Come si è detto, non ci è dato di conoscere chi e quando abbia realizzato gli oltre 10.000 nuraghi presenti in Sardegna spesso circondati da grandi villaggi. Diverse ipotesi sono state sviluppate sul loro utilizzo. A seguito di una verifica, lo studioso Giorgio Valdès ha appurato che, di norma, tutti i nuraghi della Sardegna sono allineati quantomeno a gruppi di tre, ossia si può sempre individuare un’ipotetica linea retta, che, partendo da un qualsiasi nuraghe, ne incroci almeno altri due. Si può conseguentemente ipotizzare che alcuni nuraghi rivestissero un ruolo predominante nella rete dei collegamenti esistente nel territorio in cui risultano insediati. Per la maggior parte, i nuraghi sono collocati o sulla sommità di una collina o ai margini di un altopiano, comunque in una posizione dominante, il che li fa ritenere costruzioni difensive. Per altri potevano avere, invece, funzioni diverse, probabilmente di tipo mistico o religioso, oppure di tipo calendariale, oppure collegati con i segni cardinali o con le posizioni astrali. Di sicuro la popolazione locale ha avuto, ed ha ancora oggi, il massimo rispetto di queste costruzioni, nessuna delle quali è mai stata riutilizzata ad esempio dai pastori per alloggiare o ricoverare le greggi. Infatti le campagne sono disseminate di ovili, spesso costruiti accanto a nuraghi, ma mai ricavati da essi come sarebbe stato molto più logico e comodo.
Vediamo ora i diversi tipi di nuraghi: dai proto nuraghi ai nuraghi semplici e successivamente ai nuraghi complessi.
I cosiddetti Protonuraghi o Pseudonuraghi, sono strutture rozze e basse, con un profilo che varia dal rettangolare a corridoio, all’ellittico, al rotondo. L’interno, al piano terra, presentano uno o più corridoi, ai lati del quale a volte si aprono cellette. Nel muro spesso sono ricavate delle scale a zig-zag, che portano al piano superiore dove si trovano altri vani solitamente rotondi o quadrangolari. Hanno la copertura realizzata il più delle volte con lastroni disposti orizzontalmente, ma si ritiene che a volte il tetto fosse realizzato in legno e frasche. Il momento di passaggio dai proto nuraghi ai veri nuraghi, si avrà con la comparsa della copertura a tholos che già vediamo realizzata in alcuni degli ultimi proto nuraghi.
Tra i circa 7000 nuraghi esistenti in Sardegna, la maggior parte sono nuraghi semplici formati soltanto da una torre con un ingresso alla base, dal quale si entra in un grande vano interno con alcune nicchie scavate nell’intercapedine. Il più delle volte la camera interna ha una pianta circolare con una copertura a tholos, detta anche a falsa cupola, formata da file concentriche di pietre sempre più aggettanti verso il centro fino a chiudere il vano. La falsa cupola sostiene il suo peso grazie alla forza di gravità, mentre in una cupola normale i conci scaricano su un centro di curvatura che forma una superficie conica. È spesso presente all’interno una scala a chiocciola ricavata nel muro, che porta ad una camera al piano superiore e fino alla sommità della torre. Per motivi che non sono stati del tutto accertati, i nuraghi arrivati a noi mancano tutti della copertura dell’ultima camera in alto.
In un periodo successivo iniziano a svilupparsi i nuraghi complessi costituiti solitamente da un grande nuraghe centrale solitamente indicato come mastio, attorno al quale vengono successivamente realizzate altre torri, due tirri nei nuraghi bilobati, tre torri nei nuraghi trilobati, quattro torri nei nuraghi quadrilobati, o più. Le torri sono collegate tra di loro da alti muraglioni, sui quali o all’interno dei quali sono presenti camminamenti per le vedette. Le torri hanno una o più stanze con copertura a tholos, collegate da corridoi, e possono avere più di un piano con varie scale. Intorno ai nuraghi complessi sono spesso stati realizzati villaggi di capanne.
I quattro nuraghi complessi più importanti dell’Isola, sono la reggia nuragica Santu Antine di Torralba, il nuraghe losa di Abbasanta, la reggia nuragica su Nuraxi di Barumini ed il nuraghe Arrubiu di Orrolì.
Nascono a nostro avviso già con la Cultura di Bonu Inghinu e con quella di San Ciriaco, certo si sviluppano nel periodo di Ozieri, le prime sepolture scavate nella roccia. Le sepolture sono scavate sia in rocce situate in superficie, che scavate nel sottosuolo, nel qual caso si parla di sepolture ipogeiche. In tutta la Sardegna se ne trovano in numero considerevole, oltre un migliaio.
Sono chiamate domus de janas a volte anche Concheddas, Casi de li faddi, Epercias de fadas ossia case delle fate, oppure in opposizione Domus de rogas ossia case delle streghe, in quanto nella successiva tradizione si ritenne fossero le loro abitazioni. Le domus de janas sono costituite da una o più stanze di forma quadrangolare o circolare, talvolta intercomunicanti, solitamente non più grandi un metro quadrato. Sono provviste di un ingresso, di solito a forma quadrata, e riproducono le caratteristiche di un’abitazione, nelle quali i defunti si trovassero come in casa. Le più antiche sono molto rudi, successivamente in quelle più recenti spesso si trovano all’interno elementi tipici delle case dei vivi, come pilastri, travi del tetto, sedili, focolari. A volte vi sono rappresentati simboli della spiritualità, tra questi soprattutto teste e corna taurine a rappresentare l’elemento maschile, e cerchielli o spirali a rappresentare quello femminile, da interpretare come le due forze cosmiche generatrici della vita.
Le prime domus de janas si trovano del tutto isolate, ma in seguito, negli anni successivi, si trovano riunite al’interno di grandi Necropoli di domus de janas. Esistono sia necropoli scavate in massi disposti sulla superficie, che necropoli ipogeiche, ossia necropli con le domus de janas scavate nel terreno. Oltre a quelle scavate dalla Cultura di Bonu Inghinu, a quelle di San Ciriaco ed a quelle di Ozieri, anche le successive culture prenuragiche utilizzano le domus de janas, e queste tombe scavate nella roccia continueranno ad essere utilizzate per molto tempo, anche dopo la fine della Cultura di Ozieri, fino agli anni della dominazione romana nella Sardegna.
La cosiddetta Architettura megalitica Inizia a svilupparsi in tutta Europa sul finire del Neolitico Antico e nel corso del Neolitico Medio e recente. Il termine deriva dalle parole greche Megas e Lithos, ossia grandi pietre, ed indica un periodo nel quale l’espressione della religiosità si manifesta attraverso l’innalzamento di grandi blocchi di pietra. Successivamente, nel Neolitico Finale, si esprime con l’edificazione di monumenti di varia natura realizzati con grandi blocchi di pietra tenuti insieme a incastro o semplicemente appoggiati l’uno all’altro, senza comunque l’impiego di malte leganti.
Nel periodo in cui si sviluppa il Megalitismo, vengono edificati in gran numeri i Menhir grandi massi di pietra piantati nel terreno, veri e propri monumenti anche se a prima vista possono apparire grezzi, a simboleggiare il culto del Cielo Fecondatore e della Gran Madre Terra.
Il nome menhir deriva dalle parole bretoni Men e Hir, ossia pietra lunga. In lingua vengono chiamati Pedras fittas (pietre infisse nel terreno). Si ritiene se ne inizi la costruzione al tempo della Civiltà di Ozieri, attraversano tutta l’età del Rame e del Bronzo,
E nella Sardegna centrale i barbaricini li adoravano ancora in pieno periodo medioevale, infatti Gregorio Magno nel sesto secolo dopo Cristo Scrive: Ligna autem etàlapides adorent. Vengono realizzati soprattutto nella Barbagia, ed in una prima fase si trovano Isolati. Sono lisci e senza decorazioni, appuntiti o tondeggianti in cima, e svettano verso l’alto a simboleggiare il fallo maschile. Hanno un’altezza che di solito si aggira sui tre metri, ma possono raggiungere anche i cinque metri. Troviamo anche più menhir raggruppati, allineati in una o più file. Gli allineamenti di menhir sono costituiti da massi meno imponenti di quelli isolati ed abbastanza informi, ma hanno spesso un significato connesso con i segni cardinali o con le posizioni astrali, il che presuppone che chi li ha edificati avesse profonde conoscenze astronomiche.
Si trovano anche menhir Disposti in circoli chiamati cromlech dal bretone Croum e Lech (cerchio di pietre sacre). Le sepolture a circolo sono costituite da un certo numero di pietre infisse verticalmente nel terreno, che delimitano un’area al centro della quale, in alcuni casi, sta una cassetta di pietra quadrangolare. Secondo Giovanni Lilliu, il defunto veniva collocato all’interno del circolo perché le sue membra fossero scarnificate dagli agenti atmosferici una volta scarnificate, le ossa del defunto venivano deposte nella cassetta collocata al centro del circolo. Le tombe a circolo sono state edificate soprattutto nelle campagne di Arzachena, in località Li Muri, il che aveva portato gli archeologi che li avevano scoperti a ritenere che fossero espressione di un’altra cultura, diversa dalla Civiltà di Ozieri, chiamata Cultura dei Circoli. Oggi sono stati rinvenuti circoli anche in altre località, per cui gli archeologi ritengono che anche i circoli di Li Muri siano stati edificati dagli uomini di Ozieri.
Nella fase finale della Civiltà di Ozieri, i menhir diventano Proto antropomorfi. Alcuni sono maschili, a rappresentare il Dio Padre, mentre su altri si trovano scolpite, come simboli tipici della Dea Madre, le mammelle. Le successive Culture di Filigosa e Abealzu realizzano le Statue menhir antropomorfe. Sulla pietra troviamo scolpiti diversi simboli tra i quali non solo corna taurine, occhi e spade, ma soprattutto il cosiddetto capovolto, quasi un uomo a testa in giù interpretato come rappresentazione del trapasso tra la vita e la morte, ed il doppio pugnale, che cominciano a comparire anche nelle domus de janas. In maggior numero sono state rinvenute nel territorio de Laconi e si ritiene rappresentino non più la divinità, ma probabilmente gli eroi ed i guerrieri mitici di quelle popolazioni.
Il nome Dolmen deriva anch’esso dal bretone, è la composizione delle parole Tol e Men (tavola di pietra), e sta ad indicare i primi sepolcri megalitici. Si fanno risalire alla Civiltà di Ozieri ed erano probabilmente le tombe riservate a famiglie di alto rango. In Sardegna sono presenti solo nelle zone settentrionale e centrale. I Dolmen semplici sono sepolture monumentali costituite da due, tre o più grosse pietre piantate verticalmente nel terreno, che sorreggono un’altra lastra che le copre orizzontalmente. Il Dolmen di Sa Coveccada a Mores è il più grande ritrovato di tutta l’area mediterranea. I Dolmen complessi hanno, invece, una forma allungata, con più lastre di copertura. Vengono anche chiamati Tombe a corridoio oppure con termine francese allèe couvert.
Sono chiamate tombe di giganti nome in lingua sarda Tumbas de Is Gigantis, Gigantinu, Tumbas de Sos Paladinos, le grandi tombe collettive megalitiche. Sono probabilmente un’evoluzione dei Dolmen, e sono tanto grandi che si ritenne potessero servire a tumulare uomini giganteschi. Si trovano spesso in prossimità dei nuraghi, lo stile e le pietre impiegate sono simili. Date le forti analogie costruttive con i nuraghi, si ritiene che le tombe di giganti siano state edificate nel periodo nuragico.
Sono realizzate con massi disposti a formare Un corridoio Chiuso in alto da una serie di pietre di copertura disposte a piattabanda. Nel corridoio, ai lati, venivano disposte allineate le salme. Lo spazio antistante riservato ai riti funebri viene chiamato Esedra Ed è delimitato da una serie di lastre di pietra affiancate orizzontalmente ed infisse nel terreno, disposte a semicerchio a forma di corna taurine. Le tombe di giganti del centro-nord della Sardegna hanno l’ingresso formato da una pietra centrale detta Stele, Molto più grande delle altre e possiede una piccola apertura che simuL’ingresso di una abitazione. All’estremità della tomba opposta alla stele è spesso presente l’Abside realizzata con pietre disposte a semicerchio l’una sull’altra ed accuratamente lavorate. Nel sud della Sardegna, invece, la facciata della tomba non ha una stele ma è realizzata con tecnica ciclopica, ossia la tecnica usata nella costruzione dei nuraghi, e il portello d’ingresso è sormontato da un lastrone orizzontale con funzione di Architrave E la facciata ed esedra realizzate con filari di pietre squadrate. La tomba era interamente ricoperta da un Grande cumulo di terra sino all’altezza dell’arco della stele. Recenti scavi hanno dimostrato che la sepoltura dei defunti avvenisse calandolo dall’alto, mediante lo spostamento di una delle lastre di copertura. Si spiegano così le ridotte dimensioni del portello che avrebbe avuto esclusivamente un valore simbolico.
Nell’esedra o vicino ad essa sono spesso infissi nel terreno uno o più Betili La cui funzione si ritiene fosse quella di vegliare sulla pace del defunto. Con il nome betili, parola che in ebraico indica il Luogo dove si sofferma il Signore, vengono chiamate steli o statue in pietra molto stilizzate. In un primo periodo troviamo Betili di forma conica poi con Forme proto antropomorfe Tanto da poter distinguere i betili maschili da quelli femminili, come per quanto riguarda i menhir. La funzione rituale assegnata ai betili era quella di vigilare sulla incolumità della tomba e quindi sulla pace dei defunti.
Superata la fase durante la quale la religiosità si esprimeva attraverso la realizzazione dei menhir, la religiosità inizia ad esprimersi con la costruzione di templi e tempietti, pozzi sacri e templi a pozzo.
In Sardegna esistono Templi e tempietti con funzione di luoghi rituali e sacrificali. Esistono tempietti a tholos, ossia a pianta e volta circolare detta anche falsa cupola, e templi a Megaron, Ossia a pianta rettangolare. Tra i principali templi finora portati finora alla luce, possiamo citare il tempio di Malchittu ad Arzachena. Altri si trovano nei villaggi preistorici e nei villaggi santuari.
Siamo propensi a ritenere chegli Shardana, che erano un popolo di navigatori, abbiano portato in Sardegna il Culto delle acque. Per questo culto, vengono dapprima utilizzate le fonti sacre. Solo successivamente vengono realizzati, in corrispondenza delle fonti sacre, i pozzi sacri, che vengono chiamati anche con il nome di templi a pozzo. Ad oggi sono stati individuati ben trentacinque tra pozzi sacri e templi a pozzo.
Il tipo più semplice di Fonte sacra prevede un pozzo circolare, sopra il quale viene costruita la struttura della fonte sacra con blocchi di pietra squadrati, alla quale si accede da un vano di ingresso che si posiziona al livello del suolo, tramite gradini, che portano in basso, sino al livello nel quale si trova l’acqua.
Più complessi rispetto alla fonti sacre sono i Pozzi sacri chiamati anche Templi a pozzo. Questi hanno solitamente una struttura composta di tre parti: un Vano di ingresso al livello del suolo, Una scala che scende nel terreno, ed il Vano interrato, con il soffitto il più delle volte a falsa cupola, ossia a tholos. Sul fondo del vano interrato, ai piedi della scala c’è la fonte sacra. Lo spazio antistante è spesso costituito da un ampio cortile esterno con funzione di Esedra, dotato di sedili in pietra per accogliere i fedeli. Nell’esedra, o comunque nei pressi di essa, di trovano a volte dei Betili a vegliare sulla pace dei defunti.
Le prime Capanne solitamente di forma circolare, vengono realizzate durante la Cultura di Bonu Inghinu e di San Ciriaco, ma è con la Civiltà di Ozieri che si vedono nascere i primi grandi villaggi preistorici, con capanne anche di forma quadrangolare. Le capanne, a pianta circolare o quadrangolare, hanno alla base un muro in pietra a secco, ed una copertura di legno e frasche, forse a volte in pietra. Ancora oggi, anche se sempre di meno, i pastori costruiscono questo tipo di capanne, che nome in lingua sarda si chiamano Pinnettas ed hanno pianta circolare con alla base un muro in pietra a secco e una copertura a cono, di legno e frasche o in pietra, nelle quali gli spazi che si vengono a formare tra un masso e un altro sono poi colmati da pietruzze, argilla o terra, in modo che non si abbiano spifferi.
Dopo le prime capanne in pietra, si vedono nascere anche i Villaggi preistrici. Resti di capanne di Ozieri si trovano ad esempio in un villaggio in località San Gemiliano presso Sestu, costituito da un insieme di una sessantina di capanne disposte in file irregolari, delle quali è stata ritrovata la base in pietra. Successivamente intorno ai principali nuraghi si sono sviluppati grandi villaggi, mentre altri di ancora maggiori dimensioni sono nati autonomamente solitamente attorno a un pozzo sacro. I villaggi, infatti, continuano a svilupparsi ed a crescere nel tempo per tutta la durata della Civiltà di Ozieri ed anche successivamente, nell’età del Rame, del Bronzo ed anche in quella del Ferro.
Nei villaggi, soprattutto in quelli caratterizzati dalla presenza di un pozzo sacro, presumibilmente nell’età del Bronzo e del Ferro, oltre alle abitazioni ed ai templi sacri vengono realizzate costruzioni destinate a scopi diversi, e vi si trovano grandi rotonde per le riunioni, spazi recintati utilizzati presumibilmente per affari e contrattazioni, piccole dimore per il pernottamento degli ospiti venuti da fuori. Tutto questo fa pensare che in questi villaggi, spesso chiamati Villaggi santuari si svolgessero grandi adunate nelle quali diverse tribù si ritrovavano insieme in occasione di particolari eventi religiosi. Presso i villaggi santuari spesso oggi si trovano Chiese campestri, nei pressi delle quali in occasione di feste religiose si svolgono fiere, ed accanto ai pellegrini vi arrivano mercanti, artigiani, venditori di dolci. Non mancano i Cantadores e i suonatori di organetto o di launeddas, tipico strumento sardo. Questo accade oggi, ma non sembra azzardato immaginare che qualcosa di simile dovessero accadere nelle grandi adunate nei villaggi preistorici. Tipico esempio è il villaggio Santuario di Santa Vittoria a Serri.
Oltre ai villaggi preistorici ed ai villaggi santuari, al tempo della Cultura di Monte Claro vengono realizzati anche numerosi Villaggi fortificati, ossia di villaggi caratterizzati all’esterno dalla presenza di muraglie di tipo megalitico edificate per la loro difesa. E poi, alla Cultura di Monte Claro, si fa risalire anche la realizzazione di Muraglioni di tipo megalitico a difesa del territorio, come quella che circonda la fortezza sul Monte Baranta a Olmedo, larga in alcuni punti oltre sei metri, alta mediamente tre metri e mezzo, e lunga quasi cento metri. Tali recinzioni murarie indicano l’esigenza di difendere la popolazione della Cultura di Monte Claro dagli attacchi effettuati da popolazioni a loro avverse.
Nella prossima pagina descriveremo le regioni della Sardegna e le origini e caratteristiche della Lingua sarda. La descrizione fa riferimento ai diversi momenti della storia dell’Isola, e rimandiamo alle pagine successive per una suo approfondimento.
Tutte le foto e riprese sono state effettuate a scopo amatoriale per uso personale senza fini di lucro. Alle nostre foto se ne aggiungono altre inviateci da amici ed alcune tratte da Internet. Alcune informazioni sulle descrizioni dei comuni sono tratte da italiapedia.it, molte descrizioni e foto da wikimapia.org, informazioni sui siti archeologici da tharros.info, descrizoni e foto di chiese da chieseitaliane.chiesacattolica.it, foto di impianti sportivi da sardegnasport.it, altre da siti differenti. È consentito scaricare testi, foto e riprese dell’autore per uso privato senza eliminare i riferimenti. Libri e filmati sono riprodotti per farli conoscere ma non è consentita la riproduzione delle foto di terzi, dei libri, dei filmati e di altro materiale non realizzato dall’autore. È vietato qualsiasi utilizzo commerciale del materiale in assenza di apposita autorizzazione. |
© Claudio de Tisi 2002-2025 - Codice Fiscale DTSCLD44M23F132W