Teti paese famoso soprattutto per i bronzetti rinvenuti nel villaggio di Abini che si trova nei suoi dintorni
In questa tappa del nostro viaggio, riprenderemo da Austis il nostro viaggio proseguendo verso nord est nella Barbagia di Ollolai, per recerci a visitare Teti paese reso famoso soprattutto dagli importanti bronzetti rinvenuti nel villaggio di Abini, che si trova nei suoi dintorni. La regione storica della Barbagia di OllolaiLa Barbagia di Ollolai (nome in lingua sarda Barbàgia ’e Ollolai), chiamata anche Barbagia Superiore, è una regione storica della Sardegna centrale. Durante il periodo giudicale ha fatto parte del Giudicato d’Arborea, nellla Curatoria della Barbagia di Ollolai, è stata poi degli Aragonesi, quindi del Ducato di Mandas. Ne fanno parte i comuni: Austis, Fonni, Dorgali, Gavoi, lodine, Mamoiada, Oliena, Ollolai, Olzai, Orgosolo, Ovodda, Teti e Tiana. Secondo molti, ed anche secondo noi, alla Barbagia di Ollolai apparterrebbe anche il comune di Dorgali, che durante il periodo nel quale la Sardegna era sotto il controllo dell’impero Bizantino e nel primo periodo del Giudicato di Arborea ne costituiva uno sbocco al mare, che è andato perduto a seguito dell’espansione, promossa dai Pisani, verso sud del Giudicato di Gallura. Secondo alcuni, alla Barbagia di Ollolai apparterebbero anche i comuni di Orani e Sarule, che noi attribuiamo, invece, al Nuorese, noto anche come Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti. In viaggio verso TetiDopo la visita a Austis, prendiamo la SP4 verso nord est. La seguiamo per circa cinque chilometri ed entriamo nel borgo agricolo di Teti. Dal Municipio di Austis a quello di Teti si percorrono 5,7 chilometri. A Teti possiamo arrivare anche con la SP60 da Tiana, che si trova a sud est e che visiteremo nella prossima tappa del nostro viaggio. Dal Municipio di Tiana a quello di Teti si percorrono 5,8 chilometri. Il comune chiamato TetiIl comune chiamato Teti (altezza metri 714 sul livello del mare, abitanti 612 al 31 dicembre 2021) è un comune collinare situato nella parte centrale della Provincia di Nuoro, circondato da altopiani granitici e dalle cime aspre e rocciose del massiccio del Gennargentu, il quale si sviluppa a sud est dell’abitato. A poca distanza dal centro abitato scorre il fiume Tino, che confluisce nel lago Cucchinadorza, l’invaso artificiale diviso tra più comuni, che è il lago intermedio dei tre creati lungo il corso del fiume Taloro. Il territoriocomunale ha un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno da un minimo di 157 a un massimo di 952 metri sul livello del mare. Origine del nomeIl nome del paese è di probabile origine preromana, e deriva probabilmente dalla voce sarda logudorese Titione, con la quale veniva chiamata, nel dialetto della zona, la liana tipica della macchia mediterranea, molto spinosa e dai tipici frutti rossi, chiamata Smilax aspera. Altre interpretazioni, ritenute però più fantasiose, sono quella che la farebbero derivare dal nome della dea Thesis alla quale forse era dedicato un Santuario; oppure dal latino Tecta, ad indicare i tetti delle case; oppure dalla voce fenicia Beth, con la quale veniva indicata la casa, ossia la dimora. Secondo alcuni studiosi, invece, potrebbe derivare il suo nome da quello del suo fondatore, ossia di Tete, antico duce degli Illesi, popolo greco discendente dalla colonia che Jolao, eroe tebano detronizzato poi da Eracle, avrebbe fondato in Sardegna, come raccontato dagli storici Diodoro Siculo nel I decolo avanti Cristo, e Stradone nel primo secolo dopo Cristo. La sua economiaIl comune chiamato Teti ha un’economia basata sulle tradizionali attività agricole e zootecniche. L’agricoltura è presente con la coltivazione di cereali, ortaggi, foraggi, viti, ulivi, alberi da frutta. La zootecnia con l’allevamento di bovini, suini, ovini e caprini. L’industria è modestamente sviluppata, nel settore edile e della produzione e distribuzione di energia elettrica. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. La principale ragione di attrazione turistica della zona è rappresentata dalla sua importante zona archeologica, che ogni anno è la meta della visita di numerosi turisti. Altrettanto interessante è l’ambiente naturale che irconda l’abitato, caratterizzato dal lago artificiale di Cucchinadorza, e dal suggestivo paesaggio dell’omonima valle. Brevi cenni storiciLe origini dell’insediamento nel suo territorio risalgono all’epoca preistorica, come è dimostrato dai numerosi reperti rinvenuti, in particolare nei molti importanti siti archeologici presenti nel suo territorio. In periodo medioevale, nell’undicesimo secolo fa parte del Giudicato d’Arborea, nella curatoria di Austis. Dopo la caduta del Giudicato arborense, viene amministrato direttamente dagli Aragonesi, che la affidano a funzionari reali spagnoli. Nel 1461, Teti con tutto il territorio di Austis viene acquistato da marchese di Oristano, e rimane incluso nel Marchesato fino al 1478, quando viene concesso in feudo a Pietro Pujades, che però muore senza eredi nel 1503. Nel 1504 Teti entra a far parte del feudo acquistato da Matteo Arbosich; però gli abitanti di Teti, insieme agli abitanti di Tiana, entrano in conflitto con gli abitanti di Ovodda per il controllo dei pascoli, scontri che costringono l’Arbosich a intervenire. Dopo vari passaggi di feudo, nel periodo della dominazione asburgica Teti viene ereditato, dopo il 1718, da Pietro Manca Guiso, la cui discendenza prosegue con il governo sabaudo, fino ad estinguersi nel 1788. Nel periodo del regno d’Italia, nel 1821 viene incluso nella Provincia di Oristano, nel 1848 entra a far parte della divisione amministrativa di Cagliari, e nel 1859 della sua provincia. In periodo repubblicano, del comune di Teti nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Le principali feste e sagre che si svolgono a TetiA Teti sono attivi il Gruppo Folk Teti ed il Coro Polifonico San Sebastiano, nelle cui esibizioni nel paese ed in altre località dell’isola è possibile ammirare il costume tradizionale del posto. A questo proposito, per quanto riguarda le tradizioni tipiche, gli abitanti di Teti nutrono un forte senso di identità, e questo li porta a partecipare, nei loro costumi tradizionali, alle feste che si svolgono durante tutto l’anno. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Teti si segnala a metà gennaio la Festa di Sant’Antonio Abate; le festività del Carnevale; il 5 agosto viene celebrata la Festa di Santa Maria della Neve, che è la Santa patrona del paese; l’ultima domenica di agosto si celebra la Festa di San Sebastiano presso la Chiesa omonima. La Festa di Sant’Antonio AbateFra le più sentite sicuramente la Festa di Sant’Antonio Abate che si svolge il 15, il 16 e il 17 gennaio di ogni anno, e che prevede la celebrazione di preghiere intorno ad un grosso fuoco che viene benedetto in occasione della festa. La sera conclusiva della Festa viene anche offerta la degustazioni di prodotti tipici. Il Carnevale di TetiLe celebrazioni del Carnevale di Teti hanno antiche origini, infatti rimandano ad antichi culti pre: Cristiani. La cerimonia di chiusura delle festività, che si tiene il Mercoledì delle ceneri, culmina con una sfilata in maschera, durante la quale viene simbolicamente ucciso un fantoccio rappresentante il Carnevale stesso. Visita del centro di TetiL’abitato, caratterizzato da un andamento collinare, è circondato da altopiani granitici e dalle cime aspre e rocciose del Gennargentu. Entriamo a Teti provenendo da sud da Austis con la SP4 che, all’interno del paese, assume il nome di corso Italia. Il Cimitero di TetiEntriamo in Teti lungo il corso Italia e, a circa settecentocinquanta metri dal cartello segnaletico che offre il benvenuto nell’abitato, si trova alla sinistra della strada l’ingresso del Cimitero di Teti. Il Municipio di TetiProseguendo lungo il corso Italia, percorsi circa quattrocentocinquanta metri, arriviamo al civico numero 63, dove vediamo alla sinistra della strada l’edificio nel quale si trovano la sede e gli uffici del Municipio di Teti. La Chiesa parrocchiale di Santa Maria della NevePercorsi altri duecento metri lungo il corso Italia, arriviamo nel centro storico del paese, in piazza del Popolo, che si trova alla sinistra della strada. Qui, al civico numero 1, si trova la Chiesa di Santa Maria della Neve che è la Chiesa parrocchiale di Teti. La Chiesa è stata costruita prima del 1600,su una preesistente Chiesa dedicata a San Giovenale. La Chiesa parrocchiale ha una pianta realizzata con tre navate, e conserva all’interno interessanti arredi. All’esterno presenta una facciata in stile rinascimentale, affiancata, sulla destra, da un alto e massiccio campanile a pianta quadrata. Il 5 del mese di agosto si celebra la Festa di Santa Maria della Neve, che è la Festa patronale di Teti. In segno della profonda devozione verso questa Santa, gli abitanti di Teti hanno posto un piccolo simulacro della patrona in cima a Punta Sa Marghine, la montagna più alta del territorio comunale, a 952 metri di altezza, dove si festeggia la ricorrenza. La Festa in onore di Santa Maria della Neve inizia il giorno della vigilia con la celebrazione dei vespri solenni. Il giorno seguente si svolgono le funzioni religiose, al termine delle quali viene organizzato un semplice rinfresco a base di prodotti tipici locali. I festeggiamenti proseguono fino a tarda sera con vari spettacoli musicali e balli folkloristici. Il Museo Archeologico ComprensorialePercorsi circa centotrenta metri lungo il corso Italia, prendiamo sulla sinistra la deviazione nella via Caserma, che seguiamo per circa cento metri, poi prendiamo a destra la via Roma e, al civico numero 7, troviamo il Museo Archeologico Comprensiorale di Teti. È molto interessante da visitare, dato che conserva ceramiche e molti altri reperti rinvenuti nel villaggio nuragico di S’Urbale, oltre a importanti reperti bronzei provenienti dal sito archeologico di Albini. Vi si trova anche la ricostruzione di una capanna del villaggio di S’Urbale, con un focolare centrale, e diversi ripostigli realizzati con lastre di pietra infisse nel terreno. Visita dei dintorni di TetiVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Teti, sono stati portati alla luce i resti del villaggio o Santuario nuragico di Albini; dei villaggi nuragici di S’Urbale, su Carrazzu e su Ballu; della Tomba di giganti di Atzedalai; ed anche dei Nuraghi semplici Alinedu, ed Istei. Il Santuario di San SebastianoDal centro di Teti prendiamo verso est il corso Italia, lo seguiamo fino fuori dall’abitato, dove assume il nome di via San Sebstiano, e la seguiamo per circa un chilometro, poi arriviamo a un bivio, che a destra fa imboccare la SS128 verso Tiana, e a sinistra fa proseguire sulla SP4 verso Olzai. Prendiamo la SP4 e, dopo poche decine di metri, troviamo le indicazioni verso destra per il parco Comunale di San Sebastiano che si trova nella valle in aperta campagna, lungo la strada che unisce Teti a Olzai. Prendiamo la strada a destra e, dopo circa centocinquanta metri, troviamo alla sinistra della strada l’ingresso del parco, nel quale si trova il Santuario di San Sebastiano in stile tipicamente sardo, di origine medioevale, ma rimaneggiato in varie epoche. Ha una unica aula, che in origine aveva la pianta a croce greca, con i bracci della stessa lunghezza e larghezza, ed è stata in seguito modificata in pianta a croce latina, con l’asse verticale, ossia la navata, più lungo di quello orizzontale, ossia del transetto. Il Santuario ha la facciata intonacata, che si presenta quadrata, con un portale architravato e un piccolo rosone centrale, ed è sormontata da un minuscolo campanile a vela. Non è chiaro il motivo della devozione a questo Santo martire, anche se in effetti è l’unica che si attesta in questa zona. L’incisione sulla campana della Chiesa indica l’anno 1737 anche se sappiamo che il Santuario risale all’epoca bizantina, non si conosce però se la dedicazione sia rimasta invariata nel corso dei secoli. All’interno del Santuario si venera la statua di San Sebastiano, un’opera di fattura moderna, anche se è quesi certa la presenza in passato di una statua più antica di cui oggi però non ci sono più testimonianze. Tra le altre feste, quella di San Sebastiano che si celebra a partire dall’ultimo sabato di agosto, viene considerata la più importante della zona. La Chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua di San Sebastiano conservata al suo interno. La Festa di San Sebastiano, che ha inizio l’ultimo sabato di agosto e si conclule la domenica nove giorni dopo, in passato si celebrava nella terza decade si settembre ma è stata anticipata per il ritorno degli emigrati locali e i turisti, oltre che per fattori climatici. La Festa prevede la processione fino alla Chiesa campestre, dove nelle Cumbessias vengono ospitate le famiglie dei fedeli che seguono il Santo. Seguono i riti sacri ed è ricca di eventi civili e folkloristici. Il complesso sportivo di TetiAll’altro lato della strada, ossia alla sua destra, di fronte al parco di San Sebastiano, si può prendere il viottolo che conduce al Complesso Sportivo di Teti, composto da campi di calcio, tennis, basket, bocce, ed altro. Il villaggio o Santuario nuragico di Abini, dove sono stati rinvenuti i famosi bronzetti di AbiniDal centro di Teti ci recheremo al Civico Museo Archeologico, seguiamo la via Roma che sbocca sulla via Trento, la quale, a sua volta, prosegue sulla via Abini, che esce dal paese verso nord ovest. Dopo poco meno di tredici chilometri, prima di arrivare all’agriturismo Abini, troviamo una deviazione sulla sinistra, che ci porta al Villaggio o Santuario nuragico di Abini un antico luogo di culto e pellegrinaggio delle antiche genti sarde, i cui resti sono in buona parte interrati in una vallata percorsa da un fiume che sfocia nella valle del Tirso. Il sito è composto da un villaggio nuragico costituito da numerose capanne e da un’area sacra. Il villaggio è formato da molte capanne circolari, ancora oggi, però, mal conservate, in gran parte interrate e nascoste dalla vegetazione. Ben conservata è l’area sacra, protetta da un recinto con i muri di un’altezza residua ad oggi di ben due metri nella quale sono presenti panche lungo i muri ed altre infrastrutture, che racchiudeva le strutture sacre, nella quale è presente un pozzo sacro che è stato attivo dal periodo del Bronzo recente fino all’Età del Ferro. All’interno si trovano numerosi conci lavorati, alcuni con la presenza di coppelle circolari, probabilmente utilizzate per deporvi le offerte votive. Il villaggio di Abini è considerato un villaggio Santuario, nel quale si incontravano i rappresentanti di diverse tribù in occasione di festività religiose comuni. L’uso religioso del villaggio era probabilmente legato al culto dell’acqua. La grande quantità di oggetti in bronzo restituiti dagli scavi, attestano le abilità metallurgiche acquisite dalle popolazioni locali ed il ruolo particolarmente importante del villaggio Santuario che richiamava le popolazioni di un vasto territorio. All’interno del villaggio sono stati rinvenuti, infatti, tra l’altro, numerosi Bronzetti votivi del periodo del bronzo tardo, prodotti fra il decimo e il settimo secolo avanti Cristo, simili a quelli rinvenuti a Serri, oggi conservati al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. La storia del villaggio Santuario di Abini parte dal settembre del 1865, quando un ragazzo del luogo ha convinto alcuni contadini a scavare in un terreno dove in superficie affioravano resti di antiche costruzioni. Nel luogo del rinvenimento, all’epoca chiamato Sa Badde de Sa Bidda, ossia la valle della città, è stata portato alla luce, tra lastre di pietra, un deposito di oggetti votivi in bronzo. Il canonico Giovanni Spano ha pubblicato i materiali bronzei, che sono stati acquistati dallo studioso Efisio Timon, e donati al regio Museo di Antichità di Cagliari. Nel 1878, in un grosso recipiente in terracotta, sono stati rinvenuti altri materiali bronzei, anch’essi inviati al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari. In seguito il sito è stato visitato da Filippo Vivanet, che ha individuato il recinto sacro ed il relativo tempio a pozzo, ed altri scavi, iniziati nel 1929 sotto la direzione dell’archeologo Antonio Taramelli, hanno liberato il recinto sacro insieme al tempio a pozzo. L’ultima campagna, iniziata nel 1981, ha consentito di scoprire nuove capanne circolari, collegate tra loro da edifici di forme differenti. Il villaggio nuragico di S’UrbaleDal Municipio di Austis con la SP4 in direzione di Teti, dopo circa tre chilometri, poco meno di due chilometri e mezzo prima di arrivare a Teti, si immette da destra la strada Teti su Mullone, e si trova uno slargo dove è possibile parcheggiare, vicino alla zona nella quale è in atto il restauro conservativo del villaggio di S’Urbale. Qui, prendendo a sinistra, si trova una strada bianca che porta al Villaggio nuragico di S’Urbale o di Cuccuru S’Urbale situato su una collina a 900 metri d’altitudine, che si trova in territorio di Teti. La stessa strada bianca porta, molto più avanti, al Dolmen a galleria di Perda longa, in territorio di Austis. Nel villaggio si trovano i resti di una cinquantina di capanne la cui copertura era costituita da pali e frasche, come nelle attuali Pinnettas dei pastori, ma la cui principale caratteristica è la presenza, sui muri delle capanne, di evidenti tracce di sughero e di argilla, che le differenzia da quelle di tutti gli altri villaggi portati alla luce in Sardegna. Si presume fossero usati come isolante. Le capanne sono pavimentate con lastroni di pietra, ancora oggi ben visibili. Sul limitare della strada, al di sotto del villaggio, si trova un’antica fonte utilizzata fino al periodo medioevale, dove sono stati trovati antichi idoli formati da un impasto rozzo di terracotta. intorno alle capanne è presente un recinto fortificatorio megalitico. Nel 1931 il villaggio è stato scavato sotto la direzione dell’archeologo Antonio Taramelli, che ha portato alla luce dodici capanne, ed inanni più recenti la soprintendenza ai beni archeologici di Sassari e Nuoro ha scoperto altre dodici capanne e molto materiale archeologico, oggi conservato al Museo Archeologico Comprensoriale di Teti, che raccoglie materiali provenienti anche dai paesi vicini. Il pianoro di Atzadalai con la Tomba di giganti e la statuetta della dea madre dormienteNel pianoro in un’area collinare in località Atzadalai, non molto distante dal paese, ma della quale ignoriamo il modo per raggiungerla, durante lavori di bonifica sono venuti alla luce diversi menhir in granito di tipo aniconico antropomorfo, asce di pietra, punte di freccia in ossidiana, grattatoi e una grande quantità di schegge di lavorazione, cioè scarti della lavorazione della selce. Vi si trova anche la Tomba di giganti di Atzadalai ma di questo ritrovamento rimane ben poco perché è quasi totalmente distrutta, restano visibili soltanto quattro lastre, di cui una era la parete di fondo e le altre tre accennano quello che nell’antichità era la tomba. Dal pianoro proviene anche uno dei più antichi esempi di opere d’arte sarde, ossia un Idoletto con sembianze femminili realizzato in roccia vulcanica bruno rossiccia, ben lavorata e databile al Neolitico Medio, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo, e secondo la datazione tradizionale tra il 4000 ed il 3400 avanti Cristo. L’idoletto può essere interpretato come una Venere grassa, o una Dea madre dormiente, con gli occhi segnati con una leggera incisione asimmetrica, il naso realizzato con una piccola incisione rettangolare, e la bocca segnata da un’incisione sulla parte inferiore del viso. Le braccia, raccolte sotto il seno, sono evidenziate da una profonda incisione ad angolo con il vertice rivolto verso il ventre, ed il braccio sinistro presenta delle incisioni che probabilmente schematizzano la presenza di un bambino in grembo. I tratti somatici posteriori sono resi da una profonda incisione verticale che parte dalla spaccatura delle natiche. La diga di Cucchinadorza sul TaloroDal centro di Teti prendiamo verso est il corso Italia, che diventa la via San Sebastiano, e la seguiamo per circa un chilometro, poi arriviamo a un bivio, che a destra fa imboccare la SS128 verso Tiana, e a sinistra fa proseguire sulla SP4 verso Olzai. Prendiamo la SP4 e la seguiamo per quasi sei chilometri e mezzo, e troviamo alla destra della strada la Diga di Cucchinadorza sul Taloro. Si tratta di una diga in calcestruzzo a gravità massiccia, dell’altezza di 45 metri e mezzo, realizzata su progetto dell’ingegner Aldo Maffei tra il 1961 ed il 1962. Si trova lungo il corso del Taloro, un fiume lungo 63 chilometri che nasce nel comune di Fonni dal gruppo del Gennargentu, attraversa la Provincia di Nuoro e la Provincia di Oristano, ed è uno dei principali fiumi della regione per portata media annua, di 6 metri cubi al secondo. Il bacino artificiale di CucchinadorzaIl Lago artificiale Cucchinadorza è l’invaso artificiale intermedio dei tre creati lungo il corso del fiume Taloro, ed è ripartito fra i territori comunali di Teti nel suo lato occidentale, di Ovodda in quello orientale, e di Ollolai a nord. L’invaso di Cucchinadorza ha una capacità utile di circa 18milioni di metri cubi di acqua, ad uso idroelettrico, ed è stato realizzato tra il 1972 e il 1978 utilizzando per il suo primo salto il dislivello esistente tra il lago artificiale di Gusana, il primo invaso artificiale sul fiume Taloro a 642 metri di altezza nel comune di Gavoi, e quello di Cucchinadorza, a 348 metri. L’impianto idroelettrico del Taloro è reversibile, cioè viene anche utilizzato, oltre che per pompare, in condizioni normali, l’acqua da quello superiore a quello inferiore, anche per pompare l’acqua dal lago a quota inferiore a quello a quota superiore, accumulando così l’energia elettrica sotto forma di energia potenziale. Il secondo salto dell’impianto del Taloro porta dal lago Cucchinadorza al lago di Benzone, a 151 metri tra il territorio di Austis e quello di Olzai, ed il terzo salto porta da quest’ultimo al lago Tirso, a 107 metri di altezza. Nell’agosto 2013 una trota gigante ha abboccato all’amo lanciato dalla riva da un pensionato di Ollolai che, grazie alla sua passione per la pesca sportiva, ha catturato un esemplare del peso di 4,8 chili. Un esemplare veramente gigantesco, che ha sorpreso lo stesso pescatore, che ha esclamato: In tanti anni di pesca non mi era mai successo di catturare e vedere una trota di queste dimensioni. |
La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, riprenderemo da Tonara la SS295 e risaliremo nella Barbagia di Ollolai. Ci recheremo a visitare Tiana detto il paese dell’orbace, e conosciuto anche per la longevità dei suoi abitanti. Possiamo recarci a visitarla anche da Teti, dove eravamo arrivati nella precedente tappa del nostro viaggio. |