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La città di Macomer, capoluogo del Marghine, con la necropoli ipogeica di Filigosa e l'area archeologica di TamuliIn questa tappa del nostro viaggio, raggiungeremo Macomer capoluogo del Marghine, che visiteremo insieme ai suoi siti archeologici, soprattutto il nuraghe Santa barbara, la necropoli ipogeica di Filigosa, l'area archeologica di Tamuli ed il monte Sant'Antonio. La regione storica del Marghine
In viaggio verso la città di MacomerUsciamo da Borore verso ovest sulla SP33, dopo circa un chilometro proseguiamo dritti sulla SP77 verso ovest in direzione di Macomer, Oristano e Cagliari, dopo cinquecento metri questa strada devia verso nord sulla ex statale SS131 di Carlo Felice. La zona industriale di TossiloPercorsi circa tre chilometri sulla ex statale SS131 di Carlo Felice, troviamo le indicazioni sulla destra che ci portano, dopo circa cinquecento metri, all'interno della Zona industriale di Tossilo nata con lo scopo di promuovere e favorire lo sviluppo economico e produttivo del territorio. La zona industriale di Tossilo è inutilizzata per oltre due terzi della superficie urbanizzata, dato che nell'ultimo decennio si è continuato ad ampliarla, mentre le industrie chiudevano svuotando capannoni e lotti. Al fine di rivalutare la zona, è nato il Progetti di Filiera e Sviluppo locale dell'area di crisi di Tossilo, che è stato il primo progetto pilota promosso dalla regione Sardegna, ha avuto avvio nel 2010 e si trova ora nella fase di erogazione degli aiuti alle imprese e alle persone. Raggiungiamo MacomerPercorsi ancora circa tre chilometri sulla ex statale SS131 di Carlo Felice, arriviamo all'interno dell'abitato di Macomer, il comune più ad ovest della regione storica del Marghine. Dal Municipio di Borore a quello di Macomer si sono percorsi 8.9 chilometri. Visita della città di Macomer
Origine del nomeIl nome della città secondo alcuni studiosi potrebbe derivare da Macomeli, che indica il pane impastato con miele, che viene oggi chiamato Pani 'e Saba. Il nome del paese è attestato per la prima volta in alcuni documenti del 1341, nella forma Macomerio, che richiama palesemente l'antica Macopsissa, citata da Tolomeo, ed anche il nome Magomadas, derivante dalla voce semitica Maqom Oppidum. La sua economiaLa sua economia si basa, oltre che sulle tradizionali attività agricole e zootecniche, anche sui settori industriale e terziario. L'agricoltura, sebbene non rappresenti più la sua principale fonte di reddito, fa registrare comunque la coltivazione di cereali, ortaggi, foraggi, ulivi, viti e altri alberi da frutta. L'allevamento ed il commercio costituiscono le attività principali. Si pratica l'allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L'industria si è sviluppata notevolmente negli ultimi anni, con aziende che operano nei comparti estrattivo, alimentare, delle pelletteria, cartario, della stampa, plastica, vetro, materiali da costruzione, laterizi, oltre che metalmeccanico, elettrico, dei mobili, della gioielleria e oreficeria, della produzione e distribuzione di energia elettrica, della raccolta di acqua ed edile. A queste attività si affianca l'industria tessile, con tessuti in cotone e calze, che era arrivata a occupare fin quasi un migliaio di operai, ma oggi affronta alcune difficoltà, stesso discorso vale per le produzione casearia, che rimane comunque abbastanza importante. Abbastanza sviluppato si presenta anche il terziario, che si compone di una buona rete commerciale e dell'insieme dei servizi. Nella zona industriale di Tossilo è situato un grande inceneritore adibito allo smaltimento di rifiuti urbani, operativo dal 1993. Alla diffusione della cultura provvedono anche sei emittenti radiotelevisive. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. I numerosi siti archeologici del tuo territorio e le bellezze naturali da cui è circondata, la rendono un'importante meta turistica. Particolarmente interessanti sono, infatti, per gli amanti della natura, il vasto tavolato basaltico della Campeda, ricco di boschi di lecci e roverelle, come pure di molte varietà di funghi. Brevi cenni storiciIl suo territorio è stato abitato sino dall'età preistorica, come è testimoniato dalla presenza del complesso nuragico di Santa Barbara e di quello di Tamuli, le numerose tombe di giganti, le domus di Filigosa e una moltitudine di rovine nuragiche sparse in esso. In una grotta, situata in località Marras, in una gola del Rio s'Adde, è stata rinvenuta, nel 1949, una statuetta, detta Venere di Macomer, oggi custodita nel Museo archeologico nazionale di Cagliari. Macomer è stato, all'inizio, un insediamento punico, ed è l'erede dell'antica Macopsissa, citata dal geografo alessandrino Tolomeo, che sorgeva a nord ovest dell'abitato. Nel 238 avanti Cristo la Sardegna passa sotto il dominio romano e Macomer conserva la sua importanza strategica in quanto luogo di passaggio obbligato tra il nord e il sud dell'Isola, ossia un importante nodo di comunicazione della via che da Karalis portava a Turris Libisonis. Sono scarse le testimonianze archeologiche lasciate dai Romani, che per lo più si riducono a circa sei pietre miliari e a qualche lapide, due di queste pietre miliari, che si trovavano di fronte alla Chiesa di San Pantaleo, sono attualmente custodite nel Museo archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari. Nella città rimangono poche tracce della dominazione bizantina, in particolare le chiese della Nostra Signora d'Itria e di Nostra Signora del Soccorso, oltre alla Chiesa di Santa Barbara arroccata sul monte Manai, ora ridotta a un cumulo di pietre. Nell'undicesimo secolo, Macomer è un villaggio ubicato nella zona del quartiere di Santa Maria, della Chiesa della Madonna d'Itria e del nuraghe sa Corte, facente parte del giudicato del Logudoro, nella curatoria del Marghine, della quale viene eletta capoluogo. Con la fine di questo giudicato, Macomer ed il Marghine vengono inglobati come territori extragiudicali nel giudicato d'Arborea. Nel 1388 presso la Chiesa di San Nicola di Macomer, che probabilmente era la Chiesa oggi denominata Santa Maria del Soccorso, i suoi rappresentanti sottoscrivono, insieme a quelli del Marghine, la pace tra il regno di Sardegna regnato da Giovanni I d'Aragona detto il Cacciatore, ed il giudicato d'Arborea, governato dalla reggente Eleonora d'Arborea, pace che porta nel gennaio 1390 alla liberazione di Brancaleone Doria, marito di Eleonora. Dopo la battaglia di Sanluri, viene ceduta in feudo dagli Aragonesi ai Cubello, in seguito nel 1478 a Macomer si svolge la storica battaglia contro gli Aragonesi, dato che 19 maggio di quell'anno Leonardo d'Alagon, marchese di Oristano, e Nicolò Carroz, Vicere di Sardegna, si affrontano nei pressi del suo castello. Il Vicere, forte dell'aiuto del re di Napoli, del Vicere siciliano, e soprattutto del Governatore del Logudoro, sconfigge definitivamente Leonardo d'Alagon, che venne incarcerato in Spagna. Risale al periodo aragonese la costruzione della Chiesa di San Pantaleo, di fronte alle rovine del castello, il cui campanile viene edificato da Michele Puig nel 1573. Dal 1604 appartiene ai Tellez Giron d'Alcantara, suoi governanti fino al 1839. Nel 1720 la Sardegna passa sotto il dominio dei Savoia, che, il 28 luglio del 1767, istituiscono il marchesato del Marghine, con sede a Macomer, comprendente Birori, Bolotana, Borore, Bortigali, Dualchi, lei, Mulargia, Noragugume e Silanus. Nel 1795 Giovanni Maria Angioy giunge a Macomer con 500 cavalieri, alla ricerca del sostegno della popolazione locale, ma la città insorge contro di lui, e gli angioini penetrano in città saccheggiando la Chiesa di San Pantaleo. Nel 1810 ha inizio da Macomer la costruzione della prima strada rotabile della Sardegna, che ripete il tracciato dell'antica via romana da Porto Torres a Cagliari, ma rimane incompiuta a Fordongianus, e ripresa solo dieci anni dopo. La ferrovia deve aspettare il 1880, quando l'intero tronco da Monti a Cagliari viene inaugurato con due treni, che si incontrano a Macomer. Col tronco stradale da Bosa a Nuoro, e con la parallela ferrovia a scartamento ridotto, entrambi passanti per Macomer, la città diviene il nodo degli scambi produttivi dell'intera isola, e dal 1897 poò sviluppare, grazie alla fortissima richiesta dal continente e al prezzo irrisorio pagato ai produttori isolani, la sua industria più congeniale, quella lattiero casearia, divenendo in breve tempo la capitale del formaggio sardo. Del comune di Macomer nel 1927, dopo la creazione della provincia di Nuoro, viene cambiata la provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata provincia di Nuoro. Il comune di Birori nel 1928 viene aggregato al comune di Macomer, dal quale nel 1946 verrà nuovamente separato. Nel 1935 viene visitata da Benito Mussolini. Nel dopoguerra ci sono anche le visite dell'allora presidente del Consiglio dei ministri della repubblica Italiana Alcide De Gasperi e dei Presidenti della repubblica Giovanni Gronchi e Francesco Cossiga. Macomer viene elevata al rango di cittàDopo la costituzione della repubblica Italiana, Macomer nel 1976 viene elevata da Giovanni leone al rango di città con Decreto del presidente della Repubblica del 15 luglio 1976. La Venere di Macomer
Le principali feste e sagre che si svolgono a Macomer
Visita del centro della cittàL'abitato, interessato da forte espansione edilizia, conserva, nel suo nucleo storico, le antiche abitazioni costruite sul ciglione basaltico di un piccolo altopiano, a precipizio sulla valle del Rio s'Adde. Nel centro storico della città si possono osservare antiche case che presentano chiari segni del dominio aragonese nello stile degli architravi delle finestre. Nell'abitato vi sono quattro parrocchie, di San Pantaleo, di San Francesco, della Madonna Missionaria e della Sacra Famiglia, con le loro omonime chiese di cui la più antica è quella di San Pantaleo. Entriamo nell'abitato con la ex SS131 di Carlo Felice che, a quattrocentocinquanta metri dal cartello segnaletico che indica la città di Macumere, porta a un incrocio al quale arriva dalla sinistra la via Sicilia, parte a destra la SS129bis, e dal quale proseguiamo dritti lungo il corso Umberto I, lo Stradone tracciato alla fine dell'Ottocento, rettificando l'impianto urbanistico precedente. La Chiesa parrocchiale di San PantaleoPercorsi duecentocinquanta metri lungo il corso Umberto I, troviamo alla destra della strada la facciata della bella Chiesa di San Pantaleo che è la principale Chiesa parrocchiale di Macomer, uno degli edifici più importanti dell'Isola. Posta all'estremità sud occidentale del centro abitato, si trova in una posizione da cui si gode un eccezionale panorama, sino al Campidano. Allo stato attuale non si hanno notizie circa le forme e il periodo di edificazione del primo impianto, ma l'aspetto attuale è frutto di una serie di rimaneggiamenti e ampliamenti che la Chiesa ha subito nel 1574, quando il Picapedrer Migueli Puig, originario di Cagliari ma residente a Bolotana e attivo in alcuni centri del Marghine, sopraeleva il campanile con l'aggiunta di un ordine e della guglia. Risale al 1584 l'ultima cappella a Destra, con apertura ad arcate ogivali dai capitelli scolpiti e volta a costoloni gemmata. Nel 1607 viene riedificata la facciata, e la struttura attuale, in trachite rossa, risale al 1635. La facciata, contraddistinta da un portale a timpano e lesene in vulcanite, verrà ulteriormente modificata nel 1714, con i lavori di completamento delle strutture architettoniche. Ai lati del portale principale sono presenti due pietre miliari romane del tempo di Vespasiano l'una, di Settimio Severo l'altra. La Chiesa parrocchiale ha l'interno a tre navate, e degli edifici precedenti rimane il campanile in stile gotico catalano, a canna quadrata e con cuspide. Il 27 luglio presso questa Chiesa si tiene la festa patronale di San Pantaleo, nel corso della quale il simulacro del Santo viene portato in processione, tra musiche, canti, gruppi folcloristici e giochi in piazza. I pochi ruderi del castello di MacomerDi fronte alla Chiesa di San Pantaleo, restano i pochi ruderi del castello di Macomer. La struttura potrebbe essere riportata ai tempi dei giudici Mariano IV ed Eleonora d'Arborea, ma era inizialmente poco più di un campo trincerato. La costruzione fortificata è stata fatta innalzare nel 1417 da Guglielmo III di Narbona, ultimo sovrano del giudicato d'Arborea, per contrastare l'assalto da Oristano degli Aragonesi del Regnum Sardiniae et Corsicae, ed è andato distrutto nel 1478. Intorno al castello si trovava la cittadella fortificata denominata Oppidum Macumelis, che si estendeva dall'attuale Chiesa di San Pantaleo, nella quale la capella di sinistra dedicata a San Giovanni Battista era la capella del castello, sino alla zona oggi occupata dal Municipio, e alla Presoni Bezza, comprendente anche uno scomparso nuraghe. Successivamente, nel 1478, nelle vicinanze dell'abitato, si svolge la storica battaglia tra i Sardi e gli Aragonesi guidati da Leonardo Alagon, quarto ed ultimo marchese di Oristano e conte di Goceano, che si era messo alla testa di un esercito di Oristanesi, riaccendendo lo spirito nazionalista mai completamente sopito. Il primo scontro era avvenuto nel 1470, ad Uras, ed aveva visto l'esercito di Leonardo Alagon costretto a rifugiarsi a Cagliari. Il 14 maggio 1478 si svolge la battaglia decisiva, nella quale Leonardo Alagon viene sconfitto. L'oratorio della Santa Croce
Il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio Abate, nella piazzetta Santa Croce si svolge la festa popolare di sa Tuva, che culmina la sera precedente con un grande falò. Il Museo di casa Attene
Il Museo archeologico del Marghine
Il Municipio di Macomer
La Chiesa parrocchiale di San Francesco d'Assisi
Il Museo etnografico denominato le Arti Antiche
La piazza delle due stazioni
La Stazione delle Ferrovie dello Stato è una stazione di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda, dopo la stazione di Borore, quella di Birori disattivata al servizio viaggiatori, prima della stazione disattivata al servizio viaggiatori di Campeda, passato l'ex posto di movimento di Semestene, e la successiva stazione di Bonorva. È stata realizzata dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde, che ha costruito la rete a scartamento ordinario della Sardegna. Il progetto della principale linea dell'Isola, la Dorsale Sarda, prevedeva il passaggio del tronco tra Oristano e Chilivani attraverso la valle del Tirso, decisamente più a est dell'abitato di Macomer, che quindi non sarebbe stato servito dalla ferrovia, tuttavia l'ingegner Piercy, capo progettista delle Ferrovie reali, decide di realizzare una variante al progetto, spostando questa linea verso ovest, e comprendendo anche Macomer tra i comuni attraversati dalla ferrovia che avrebbe collegato il sud e il nord dell'Isola. La decisione scatena violente polemiche da parte della popolazione di Nuoro e del circondario, che vedeva i binari allontanarsi dal suo territorio. Lo scalo di Macomer viene inaugurato nel 1880, e, nel 1920, l'intera infrastruttura passa alle Ferrovie dello Stato, che, all'inizio degli anni duemila, passano la gestione alla società controllata RFI. Lo scalo presenta un fascio principale dotato di sei binari, dei quali il primo è il binario di corsa, ed insieme ai binari due e tre svolge il servizio viaggiatori. A nord dei binari sono situati molti degli edifici dell'impianto, tra i quali il fabbricato viaggiatori, un edificio a pianta rettangolare a due piani con tetto a falde. Qualche anno dopo la realizzazione della stazione ferroviaria sulla linea a scaratmento ordinario, le rivendicazioni nuoresi per lo spostamento della linea verso ovest, trovano un parziale accoglimento con la realizzazione delle prime ferrovie a scartamento ridotto dell'Isola. I lavori vengono affidati alla Società Italiana per le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, e vedono la realizzazione, tra le altre, della ferrovia che collega Macomer con Nuoro, e di quella che collega Macomer con Bosa, inaugurate tra il 1888 e il 1889. Queste vengono dotate di una propria Stazione delle Ferrovie di Sardegna costruita di fronte a quella delle Ferrovie reali, e, per facilitare i collegamenti merci tra i due vettori, viene realizzato un breve raccordo a scartamento ridotto per collegare le due stazioni di Macomer. La stazione, costruita come scalo di testa delle linee ferroviarie, dispone di tre binari per il servizio passeggeri, due dei quali raggiungibili tramite passerelle, mentre sono presenti ulteriori binari di servizio. La Chiesa parrocchiale della Madonna Missionaria con la casa Saveriana di Macomer
Sul retro della Chiesa si trova la casa Saveriana di Macomer, ossia il centro della Pia Società di San Francesco Saverio per le Missioni estere, un istituto religioso maschile di diritto pontificio, i cui membri, detti popolarmente Saveriani, pospongono al loro nome la sigla S.decimo. Il centro Saveriano di Macomer è il fulcro dell'attività missionaria dei Saveriani in Sardegna, ed in esso si svolgono le attività fondamentali per la gioventù, dalla formazione missionaria, al discernimento vocazionale ed all'esperienza in missione. La Chiesa parrocchiale dedicata alla Santa Famiglia di NazarethPrendiamo verso ovest la via Toscana, che continua su via Antonio Gramsci, e, dopo settecentocinquanta metri, imbocchiamo a destra la via Martiri d'Ungheria e poi subito a sinistra la via Ugo la Malfa, e, dopo duecentocinquanta metri, troviamo sulla destra della strada la facciata della Chiesa dedicata alla Santa Famiglia di Nazareth che è un'altra delle chiese parrocchiali di Macomer. Le attività di questa parrocchia, situata nel popoloso rione Scalarba, nei primi anni '90 veniva officiata nei locali di una scuola in via Emilio Lussu. La costruzione della nuova Chiesa in via Ugo la Malfa, su un terreno confinante con il locale commissariato di Pubblica Sicurezza, risale a non più di dieci anni fa. Di concezione moderna, dispone di un ampio sagrato e di un portico esterno. Internamente ha una grande aula con una bella copertura in legno lamellare e, ai lati del presbiterio, due cappelline semicircolari, con il fonte battesimale da un lato e il tabernacolo dall'altro. In effetti, planimetricamente, presenta la classica forma a croce. Lo stadio Scalarba di MacomerProseguendo lungo la via Ugo la Malfa per un'ottantina di metri, prendiamo a destra la via Muravera, che ci porta a una grande rotonda, che superiamo proseguendo dritti in via Parigi, dove si trova il grande stadio Scalarba. La città di Macomer ospita, nel popoloso quartiere Scalarba, l'omonimo stadio comunale, dotato di piste d'atletica leggera, con una capienza di oltre 3500 posti. A Macomer sono presenti tre società calcistiche principali, l'Associazione Sportiva Macomer, ossia AS Macomer, fondata nel 1923, con colori sociali giallo-Rossi che sono i colori di Macomer, vanta varie partecipazioni alla serie D ed all'Eccellenza sarda; la Polisportiva Macomerese viene fondata nel 1974, con colori sociali bianco celesti l'A.S.D. Pizzinnos, che si occupa solo del settore giovanile, fondata nel 2006, ha iscritti nelle sue file circa 150 ragazzi, ed ha colori sociali giallo blu. Sono, inoltre, presenti anche società di pallavolo, pallacanestro, atletica, tennis, judo, karate, ciclismo. La Chiesa di Nostra Signora d'Itria
Il Cimitero di MacomerProseguendo dopo la Chiesa di Nostra Signora d'Itria lungo la via Santa Maria in direzione sud, si trovano i diversi ingressi laterali del grande Cimitero di Macomer, che si sviluppa lungo la strada per più di centosettanta metri. Resti del nuraghe Corte
La Chiesa di Santa Maria de su Succursu o della Madonna del Soccorso
Sembra che la Chiesa di Santa Maria abbia rivestito il ruolo di Chiesa parrocchiale, prima che il paese chiamato Macomer si trasferisse in un luogo più elevato e probabilmente più sicuro, sulla roccia dove sorse il castello e successivamente la parrocchiale di San Pantaleo. Resti del nuraghe su TilipircheDalla piazza, prendiamo verso sud ovest la via Aldo Moro, e, dopo un'ottantina di metri, prendiamo la via F. Pani. La seguiamo per una quarantina di metri, e, sulla sinistra, troviamo il viottolo che ci porta ai resti del nuraghe su Tilipirche. Questo nurahe è stato incluso in tempi recenti in un parchetto di riqualificazione urbana, delimitato dai due nuraghi, il nuraghe Corte ed il nuraghe su Tilipirche, che sono situati a circa quattrocento metri di distanza uno dall'altro. I campi da calcio di Macomer di via Papa SimmacoDalla Chiesa della Madonna Missionaria, invece di prendere a destra o a sinistra la via Toscana, proseguiamo dritti sulla continuazione della via Emilia, che è la via Papa Simmaco. Percorsa per Ottocento o novecento metri, vediamo, alla sinistra della strada, i campi da calcio di via Papa Simmaco di Macomer. Si tratta di due campi, denominati rispettivamente campo Sertinu 1, in grado di ospitare 99 persone, e campo Sertinu 2. Il carcere di Macomer
Che cosa si trova nei dintorni di MacomerVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell'abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Macomer sono presenti molto più di un centinaio di siti archeologici. Sono stati portati alla luce i resti dei menhir presenti nell'area archeologica di Tamuli; della necropoli di Filigosa che ha dato il nome alla cultura omonima; della muraglia megalitica di Pedra Oddetta; delle tombe di giganti Castigadu, Chentu Istradas, Edrosu, Figuranchida, Ispadazzu, lavredu, Puttu 'e Oes, sa Pattada, Santa Barbara, Sas Giagas, Solene, su Cadelanu, su Gunventu, Tamuli I, Tamuli II, Tamuli III; dei protonuraghi Mandras, Mene, monte Manzanu, monte Pitzolu, monte Sara, Orbentile, Serra Meana, su Salighe, Tottori; dei nuraghi semplici Aeddo, Arculentu, Ascusa, Badde Figu, Bidda Edra, Cabudebbene I, Cabudebbene II, Chentu Istrada, Cogolatzu, Columbos, Corte, Crabarida, Cuccuru ladu I, Cuccuru ladu II, 'e Mesu, Edrosu, Elighe, Erbeghiles, Ferulaghes, Figados, Figados II, Figuranchida, Foddedis, Funtana Ide, Fuscas, Iria, Iscrocca, Madde, Mandras II, Maronzu, Mazzacaddos, monte Muradu, Mura de Putzu, Mura Ine, Mura Ine II, Mura Sauccu, Mura Ulas, Nuradorzu, Nuvole, Pattada, Pazza, Pedrabardile, Pedrabardile II, Pilinzones, Pintuleddu, Pischinarza, Porru, Pubuttu, Rocca Ruggia, Ruggiu, sa Coa de sa Mela, sa Crabarza, sa Figu Niedda, sa Maddalena, sa Mandra Tunda, sa Matta 'e sa Muzzere, sa Mura de Bara, sa Pedra, sa Ucchiusura I, sa Ucchiusura II, Sant'Antonio, Sas Cariasas, Sauccu II, s'Ena de Padria, s'Iscobargiu I, s'Iscobargiu II, Solene, s'Ortigosu, Sporlo, Succoronis, Suppiu, Terra Tenera, Toccori, Tossilo, Tossilo II, Traina, Turrigas, Turrigas II, Ulimos; dei nuraghi complessi Basones, Castigadu, Funtana Codina, Funtana Mela, lavredu, Orta, Prunas, Santa Barbara, su Tilibirche, Susugias, Tamuli; dei nuraghi Coa nuraghe, Mura Ine III, s'Ungone, tutti di tipologia indefinita; mentre non rimane più alcuna traccia del nuraghe Cherchizzo, che è stato distrutto. Resti della necropoli di Filigosa che ha dato il nome alla cultura di FiligosaDa Macomer, al termine del corso Umberto I verso nord, alla rotonda dove arriva da sinistra la via Emilio Lussu, prendiamo la SS129bis che si dirige a nord. Percorsi settecentocinquanta metri, prendiamo a destra, seguendo le indicazioni, la strada che porta al nuovo Presidio Ospedaliero di Macomer. Al termine della strada, una stradina sterrata sulla sinistra porta sulla collina di Filigosa, sulla cui parete, rivolta verso sud, vediamo le quattro domus de janas che costituiscono la necropoli ipogeica di Filigosa. Le prime tre tombe sono costruite ai piedi della collina, mentre la quarta, più in alto, si trova vicino al nuraghe Ruju. Le tombe sono tutte costituite dal dromos, un lungo corridoio d'accesso a cielo aperto, che immette in una prima camera con focolare rituale e piccole coppelle circolari scavate nel pavimento, utilizzate presumibilmente per la deposizione di offerte. Da questa si accede alle camere funerarie vere e proprie, che troviamo in numero da otto nella tomba 1, la più grande ed importante, a due della tomba 3, la più piccola. La tomba 1 ha il dromos lungo quasi 12 metri, camere con forma quadrangolare, con dei divisori in leggero rilievo. Il focolare ha un bordo di forma anulare in rilievo e una coppella centrale.
Resti del nuraghe semplice Ruggiu
L'area archeologica del nuraghe complesso Santa Barbara con la tomba di giganti omonimaDa Macomer, prendendo la SS131 di Carlo Felice verso nord, all'altezza del chilometri 145, troviamo una piazzuola con le indicazioni per l'area archeologica del nuraghe Santa Barbara. È il più significativo nuraghe in territorio di Macomer, edificato in posizione strategica, a 630 metri di altezza, su un grande gradino dell'altopiano di Campeda. Si tratta di un nuraghe complesso, quadrilobato. La Torre centrale, alta quindici metri e con il diametro di nove metri, presenta due stanze sovrapposte con le tholos rimaste intatte. Le quattro torri laterali, con camera interna a tholos, sono state aggiunte in una fase successiva. Il complesso è circondato da un ampio bastione esterno con muri convessi dell'altezza di oltre otto metri, edificato contemporaneamente alle torri laterali, che comunicavano tra loro attraverso dei corridoi che si snodavano all'interno dello spessore dei muri esterni. Presenta un piccolo cortile interno, davanti all'entrata della Torre centrale. Intorno al nuraghe, oltre alle tracce dell'antemurale, si vedono i resti di un villaggio nuragico, il cui uso è proseguito in età romana e altomedievale. Scavi di questo nuraghe sono stati effettuati dal 1979 al 1981. Alla distanza di duecento metri dal nuraghe, spostandosi verso nord, si raggiungono i resti della tomba di giganti Santa Barbara edificata a un'altezza di 647 metri. La ex stazione ferroviaria di Campeda
L'imponente muraglia megalitica di Pedra Oddetta nella vallata del Rio s'Adde
Il Rio s'Adde scorre lungo una profonda gola, nella periferia nord nord est di Macomer, e nel campo dell'archeologia è prevista la valorizzazione della sua vallata. È prevista una serie di investimenti, sia nella grotta dove è stata rinvenuta la Venere di Macomer, che con un collegamento, attraverso un sentiero panoramico, del sito archeologico di Filigosa con la muraglia megalitica di Pedra Oddetta. L'area archeologica di TamuliDa Macomer, al termine del corso Umberto I verso nord, alla rotonda, prendiamo a sinistra la via Emilio Lussu, che si dirige verso sud, la seguiamo per duecentocinquanta metri, poi prendiamo a destra, la strada che si dirige verso ovest. Seguiamo questa strada per circa quattro chilometri, ed arriviamo sul lato settentrionale del monte Sant'Antonio che descriveremo più avanti. Qui, sulla destra della strada, troviamo il parcheggio che consente di accedere alla vicina area archeologica di Tamuli. Le tombe di giganti di TamuliAll'interno dell'area archeologica sono presenti le tre tombe di giganti di Tamuli del tipo detto a filari, purtroppo in cattivo stato di conservazione. La tomba I ha un'ampia esedra semicircolare e presenta un corpo tombale allungato e absidato. Il semicerchio dell'esedra presenta lungo il perimetro un sedile formato da ventisette blocchi, ed, al centro dell'esedra, l'ingresso alla camera funeraria è dato da una lastra forata dal portello trapezoidale, sopra una soglia rialzata. La camera funeraria rettangolare conserva, in prossimità dell'ingresso, un solo ortostato finemente squadrato, mentre la lastra di testata si conserva solo parzialmente. Al centro dell'esedra giace il concio a dentelli che sovrastava la lastra d'ingesso, con rientranza nella faccia anteriore, quattro dentelli alternati a tre incassi e una breve risega nella faccia posteriore. Della tomba II, che si trova più a ord est, invasa dal crollo e dalla terra, è possibile individuare il profilo del corpo tombale absidato e dell'esedra. Nell'emiciclo dell'esedra si trovano alcune pietre piatte e levigate che facevano parte della pavimentazione della camera funeraria interna. La tomba III, ancora più a nord est, è in pessimo stato di conservazione. Le tomba di giganti di Tamuli sono tutte orientate verso sud est, con un azimut di 145°, e non è stato ancora ipotizzato dove dovesse puntare il loro allineamento. I famosi sei menhir di TamuliA sud ovest della meglio conservata, ossia della tomba I, sono presenti sei betili chiamati Sas Pedras Marmuradas de Tamuli. Si tratta di menhir alti circa un metro e mezzo, dei quali tre sono mammellati e raffigurano presumibilmente divinità femminili, mentre gli altri tre sono lisci e rappresentano quindi il simbolo fallico. I resti del nuraghe complesso di TamuliA un centinaio di metri di distanza dai betili, sempre in direzione sud ovest, si raggiunge il nuraghe di Tamuli un nuraghe complesso edificato a 713 metri di altezza, con una Torre centrale e un bastione bilobato di fronte, che ospitava probabilmente due torri aggiunte. Il nuraghe è in gran parte crollato e quindi inaccessibile all'interno. Davanti al nuraghe, si trovano sei capanne di probabile datazione posteriore, con pianta ovale oblunga, tutte perfettamente conservate. Dai bassi portelli d'ingresso possiamo entrare ed osservare il soffitto, che è formato da lastre di pietra disposte a piattabanda. Il sito di Tamuli è aperto al pubblico. Il monte Sant'AntonioProseguendo lungo la via Emilio Lussu verso sud, usciamo da Macomer sulla SP43, in direzione sud ovest verso Santu Lussurgiu. Dopo circa sei chilometri, raggiungiamo la struttura fieristica Sant'Antonio. Prendendo la deviazione sulla destra subito dopo questa struttura, raggiungiamo la sommità del monte Sant'Antonio chiamato monte delle Code in antichi documenti o vecchie cartine della zona, è un rilievo di origine vulcanica che supera di poco gli 800 metri, che per la maggior parte della superficie ricade nel territorio di Macomer, mentre solo alcune centinaia di ettari appartengono ai distretti di Borore e di Sindia. La copertura arborea del monte è caratterizzata da varie specie arboree, tra cui diverse querce, alcune delle quali hanno più di centoanni, dalla roverella, dall'agrifoglio e dall'alloro, ma non mancano esemplari di leccio e di Celtis Australis, pianta dai più conosciuta sotto il nome sardo di Surzaga. La ricca vegetazione ospita una fauna altrettanto numerosa costituita da piccoli roditori, conigli selvatici e dalla più rara lepre sarda, dal cinghiale, dalla volpe, dalla donnola e dalla martora. La Chiesa campestre di Sant'Antonio da PadovaSulla sommità del monte è presente la Chiesa campestre di Sant'Antonio da Padova immersa nella vegetazione del bosco, costruita dai fedeli in onore di Sant'Antonio. Sulla vetta sono presenti anche due statue, una della Madonna e l'altra di Sant'Antonio, ed un altare per celebrare la messa all'aperto. Dal parco attrezzato per i picnic si raggiunge la piccola Chiesa percorrendo un sentiero lastricato, che rappresenta la via Crucis lungo la quale delle sculture raffigurano le tappe della passione di Cristo. La festa di Sant'Antonio è una festa campestre che inizia il primo giugno, e prevede che per tredici giorni i fedeli si rechino sul monte per seguire la Messa. Il 12 mattina, alle prime luci, tutta la popolazione accompagna il simulacro ligneo del Santo, che viene portato a spalla, in processione per tredici chilometri, dalla parrocchiale di San Pantaleo fino alla piccola Chiesa, ed il 13, data della ricorrenza, si svolge la vera e propria festa, con la messa solenne, la processione in costume, canti ed una grande festa campeste. Il 14 si ritorna a Macomer, alla presenza dei gruppi in costume dei fucilieri e naturalmente non possono mancare i cavalieri. Si sosta all'inteno della caserma dell'esercito, per proseguire all'interno del paese fino a raggiungere la via principale che porterà alla Chiesa. I resti del nuraghe semplice Sant'AntonioSubito dopo la Chiesa, a 793 metri di altezza, si trova il nuraghe Sant'Antonio un nuraghe semplice, monoTorre, con la camera di forma ellittica, senza nicchie, con la volta a tholos. Il nuraghe è quasi completamente avvolto dalla vegetazione, e dalla sua sommità si gode di un bellissimo panorama, con la vista che spazia dalla folta foresta sottostante, al Montiferru e alla Planargia, fino all'altopiano di Abbasanta e ai monti del Gennargentu. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima del nostro viaggio, da Macomer ci recheremo verso ovest fino a rientrare nella regione storica della Planargia, e raggiungeremo Sindia l'unico paese della Planargia passata nella provincia di Oristano che ha deciso invece di tornare in quella di Nuoro, e la visiteremo insiema all'Abbazia cistercense di Cabuabbas o di Nostra Signora di Corte. | ||||
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