La città di Cagliari della quale descriviamo la storia prima di recarci a visitare il suo centro storico medioevale
Nel 1921 lo scrittore inglese David Herbert Lawrence descrive Cagliari come città di pietra, nuda e in salita, simile a una Gerusalemme bianca, parole che rendono bene l’idea dell’impatto che questa città ha sul viaggiatore. è il bianco delle mura e delle alte torri medievali a dominare la vista, ed alla lucentezza delle imponenti architetture militari si contrappongono i colori caldi dei vicoli del quartiere Castello, l’antica cittadella, il verde e blu del mare, il rosa delle saline. In questa tappa del nostro viaggio, arriviamo alla città di Cagliari La principale città della Sardegna di cui è capoluogo di Provincia ed anche il capoluogo della regione, della quale descriveremo la storia, l’economia e le principali caratteristiche, prima di recarci a visitare il suo centro storico medioevale. Il Campidano di CagliariIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. Il Campidano di Cagliari comprende nella Provincia del Sud Sardegna i comuni di Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Villasor e Villaspeciosa. Comprende, inoltre, nella città metropolitana di Cagliari i comuni di Assemini, Cagliari, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta. I comuni di Samassi, Serramanna e Serrenti si trovano tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, i comuni di Pula, Villa San Pietro e Sarroch si trovano tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, così come Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. Geograficamente rappresenta la parte più meridionale della pianura del Campidano, che ha come suo centro principale Cagliari, nonche Quartu Sant’Elena ed i comuni immediatamente a nord ovest del capoluogo sardo. Si affaccia sul mare e comprende la costa orientale del golfo di Cagliari, fino al paese chiamato Villasimius. La città di Cagliari capoluogo della regione Sardegna che come numero di abitanti è la prima città della SardegnaLa città di Cagliari (nome in lingua sarda Casteddu, altezza metri 6 sul livello del mare, abitanti 148.881 al 31 dicembre 2021) è la prima città della Sardegna come numero di abitanti e per importanza economica. Si tratta di una città rivierasca di origine antica, capoluogo della Provincia omonima e della regione Sardegna, che sorge nella parte centrale della provincia, sull’ampio golfo omonimo, fra Capo Spartivento a ovest e Capo Carbonara a est. La città di Cagliari è sede universitaria e arcivescovile. I cagliaritani vivono per la maggior parte nel capoluogo Comunale. Il territorio, classificato di pianura, comprende due aree speciali, lo stagno di Santa Gilla o di Cagliari e lo stagno di Molentargius, e presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate. La città si posiziona al crocevia di diverse strade statali, ossia la SS125 Orientale Sarda, la SS130 Iglesiente, la SS131 di Carlo Felice, la SS195 Sulcitana, la SS387 del Gerrei e la SS554 Cagliaritana. Le linee ferroviarie che collegano Cagliari con Ozieri Chilivani, Cagliari con Isili, Decimomannu con Iglesias e Villamassargia con Carbonia hanno uno scalo sul posto. Il suo porto è classificato internazionale, per via della sua importanza nel panorama italiano e internazionale, e svolge funzioni commerciali, industriali, turistiche e di servizio per passeggeri. Importante anche il suo aeroporto, che collega la città ai principali scali aerei nazionali ed internazionali. La città è dotata di un aeroporto, situato nel comune di Elmas, che si trova a otto chilometri di distanza. Con la legge regionale n. 2 del 2016 è stata istituita la città metropolitana di Cagliari, divenuta pienamente operativa dall’1 gennaio 2017. È composta, oltre che dal capoluogo, da sedici comuni, quelli conurbati più una parte di quelli dell’hinterland. della citta metropolitana di Cagliari fanno parte i comuni di Assemini, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Pula, Quartu Sant’Elena, Quartucciu, Sarroch, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta, Villa San Pietro. Questa è l’unica città metropolitana italiana istituita creandola ex novo secondo una logica di area metropolitana, e non cambiando semplicemente nome alle vecchie province. Cagliari fa parte dell’Associazione nazionale delle città dell’OlioLa Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Cagliari fa parte dell’Associazione nazionale città dell’Olio, che ha tra i suoi compiti principali quello di divulgare la cultura dell’olivo e dell’olio di oliva di qualità, tutelare e promuovere l’ambiente ed il paesaggio olivicolo, diffondere la storia dell’olivicoltura, e garantire il consumatore attraverso le denominazioni di origine. Le città dell’Olio in Sardegna sono ad oggi Alghero, Berchidda, Bolotana, Bosa, Cuglieri, Dolianova, Escolca, Genuri, Gergei, Giba, Gonnosfanadiga, Ilbono, Ittiri, Masainas, Olbia, Oliena, Orgosolo, Orosei, Osini, Riola Sardo, Samatzai, Santadi, Seneghe, Serrenti, Siddi, Sini, Uri, Usini, Ussaramanna, Vallermosa, Villacidro, Villamassargia. Origine del nomeIl nome del paese Karalis o Càralis si può collegare con un termine protosardo, che si ritrova in due aree molto isolate e fortemente conservative dell’Isola, ossia nel Sarcidano a Isili, e nel Sarrabus a Villaputzu, dove il termine Caraíli indica un macigno, una roccia, una rupe. Se ne deduce che in origine Karalis stesse ad indicare la rocca o la roccaforte, con riferimento alla collina rocciosa sulla quale insiste il suo odierno rione Castello. Ed il riferimento a quest ’elemento geo fisico viene tuttora conservato nella odierna denominazione in lingua sarda della città, che è Casteddu. Fino all’inizio del novecento la città veniva chiamata anche Casteddu Mannu, ossia Castello Grande, per distinguerlo da Casteddu Sardu, ossia Castelsardo, che era il Castello Piccolo. La sua economiaNella città metropolitana di Cagliari si producono cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta, e si allevano bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da numerose imprese, di cui le più rappresentative sono quelle che operano nei comparti della produzione di sale, del tabacco, della fabbricazione di prodotti petroliferi raffinati, di macchine per l’ufficio, della gioielleria e oreficeria e della consulenza informatica. Il terziario si compone di una sviluppata rete commerciale e dell’insieme di servizi che comprendono anche attività radiotelevisive. alla diffusione della cultura provvedono anche quotidiani e periodici locali. Le strutture ricettive offrono ampiamente possibilità di ristorazione e di soggiorno. Cagliari offre al turista diversi itinerari turistici, tra arte e natura, ricchi di fascino e bellezza. Brevi cenni storiciPer quanto riguarda la sua storia, sono molto antiche le origini del borgo, punto di approdo per tanti popoli, in virtù della sua posizione, al centro del Mediterraneo. Nell’area di Cagliari, infatti, lo stanziamento umano risale al periodo Eneolitico e forse a quello Neolitico, come risulta dai ritrovamenti archeologici effettuati nel colle di Sant’Elia, a San Bartolomeo e a monte Claro. Nella zona si sono trovati i resti della cultura del monte Claro, che prende il nome da un colle alla periferia settentrionale della città. Questa cultura si diffonde, partendo da Cagliari, in tutta l’isola nell’Eneolitico recente, che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 2700 ed il 2400 avanti Cristo, e, secondo una datazione più tradizionale, tra il 2400 ed il 2100 avanti Cristo. Quindi, già nel periodo preistorico, le popolazioni locali provano interesse per questa località, caratterizzata da facili approdi, sia ad oriente che ad occidente, munita di un colle facilmente trasformabile in roccaforte, ricca di importanti saline e posta all’imboccatura della laguna di Santa Gilla, che non solo era molto pescosa, ma portava anche fino ad Assemini, nella direzione delle risorse agricole del Campidano e di quelle minerarie dell’Iglesiente. Tra l’ottavo ed il sesto secolo avanti Cristo, nella laguna di Santa Gilla, si insediano i Fenici, che la frequentano dall’ottavo al sesto secolo avanti Cristo. È da respingersi la tesi secondo cui Cagliari sarebbe stata fondata dai Fenici, poiché la testimonianza del poeta Claudio Claudiano, che la dice Fondata dai potenti Fenici di Tiro, non ha alcun valore, essendo troppo tardiva dato che risale al quarto secolo dopo Cristo. Dalla seconda metà del sesto secolo avanti Cristo, il borgo diviene un centro economico stabile. In seguito i Cartaginesi edificano la città Karaliska, della quale resta in periferia la necropoli punica di Tuvixeddu. I Fenici ed i punici sono, quindi, i primi a sfruttare le caratteristiche del suo territorio, installando un porto all’interno dello stagno di Santa Gilla. Nel 238 avanti Cristo passa sotto la dominazione romana, e, con il nome di Karalis o Càralis, la città si estende lungo tutto l’arco del golfo, assumendo il ruolo di porto di partenza delle derrate agricole, del sale e dei metalli del Sulcis. La città è formata da vari agglomerati staccati tra loro, con le relative necropoli sul colle di Tuvixeddu, sul colle di Bonaria, e nella zona dove ora sorge la basilica di San Saturno. Per questa sua caratteristica, Claudio Claudiano la descrive con le parole Tenditur in Longum, ossia estesa in lunghezza. Nel 46 avanti Cristo, venne elevata a palazzo Civico e i suoi cittadini iscritti alla tribù Quirina, ed in seguito, nel periodo imperiale, raggiunge i ventimila abitanti. Gli edifici e gli spazi pubblici sono situati dove ora sorge piazza del Carmine, mentre la zona popolare, ossia la suburra, si sviluppa nella zona del porto nell’attuale quartiere Marina, e la zona residenziale è sulle pendici del colle dove in seguito sorgerà il Castello. Di questo periodo resta l’Anfiteatro romano del secondo secolo dopo Cristo, la casa del poeta Tigellio e la grotta della Vipera. Con la caduta dell’impero Romano, Cagliari viene sottoposta per breve tempo al dominio dei Vandali, che poi scompaiono senza lasciare alcuna traccia, ed in seguito dei Bizantini. In questo periodo intensificò i rapporti commerciali con l’Africa. Intorno al nonno secolo inizia il periodo dei Giudicati, e si intensificarono i rapporti con le più potenti città marinare del mediterraneo, prima con Marsiglia e poi con Pisa e Genova. Nel 1015 si ha la conquista della città da parte del condottiero arabo Mugahid ibn Abd allah, detto Museto, che in seguito verrà sconfitto da una flotta tosco ligure. Nel 1214, alla morte senza eredi del giudice Salusio IV di Cagliari, il Giudicato di Càralis con una parte di quello d’Arborea vanno alla figlia Benedetta, che gli succede come Giudicessa de facto, ed al marito Barisone II d’Arborea, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Torchitorio IV di Cagliari. E nel 1215, approfittando della debolezza del regno di Benedetta, il giudice lamberto Visconti di Gallura, sostenuto dal fratello, il podestà di Pisa Ubaldo Visconti, che porta anche il titolo di rector Cagliaritanus, raccoglie una grande flotta e sbarca a Cagliari, dove costringe Barisone, nel 1218, a cedere ai Pisani il possesso del colle di Santa Gilla, che domina la città. Qui, sulla collina, essi costruiscono, per conto dei mercanti Pisani che da lì possono meglio controllare i loro traffici, un nuovo borgo fortificato che viene chiamato Castel di Castro, che è collegato al porto attraverso il quartiere fortificato de la Marina, che scende dalla porta caratterizzata da due teste di leoni, la cosiddetta porta leonina, fino allo scalo navale. Il colle viene isolato circondandolo di mura fortificate e successivamente verranno edificate, dall’architetto Giovanni Capula, le due torri: nel 1305 la Torre di San Pancrazio e nel 1307 la Torre dell’Elefante, soprannominate le torri gemelle. Viene, poi, edificata a terza Torre del Leone, che è oggi incorporata nel palazzo Boil, che ne lascia in vista soltanto la porta. Questa rocca verrà chiamata Castel di Castro e costituirà il centro storico della futura città di Cagliari, oggi chiamato quartiere Castello, ed i Pisani vi trasferiscono le sedi del potere civile, militare e religioso dopo la decadenza della precedente capitale giudicale di Santa Igia, città situata sulle sponde occidentali dello stagno di Santa Gilla. Nel 1258 i Pisani dividono il territorio giudicale in tre feudi, che spartiscono fra tre potenti famiglie pisane, ossia i Capraia, i Donoratico e i Visconti. Concluso il periodo del Giudicato di Càralis, subisce successivamente, nel corso dei secoli, varie dominazioni delle quali restano tracce nei monumenti sopravvissuti, in particolare i bastioni e le mura pisani a difesa del quartiere Castello, ed il Castello di San Michele, cui arriviamo passando per il quartiere Is Mimonis, costruito dal pisani nel 1200 e poi modificato. Nel 1324, gli Aragonesi prendono ufficialmente il potere ed inizia la dominazione aragonese, che nel 1327 la eleva al rango di città, facendola divenire una delle sette città dell’isola non infeudate, ossia delle città regie del regno di Sardegna iberico. Segue dal 1479 la dominazione spagnola. Dal settecento all’ottocento, venne continuamente sottoposta alle scorrerie dei pirati. Nel 1720 arrivarono i piemontesi di casa Savoia ed iniza la dominazione piemontese, in seguito la Sardegna entra nel regno d’Italia. All’inizio la dominazione sabauda non cambiò quasi nulla; circa trent’anni dopo si incominciarono a vedere i primi cambiamenti. Entrata nell’Italia repubblicana, dal 23 febbraio 1948 Cagliari diventa il capoluogo della regione autonoma a statuto speciale della Sardegna. Ultimamente, nel 1991, se ne distacca parte del territorio, con cui si costituisce il comune di Monserrato, nella stessa provincia. Nel 2016 viene cambiata la Provincia alla quale appartiene, passando dalla Provincia di Cagliari alla città metropolitana di Cagliari. Cagliari in età aragonese viene elevata al rango di cittàIn età aragonese, Cagliari il 25 agosto 1327 viene elevata dal re Giacomo II d’Aragona detto il Giusto al rango di città regia, e viene a costituire una delle sette città regie, il che viene confermato dalla successiva dominazione spagnola. Esse non sono infeudate ma sottoposte alla diretta giurisdizione reale, e godono di privilegi e concessioni, derivanti dal loro status. Sostanzialmente le città hanno poteri amministrativi di autogoverno, che esercitano attraverso propri rappresentanti eletti chiamati consiglieri, sui quali l’amministrazione regia interviene per sancire o rigettare le decisioni assunte, tramite un rappresentante chiamato vicario, ossia Veguer, o podestà. Inoltre le città regie hanno anche poteri politici, in quanto i loro rappresentanti, chiamati sindaci, costituiscono uno dei tre bracci del Parlamento del regno, ossia dello stamento reale, e generalmente la rappresentanza è inibita ai nobili, che fanno invece parte dello stamento militare. Il governo sabaudo del regno di Sardegna, utilizza ancora per gli stessi centri la terminologia di città, secondo la consuetudine diffusa in Piemonte, ma in modo puramente onorifico e senza privilegi. Titolo che viene confermato dal successivo regno d’Italia e dalla repubblica Italiana. A Cagliari sono nati importanti personaggi che hanno fortemente influito sull’arte sardaA Cagliari sono nati molti importanti personaggi, che hanno influito soprattutto sulla storia dell’arte sarda, e, tra l’altro, la città ha ospitato la cosiddetta Scuola di Stampace, che trae il nome dal quartiere di Cagliari dove la famiglia dei Cavaro tenne bottega per diverse generazioni, tra il quindicesimo ed il sedicesimo secolo. Antonio Cavaro viene indicato, in un atto notarile del 14 maggio 1455, come pittore e proprietario di una casa nel quartiere di Stampace. Dato il cognome, si è ritenuto possibile che Antonio fosse imparentato con gli esponenti della famiglia che avrebbe dato luogo alla Scuola di Stampace, e che forse fosse il padre di Lorenzo. D’altra parte, constatato lo stretto rapporto stilistico che lo lega al Maestro d’Olzai è stato da molti proposto di identificare quest’ultimo proprio con Antonio Cavaro. |
Precursore della Scuola di Stampace è, comunque, Lorenzo Cavaro che, a quanto risulta da dati documentari accertati, viene considerato il capostipite della famiglia che, a cavallo tra il quindicesimo ed il sedicesimo secolo, ha stabilito la sua bottega di pittura a Cagliari nel quartiere di Stampace. I pochi dipinti che di lui si conservano, lo mostrano del tutto estraneo alla formazione del figlio Pietro, che sarà il vero iniziatore della cosiddetta Scuola di Stampace. Egli è, invece, legato, persino in senso involutivo, all’insegnamento del cosiddetto Maestro d’Olzai, per il quale è stata proposta l’identificazione con Antonio Cavaro. Di Lorenzo Cavaro si conserva il Polittico di San Paolo, un doppio trittico realizzato nel 1501 per la parrocchiale di Gonnostramatza, ancora integro, e si conservano anche due scomparti di un retablo, ed un singolo pannello raffigurante San Girolamo, che costituiscono l’unica opera da lui firmata. |
Pietro Cavaro nato a Cagliari nella seconda metà del quattrocento e morto nel 1538, è probabilmente nipote di Antonio, e forse figlio di Lorenzo, ed è per certo il padre di Michele. Formatosi a Barcellona, è lui l’iniziatore della cosiddetta Scuola di Stampace, che è stata attiva per un secolo e mezzo. Nell’arte di Pietro le tendenze tradizionali, ancora catalane, della pittura sarda, si incontrano anche con elementi fiorentini, bolognesi, lombardi. Pietro opera anche a Napoli e probabilmente a Roma. Prima opera dopo il suo ritorno da Barcellona in Sardegna è il retablo per la chiesa di Villamar, realizzato a Cagliari nel 1518, nel quale sono ancora presenti le tendenze iniziali catalane. Altre opere significative sono il retablo della Vergine dei Sette Dolori, conservato a Cagliari, nella sacrestia della chiesa di Santa Rosalia; il Sant’Agostino in cattedra, il Sant’Agostino orante e la cosiddetta Pietà di Tangeri, conservati nella Pinacoteca nazionale di Cagliari. Importante anche il retablo di San Francesco, realizzato per il convento di San Francesco a Oristano, che nel 1842 è stato scomposto durante la demolizione della chiesa, ed ora la sacrestia di San Francesco custodisce soltanto lo scomparto centrale con le Stigmate del Santo, mentre altre nove tavole sono conservate nell’Antiquarium Arborense; sono quattro grandi, che raffigurano Santa Caterina e Santa Apollonia, San Bernardino e San Ludovico di Tolosa, Sant’Antonio e San Bonaventura, Santo Stefano e San Nicola di Bari; e cinque tavole minori, che rappresentano Sant’Accursio, San Pietro, Sant’Adiuto, Sant’Ottone, e San Berardo. Significativo anche il San Francesco che riceve le stimmate, realizzato per la chiesa di San Francesco di Stampace, ed oggi conservato nella Quadrearia Soano, nella casa parrocchiale di Ploaghe. Ultima opera significativa è il Trittico dei Consiglieri, oggi nel palazzo Comunale di Cagliari, nel quale si dimostra il deciso influsso raffaellesco appreso durante la sua permanenza a Roma. |
Il figlio di Pietro è Michele Cavaro anch’egli pittore di fama, nasce forse a Napoli, sicuramente non oltre l’anno 1517, ed opera a partire dal 1538 fino alla morte, avvenuta a Cagliari nel 1584. fra le notizie riguardanti la sua attività di pittore, due sole si riferiscono a opere che ancora si conservano, e comunque appartengono alla fase più tarda della sua attività. La prima è la Pala della Madonna della Neve, realizzata per la chiesa di San Francesco di Stampace, oggi al Museo nazionale di Cagliari non è un’opera originale, ma si tratta di restauro con ridoratura d’un Polittico già esistente. La seconda è la pala realizzata per la chiesa parrocchiale di Maracalagonis, tuttora custodita sul posto, ed, a parere dei più, si tratta di una esecuzione interamente di bottega. |
Tra gli allievi di Pietro Cavaro si è particolarmente distinto Antioco Mainas nato a Cagliari secondo alcuni nel 1508 e secondo altri nel 1537, e morto sempre a Cagliari nella seconda metà del sedicesimo secolo. Si tratta di un eclettico pittore di grande successo, cui si devono tra gli altri il Polittico della Vergine, conservato nella chiesa di San Francesco a Iglesias; il retablo della Crocefissione, nella chiesa di Santa Barbara a Villasalto; ed anche probabilmente il retablo di Santa Maria, conservato nella chiesa di San Giovanni Battista a lunamatrona. alla sua Scuola viene, inoltre, attribuito il Doppio trittico di Sant’Anna, olio su tavola, conservato nella chiesa di Santa Maria delle Grazie a Sanluri. |
Nel quartiere Stampace apre la sua bottega anche Giuseppe Antonio Lonis nato a Senorbì nel 1720, il cui zio Salvatore Lonis il grande è stato il titolare a Senorbì di una bottega dove si praticava l’intaglio del legno, e dove il nipote ha fatto il suo apprendistato. |
A Cagliari nasce nel 1805 Gaetano Cima. È il primo architetto sardo a intraprendere studi regolari a Torino, poi completati all’Accademia di Belle Arti di Roma. realizza o interviene su diverse Chiese, come San Giacomo di Cagliari, la chiesa parrocchiale della Beata Vergine Assunta di Guasila, la chiesa di San Francesco a Oristano, la cattedrale dell’Immacolata di Ozieri. realizza palazzi e ville nobiliari dai canoni palladiani, come la villa Santa Maria a Pula e la villa Aymerich a Laconi. Le sue più importanti opere sono il Teatro Civico di Cagliari, distrutto nei bombardamenti del 1943, e l’Ospedale Civile di Cagliari, realizzata nel 1842 in stile rigorosamente neoclassico. Importante anche il suo lavoro in campo urbanistico, tra l’altro con il progetto di sistemazione urbanistica di Cagliari che vede come elementi architettonici fondamentali il palazzo Comunale, in stile liberty, e la neoclassica terrazza Umberto I, sorta sul luogo del bastione di Saint-remy. muore a Cagliari nel 1878. |
Il pittore Filippo Figari Nasce a Cagliari nel 1885. Trasferitosi a Sassari, rientra nel 1904 a Cagliari. Dopo essersi diplomato espone in una mostra le sue opere. Pochi mesi dopo parte per Roma, dove viene introdotto nella redazione del quotidiano La Patria, per il quale realizza numerose caricature. Durante le vacanze del 1909, tiene la sua prima personale a Cagliari, nei locali scolastici di Piazza del Carmine. Al ritorno nell’Isola nel 1911 ottiene l’incarico per la decorazione della Sala dei Matrimoni del nuovo Palazzo Civico di Cagliari. Per procedere alla realizzazione del ciclo pittorico, ispirato a temi della vita e del folklore della Sardegna, Figari si trasferisce a Busachi dove si stabilirsisce per un paio di anni, per realizzare i suoi lavori. Nel 1912 partecipa al concorso per la decorazione del Salone di Ricevimento nel Palazzo Civico aggiudicandosi l’importante commessa, poi realizzata fra il 1913 e il 1916. Nel 1916 viene chiamato alle armi e sarà insignito della medaglia di bronzo. Viene poi imprigionato degli austriaci. Rientrato dalla prigionia, dal 1929 fino alla caduta del fascismo è segretario del Sindacato regionale Fascista Belle Arti. Partecipa a varie altre mostre, nel 1931 espone alla Prima Quadriennale Nazionale d’Arte di Roma, dove la sua opera La Vendemmia viene acquistata da Vittorio Emanuele III. Nel 1935 diventa direttore della Scuola d’Arte di Sassari. Con la caduta del regime è soggetto di vari attacchi per gli incarichi assunti nel periodo fascista. muore a Roma nel 1973. |
A Cagliari nasce nel 1909 lo scrittore e pittore Giuseppe Dessì che trascorre a Villacidro una difficile ed inquieta adolescenza. Soffrendo per le assenze del padre ufficiale di carriera, viene bocciato agli esami di licenza ginnasiale. Si ritira dalle scuole regolari, ma scopre dietro un muro della casa del nonno la Biblioteca lasciata da un prozio giacobino che i parenti avevano prudentemente murato. Inviato al liceo Dettori di Cagliari, vive con disagio i suoi vent’anni in più rispetto ai compagni di classe sedicenni. Dopo la laurea all’Università di Pisa, diviene insegnante e poi ispettore del Ministero della Pubblica Istruzione. Protagonista dei suoi racconti è la Sardegna. Esordisce come scrittore nel 1939 con La sposa in città, raccolta di racconti, e il romanzo San Silvano. Nel 1942 pubblica Michele Boschino, la storia di un contadino solitario e chiuso. Ancora una raccolta di racconti è Racconti vecchi e nuovi del 1945. Nel 1949 pubblica L’isola dell’angelo e nel 1950 La frana. Con I passeri (1953) Dessì fa entrare il mondo violento della storia nel mondo antico e immutato della Sardegna. Seguono due volumi di racconti, La ballerina di carta del 1957, e Racconti drammatici del 1959. Del 1959 è l’Introduzione alla vita di Giacomo Scarbo, primo romanzo esplicitamente dedicato a quell’Alter ego che sarà una costante presenza nella narrativa di Dessì. Del 1961 è Il disertore, ambientato durante la Prima Guerra Mondiale. Nel 1972 pubblica Paese d’ombre, ambientato nella antica piazza intorno alla quale si è formato Villacidro, che vince il premio Strega. Lo scrittore Giuseppe Dessì realizza anche alcuni quadri, che gli danno fama anche come uno dei principali pittori sardi del ventesimo secolo. Di seguito vediamo alcune tra le sue opere pittoriche. Con la Sardegna, dopo la Pisa della giovinezza, altre città hanno avuto un’incidenza determinante nella sua opera, la Ferrara degli anni Quaranta, e soprattutto Roma, dove vive per oltre un ventennio, fino alla morte che avviene nel 1977. |
A Cagliari nasce nel 1936 l’antropologo Mario Atzori che, dopo il conseguimento della laurea nella sua città natale, intraprende la carriera di docente, divenendo ordinario di Discipline Etnoantropologiche. Dal 2004 insegna nell´ateneo di Sassari, dove cura il corso di Storia delle tradizioni popolari. L’impegno dei suoi lavori e delle sue indagini gli garantisce fama a livello nazionale, dato che nel tempo egli ha studiato i rapporti di parentela in Sardegna, la cultura ludica dell’entroterra, le tradizioni leggendarie e fantastiche. Tra le sue opere va citata particolarmente Antologia delle tradizioni popolari della Sardegna, un saggio che affronta il tema della salvaguardia della diversità sarda. |
Negli ultimi anni a Cagliari nascono anche alcuni registi cinematograficiNegli ultimi anni, a Cagliari sono nati anche due importanti registi che hanno fortemente influenzato il cinema sardo. Si tratta di Gianfranco Cabiddu ed Enrico Pau. A Cagliari nel 1953 nasce il regista cinematografico Gianfranco Cabiddu che a Bologna frequenta il DAMS e si laurea in etnomusicologia con una tesi sulla musica nei rituali di possessione. Gianfranco Cabiddu ha firmato due opere ambientate nella Sardegna degli anni trenta e Cinquanta. Nel 1988 Disamistade, che in lingua sarda sta ad indicare l’inimicizia ossia la faida, che riceve il premio del Sindacato nazionale Giornalisti Cinematografici e il premio della critica al Festival di Valencia. Nel 1997 Il figlio di Bakunin tratto da un libro di Sergio Atzeni e presentato tra l’altro all’ultimo Festival di Venezia dove vince il premio SIAE per la sceneggiatura, ed al Festival di San Vincent dove ottiene due Grolle d’oro. Nel 2004 presenta Passaggi di tempo, un documentario sul progetto Sonos e memoria con la partecipazione di Paolo Fresu; nel 2006 il film poliziesco per la televisione Disegno di sangue. Successivamente, nel 2012 presenta il documentario Faber in Sardegna, che descrive un viaggio nella Sardegna raccontata da Fabrizio De Andrè. È del 2016 il film La stoffa dei sogni, vincitore di un David di Donatello e un Globo d’Oro, liberamente tratto mescolando la pièce L’arte della commedia di Eduardo De Filippo e la traduzione che Eduardo fece in napoletano de La tempesta di William Shakespeare, un film che racconta teatranti e criminali insieme all’Asinara, l’isola carcere in mezzo al Mediterraneo, e la capacità del Teatro di trasformare la realtà, e la volontà degli uomini di reinventarsi ritagliandosi di volta in volta i propri costumi di scena dalla stoffa di cui sono fatti i sogni. |
A Cagliari nel 1956 nasce il regista cinematografico Enrico Pau La cui giovinezza è profondamente segnata dallo sport, dato che suo padre è stato capitano del Cagliari negli anni ’40 e gli ha trasmesso la passione per lo sport, ha nuotato fin da piccolo nelle piscine della Rari Nantes Cagliari, ha giocato a calcio, ma soprattutto a rugby, sport per il quale ancora oggi conserva una passione fortissima. Si laurea in lettere con una tesi in Storia dell’Arte, diviene professore di italiano nelle scuole superiori e collabora con l’Università di Cagliari. Nel 1996 la sua prima regia cinematografica, il cortometraggio La Volpe e l’Ape che racconta la favola metropolitana di Franco, ultimo cantante di strada, che ottiene il primo premio al Festival Visioni Italiane di Bologna, ed il premio per la miglior regia al Festival di Siena. Nel 1997 dirige l’operetta musicale Il Brutto Anatroccolo da Andersen scritta per il Festival Time in Jazz di Berchidda, musicata da Giorgio Gaslini e interpretata da Maria Pia De Vito. Nel 1999 propone il documentario Storie di pugili, a seguito del quale nel 2001 presenta il suo primo film Pesi leggeri, che presenta i difetti di un’opera prima ma anche una tensione narrativa che promette bene. Nel 2006 pubblica Jimmy dalla collina, in cui racconta l’esperienza di una comunità di recupero per giovani carcerati. Del 2015 è il film L’accabadora, che affronta il tema dell’eutanasia, e racconta la storia di Annetta alla quale la piccola comunità e il destino hanno affidato il ruolo di accabadora, la donna che secondo certi racconti popolari dispensava la buona morte ai malati terminali. Nel 2017 dirige il cortometraggio L’ultimo miracolo, nel quale Cristo, ormai anziano, decide di aiutare un giovane fischiatore che si trova in difficoltà. |
A Cagliari nel 1961 nasce Enrico Pitzianti che, dopo aver conseguito la laurea in giurisprudenza, si trasferisce a New York dove completa gli studi diplomandosi in regia alla New York Film Academy. Inizia la carriera producendo i cortometraggi Il Guardiano del 1998, Il gobbo del 2000. Nel 2001 partecipa come fonico al cortometraggio a più mani Sanpit, sottotitolato Veleno, la storia di un boxeur tailandese di sette anni. Nel 2002 realizza il documentario L’ultima corsa sullo smantellamento delle Ferrovie, che filma l’ultima corsa del traghetto da Golfo Aranci a Civitavecchia. Dopo il cortometraggio Un anno sottoterra del 2003, nel 2004 firma il documentario Piccola pesca, che racconta i pescatori del basso Sulcis impossibilitati ad esercitare il proprio lavoro per la presenza del Poligono Militare di Capo Teulada. Del 2008 è il film di fiction Tutto torna, nel quale sceglie come protagonista un ragazzo, come hanno fatto Salvatore Mereu in Sonetàula ed Enrico Pau in Jimmy della Collina. E nel 2012 realizza il documentario Roba da matti, che racconta la ricerca di una casa dove abitare per gli otto pazienti della casamatta, una struttura che ospita persone in cura presso i Centri di Salute Mentale. |
A Cagliari nel 1970 nasce il regista Simone Contu che oggi resiede a Jerzu. Si laurea in Filosofia presso l’Università Cattolica di Milano, laureandosi con una tesi sulla performatività teatrale del canto a Tenores. In seguito a Roma matura esperienze in cinema, spot pubblicitari e videoclip. Nel 2007 esordisce nella regia con il mediometraggio Sa regula; nel 2009 realizza il documentario Santu Jorgi, su mori sul pellegrinaggio di San Giorgio di Suelli, e nel 2010 Sa Cresia de Nostra Sennora de Is Grassias, documentario religioso sulla devozione di una comunità ogliastrina. In seguito, nel 2013 dirige il film Treulababbu - le ragioni dei bambini, sul conflitto tra mondo degli adulti e mondo dei bambini, in due episodi, il primo ripropone Sa regula ossia La regola, una commedia degli equivoci con un finale sorprendente e surreale, ed il secondo è Su molenti de Oramala ossia L’asino del diavolo, con la credenza che i bambini morti prima del battesimo non possano andare in paradiso, ed il mito dell’asinello Caga denari, il patto col diavolo. Nel 2022 dirige il corto Fradi Miu, girato in alcune zone dell’Ogliastra, la storia di un bambino che vede il fratello maggiore morire ammazzato, nel quale crescendo il dolore resta sempre vivo, così come l’odio verso l’assassino di suo fratello. |
A Cagliari nel 1972 nasce il regista Paolo Zucca che, dopo la laurea in lettere Moderne, frequenta la Scuola RAI per sceneggiatori e si diploma in regia alla Nuova Università del Cinema e della Televisione. Esordisce da sceneggiatore nel 2003, e nel 2009 dirige il cortometraggio L’arbitro, al quale seguono nel 2011 Cuore di clown e nel 2013 Bella di notte. Dal primo cortometraggio deriva nel 2013 il film L’arbitro, con protagonista Stefano Accorsi nel ruolo del direttore di gara punito per corruzione e spedito in punizione in Sardegna, che apre le Giornate degli Autori alla 70ª Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia. Nel 2018 viene presentato in anteprima il suo secondo film, intitolato L’uomo che comprò la luna, nel quale una coppia di agenti segreti italiani riceve una soffiata dagli Stati Uniti d’America in cui viene comunicato loro come qualcuno in Sardegna sia diventato proprietario della luna, seguono diversi episodi. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a CagliariA Cagliari sono attivi diversi gruppi folkloristici, il Gruppo Folklorisco quartiere Villanova, il Gruppo Folkloristico villaggio dei Pescatori, ed il Gruppo di Tradizioni Popolari Ruggeri di Pirri fondato da Giuliana Ruggeri, i componenti dei quali si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località dell’Isola. Numerose sono le feste e sagre he si svolgono a Cagliari, tra le quali, il 15 gennaio, si svolge la processione del martirio, detto anche Passio Sancti Ephisi; a marzo feste e riti pasquali, con le celebrazioni legate alla Settimana Santa; il lunedì di Pasqua si svolge la Processione di Sant’Efisio; alla fine della terza settimana di aprile a Pirri si rinnovano i riti legati alla Festa della Beata Vergine Santa Maria Chiara con otto giorni di celebrazioni religiose e manifestazioni civili; il 25 aprile a Cagliari si celebra solennemente la Festa di Nostra Signora di Bonaria con il pellegrinaggio a piedi da Sinnai; il 28 aprile Cagliari è la città nella quale maggiormente si svolgono le celebrazioni di Sa die de Sa sardigna, ossia la Festa della Sardegna; il primo maggio, si svolge la Festa di Sant’Efisio, che è probabilmente la principale manifestazione religiosa e folkloristica della Sardegna; la terza domenica di maggio a Giorgino si svolge la Festa della Madonna di Fatima; il 19 giugno si celebra la Festa di San Pietro dei Pescatori, presso la piccola chesa omonima; il 16 luglio, la Festa della Madonna del Carmelo; la prima domenica di luglio si celebra la Festa di Nostra Signora di Bonaria, in onore della quale Santa vengono celebrate feste anche il 25 marzo ed il 24 aprile; a luglio la Festa del borgo di Sant’Elia; a fine agosto la tradizionale Sagra del Pesce del Golfo degli Angeli che si svolge solitamente allo stadio Sant’Elia; alla fine della prima settimana di settembre la Sagra del Pesce a Giorgino; l’ultima domenica di ottobre si celebra la Festa patronale di San Saturno. I riti della Settimana Santa a CagliariImponenti sono, a Cagliari, i Riti della Settimana Santa, che coinvolgono fedeli e turisti. Le cerimonie della Pasqua costituiscono un evento religioso particolarmente sentito, che trae origine dai riti portati nell’isola dagli Spagnoli nel seicento, riti che rievocano la passione, morte e resurrezione di Cristo, particolarmente toccanti e suggestivi quelli organizzati nell’antico quartiere di Villanova dall’Arciconfraternita della Vergine della Santissima Solitudine della chiesa di San Giovanni Battista, e dall’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso della chiesa ed oratorio del Santissimo Crocifisso, ed inoltre quelli organizzati nell’antico quartiere di Stampace dall’Arciconfraternita del Gonfalone della chiesa di Sant’Efisio Martire, e dalla Congregazione Mariana degli Artieri della chiesa di San Michele. Ciascun rito è accompagnato da canti tramandati oralmente, basati su testi di diversi autori tra i quali Pietro Metastasio e Sant’Alfonso Maria de liguori, alcuni dei quali si trovano nel Manuale di Filotea di Giuseppe Riva, che vengono eseguiti con una tecnica di canto polifonico definito Falsobordone, rappresentando il dialogo che intercorre tra la comunità e Dio. Giorno di inizio di tali riti può essere considerato il Lunedì di Passione, che precede la Domenica delle Palme, quando, nel tardo pomeriggio, i membri dell’Arciconfraternita del Santo Cristo procedono alla cosiddetta Vestizione di gala della Madonna Addolorata. Il Venerdì di Passione, organizzata dall’Arciconfraternita del Santo Cristo, ha luogo la Processione dei Santi Misteri di Villanova, detta anche Is Misterius, i cui membri portano in processione i sette simulacri opera di Giuseppe Antonio Lonis, popolarmente chiamati Sacri Misteri. La Domenica delle Palme, nel mattino, in tutte le parrocchie cittadine si rievoca l’ingresso trionfale di Gesù a Gerusalemme, con una processione nel corso della quale i fedeli agitano rami di palma intrecciati. Ed a mezzogiorno, gli appartenenti all’Arciconfraternita della Solitudine si ritrovano nella chiesa di San Giovanni, dove si assiste alla rimozione dal suo altare laterale del grande Crocifisso ligneo seicentesco detto Su Monumentu per la sua imponenza, ed alla sua solenne esposizione. Il Martedì Santo, partendo dalla chiesa di San Michele, si svolge la Processione dei Santi Misteri di Stampace, nella quale i sette simulacri vengono portati in processione. Il pomeriggio del Mercoledì Santo, l’Arciconfraternita del Santissimo Crocifisso effettua la Vestizione a lutto della Madonna Addolorata. un’analoga vestizione viene effettuata poco dopo dall’Arciconfraternita del Gonfalone nella chiesa di Sant’Efisio a Stampace. Il Giovedì Santo viene eseguito il rito de S’Incravamentu, ossia la crocifissione di Gesù, che nella realtà storica ha avuto luogo, però, il giorno successivo. Nel pomeriggio la cerimonia viene celebrata dall’Arciconfraternita della Solitudine e dall’Arciconfraternita del Santo Cristo, che prelevano il grande Cristo con gli arti snodabili e lo inchiodano alle grandi croci di legno. In serata, al lume delle fiaccole, la Confraternita del Gonfalone svolge la Processione delle Sette Chiese, nella quale il simulacro di Sant’Efisio, listato a lutto, col pennacchio nero. Le celebrazioni più suggestive e commoventi si svolgono il Venerdì Santo, con la rappresentazione del funerale di Cristo. In città si svolgono tre processioni. La prima, che è la più seguita ed è organizzata dall’Arciconfraternita della Solitudine, dalla chiesa di San Giovanni percorre tutto il centro storico per arrivare alla cattedrale. La seconda, organizzata dall’Arciconfraternita del Santo Cristo, dal suo oratorio porta il simulacro del Cristo morto fino alla chiesa di San lucifero, nella zona orientale della città. La terza, organizzata dall’Arciconfraternita del Gonfalone, parte dalla chiesa di Sant’Efisio in serata, al lume delle fiaccole, e fa ritorno alla chiesa di Sant’Efisio dopo aver attraversato il quartiere Stampace. La mattina del Sabato Santo viene dedicata al rito de Su Scravamentu, ossia alla deposizione dalla croce del Cristo morto, che posticipa di molte ore la cronologia storica degli eventi, dato che nella realtà Gesù è morto sulla croce alle tre del pomeriggio del venerdì, è stato poi deposto, avvolto in un lenzuolo e racchiuso nel sepolcro, ed il sabato è stato un giorno di silenzio. In prima mattina, il rito si svolge nella chiesa di San lucifero, ed a metà mattina, nella cattedrale. In seguito, nel pomeriggio del Sabato Santo, Si svolge il rito de S’Interru, ossia il corteo funebre per il rientro del Cristo Morto nella chiesa ed oratorio dal quale era uscito per quello che dovrebbe essere il suo seppellimento. Nel pomeriggio sfilano in processione per le strade di Villanova i Confratelli del Santo Cristo, che riportano nel loro oratorio il Cristo morto prelevato nella chiesa di San lucifero, mentre i Confratelli della Solitudine si recano in processione nella cattedrale, dove la statua di Cristo morto viene ricondotto nella chiesa di San Giovanni, dove la messa di mezzanotte celebra la Domenica di resurrezione. La Domenica di Pasqua si svolge il rito de S’Incontru, ossia il ricongiungimento delle due processioni con i simulacri del Cristo Risorto e della Madonna, che, che fanno rientro affiancati nella chiesa dove viene celebrata la messa solenne. La suggestiva cerimonia viene celebrata a cura delle tre parrocchie storiche di Villanova, Stampace e Marina. Il Lunedì dell’Angelo si svolge una particolare processione votiva dedicata a Sant’Efisio per lo scioglimento del voto a questo Santo, come anticipazione della Festa di maggio in onore del Martire patrono della Sardegna. La Domenica in Albis nella parrocchiale di San Giacomo e nella chiesa ed oratorio del Santissimo Crocefisso, ed il Lunedì successivo anche nella chiesa di San Giovanni Battista, si svolge il rito de Is Inserrus, ossia la ricollocazione nelle Chiese dei simulacri del Cristo e della Madonna. Il pellegrinaggio a piedi da Sinnai per la solenne Festa di Nostra Signora di BonariaIl 25 aprile si conclude a Cagliari il Pellegrinaggio a piedi da Sinnai per la solenne Festa di Nostra Signora di Bonaria. Il pellegrinaggio a piedi da Sinnai sino al Santuario di Nostra Signora di Bonaria inizia la notte fra il 24 e il 25 aprile, con i fedeli che partono all’una e mezzo del mattino, attraversano le strade di Sinnai e raggiungono l’abitato di Settimo, da dove si dirigono a Selargius e proseguono verso Monserrato, Pirri, Cagliari, per arrivare al Santuario di Nostra Signora di Bonaria intorno alle otto di mattina. Qui si svolgono i diversi riti religiosi. Ogni anno si festeggia Sa die de Sa sardigna che rappresenta la Festa del popolo sardoIl 28 aprile di ogni anno si festeggia Sa die de Sa sardigna ossia Il giorno della Sardegna, Chiamata anche la Festa de su Populu Sardu, istituita dal Consiglio regionale il 14 settembre 1993 in ricordo dei cosiddetti Vespri sardi, cioè la sommossa del 28 aprile 1794 con la quale si allontanarono da Cagliari i Piemontesi ed il vicere Balbiano. Il motivo del malcontento popolare era dovuto al fatto che la Sardegna era stata coinvolta nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei ed anche, quindi, contro il Piemonte. Nel 1793 la flotta francese, agli ordini dell’ammiraglio Truguet, occupa Carloforte e Sant’Antioco, dove innalza l’albero della Libertà, sbarca in territorio di Quartu Sant’Elena ed attacca il porto di Cagliari. Con un’abile propaganda, aristocratici ed ecclesiastici convincono la popolazione della pericolosità dei Francesi, che indicano come nemici della religione, violenti e schiavisti, e la propaganda ottiene l’effetto voluto, dato che volontari sardi respingono le truppe francesi e liberano Carloforte e Sant’Antioco, e successivamente respingono a la Maddalena un corpo di spedizione proveniente dalla Corsica agli ordini del giovane Napoleone Bonaparte. Questa resistenza, proprio mentre le truppe Piemontesi incontrano difficoltà in terraferma, creano l’illusione che il governo piemontese possa concedere ai sardi una gestione più autonoma dell’Isola. Vengono mandati delegati a Torino per avanzare a Vittorio Amedeo III riChieste precise, sintetizzate nelle cosiddette Cinque domande: un programma costituzionale, la convocazione del Parlamento mai più convocato dall’arrivo dei Piemontesi, la riconferma dei privilegi dei quali aveva sempre goduto la popolazione sarda, la nomina negli impieghi civili e militari e nelle cariche ecclesiastiche esclusivamente di sardi, l’istituzione a Torino di un Ministero per la Sardegna ed a Cagliari di un Consiglio di Stato per i controlli di legittimità. I delegati vengono tenuti a Torino in attesa per mesi, senza ottenere risposte, mentre in Sardegna cresce la tensione. La scintilla che fa esplodere la contestazione è l’arresto, ordinato dal vicere Balbiano, di due capi del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor. Siamo appunto al 28 aprile del 1794. La popolazione insorge, sconfigge i Piemontesi a Cagliari, Alghero e Sassari, costringendo a lasciare l’isola il vicerè e le sue truppe. Con la rivolta urbana si intrecciano i moti antifeudali delle campagne, e nasce un vero movimento rivoluzionario. In questa situazione emerge la personalità di Giovanni Maria Angioy nato a Bono nel 1761, giudice della reale Udienza. La sua azione in difesa della sua terra, iniziata già nel’93, durante le operazioni che hanno portato alla cacciata dall’isola delle squadre navali Francesi, emerge dopo la rivolta del’94, quando diviene l’anima del Governo Autonomo sardo. Tra il 1795 e il 1796 la nobiltà conservatrice di Sassari ed i feudatari del Logudoro tentano di rendersi autonomi da Cagliari per dipendere direttamente da Torino, allora il nuovo vicerè Vivalda invia l’Angioy a Sassari come suo vicario, per riportare gli insorti all’obbedienza. Angioy viene accolto dalle popolazioni ovunque come un liberatore e si trova presto in contrasto con lo steso vicerè, quando, invece di rappresentare gli interessi piemontesi, fomenta e dirige la grande sollevazione popolare del 1796, un moto giacobino e antifeudale che lo vede da Sassari guidare la marcia su Cagliari. La marcia, che inizialmente sembra vittoriosa, viene fermata nel giugno del 1796 ad Oristano, dove l’Angioy viene sconfitto e deve abbandonare l’isola rifugiandosi, l’anno successivo, a Parigi, dove morirà esule nel 1808. Le rivolte, comunque, proseguono, seguite da una sanguinosa repressione, che causa molti morti ed arresti, ritornano il potere feudale, le carestie e la forte pressione fiscale. Giovanni Maria Angioy rimane uno dei principali personaggi della storia sarda, non c’è città in Sardegna che non abbia una strada o una piazza intestata a lui. A seguito dei fatti del 28 aprile 1794, Francesco Ignazio Mannu nato a Ozieri nel 1758, scriverà qualche anno dopo l’Innu de su Patriottu sardu a sos Feudatarios, più noto con il suo primo verso Procurad ’e moderare, il principale e più appassionato canto contro la prepotenza feudale dei proprietari terrieri, che, stampato clandestinamente in Corsica e diffuso in Sardegna, diviene il canto di guerra degli oppositori sardi, passando alla storia come La Marsigliese Sarda. A ricordo di questi eventi è stato istituito Sa die de Sa sardigna durante il quale, a partire dalla prima edizione che si è svolta nel 1993, a Cagliari ed in tutta la Sardegna si svolgono manifestazioni che ripercorrono integralmente tutti questi fatti con una grande rappresentazione teatrale che risulta di sicuro interesse, oltre che storico, anche turistico. I primi anni la Festa si svolgeva solo a Cagliari, e gli attori recitavano nelle varie vie cittadine seguendo il percorso storico compiuto dai rivoltosi. Col tempo la manifestazione si è estesa anche ad altri comuni della Sardegna, e in alcuni di essi si articola in più giorni. La Festa di Sant’EfisioNel maggio 2015 mi sono recato a Cagliari per assistere alla Festa di Sant’Efisio e, con un Pass dell’Ufficio Stampa del comune, ho scattato le numerose foto ed i filmati presenti nei video che si possono consultare da questa pagina. La statua di Sant’Efisio ogni anno viene portata in processione nella più significativa manifestazione religiosa di tutta la Sardegna, la Festa di Sant’Efisio istituita dopo un’epidemia di peste che aveva colpito la città tra il 1652 ed il 1655 ed in poco tempo aveva ucciso più di 10mila persone, e che, secondo la tradizione, per intercessione del Santo, sarebbe cessata come per miracolo. Da allora, nel 1657, la città organizza la Sagra dell’1 maggio, in onore del suo Santo protettore. Si tratta di una tradizione mai interrotta, neanche sotto i bombardamenti che hanno distrutto il capoluogo sardo nel 1943. Oltre ad essere tra le più antiche, quella di Sant’Efisio è anche la più lunga processione religiosa italiana, con circa sessantacinque chilometri percorsi a piedi in quattro giorni, ed è la più grande di tutto il Mediterraneo. L’importanza e il significato religioso di questa antica celebrazione sono ben chiari, per questo motivo sono state avviate le procedure per l’iscrizione del Rito dello scioglimento del Voto e delle Festa di Sant’Efisio nella lista rappresentativa del Patrimonio Culturale Immateriale dell’Umanità, secondo i principi della Convenzione dell’Unesco. Il Primo maggio, verso le 10, iniziano le Manifestazioni civili con le sfilate in costume. Originariamente la processione era solo religiosa, solo in seguito si sono unite anche le cosiddette traccas, i tradizionali carri a buoi riccamente addobbati, che un tempo venivano caricati di cibo, una sorta di riserva alimentare per le famiglie che intraprendevano il viaggio di quattro giorni al seguito del Santo. Oggi le manifestazioni civili vengono aperte dalla sfilata di diciotto traccas provenienti da diverse località della Sardegna. Seguono i molti diversi colori dei costumi sardi indossati da oltre tremila persone in abito tradizionale, provenienti da un centinaio di comuni delle ventisette regioni storiche dell’Isola. La sfilata viene conclusa da oltre Duecento cavalieri provenienti da trentadue diverse località dell’Isola, e da settanta miliziani a cavallo. Le Manifestazione religiose sono organizzate dall’Arciconfraternita di Sant’Efisio, creata come Confraternita da Paolo III nel 1539, aggregata nel 1816 all’Arciconfraternita del Gonfalone della Santissima Vergine del Riscatto di Roma, ed elevata ad Arciconfraternita da Pio IV nel 1796, dopo la liberazione dall’invasione francese, le cui finalità erano in origine il riscatto dei Cristiani dai Saraceni, il culto alla Madonna e a Sant’Efisio Martire, e la beneficenza, delle quali le ultime due sopravvivono ancora oggi. L’abito dei Confratelli è costituito da un sacco di tela azzurra, sul cui petto è cucita una croce bianca e rossa in campo azzurro, e una frusta sul lato sinistro, da una mantellina di lana bianca, e da un cingolo da cui pende il Rosario. Il Primo maggio, a inizio mattina, nel palazzo Civico, dopo la vestizione, si reca l’Alter Nos, un tempo rappresentante del vicere, oggi delegato della municipalità, vestito in frac, che riceve dal Sindaco la fascia tricolore ed al collo il Toson d’Oro, un medaglione emblema dell’ordine cavalleresco fondato nel 1429 da Filippo il Buono per favorire la diffusione del cattolicesimo, divenuto in seguito un’onorificenza che il re spagnolo Carlo III ha conferito anche alla municipalità di Cagliari. La Guardiania si reca a cavallo al palazzo Civico per prelevare l’Alter Nos, che esce accompagnato dal Terzo Guardiano, che nella processione porterà lo stendardo dell’Arciconfraternita del Gonfalone. L’Alter Nos esce scortato da due Mazzieri in livrea del seicento, e si dirige alla chiesa di Sant’Efisio in Stampace. Frattanto, nella chiesa di Stampace il simulacro di Sant’Efisio viene ornato con la corona, i gioielli, la spada, la palma del martirio e gli ex voto, poi la scultura viene intronizzata nel cocchio di gala. Verso le 12 il simulacro di Sant’Efisio esce dalla chiesa, trainato, come da tradizione, dal giogo dei buoi di proprietà della famiglia lecca, e si dirige verso il palazzo Civico, preceduta e seguita dai fedeli provenienti da tutta la Sardegna. Il percorso processionale è ricoperto da una coltre di petali ed essenze profumate, chiamata Sa ramadura, omaggio dei devoti al Santo. Il corteo della processione è aperto dai Miliziani, un corpo militare che un tempo era posto a protezione del simulacro e dei suoi preziosi monili dal pericolo di incursioni saracene a scopo predatorio, armati di archibugio e sciabole. Segue il corpo della Guardianìa, che sfila in frac nero, cilindro e fascia azzurra ai fianchi, ed in prima fila, il Terzo Guardiano regge il gonfalone dell’Arciconfraternita, seguito, in frac e cilindro con una fascia tricolore sui fianchi, dall’Alter Nos, scortato dai due Mazzieri. Quindi procedono i membri Dell’Arciconfraternita, introdotti da un confratello che regge un crocifisso del settecento, e due confratelli, chiamati i Collaterali, che hanno il compito di stare ai lati del cocchio durante tutto il percorso della processione. Segue, infine, il cocchio con la statua di Sant’Efisio, atteso da tantissimi fedeli. L’arrivo del cocchio di fronte al palazzo Civico, preannunciato dal suono di antichi strumenti musicali di canna, le Launeddas, E dai canti, è preceduto dalle reliquie, custodite dal 151esimo reggimento Fanteria Sassari nel reliquario realizzato dal maestro orafo Francesco Busonera, ed è salutato dalle sirene delle navi. Inizia, poi, il lungo Cammino di Sant’Efisio, da Cagliari alla spiaggia di Nora e ritorno. Lasciata Cagliari, la processione si dirige al villaggio dei Pescatori di Giorgino, nella villa Ballero, dove, nella Cappella di Sant’Efisio, avviene il cambio degli abiti, vengono rimossi i gioielli e si procede al cambio delle vesti, sostituite da altre più semplici, e la statua viene trasbordata su un carro da Viaggio, detto Cocchio di campagna. Il pellegrinaggio prosegue nel territorio del comune di Capoterra, fino alla spiaggia de la Maddalena, dove fa sosta la processione ed i fedeli possono accorrere dalla vicina Capoterra. Si reca, poi, alla piccola chiesa dedicata a Sant’Efisio in località Orti su Loi, per una breve sosta per i buoi, e la celebrazione di una messa. Al tramonto la processione giunge nella Cappella della prestigiosa Villa d’Orrì, dei Marchesi Manca di Villahermosa, dove viene celebrata una celebrazione eucaristica in commemorazione dei defunti. Al termine il corteo riprende il viaggio e arriva a Sarroch, il cocchio viene accompagnato fino alla chiesa di Santa Vittoria dove viene celebrata una messa solenne e qui sosta per la notte. Il 2 maggio, dopo la messa, la processione parte per Villa San Pietro dove fa una fermata, i pellegrini fanno una sosta a Casa Fadda, i buoi vengono addobbati per l’ingresso a Pula, e nella chiesa di San Pietro il Santo indossa i vestiti della festa, che aveva tolto a Giorgino. Da qui la processione parte per Pula, dove l’Alter Nos affida al Sindaco la responsabilità del rito, viene celebrata una messa solenne nella chiesa di San Giovanni Battista, segue una sosta davanti al Cimitero e un’altra davanti alla piccola chiesa di San Raimondo per una benedizione. Quindi, dopo una sosta del simulacro vicino al comando della Marina Militare, ammaina bandiera, e successivamente il Santo viene preso in consegna dall’Arciconfraternita e scortato fino a Nora, dove arriva verso le 21, celebrazione della messa, al termine della quale il simulacro viene deposto in una nicchia. Per tutta la giornata del 3 maggio avviene la commemorazione del Martire con messe e funzioni. Alle 18 ha luogo la processione lungo il litorale, durante la quale il Santo abbandona il cocchio e viene trasportato in spalla a rivisitare i luoghi del suo martirio. Segue la messa e la ripartenza del corteo per Pula, dove il simulacro pernotta nella chiesa di San Giovanni Battista. Il 4 maggio La processione parte da Pula dopo la messa mattutina, ripercorre all’indietro tutte le tappe del viaggio di andata, effettuando una tappa a Villa San Pietro, quando il Santo sul cocchio di campagna fa il giro della Villa Atzori, ed indossa un mantello d’oro della famiglia, prima di riprendere il suo cammino verso Cagliari. La processione, dopo una sosta a Giorgino per reidossare gli abiti a festa, Rientra a Cagliari verso le 22 e 30 circa, accompagnato da una lunga e suggestiva processione notturna, con accompagnamento di gruppi folk e cavalieri. Il pomeriggio dal 5 al 25 maggio a Cagliari si svolge il novenario in onore del Santo. Il 22 maggio si trascorrono 40 ore di venerazione del Santo ed in questa occasione viene letto il rosario che ripercorre tutta la vita di Efisio. Il giorno 25 maggio si chiude ufficialmente la celebrazione delle festività in onore di Sant’Efisio. |
Iniziamo la visita della città di Cagliari dalla Stazione ferroviaria e dal palazzo di cittàEntriamo a Cagliari dalla SS195 Sulcitana e la strada ci porta direttamente nel centro della città, in piazza Giacomo Matteotti, dove si affacciano la stazione delle autocorriere e le Stazione ferroviaria, della quale iniziamo la visita dall’abitato, che non mostra segni evidenti di espansione edilizia. La stazione delle autocorriereSul lato occidentale della piazza Giacomo Matteotti, al civico numero 1, in prossimità del Porto, di trova la Stazione delle autocorriere. Si tratta della sede territoriale di Cagliari dell’ARST, con deposito automezzi, biglietteria e sala d’attesa, che costituisce il fulcro della rete del trasporto pubblico stradale da e per le principali destinazioni del sud dell’Isola. L’edificio ospita, inoltre, uno dei fast food della catena Mcdonald a Cagliari. L’ARST gestisce anche la tranvia di Cagliari, attiva dal 2008, che attualmente consiste in una sola linea, che collega resti della Stazione ferroviaria dismessa di Cagliari viale Bonaria delle Ferrovie Complementari della Sardegna, con la fermata di Monserrato Gottardo, nei pressi della Stazione ferroviaria di Monserrato. La Stazione ferroviaria di CagliariNella visita della città partiamo dalla Stazione ferroviaria affacciata sul lato settentrionale della piazza Giacomo Matteotti ed il cui indirizzo è il civico numero 22 della via Roma. La stazione, definita di categoria Gold, è una stazione di testa dotata di otto binari tronchi per il servizio passeggeri, oltre ad alcuni binari di servizio. Il fabbricato viaggiatori ospita diversi servizi per i passeggeri come biglietteria, bar, edicola, Cappella e alcune attività commerciali. Vi si trovano inoltre le sale per la dirigenza del movimento, da cui viene controllata quasi tutta l’intera rete della Sardegna del gruppo Ferrovie dello Stato. Nell’atrio della stazione si trova, esposta come monumento, una locomotiva a vapore D744.003, che è una delle poche sopravvissute di quella serie costruita nel 1928 in 50 esemplari, e che è stata utilizzata per un lungo periodo nel tragitto tra Cagliari ed Olbia. Dalla stazione partono i treni che percorrono la tratta nota anche come Dorsale Sarda, che copre l’itinerario da Cagliari per Oristano, Macomer, Ozieri Chilivani, fino a Olbia ed al capolinea Golfo Aranci, per un totale di 306 chilometri dalla quale si separa la deviazione da Ozieri Chilivani a Sassari ed al capolinea Porto Torres, per un totale di 66 chilometri, seguendo quasi parallelamente il percorso della SS131 di Carlo Felice. Da queste tratte si separa una deviazione che da Decimomannu raggiunge Villamassargia, e da qui il capolinea Iglesias, per un totale di 38 chilometri ed una seconda deviazione da Villamassargia raggiunge il capoliea di Carbonia Serbariu, per un totale di 22 chilometri. La rete non è elettrificata ed il sistema di trazione è quello diesel, le stazioni attualmente attive sono 41, classificate come Gold, Silver e Bronze, sulla base dei parametri di valutazione prestazionali e funzionali scelti da RFI. Dal capolinea di Cagliari, i treni raggiungono, come prima stazione del percorso, la stazione di Cagliari Santa Gilla. alla sinistra dell’ingresso della stazione, accanto al parcheggio per automezzi, si può visitare il Museo delle Ferrovie realizzato nel 1985 come testimonianza di archeologia industriale, con foto, carte, disegni d’epoca, modelli di ponti e locomotive, il modello funzionante del traghetto Gennargentu, casseforti a muro ad apertura segreta, ed il salotto della carrozza reale di Vittorio Emanuele III. Lungo il lato destro della stazione, fiancheggiando la piazza Giacomo Matteotti, scorre la Via Roma che si sviluppa verso nord ovest per circa cinquecento metri, fino a proseguire sul viale Trieste che porta all’esterno della città, e, passata la piazza Giacomo Matteotti, si sviluppa anche verso sud est per circa settecentocinquanta metri, costeggiando la zona portuale, che si trova verso ovest, e costeggiando sull’altro lato il limite occidentale dello storico quartiere Marina, fino a proseguire sul viale Armando Diaz. All’inizio della via Roma si trova il palazzo CivicoAl fianco destro della Stazione ferroviaria, passa via Roma, che seguiamo verso sud est. Sulla via si affaccia, al civico numero 145, affacciato sulla piazza Giacomo Matteotti, il Palazzo Civico edificato nel 1907 in un misto di stili gotico ed aragonese, che è stato il primo esempio di liberty in Sardegna. Questo palazzo, che ospita la sede e gli uffici del palazzo Civico di Cagliari, rientra tra le opere realizzate dall’amministrazione di Ottone Bacaredda, sindaco di Cagliari quasi ininterrottamente dal 1889 al 1921, riconosciuto ancora oggi come uno dei sindaci più illuminati della città. Il centro storico della città di CagliariPossiamo, ora, entrare nel centro storico di Cagliari, che fino a metà ottocento era circondato dalle mura e dai bastioni difensivi. Il centro storico di Cagliari è distinto in quattro quartieri: a sud, verso il mare, si trova il quartiere Marina; verso ovest si trova il quartiere Stampace; alla sua destra si trova il quartiere Castello; ancora più a destra, verso oriente, si trova il quartiere Villanova. La Stazione ferroviaria, con la piazza del Carmine e la sua chiesa, ed il palazzo Civico, vengono a volte considerati appartenenti al quartiere Stampace, ma sono, invece, esterni ad esso, almeno nei suoi limiti storici. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, effettueremo la visita dal Centro storico della città di Cagliari dove vedremo i quattro quartieri storici, ossia Stampace, Castello, Marina e Villanova. Nel quartiere Castello ci recheremo, tra l’altro, a visitare il Museo Archeologico Nazionale, nel quale sono esposti i principali reperti dell’archeologia in Sardegna. |