San Gavino Monreale paese sorto intorno alla chiesa di San Gavino Martire considerata il Pantheon degli Arborea
In questa tappa del nostro viaggio, da Villacidro ci recheremo a San Gavino Monreale che visiteremo con il suo centro, dove si trova la chiesa di San Gavino Martire che con i suoi bassorilievi viene considerato il Pantheon degli ultimi sovrani del Giudicato di Arborea, e con i suoi dintorni nei quali si trova l'importante fonderia. Nel Monreale o Campidano di Sanluri Il Monreale detto anche Campidano di Sanluri è una regione della Sardegna sud occidentale. anticamente il territorio del Monreale apparteneva al Giudicato d'Arborea di cui occupava la parte meridionale della Curatoria di Bonorzuli. I comuni che ne fanno parte sono Arbus, Gonnosfanadiga, Guspini, Pabillonis, Samassi, San Gavino Monreale, Sanluri, Serramanna, Serrenti, Vallermosa, Villacidro. I comuni di Serramanna e Serrenti sono ai confini tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, per cui possono essere conderati anche appartenenti a quest'ultimo. Il territorio del Monreale è prevalentemente pianeggiante, con diverse aree collinari. Nel territorio del Monreale esistono testimonianze prenuragiche, nuragiche, fenicio puniche e romane. Il territorio rientra totalmente nella Provincia del Sud Sardegna.
In viaggio verso San Gavino MonrealeUsciamo da Villacidro con la SP61, che si muove in direzione nord est e che, in otto chilometri e mezzo dal cartello segnaletico che ha indicato l'uscita dall'abitato, raggunge l'incrocio con la SS197 di San Gavino e del Flumini proveniente da Guspini, che poi, proseguendo dritta, porta all'abitato di San Gavino Monreale. Dal Municipio di Villacidro a quello di San Gavino Monreale si percorrono 12.6 chilometri. Il comune chiamato San Gavino Monreale Il comune chiamato San Gavino Monreale (nome in lingua sarda Santu 'Ainju, altezza metri 54 sul livello del mare, abitanti 8.119 al 31 dicembre 2021), che assume il nome di Monreale, come contrazione della denominazione di Mons regalis, è un importante centro agricolo al centro della pianura del Campidano, equidistante sia da Cagliari che da Oristano. A San Gavino Monreale avremmo potuto arrivare anche dalla SS131 di Carlo Felice, uscendo a Sardara e percorrendo la SP62 per sette chilometri. Oppure da Sanluri percorrendo la SS197 per dieci chilometri. Il paese chiamato si estende nella parte nord occidentale della provincia, al centro della piana del Campidano, nei pressi del rio Malu, e, come già detto, è facilmente raggiungibile tramite la SS197 di San Gavino e del Flumini, che ne attraversa il territorio. La linea ferroviaria che collega Cagliari con Ozieri Chilivani ha uno scalo sul posto. Il paese è bagnato a nord dal rio Pardu. Il territorio comunale, particolarmente fertile e ricco di acqua, presenta un profilo geometrico vario, con differenze di altitudine appena accennate.
Il comune fa parte dell'Associazione nazionale delle Città della Terra Cruda Questo paese fa parte dell'Associazione nazionale delle Città della Terra Cruda, nata per promuovere il recupero delle tradizioni e del patrimonio edilizio, naturalistico, artistico e storico delle comunità. Questa associazione comprende, in Sardegna, i comuni di Decimoputzu, donori, Fluminimaggiore, Furtei, Gonnosfanadiga, Guspini, Musei, Nuraminis, Pabillonis, Samassi, Samatzai, San Gavino Monreale, San Sperate, Sardara, Segariu, Selargius, Serramanna, Serrenti, Settimo San Pietro, Solarussa, Soleminis, Ussana, Ussaramanna, Vallermosa, Villa San Pietro, Villacidro, Villamassargia, Villasor.
Origine del nomeIl nome San Gavino è attestato nell'anno 1341 come Pro domino Guiducio Mamelli canonico San Gavini, ed identifica evidentemente il patronato del Santo. Si tratta della traduzione italiana della denominazione sarda Santu Baíngiu Morreali. San Gavino, in sardo Gabínzu E Baíngiu, è uno dei tre martiri Cristiani di Porto Torres, ed il suo nome deriva dal gentilizio latino Gabinius. La specificazione di Monreale deriva dal fatto che il villaggio è situato nelle vicinanze del colle sulla cui cima c 'era il Castello di Monreale. La sua economia Oggi la sua economia si basa su tutti i settori produttivi. L'agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, e molto interessante è la produzione dello zafferano del quale è il principale produttore italiano, favorito soprattutto dalle condizioni climatiche e biologiche. Lo zafferano viene raccolto da molti privati, e si ritiene che la sua coltivazione sia iniziata attorno al quattordicesimo secolo, Come documentato dal Regolamento pisano del porto di Cagliari del 1317, che contiene precise norme disciplinari per l'esportazione degli stimmi dello zafferano dalla Sardegna. Inoltre è, dal 1990 circa, il secondo distretto sardo del riso. Si allevano bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L'industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, tra cui il lattiero caseario, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metalmeccanico, della fabbricazione di strumenti ottici fotografici, cantieristico, dei mobili, della gioielleria e oreficeria ed edile. Il terziario si compone di una sufficiente rete distributiva e dell'insieme dei servizi. La bella posizione, nel cuore del Campidano, attira numerosi turisti. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno.
Brevi cenni storiciLe sue origini risalgono molto probabilmente al periodo prenuragico e nuragico, visti i reperti rinvenuti risalenti a tali periodi. La dominazione romana è testimoniata da una necropoli, il peristilio di una villa rustica e altri rinvenimenti. Il paese ha avuto origine da due villaggi, detti Ruinas Mannas e Ruineddas, che sul finire del decimo secolo si sono uniti a un altro chiamato Nurazzeddu. L'origine del nome dell'abitato è dovuta all'insediamento dei primi abitanti intorno al villaggio di Nurazzeddu, che comprendeva una piccola chiesa dedicata appunto a San Gavino. Alcuni suppongono che sia stato il giudice Gonnario Comita de Lacon-Gunale, regnante nei due Giudicati di Arborea e di Torres, nell'undicesimo secolo a intitolare la chiesa ed il vicino monastero a San Gavino. Gli abitanti da Nurazzeddu si sono in seguito spostati verso ponente, dove esisteva la piccola chiesa di Santa Chiara Vergine, dell'Ordine Serafico, e quella della Santa Croce, ed abbandonano l'antica parrocchiale di San Gavino. All'incrocio di importanti percorsi viari, nel Medioevo il paese appartiene al Giudicato di Arborea, dove, situato proprio al confine tra il Giudicato d'Arborea e il Giudicato di Càralis, è il capoluogo della curatoria di Bonorzuli. Durante la guerra tra sardi e Catalani, il paese viene quasi completamente distrutto, e alla caduta del Giudicato, intorno al 1410, passa sotto il dominio aragonese. La dizione Monreale viene aggiunta durante la dominazione spagnola, ed è dovuta alla vicinanza del borgo al Castello di Monreale, appartenente al giudice di Arborea, dove soggiorna anche Teresa d'Entenca, sposa di don Alfonso d'Aragona. Concessa ai Centelles, feudatari del Marchesato di Quirra, passa poi agli Osorio de la Cueva, ed il feudo viene riscattato nel 1839, con la soppressione del sistema feudale e diviene un comune autonomo. Nel 1863 viene cambiata la denominazione dello storico comune di San Gavino, che diventa San Gavino Monreale. Nel 1932 vi venne impiantata una fonderia per piombo e zinco provenienti dalle miniere di Montevecchio, che venne chiusa nel 2009 e riaperta qualche anno dopo, ed è ancora attiva ai giorni nostri. Del comune di San Gavino Monreale nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari in quella nuova del Medio Campidano, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Successivamente nel 2016, con l'abolizione di quest'ultima provincia, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna. Le principali feste e sagre che si svolgono a San Gavino Monreale A San Gavino Monreale, in occasione dei raduni folkloristici viene esibito l'antico costume tradizionale. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a San Gavino Monreale vanno citate, la domenica e il martedì prima del mercoledì delle Ceneri si svolgono da decenni le manifestazioni del Carnevale Sangavinese, con sfilata, concorso di carri allegorici costruiti interamente in cartapesta e con manifestazioni di contorno, e si consideri che, grazie all'abilità con la cartapesta degli artisti locali, i carri di San Gavino sono ritenuti tra i più belli della Sardegna e l'uso di realizzarne con caratteristiche simili si sta diffondendo in molti comuni, più o meno limitrofi; durante le celebrazioni pasquali, il Venerdì Santo si tiene la sacra rappresentazione di Su Scravamentu, ossia la rappresentazione della schiodatura e della deposizione di Gesù Cristo dalla Croce; la prima domenica di maggio, la Festa di San Gavino Martire; la terza domenica di maggio, la Festa di Sant'Isidoro, tradizione che risale almeno a fine 1600, e durante la Festa del protettore degli agricoltori sfilano cavalli e carri e si evidenziano gli usi della cultura agricola; dal primo giugno fino al 30 settembre, si svolge la manifestazione denominata Estate Sangavinese, con sport, cultura e spettacolo; il 12 agosto, la Festa di Santa Chiara d'Assisi Vergine, patrona di San Gavino Monreale, ed il giorno successivo si svolge la giornata dell'Emigrato dedicata ai sangavinesi emigrati da San Gavino per qualsiasi motivo; l'1 ottobre, la Festa di Santa Teresa di Gesù Bambino; a novembre, da non perdere, è la Mostra Mercato dello Zafferano, che è l'esposizione regionale dello zafferano, dell'agro alimentare, dell'artigianato e delle attività produttive, durante la quale la giornata della promozione dello zafferano è caratterizzata da assaggi di piatti tradizionali locali, rigorosamente allo zafferano; il 13 dicembre, la Festa di Santa Lucia.

Visita del centro di San Gavino MonrealeL'abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. San Gavino Monreale, da qualche anno, è diventato famoso per i suoi murali. Nel 2013, dopo la morte prematura di Simone Farci, detto Skizzo, un gruppo di amici decide di lasciare qualcosa che perpetui la sua memoria, e tra le tante idee prevale quella di un murale. Una volta ricevuto il benestare della famiglia e dell'amministrazione comunale, si sceglie l'artista, che è il compaesano Giorgio Casu, in arte Jorghe, muralista di livello internazionale. Tutto il paese collabora in questo progetto attraverso offerte e collaborazione diretta, l'esperimento riuscito incoraggia la realizzazione anche di altri murali, che ad oggi sono diventati più di quaranta, e da qualche anno a questa parte stanno regalando colori ai muri della cittadina. 
Il Complesso sportivo di via del conventoVisitiamo il centro del paese, entrandoci da sud ovest prevenendo da Villacidro con la SP61, che arriva a una rotonda dove incrocia la SS197 e poi, proseguendo dritta, ci porta all'interno dell'abitato, nel qiale assume il nome di via Villacidro. Dopo la rotonda all'incrocio della SP61 con la SS197, percorsi cinquecento metri sulla via Villacidro, prendiamo sulla destra la via del convento, lungo la quale, dopo circa duecentocinquanta metri, si apre uno spazio a destra nel quale si trovano gl ingressi del Complesso sportivo di via del convento. All'interno di questo complesso sportivo si trovano un Campo da calcio principale con fondo in erba sintetica, dotato di tribune in grado di ospitare 755 spettatori; ed un secondo Campo da calcio con fondo in erba naturale, senza tribune, all'esterno del quale si trovano le Piste di atletica leggera, nella quale praticare corse su pista ed altre discipline di atletica. 
La chiesa e il convento di Santa Lucia Da dove dalla via Villacidro avevamo presa a destrala via del convento, in circa quattrocento metri vediamo sulla destra, al civico numero 78, La chiesa e il convento di Santa Lucia che si trovano ai margini meridionali dell'abitato. La storia del convento e della chiesa è stata ricostruita attraverso i ritrovamenti e le scoperte a seguito dei vari cantieri di restauro susseguitisi nel secolo scorso, ed ha dimostrato che sono stati edificati nell'undicesimo secolo, e frequentati in principio da monaci bizantini detti Basiliani, testimoniata dal ritrovamento di due mensoloni in pietra che presentano ornamenti considerati di matrice bizantina, un frammento di colonna a sezione ottagonale ornata con pampini in rilievo, tracce di una precedente cupola di matrice bizantina, ed anche lo stile dei cinque archi del chiostro, adiacenti all'attuale refettorio, richiama chiaramente lo stile basiliano. Alla stessa tradizione religiosa fanno pensare i Santi che, negli antichi documenti, risultano essere stati venerati nel convento, ossia San Michele, San Raffaele Arcangelo, e San Gabriele. In seguito, i monaci Basiliani lasciano il convento, che viene abitato già nel tredicesimo secolo dai Benedettini, chiamati dai sovrani dei Giudicati anche in altre parti dell'Isola. Non è possibile ricostruire la storia successiva fino al 1580, anno dell'arrivo dei Francescani, che trasformano la piccola chiesa nell'impianto attuale. Tale trasformazione e ampliamento sembra databile intorno al 1700, così come appare certo che per i lavori di ampliamento siano stati utilizzati materiali provenienti dalla vicina area cimiteriale, tra cui diverse lapidi riportanti delle iscrizioni in caratteri gotici, tuttora conservate all'interno dell'edificio, sebbene piuttosto corrose e rovinate dal tempo.

Il convento di Santa Lucia è stata sede di importanti attività religiose e, fino dal 1657, ha ospitato l'università di Teologia e lettere, che è stata dotata di una importante e ricca Biblioteca. La chiesa ed il convento sono stati dichiarati dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali nel 2015 sito di interesse culturale storico-artistico. Presso questa chiesa, ogni anno il 13 dicembre si svolge la Festa di Santa Lucia, preceduta da confessioni, vespri e la messa il giorno precedente, e caratterizzata da numerose cerimonie religiose il giorno solenne, seguite dalla messa solenna e dalla processione serale per le strade del quartiere con una ficcolata notturna.
La chiesa di San Gavino Martire Proseguendo per settecentocinquanta metri lungola via del convento, arriviamo a una rotonda dove prendiamo a destra la via Santa Severa, dopo centocinquanta metri prendiamo a sinistra la via San Gavino e, in poco più di una cinquantina di metri, troviamo sulla destra della strada la Chiesa di San Gavino intorno alla quale è sorto il nucleo originario del paese, e che ne è stata la parrocchiale dalla sua edificazione fino al 1576, data in cui la chiesa patronale è diventata quella di Santa Chiara. Dal 1 gennaio 1957 la chiesa è gelosamente custodita dalle suore del Cenacolo, che ne vietano l'accesso tranne che un giorno in occasione della manifestazione Monumenti aperti. Si ritiene questa chiesa sia stata fatta edificare da maestranze pisane intorno al 1347 da Mariano IV, giudice d'Arborea, e forse completata dalla leggendaria figlia Eleonora, ma è stata in seguito restaurata nel diciottesimo secolo, e di conseguenza è giunta a noi pesantemente modificata rispetto alle originarie strutture gotiche. Al centro della facciata è presente il portone rettangolare, con in alto una piccola finestra circolare, e, nella monofora del campanile a vela, una piccola campana. Sulla facciata ci sono dei mascheroni scolpiti, che la tradizione attribuisce alle maestranze che eressero la chiesa. Sul lato sinistro è stato sfondato il muro trecentesco per fare posto ad una porta e ad una finestra nell’abside, mentre sul lato destro si aprono una piccola porta laterale e una finestra archiacuta. L'interno ha un'aula con una sola navata, le pareti intonacate, e la volta, originariamente lignea, in muratura. Unica parte della struttura trecentesca ad essersi salvata è l'abside, in pietra calcarea e vulcanica, a pianta quadrata e con una finestra archiacuta, che in origine era una bifora. Nella parete destra del presbiterio si trova un concio con incisa la data 1347, mentre dall'altra parte si trova dipinta la data 1388, e si può individuare fra le due date il lasso di tempo in cui è stata edificata al chiesa.

I restauri dell'abside effettuati nel 1983 hanno portato lo storico Francesco Cesare Casula ad identificare nell’abside, unica parte originale della chiesa, più precisamente nelle mensole che sorreggono le costolonature della volta, quattro altorilievi presenti su quattro mensole scolpite con figure antropomorfe, che si ritiene possano rappresentare gli ultimi giudici d'Arborea, ossia Mariano IV nel primo peduccio a sinistra, il figlio Ugone III nel secondo peduccio a sinistra, Brancaleone Doria marito della figlia Eleonora d'Arborea nel secondo peduccio a destra, ed Eleonora nel primo peduccio a destra. Mariano IV è raffigurato con lo scettro, la corona e lo stemma del Giudicato, l'albero deradicato. Ugone stringe a sé la figlia, Benedetta, pugnalata insieme al padre in una rivolta ad Oristano nel 1383. Brancaleone Doria, marito di Eleonora, è raffigurato come un'aquila che tiene con gli artigli il sovrano Pietro IV d'Aragona, che in quel periodo lo teneva prigioniero. Eleonora è raffigurata con una cicatrice sul volto, particolare che viene riproposto nella scultura. 
Sono gli unici ritratti degli ultimi giudici arborensi che ci sono pervenuti, e per questo motivo molti considerano la chiesa di San Gavino il Pantheon degli Arborea. Essendo a pochi chilometri dal Castello di Monreale è molto probabile che i sovrani ci si recassero spesso. Inoltre sul retro della chiesa, in corrispondenza della finestra dell'abside, sono presenti due altorilievi, a sinistra quello che rappresenta Eleonora con sotto due piccole teste sfigurate che potevano essere i figli Federico e Mariano V, morti bambini, ed a destra è rappresentata, ormai rovinata dal tempo, una scena di caccia, in cui si individua un cane che tenta di afferrare una figura non identificabile e un uccello rappresentato più in basso, che probabilmente doveva riprodurre la prigionia di Brancaleone Doria, tenuto in ostaggio fin dal 1384 dagli Aragonesi. 
La tradizione popolare narra dell'esistenza di una Cripta sotto l'abside della chiesa, e della vicinanza di un monastero benedettino. Nel 1989, durante gli scavi per i restauri, molti ebbero modo di scendere sotto il pavimento dell'abside, venendo però a trovarsi in uno spazio angusto e stipato da materiali di crollo. In seguito all'esito negativo degli scavi, nel 1991 si arrivò a concludere che la Cripta non esisteva, ma era sfuggito che la Cripta potesse non essere sotto l'abside, bensì sotto il pavimento della navata. Riflettendo sulla coincidenza della morte del figlio di Eleonora e della data di consacrazione della chiesa, dalle continue visite della giudicessa Eleonora ed anche di suo marito Brancaleone alla chiesa di San Gavino, alcuni ritengono che proprio in questa Cripta segreta potesse essere stato sepolto il piccolo Federico e chissà, magari anche la stessa giudicessa e forse gli ultimi sovrani arborensi. Di San Gavino Di Turris Libyissonis, ossia di Porto Torres, abbiamo la certezza che fu martirizzato al tempo di Diocleziano, il 25 ottobre del 303 circa. Al suo martirio dedicano l'intero mese di ottobre diversi documenti storici, come il Condaghe di San Pietro di Silki, la Carta de Logu e gli statuti di Sassari e Porto Torres, che chiamano questo mese Sanctu Gavini o Sanctu Aini. La sua morte è legata a quella del presbitero Proto E del diacono Gianuario entrambi santificati con lui. La tradizione, della quale manca però qualsiasi rilevanza storica, riferisce che durante le persecuzioni di Diocleziano, il presbitero Proto ed il diacono Gianuario sarebbero stati denunciati al governatore della Sardegna, Barbaro, che si trovava in Corsica e li avrebbe convocati presso di se per ricondurli alla fede pagana. Al rientro in Sardegna, Barbaro li avrebbe affidati a un soldato di nome Gavino, Cuidam militum nomine Gavino. Questi, convertito dai prigionieri, li avrebbe liberati. Barbaro avrebbe ordinato la decapitazione del soldato Gavino nel giorno del 25 ottobre, ed egli, subito dopo la morte, sarebbe apparso a Proto e Gianuario inducendoli a costituirsi, e Barbaro avrebbe fatto decapitare anche loro il 27 ottobre. Le reliquie dei tre martiri Gavino, Proto e Gianuario, rinvenute nel 1614, sono conservate in sarcofaghi del terzo o quarto secolo, nella Cripta della Basilica di San Gavino a Porto Torres.
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Presso questa chiesa, ogni anno la prima domenica di maggio si svolge la Festa di San Gavino Martire. I festeggiamenti religiosi iniziano il venerdì, quando nella chiesa di Santa Chiara viene effettuata la vestizione del Santo, seguita da una piccola processione che lo accompagna nella chiesa di San Gavino, dove verrà custodito dalle suore del Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria. La domenica mattina il programma religioso prevede la messa nella chiesa di San Gavino, seguita dalla processione per le vie del paese, accompagnata dalla banda musicale, dai cavalieri e dai gruppi folk, che si conclude davanti alla chiesa di Santa Chiara. Alle celebrazioni religiose si accompagnano numerose manifestazioni civili. 
Nella chiesa di San Gavino Martire sono state rinvenute diverse sepolture, alcune delle quali risalenti al quattordicesimo secolo, con diversi resti addirittura più antichi. Inoltre, al suo fianco, era presente un'area cimiteriale, nella quale le sepolture erano di persone comuni. In essa, durate l’epidemia del diciassettesimo secolo, i morti sono stati sepolti in fosse comuni su alcuni strati sovrapposti. Il Cimitero di San Gavino è stato ufficialmente usato fino al 1921, quando è stato inaugurato il nuovo Cimitero di San Gavino Monreale, ma la chiesa è rimasta cappella cimiteriale anche dopo lo spostamento, nel 1580, del titolo di parrocchia dalla chiesa di San Gavino alla chiesa di Santa Chiara.
Il Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria Evitando la deviazione nella via San Gavino, proseguiamo lungo la via Santa Severa che, in un centinaio di metri, costeggia il Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria che si trova alla sua sinistra, con ingresso al civico numero 25 della via Santa Severa. Si tratta di una Congragazione religiosa sorta in Sardegna nel 1957, fondata da Madre lina Pinna allo scopo di fornire il servizio delle opere di bene nella diocesi di Ales Terralba. Le suore del Cenacolo sono impegnate in molteplici opere nelle comunità parrocchiali, attività didattica nella Scuola dell’infanzia, oratorio, catechesi, servizio di Ministri Straordinari della Comunione e assistenza ai Sacerdoti. Il Cenacolo si trova nell'area dove era presente la zona cimiteriale della chiesa di San Gavino Martire, che, a partire dal diciannovesimo secolo, è stata recintata ed ampliata fino all’area della chiesa di Santa Severa, e ancora più tardi completamente chiusa per fare posto, appunto, al Cenacolo.
La vecchia chiesa di Santa Severa Subito dopo il Cenacolo, al suo fianco, sempre alla sinistra della via Santa Severa si trova la Vecchia chiesa di Santa Severa ossia Sa Cresia e Santa Sera, dedicata alla Santa romana che, con i suoi fratelli Marco e Calendrino, ha subito il martirio con flagelli di piombo sulla spiaggia di Pyrgi, nell'odierna frazione Santa Severa nel comune di Santa Marinella. Si tratta di un edificio a pianta rettangolare, con tre navate e uno spazio absidale costruiti parzialmente di mattoni crudi, che attualmente si trova incorporato all’interno delle proprietà del Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria. di questo edificio non si Sa con precisione l’anno dell’edificazione, ma alcuni sostengono che sarebbe stata edificata nel quattrocento, ipotesi che verrebbe confermata da alcuni documenti secondo i quali la chiesa sarebbe stata costruita dai profughi, fuggiti dal villaggio di Santa Severa di Monreale, dopo la battaglia di Sanluri del 1409 tra gli Aragonesi e l’esercito giudicale d’Arborea.
L’edificio è stato importante per la vita della comunità sangavinese perchché, secondo la tradizione, all’interno dell’edificio e più precisamente ai piedi dell’altare si trovavano due corpi do Santi, che secondo la tradizione avrebbero dovuto essere i resti di Proto e Gianuario. La Festa di Santa Severa è stata celebrata la prima domenica di luglio fino al diciannovesimo secolo. Una volta che la chiesa è stata annessa all’interno delle mura del Cenacolo, e quando la Festa non è stata più celebrata in maniera grande e pomposa come nell’antichità, l’edificio ha perso la sua importanza, divenendo un semplice rudere campestre, non visitabile e praticamente nemmeno fotografabile, nonostante un cartello la renda monumento storico per eccellenza.
Il Museo Due Fonderie Dopo la rotonda all'incrocio della SP61 con la SS197, percorsi cinquecento metri lungo la via Villacidro troviamo a destra la via del convento, proseguendo lungo la via Villacidro per altri quattrocento metri arriviamo all'incrocio con la linea ferroviaria. Subito prima della linea ferroviaria, alla sinistra, si vede uno spiazzo con l'ingresso di un cortile, che viene indicato come civico numero 2 della via Montevecchio, all'interno del quale si trovano gli ex magazzini della ferrovia che oggi ospita il Museo Due Fonderie il quale si propone di raccogliere, salvaguardare e trasmettere alle nuove generazioni la ricca eredità culturale, materiale e immateriale, della Fonderia di San Gavino Monreale e dell'antica Fonderia di Villacidro. Attualmente ospita un allestimento temporaneo comprendente i materiali raccolti durante la campagna di acquisizione ancora in corso, patrimonio che aspira ad essere implementato e arricchito dalle donazioni della la comunità. Al suo interno si articola in un'area allestimenti, destinata all'esposizione di oggetti e documenti appartenuti alla collettività, ed alla presentazionesu un grande schermo di fotografie d'epoca che ritraggono importanti aspetti del lavoro e della vita della comunità industriale; un'area proiezioni audiovisive, ambiente dedicato alla visione e all'ascolto delle testimonianze audiovisive dell'archivio del Museo; ed un laboratorio didattico per le diverse tipologie di utenti, dove i più piccoli possono imparare divertendosi con giochi sulle tematiche affrontate nel Museo.
La vecchia stazione ferroviaria di San Gavino MonrealePassata la linea ferroviaria, svoltiamo a destra ed arriviamo nella piazza Cesare Battisti, ed alla destra si vede la Vecchia stazione ferroviaria di San Gavino Monreale. Il paese era stato raggiunto dai binari della ferrovia nel 1871, quando è stato completato uno dei primi lotti della Dorsale Sarda, che collegava Cagliari al centro campidanese. San Gavino è stata, quindi, dotata di una stazione nel 1880, e collegata per alcuni decenni anche alla miniera di Montevecchio da una ferrovia industriale. Dopo più di un secolo, nei primi anni del nuovo millennio, viene approvato il progetto di raddoppio della linea da Decimomannu sino a San Gavino Monreale. contestualmente al lavoro di allungamento della tratta a doppio binario della Dorsale Sarda, già presente da Cagliari a Decimomannu, nel 2006 è iniziata la costruzione, dall'altra parte del paese, di una nuova stazione di tipo intermodale, ossia sia ferroviaria che per le autolinee, lavori completati nel 2007, e nello stesso anno i treni hanno abbandonato la storica stazione nel centro di San Gavino e il vecchio tracciato per servirsi del nuovo scalo. 
Il monumento ai marinai ed il Monumento ai Caduti del mare All'altro lato della piazza Cesare Battisti, alla sinistra, si trovano il Monumento ai marinai ed, accanto ad esso, il Monumento ai Caduti del mare. Un monumento ai marinai è stato inaugurato alla fine degli anni Sessanta del novecento dall'allora sindaco Bertolotti in quella che è l'attuale piazza Risorgimento, dove prima si trovava il mattatoio, e consisteva in due semplici vele di cemento armato che svettavano verso l'alto. In seguito, nella seconda metà degli anni Novanta, si decide per lo spostamento di questo monumento con quello ai caduti, che era stato installato nella piazza Cesare Battisti, quindi il Monumento ai Caduti viene portato nella piazza Risorgimento, mentre viene realizzato un nuovo monumento ai marinai, costituito da un'ancora in bronzo, che si trova attualmente nella piazza Casare Battisti, ed accanto ad esso viene posizionato un Monumento ai Caduti del mare, costituito da un masso con sopra una scritta per ricordarli.
Nei locali della galleria Civis si trova la collezione Nuccio DelunasPassata la piazza Cesare Battisti, la prosecuzione delle via Villacidro assume il nome di via Roma, lungo la quale proseguiamo per trecentocinquanta metri e vediamo, alla destra della strada, al civico numero 102, l'ingresso dell'edificio che ospita la Galleria Civis che è stato il deposito degli autobus della Satas, nella quale si trova anche la sede del Gal Campidano, che è il Gruppo di Azione locale del Campidano. Presso il Civis si può visitare la Collezione Delunas che può essere considerata a tutti gli effetti un Museo del calcio sardo. La collezione è stata donata dalla famiglia Delunas al Comune, e si caratterizza per quasi quattrocento oggetti legati a squadre locali e regionali, ed al suo interno è possibile ammirare, tra gli altri, la storica maglia numero 11 del Cagliari calcio appartenuta a Gigi Riva all'epoca del glorioso scudetto del 1970. Dall'inaugurazione avvenuta nel 2013, nelle teche di vetro si può ammirare ogni tipo di cimelio, dalle scarpe indossate dai calciatori ai palloni utilizzati durante le storiche partite, per passare poi ai giornali che raccontano le cronache, i contratti firmati, le figurine introvabili e le foto delle migliori squadre sarde. Questa mostra permanente è dedicata al grande Nuccio Delunas che militò nella storica Italpiombo, società legata alla realtà industriale della fonderia, sia come attaccante che, successivamente, come allenatore.
Lungo la via Armando Diaz la piazza Guglielmo Marconi e la casa Mereu Passata la piazza Cesare Battisti, la prosecuzione delle via Villacidro assume il nome di via Roma, lungo la quale proseguiamo per quattrocento metri, finché parte alla destra della strada la via Armando Diaz. Alla sinistra della via Armando Diaz, si trova la piazza Guglielmo Marconi la più importante piazza di San Gavino Monteleone, situata proprio al centro del paese, alla destra della prosecuzione della via Roma, sulla quale si affacciano diversi edifici di rilievo.
Proprio di fronte alla via Armando Diaz, all'altro lato della piazza, si vede la facciata della chiesa di Santa Chiara Vergine, alla sua sinistra nella piazza si affaccia l'edificio che ospitava il vecchio Municipio, mentre di fronte ad esso, alla destra della piazza, si affaccia il nuovo Municipio di San Gavino Monreale. Subito dopo il Municipio, alla destra della via Armando Diaz, al civico numero 8, si trova l'edificio che ospita la Casa Mereu significativo esempio di architettura A palattu campidanese, che riflette lo spirito urbano borghese dell'ottocento. Ristrutturata negli anni Venti del novecento, è appartenuta alla famiglia di Giovanni Mereu, noto anche per le sue attività in campo agricolo, finanziario e politico amministrativo. È stata in seguito donata al Comune, e si pensa che possa diventare un Centro di Eccellenza Gastronomica.
Il vecchio Municipio di San Gavino Monreale In piazza Guglielmo Marconi, sul lato sinistro, si trova l'edificio che ospitava il Vecchio Municipio di San Gavino Monreale. L'area su cui sorge viene acquisita nel 1854 dal Comune, il progetto è redatto nel settembre del 1856 dal Corpo reale del Genio Civile di Cagliari, con successiva modifica del settembre 1859. La costruzione termina nel 1861, ma poco più tardi, nel 1864, l'edificio subisce un intervento di modifica interna e distributiva, ed un altro intervento risale al 1878. Tali interventi non hanno, però, alterato l'assetto originario, fatta eccezione per i prospetti. L'edificio, anch'esso esempio di tipologia A palattu campidanese, si sviluppa su due livelli, i prospetti sono realizzati con un'attenzione particolare per la simmetria e il decoro, pur non presentando particolari elementi di arricchimento decorativo. L'edificio ha mantenuto la sua destinazione originaria fino agli anni Settanta del novecento, quando gli uffici comunali sono stati spostati nel nuovo edificio, sorto in seguito alla demolizione della chiesa di San Sebasciano, dove si trovano tuttora.
Il nuovo Municipio edificato dove si trovava la chiesa di San Sebastiano Martire In piazza Guglielmo Marconi, sul lato destro di fronte al vecchio Municipio, si trova l'edificio che ospita il Nuovo Municipio di San Gavino Monreale, con la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi ai cittadini. È un edificio che si trova nell'angolo tra la piazza Guglielmo Marconi e la via Trento, nella quale è presente il suo ingresso al civico numero 2, e sorge dove anticamente si trovava la chiesa di San Sebastiano Martire, che nel diciottesimo secolo, ormai ridotta a un rudere, viene sconsacrata, e utilizzata come deposito del grano poi diventato Monte Granatico. L'edificio appartiene poi al Banco di Sardegna, che lo cede al Comune, il quale lo demolisce alla fine degli anni Sessanta del novecento per edificare al suo posto il nuovo Municipio.
L'antica Chiesa di San Sebastiano Martire era un luogo di culto al centro della vita del villaggio, dato che gli abitanti si rivolgevano al Santo durante le grandi epidemie di peste del sedcesimo e del diciassettesimo secolo, in quanto anticamente questo Santo veniva invocato come protettore contro la peste. La prima attestazione sull’edificio è del 1576, quando i sangavinesi rendono grazie al Santo per una epidemia scampata, o per fare offerte proprio a protezione dalle grandi malattie di quei secoli. L’edificio era a pianta rettangolare, con un portale aperto nell’atrio della grande facciata, sopra la quale svettava una piccola campana posta sopra uno spesso cornicione bordato, rifatta nel 1745 da un certo Efis Mura ed oggi conservata nella Casa Museo dona Maxima. Da alcune foto dell’inizio del novecento, si può notare che aveva cinque finestre simmetriche poste nella facciata d’ingresso, tre nel lato superiore e due nel lato inferiore. Il tetto dell’edificio era a capriate lignee, ma non si Sa molto di quali fossero gli arredi interni. L’ultima attestazione della chiesa di San Sebastiano risale al 1769.
L'Archivo Storico e di Deposito del Comune Nella via Trento, dopo l'ingresso del Municipio al civico numero 2, al piano terra di un edificio adiacente alla sinistra del palazzo municipale, si trova l’Archivio Storico e di Deposito del Comune, che conserva i documenti prodotti e ricevuti dall’Amministrazione locale dalle sue origini fino al 1967, oltre a quelli di alcuni enti o uffici i cui archivi sono confluiti in quello comunale. Tra le tante testimonianze presenti in archivio, il documento più antico risale al 1743, sono inoltre presenti le risoluzioni consolari a partire dal 1797; gli atti relativi al patrimonio comunale, e tra questi la ripartizione dei terreni comunali ai cittadini, e quelli relativi al convento dei Frati minori i cui beni nel 1866, con la soppressione delle corporazioni religiose, entrarono a far parte del patrimonio comunale; la presenza dei progetti per la costruzione di diversi antichi edifici pubblici, gli atti relativi al funzionamento delle carceri e tanto altro.
La chiesa parrocchiale di Santa Chiara Vergine Nella piazza Guglielmo Marconi si affaccia la Chiesa di Santa Chiara Vergine che è la parrocchiale del paese. Per quanto riguarta la sua origine, si sa che verso il quindicesimo secolo il nucleo medievale della villa, che allora si trovava vicino alla chiesa di San Gavino Martire, si è spostato in una posizione più centrale e più facilmente difendibile, dove esisteva una cappella dedicata a Santa Chiara Vergine dell'Ordine Serafico. Tra il 1574 ed il 1584, la cappella di Santa Chiara viene eretta a parrocchia da Fra Lorenzo di Villa Vincenzio Spagnolo, appartenente all'Ordine Serafico di San Francesco d'Assisi, che era il Vescovo della diocesi di Ales nel sedicesimo secolo. Nel corso dei secoli l’edificio è andato incontro a diverse modifiche che ne hanno mutato pesantemente i tratti originari. Nel settecento viene ristrutturata, e viene dotata di un campanile che anticamente era situato sulla parte laterale destra della chiesa, era molto alto e finiva a punta, ma rischiava di crollare e intorno al 1956 è stato rifatto, ora si trova sulla sinistra ed è più basso. All'esterno, l’edificio possiede una facciata A cappello di carabiniere, motivo quasi esclusivamente utilizzato in Sardegna, e si accede all'interno attraverso due portoni di bronzo recentemente arricchiti con dei bassorilievi, uno dei quali si affaccia sulla piazza Marconi, e l’altro sulla via Trento.

La pianta della chiesa è a forma di croce latina, come gli altri edifici catalani dell’isola. Inizialmente possedeva un’unica navata centrale con copertura lignea sorretta da quattro arcate ogivali, tuttavia negli ultimi anni del quattrocento, in concomitanza con l’aumento demografico, vengono aggiunte altre sei cappelle per seppellirvi i nobili catalani, mentre il resto della popolazione continua ad essere sepolta nel Cimitero sito in prossimità della chiesa di San Gavino Martire. All'interno il soffitto è di legno scuro, e il pavimento è di marmo, nella navata centrale ci sono due file di banchi, e altre due file nelle cappelle laterali. Il pavimento è di marmo, nel presbiterio è presente l’altare maggiore, di marmo bianco e marrone, con quattro angeli in marmo bianco, due su e due giù, è stato creato alla fine del diciottesimo secolo da Michelino Spazzi, ed è dedicato alla patrona Santa Chiara. 
Le due cappelle principali sono dedicate rispettivamente alla Madonna delle Meraviglie e a Santa Maria Addolorata, mentre le altre sei cappelle laterali, in stile gotico, sono dedicate a San Michele, San Gioacchino, Sant’Isidoro, ai Sette Dolori, alla Madonna Immacolata e al Rosario. La chiesa ospita pregevolissime statue lignee di Giuseppe Antonio Lonis, il maggiore scultore sardo del diciottesimo secolo, nato a Senorbì nel 1720, e sono la Vergine del Carmine, San Giuseppe, San Giovanni Battista, San Domenico, Sant’Isidoro, Sant’Efisio, e Sant’Antonio. Intorno al 1950 sulle pareti interne laterali e sul soffitto vi erano dei dipinti di Santi, ma in seguito le pareti sono state pitturate di bianco e il soffitto è stato rifatto con delle travi in legno, togliendo alla chiesa di Santa Chiara tutto il suo splendore.  La Festa di Santa Chiara, patrona del paese, si tiene dal 9 o dal 10 fino al 13 agosto. La peculiarità di questa festa riguarda la data solenne, visto che sul calendario della chiesa Cattolica la Santa di Assisi si ricorda il giorno 11 agosto, mentre i sangavinesi lo fanno il 12 dello stesso mese. Le celebrazioni religiose sono varie, e tutte culminano nella grande processione che il 12 prende tutte le vie del paese con il simulacro della Santa accompagnato dalla Banda musicale e dai Cavalieri di San Gavino con i cavalli bardati a festa. Durante i giorni della Festa sono inoltre vengono organizzati numerosi eventi collaterali, tra i quali mostre, concerti, manifestazioni di piazza, ed inoltre si possono ammirare numerosissime bancarelle nelle quali è possibile trovare i prodotti tipici.
La chiesa della Santa Croce Dal lato meridionale della piazza, prendiamo la prosecuzione a sinistra della via Armando Diaz, che, passato l'incrocio con la via Roma, diventa la via Santa Croce. La seguiamo per duecento metri, e, sulla destra della strada, vediamo la facciata della Chiesa della Santa Croce un piccolo edificio aperto solo pochi giorni all'anno ai visitatori, che è stato realizzato nella prima metà del sedicesimo secolo, tempo in cui nasce la Confraternita della Santa Croce, della quale la chiesa costituisce l'oratorio. La Confraternita è la più antica di San Gavino, ancora oggi custodisce la chiesa, e le sue attività religiose si limitavano un tempo alla partecipazione ai funerali, alle processioni e, come privilegio, alla sacra rappresentazione di Su Scravamentu. Sono pochi i documenti e le pubblicazioni che permettono di ricostruire la storia dell'edificio, sappiamo che nel 1922 la sacrestia viene travolta da un incendio che distrugge buona parte dell'archivio, ma a venire incontro nella ricostruzione della storia del paese è il canonico Porru, con un manoscritto del 1850, che offre alcuni dettagli sull'antica chiesa, e sosteneva che la chiesa possedesse anche un piccolo Cimitero, che fa supporre l'idea secondo la quale sia esistito un Cimitero nei pressi della chiesa stessa, seppure in assenza di prove documentate archeologicamente.

La chiesa, all'interno, si presenta molto semplicemente, è piccola a due archi ed a volta solida, ha un solo altare di pietra ove è collocato un crocifisso di grandezza quasi al naturale, che poggia su una grande croce di ginepro, e viene usato il venerdì Santo per la sacra rappresentazione di Su Scravamentu, ossia la rappresentazione della schiodatura e della deposizione di Gesù Cristo dalla Croce. Dagli archivi risulta che questa croce venne costruita nel 1745 dal falegname Francesco Melis per la rappresentazione del venerdì Santo, funzione questa, che a San Gavino ebbe inizio almeno da quell'anno e che, ininterrottamente si ripete ancora. La chiesa all'interno custodisce opere di pregio, quali la statua della Madonna della Pietà, realizzata nel 1818 dal sassarese Fra Antonio Cano, ed una del Cristo Risorto, restaurata dal napoletano Giuseppe luciani nel 1920, che ogni anno, per Pasqua, vengono condotti in processione per la cerimonia de S'Incontru. Sono inoltre presenti altre due statue, quella di San Narcisio e quella di San Sisinnio, quest'ultima realizzata nel diciassettesimo secolo, che desta non pochi dubbi, visto che il culto del Santo non è particolarmente diffuso a San Gavino ma a Villacidro. La chiesa costudisce anche un quadro con un disegno, nel quale sono indicati i terreni una volta posseduti e coltivati dagli stessi confratelli.  Ogni anno dal 1745, durante i riti pasquali, il venerdì Santo il grande crocefisso in ginepro, quasi a grandezza naturale, viene utilizzato per celebrare l'antico rito de Su Scravamentu, ossia la rappresentazione della schiodatura e della deposizione di Gesù Cristo dalla Croce. I confratelli portano in processione il simulacro del Cristo fino alla chiesa parrocchiale di Santa Chiara Vergine, dove allestiscono un palco e con due scale schiodano il Cristo dalla sua Croce e lo depongo, con sommo rispetto, in una antica lettiera, che verrà riportata nella chiesa della Santa Croce, nella quale rimarrà esposta all'adorazione dei fedeli. Il sabato pomeriggio i confratelli tolgono dal letto di morte il corpo del Cristo e lo posizionano con la sua croce nella nicchia posta dietro all’altare. La rappresentazione richiama una grande partecipazione di fedeli, ed è interpretata da un gruppo di attori in costume tra i quali spiccano Giuseppe d'Arimatea, che chiese a Ponzio Pilato di poter prelevare il corpo di Cristo per poterlo seppellire, e Nicodemo, i quali lo deposero dalla croce e lo avvolsero nel sudario di lino.
In sagrestia, all'interno di una teca, è conservata la statua raffigurante Cristo Risorto, che il sabato pomeriggio viene tolta con estrema delicatezza dalla teca e spogliata della veste bianca che la ha protetta per un anno intero. Portato il Cristo Risorto all'interno della chiesa, uomini e donne, ognuno col proprio ruolo, lo vestono e lo adornano con accessori e fiori, pronto per la processione domenicale. Nella mattina di Pasqua, dopo la veglia, la statua del Cristo Risorto viene portata in processione per quello che viene chiamato S’Incontru, ossia l’incontro, tra il Cristo e la Madonna della Pietà. Durante la processione i fedeli cantano, con estrema partecipazione, il Miserere in sardo, durante il quale i fedeli esprimono pentimento e invocano la misericordia divina.
Il Museo Etnografico Casa dona Maxima Riprendiamo la via Roma verso nord da dove avevamo incrociato a destra la via Armando Diaz ed a sinistra la via Santa Croce, dopo circa centoventi metri svoltiamo leggermente a destra nella via Santa Chiara, percorriamo circa centosessanta metri, poi svoltiamo a destra nella via Amsicora e, dopo una settantina di metri, vediamo alla sinistra della strada, al civico numero 21, il Museo Etnografico Casa dona Maxima che deve il suo nome a donna Massima o Maxima Orrù, che è stata l'ultima proprietaria dell'edificio. La sua costruzione risale alla prima metà del sedicesimo secolo, ed in un atto del notaio Burranca del 1707 viene indicata come Casa del Marchese di Quirra e Casa della Curia, ossia sede del tribunale del Podestà della Baronia del Monreale. In seguito i nobili Orrù la acquistano dai Marchesi di Quirra verso fine settecento e inizio ottocento, quando le competenze giudiziarie che erano in mano ai feudatari legati alla dominazione spagnola, vengono assunte direttamente dallo stato sabaudo. Nella seconda metà del diciannovesimo secolo il comune la prende in affitto per destinarla prima ad Ufficio della Giudicatura Mandamentale, poi a Scuola Elementare Femminile e, successivamente, a stazione dei Carabinieri reali. La struttura attuale, recentemente restaurata, si presenta come una tipica casa padronale sangavinese, con il suo maestoso portale ad arco che si affaccia sulla via Amsicora. Un vasto cortile conduce all'ingresso principale, contornato da un porticato ad archi. All'interno, nelle ampie sale comunicanti tra loro, sono stati riprodotti i vari ambienti tipici come la cucina, la camera da letto, la sala della tessitura, perfettamente arredati con mobili d'epoca e corredati da un'esposizione permanente di costumi tradizionali, arnesi ed utensili tipici della cultura contadina e artigianale del passato. Attualmente, in occasione della fioritura dello zafferano, si apre ai numerosi visitatori che vengono coinvolti attivamente nelle tradizionali fasi di lavorazione della preziosa spezia locale.
In piazza Risorgimento si trova il Monumento ai Caduti delle due grandi guerre Evitando la deviazione nella via Santa Chiara, proseguiamo verso nord lungo la via Roma e, dopo quattrocento metri, si apre alla sinistra la piazza Risorgimento, nella quale si trova il Monumento ai Caduti delle due grandi guerre il quale è stato spostato in diversi angoli del paese prima di arrivare all'attuale collocazione. Agli inizi del ventesimo secolo, un monumento dedicato ai caduti della seconda guerra mondiale era situato a poca distanza dalla chiesa di Santa Chiara, nella via Roma, e nel 1935 viene spostato nella piazza Cesare Battisti, davanti alla stazione ferroviaria. Alla fine degli anni Sessanta del novecento, viene inaugurato un monumento ai marinai nell'attuale piazza Risorgimento, ed in seguito, nella seconda metà degli anni Novanta, si decide per lo scambio dei due monumenti, quello ai caduti viene installato nella piazza Risorgimento attraverso la copertura, con delle lastre di granito, del precedente dedicato ai marinai, mentre un nuovo monumento dedicato ai marinai viene installato nella piazza Casare Battisti, dove si trova attualmente. di recente, il 4 novembre 2012, nel Monumento ai Caduti viene apposta una lapide in ricordo dei caduti della Prima Guerra Mondiale, che va ad aggiungersi a quella dedicata ai caduti della seconda.
La chiesa parrocchiale di Santa Teresa di Gesù Bambino La via Roma, dopo una cinquantina di metri, arriva a una grande piazza con al centro una rotonda, e di fronte si vede la facciata della Chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta del novecento, a San Gavino si è assistito a una grande crescita economica e demografica, perciò il Vescovo ha deciso l'istituzione di una seconda parrocchia in aggiunta a quella di Santa Chiara per servire l'popolazione della zona settentrionale dell'abitato, fuori dal centro storico. La nuova parrocchia viene costituita nel 1957, la chiesa parrocchiale viene edificata tra il 1966 ed il 1968, e nel 1971 inizia la sua attività. Allora la chiesa era un rustico con soli infissi esterni, privo di porte interne, pavimenti, suppellettili per il culto e addirittura privo di altare, ma oggi, alla distanza di quasi quarant'anni, la chiesa è diventata anche bella esteticamente. All’interno della chiesa c’è l’altare, quattro file di banchi, e, ai lati, delle cappelle. Nell’altare, in alto, c’è un quadro enorme realizzato da un artista sangavinese, che raffigura Santa Teresa. In fondo, in rilievo, vi è un imponente crocifisso con due angeli. Sulla destra c’è una statua dell'Addolorata, che risalta sullo sfondo grigio delle pareti in pietra. Nelle cappelle, a sinistra ci sono le statue della Madonna di Lourdes, dell’Immacolata e del Sacro Cuore, mentre a destra quelle di San Giuseppe, di Santa Teresa, della Madonna del Carmine e di Loreto. Nel 1999, nella piazza antistante la chiesa, è stata messa una statua di Padre Pio.

Presso questa chiesa, ogni anno il primo di ottobre si svolge la Festa di Santa Teresa di Gesù Bambino, preceduta da quattro giorni di riti preparatori, con la messa solenne seguita dalla processione con il simulacro di Santa Teresa. Alle cerimonie religiose si accompagano numerosi festeggiamenti civili, con la parata delle bande, concerti ed altre manifestazioni. 
Il Teatro comunale Arrivati con la via Roma alla rotonda di fronte alla quale si vede la facciata della chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino, prendiamo la terza uscita, quella più a sinistra, che è la via Dante Alighieri. La seguiamo per circa centosessanta metri e vediamo, alla destra della strada, un cancello con un'insegna, passato il quale in un centinaio di metri si raggiunge l'ingresso del Teatro comunale di San Gavino Monreale, attualmente costituito dallo storico Teatro delle ex Scuole Elementari di via Dante. Il Teatro ospita una sala teatrale di 291 postì a sedere, un bar intemo, e una sala espositiva che può essere utilizzata per convegni, conferenze e dibattiti, il tutto con relativi servizi accessori. Il Teatro confina con l'Anfiteatro comunale, che si trova più a nord.
L'Anfiteatro comunale Proseguendo, la via Dante Alighieri dopo un centinaio di metri arriva a un incrocio, dove da sinistra proviene la via Eleonora d'Arborea che è la prosecuzione della via Umberto I che parte dalla via Roma, una trentina di metri dopo la via Santa Croce, ed a destra parte la via Carlo Goldoni. Svoltiamo a destra nella via Carlo Goldoni, la seguiamo per quasi duecento metri, poi prendiamo a destra la via Giovanni Verga e, dopo una sessantina di metri si vede alla destra della strada l'ingresso dell'Anfiteatro comunale di San Gavino Monreale. Si tratta di uno spazio all'aperto la cui struttura è composta da una gradinata per il pubblico di 629 posti ed una platea di 447 posti a sedere, con inoltre fabbricati destinati a bar, cabina di proiezione e relativi servizi accessori. A sud, questo Anfiteatro confina con il Teatro comunale.
Il Palazzetto dello sportSubito più avanti rispetto all'Anfiteatro, lungo la via Giovanni Verga, si trova l'ingresso del Palazzetto dello sport di San Gavino Monreale. Il Palazzetto consiste in un impianto polivalente al chiuso, dotato di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori, nel quale è possibile praticare come discipline Attività ginnico motorie, pallacanestro, e pallavolo. 
L'ospedale di Nostra Signora di Bonaria Arrivati alla rotonda davanti alla chiesa di Santa Teresa di Gesù Bambino, proseguiamo continuando lungo la via Roma che passa alla destra della chiesa. La via Roma dopo poco inizia a costeggiare i muri di cinta dell'Ospedale di Nostra Signora di Bonaria che si trovano alla sinistra della strada, e, a poco meno di cinquecento metri dalla rotonda, arriviamo a vedere sulla sinistra il suo ingresso principale. L'accesso del paziente alle unità degenza avviene attraverso il Pronto soccorso in caso di ricovero urgente oppure è disposto dallo specialista di ciascun reparto in caso di ricovero programmato. Il Presidio Ospedaliero garantisce il ricovero per la diagnosi e la cura delle malattie che richiedono interventi d'urgenza o d'emergenza, e delle malattie acute che non possono essere affrontate in ambulatorio o a domicilio.
Di fronte all'ospedale si trova il capannone polivalente al chiusoLungo la via Roma, passati l'ingresso dell'ospedale, poco più avanti svoltiamo a destra nella via Sardara, dalla quale, dopo centosettanta metri, parte a sinistra la via Maria Carta. Tra la via Sardara e la via Maria Carta si trova l'ampia piazza dell'ospedale, che assume il nome di piazzale dei giudici Falcone e Borsellino. In questa piazza sono presenti numerosi parcheggi pubblici, ed il venerdì mattina vi ha sede il mercatino ambulante. Nella piazza è presente il Capannone polivalente al chiuso il cui ingresso si trova lungo la via Maria Carta. Il Padiglione è dotato di tribune in grado di ospitare 250 spettatori, ed in esso è possibile praticare diverse discipline come il calcio, il calcetto ossia calcio a cinque, e la pallavolo. 
Visita dei dintorni di San Gavino MonrealeVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell'abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di San Gavino Monreale, sono stati portati alla luce i resti del nuraghe complesso Nuraxi Scrocca. La nuova stazione ferrroviaria di San Gavino MonrealeDall'ingresso dell'ospedale proseguiamo verso nord con la via Roma e, dopo circa duecento metri svoltiamo a destra e prendiamo la via Circonvallazione, in trecento metri arriviamo a una rotonda dove prendiamo la seconda uscita per rimanere sulla via Circonvallazione, alla cui sinistra si trova la Nuova stazione ferrroviaria nota anche come centro intermodale di San Gavino Monreale, che dal 2007 ha sostituito la vecchia struttura. Si tratta di una stazione definita di categoria Silver posta sulla linea ferroviaria a scartamento ordinario denominata Dorsale Sarda, dopo la stazione di Samassi e Serrenti, quella chiusa al traffico passeggeri di Sanluri Stato, e prima di quella chiusa al traffico passeggeri di Pabillonis, e quella successiva di Uras e Mogoro. Data la posizione scelta per costruire la nuova stazione, sita nella periferia nord est del paese, in posizione diametralmente opposta rispetto allo scalo ottocentesco, nel progetto è stata inserita la realizzazione di una variante, nota comunemente come variante di San Gavino, che porta alla costruzione di un nuovo tracciato della ferrovia tra gli scali di Sanluri Stato e Pabillonis, ed in questa stazione termina il tratto a doppio binario della Dorsale Sarda che ha inizio dal capolinea di Cagliari. 
Dal punto di vista architettonico l'edificio si presenta con un corpo centrale, affiancato da due grandi ali laterali, caratterizzate queste ultime dalla copertura metallica. La stazione di San Gavino è dotata di cinque binari per il servizio passeggeri, di cui il primo attiguo al fabbricato viaggiatori, mentre i restanti sono raggiungibili tramite sottopassaggi. Altri binari di servizio sono presenti nell'impianto, dotato anche di uno scalo merci. Il Cimitero Comunale di San Gavino Monreale Dalla via Roma prendiamo a destra la via Armando Diaz che porta verso la piazza Guglielmo Marconi, dove si trovano la chiesa parrocchiale di Santa Chiara Vergine ed il Municipio. Percorsi centoventi metri lungo la via Armando Diaz svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Cadorna, percorso appena un centinaio di metri svoltiamo a destra nella via Trento, che seguiamo per ottocento metri, e vediamo, alla destra della strada, il muro di cinta con i bei portali di ingresso del Cimitero Comunale di San Gavino Monreale.
La ex chiesa di Nostra Signora della Rivelazione Nella visita del centro del paese, dopo la chiesa di San Gavino eravamo arrivati a visitare il Cenacolo del Cuore Addolorato e Immacolato di Maria e la ex chiesa di Santa Severa. Proseguendo, la via Santa Severa diventa via Sardegna, e questa strada ci porta alla periferia sud orientale dell'abitato. Percorsi poco più di centocinquanta metri dopo il Cenacolo, prendiamo sulla sinistra la via Umbria, dopo un centinaio di metri la strada compie una curva a sinistra, e, in un altro centinaio di metri, ci porta alla Ex chiesa di Nostra Signora della Rivelazione che si trova alla destra della strada. La chiesa è stata realizzata nel 1966 ed abbandonata poco tempo dopo perché la scalinata è risultata pericolante.
Lo Sporting Club di via VillacidroDalla piazza Guglielmo Marconi, dove si trovano la chiesa parrocchiale di Santa Chiara Vergine ed il Municipio, prendiamo verso sud la via Roma, la seguiamo per circa quattrocentocinquanta metri fino a dove supera la strada ferrata e diventa la via Villacidro. Proseguendo lungo la via Villacidro, dopo seicentocinquanta metri, poco dopo aver superato un ponte sul fiume, svoltiamo a destra nella prima traversa e, percorsa appena una cinquantina di metri, vediamo alla destra della strada, in località Cracaxia, l'ingresso dello Sporting Club di via Villacidro. All'interno di questo complesso sportivo si trovano due Campi da tennis, ed un Campo da calcetto, ossia da calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dotati di tribune in grado di ospitare un centinaio di spettatori. 
Sono presenti, inoltre, una Palestra, senza tribune, nella quale praticare lotta, Judo, Karate e Pesistica; ed un complesso di Piscine indoor ed all'aperto, nelle quali praticare Nuoto in tutti gli stili. 
I ruderi della ex Casa agricola degli Evaristiani Lungo la via Villacidro, dopo la deviazione che ci ha portati a visitare lo Sporting Club, proseguiamo per circa duecento metri ed arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la prim uscita che ci fa immettere sulla SS197 di San Gavino e del Flumini in direzione di Guspini. Dopo circa due chilometri e mezzo, pocoprima del cartello indicatore del chilometro 11, si trovano, nella campagna alla destra della strada statale, i ruderi della Ex Casa agricola della Compagnia degli Evaristiani. Era una casa agricola aperta nel 1935, appartenente alla Compagnia degli Evaristiani del Sacro Cuore, conosciuti a San Gavino col nome storpiato di Paras Arestis, ossia frati Evaristiani, fondata nell’anno 1925 a Mandas da Evaristo Madeddu, che aveva raccolto intorno a sché un gruppo di giovani decisi a dedicare la propria esistenza al servizio del bene.
La Fonderia di San Gavino di proprietà della sociatà Portovesme Da dove la via Roma è diventata la via Villacidro, percorsi quattrocentocinquanta metri arriviamo a un incrocio, dove arriva da sinistra la via dela convento, mentre prendiamo a destra la via Giovanni Battista Tuveri che, in ottocento metri, ci porta di fronte agli ingressi della Fonderia di San Gavino di proprietà della sociatà Portovesme. La storia della Fonderia comincia nel 1930, quando Francesco Sartori, amministratore delegato della monteponi, e Domenico Giordano, amministratore delegato della Montevecchio, si accordano per dare vita alla Società Italiana del Piombo, per la quale scelgono San Gavino Monreale perchché paese dotato di una stazione ferroviaria con la quale trasportare le lavorazioni sino al porto di Cagliari. La Fonderia, progettata dall’ingegner Rolandi, viene inaugurata nel 1932, ed all’epoca è la più grande d’Europa. Il 10 giugno 1932 il primo piombo viene colato, ma una settimana dopo il forno viene spento a causa dei problemi economici della Montevecchio sommersa dai debiti. Ma il 12 luglio 1932, vincendo tutte le difficoltà, la Fonderia avvia la sua attività. Le vicende della Seconda Guerra Mondiale non apportano sensibili danni alla Fonderia, ma ne imposero la fermata per circa due anni. In seguito, questa Fonderia acquisisce notorietà per la produzione dei pallini da caccia, che per la loro pregevole fattura vengono utilizzati nelle Olimpiadi a partire dal 1956. Nel 2009 subisce una chiusura forzata dovuta alle vicissitudini societarie, ma dal 2013 l’attività riprende. È tutt'ora in piena attività, ed oltre a produrre piombo, si distingue per la lavorazione di lingotti in oro e argento.
Tra San Gavino Monreale e Sardara si trova il Castello di MonrealeDall'ingresso dell'ospedale proseguiamo verso nord con la via Roma e, dopo circa duecento metri svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Circonvallazione, in trecento metri arrivimo a una rotonda dove prendiamo la prima uscita, a destra, che ci fa immettere sulla SP62, e proseguiamo verso nord est in direzione di Sardara. Lungo la strada si vede la conica altura isolata su cui sorgono i resti del Castello di Monreale recentemente restaurato, dal quale si domina tutto il territorio circostante, dal Campidano al golfo di Oristano. Il Castello si trova in territorio di Sardara, e verrà descritto quando visiteremo questo comune. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da San Gavino Monreale raggiungeremo Sanluri nel Monreale. Da qui la SS131 di Carlo Felice ci porterà a Serrenti. Effettueremo poi una deviazione a Samassi per proseguire quindi per Serramanna. |