizie, ma sembra che fosse la parrocchia di un paese detto Laquesos. Dall’esterno si possono vedere tre impianti risalenti ad epoche differenti: questo significa che la struttura originaria, forse risalente al dodicesimo secolo, sia stata successivamente modificata. La Chiesa è stata realizzata in pietrame trachitico estratto da una vecchia cava che è ancora visibile a cento metri dalla Chiesa, ma per gli ampliamenti è stato utilizzato anche il basalto poroso. Si tratta di una Chiesa a navata unica, con la copertura costituita da un muro spiovente a due falde, con tegole appoggiate su travi e travetti in legno. All’esterno erano visibili numerose lesioni, che hanno richiesta una sua manutenzione che è stata fatta intorno al 1995.

Nell’antico archivio parrocchiale sono stati ritrovati atti di morte risalenti al 1777, dai quali si deduce che all’origine la Chiesa doveva essere dedicata sia a San Giacomo il Minore, Apostolo di Gesù figlio di Alfeo, che a San Filippo, anch’egli Apostolo. Successivamente, nel momento in cui è stato restaurato il vecchio altare, si è sostituita la statua di San Giacomo il Minore, con quella di San Giacomo il Maggiore, anch’egli Apostolo fratello di Giovanni e figlio di Zebedeo, e si è abbandonata la dedicazione a San Filippo. Il 2 maggio, presso questa Chiesa campestre si celebra la Festa di San Giuseppe e San Giacomo il Minore, mentre la Festa principale in onore di San Giacomo il Maggiore viene celebrata il 25 luglio.

Il Ponte ’Etzu

Proseguendo per 1,2 chilometri, la strada sbocca su una trasversale, dove prendiamo a destra e, dopo 300 metri. arriviamo al Ponte ’Etzu ossia al ponte vecchio, un ponte di epoca romana situato tra i territori comunali di Ittireddu e di Mores, che scavalca il rio Mannu in un tratto in cui il fiume, che poco più a valle riceve alcuni dei suoi principali affluenti, ha una portata d’acqua e un’ampiezza dell’alveo assai modeste. La costruzione è realizzata in pietra basaltica e tufo bianco alla base, e, delle tre arcate originarie, ne restano in piedi due, che hanno raggi di lunghezza diversa. Il ponte situato in questa località attesta una deviazione verso l’interno della strada romana che collegava Calaris con Turris Libisonis.

La fonte sacra Funtana ’e Baule

Dal centro di Ittireddu usciamo verso sud con la SP6 in direzione di Burgos e la percorriamo per poco meno di un chilometro e mezzo, arriviamo a un incrocio, al quale, seguendo le indicazioni, prendiamo verso destra una strada che seguiamo per 450 metri, poi troviamo il cartello che indica il sito, in prossimità di un bivio, che immette sulla sinistra in una strada di penetrazione agraria non asfaltata. La fonte sacra si trova dopo alcune decine di metri, all’interno di un terreno sempre a sinistra.

La fonte sacra Funtana ’e Baule che insistesu una polla di acqua sorgiva ad alto contenuto ferroso, presenta sia le caratteristiche di una fonte sacra, sia quelle di un pozzo sacro. Si presenta con una base trapezoidale, preceduta da un breve dromos. La piccola scala di accesso è costituita da cinque gradini, che sembrano voler ripetere uno degli elementi caratterizzanti dei pozzi sacri. La muratura è costituita da blocchi di tufo trachitico, rozzamente lavorati nella parte superiore, mentre in quella inferiore appare estremamente raffinata, essendo costituita da pietre regolari. La copertura, della quale si conserva solo la parte posteriore, era costituita da una serie di lastre piane, degradanti dall’ingresso verso il fondo, ed era sormontate da un cumulo di pietre e terra.

I resti del Nuraghe complesso Funtana nel quale è stata trovata la bellissima brocca askoide

Ittireddu: il Nuraghe FuntanaDal centro di Ittireddu, seguiamo le indicazioni che conducono alla Chiesa della Santa Croce, seguiamo la via Alessandro Manzoni, che esce dall’abitato verso est. Percorsa per 400 metri, prendiamo a sinistra la strada Comunale che supera il rio Cagliarighes, e ci porta, in cinquecento metri, in località Sa Tanca ’e Sa Funtana, dove la strada termina al parcheggio antistante la stradina che immette nella proprietà in cui è posta l’area archeologica. Dal parcheggio si può proseguire a piedi varcando il cancello e, dopo aver percorso poche decine di metri, si trova il Nuraghe sulla destra. Il Nuraghe Funtana è un Nuraghe di tipo complesso costruito in trachite, costituito da una torre centrale, alla quale è stato addossato un bastione con due torri secondarie aggiunte, che racchiudono il cortile centrale. La torre principale ha l’ingresso sormontato da un architrave con un finestrino di scarico, che introduce in un atrio con copertura a piattabanda. A metà dell’atrio, si trovano gli ingressi di un corridoio anulare, che porta alla camera circolare, con due piani separati da una soffittatura lignea. La camera centrale è marginata da tre nicchie mentre si intuisce che un secondo piano era ricavato con un soffitto in legno poggiante su una risega. Lungo il perimetro della parete, corre un sedile di ventotto blocchi tronco piramidali, e sul pavimento è presente un focolare formato da sette conci disposti a cuneo. Intorno al Nuraghe si trovano le tracce di un insediamento abitativo nuragico.

Ittireddu: il Nuraghe Funtana: brocca askoide riccamente decorata con decorazione geometrica, datato tra il 1000 ed il 900 avanti CristoIl Nuraghe complesso Funtana è stato scavato dagli archeologi tra il 1983 ed il 1985, ed al suo interno sono stati trovati numerosi reperti, tra i quali una bellissima brocca askoide riccamente decorata, con una decorazione geometrica. La brocca askoide è stata rinvenuta in una nicchia presente della camera centrale, e viene oggi conservata nel Civico Museo Archeologico ed Etnografico di Ittireddi. In questo museo sono conservati anche numerosi altri reperti, tra i quali un focolare e due tavolini, che sono stati rinvenuti sul piano pavimentale della camera centrale del Nuraghe.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, proseguiremo la visita del Meilogu recandoci a visitare Bonnanaro nei cui dintorni visiteremo la necropoli di Corona Montana da cui ha preso il nome la Cultura di Bonnanaro. Ci recheremo, poi, a visitare Borutta con la Basilica di San Pietro di Sorres.


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