Laconi con il palazzo Aymerich ed il Museo Archeologico delle Statue menhir e con il parco Aymerich
In questa tappa del nostro viaggio, da Nureci ci recheremo nel Sarcidano per visitare Laconi dove è nato Sant’Ignazio, che visiteremo con il suo centro dove si trovano il palazzo Aymerich ed il Museo Archeologico delle Statue menhir, con il parco Aymerich ed i dintorni nei quali sono state rinvenute le numerose statue tra le quali anche quelle oggi ospitate nel Museo. La regione storica del SarcidanoIl Sarcidano è una regione della Sardegna che si estende tra il territorio del Campidano e quello della Barbagia. I comuni che ne fanno parte sono in Provincia di Oristano: Genoni e Laconi, che sono già stati descritti in una precedente tappa del nostro viaggio. Vedremo ora i comuni in Provincia di Cagliari: Escolca, Gergei, Isili, Nuragus, Nurallao, Nurri, Orroli, Serri, Villanova Tulo. Vi è diffusa la quercia, ma non mancano anche foreste di castagno. Elemento morfologico dominante è l’altopiano de Laconi, il più grande tavolato calcareo della Sardegna. Al suo interno si estendono i due laghi artificiali del Mulargia e del Flumendosa. Il territorio del Sarcidano è costellato di numerose testimonianze archeologiche, prevalentemente nuragiche. In viaggio verso LaconiUsciamo da Nureci prendendo la SS442 di Laconi e di Uras che si dirige verso nord est e che, dopo quasi otto chilometri, ci porta all’interno dell’abitato di Laconi. Dal Municipio di Nureci a quello di Laconi si percorrono 8.4 chilometri. Il comune chiamato LaconiIl comune di Laconi (nome in lingua sarda Làcuni, altezza metri 550 sul livello del mare, abitanti 1.673 al 31 dicembre 2021) è un paese che sorge al centro della Sardegna con un’economia che si basa su tutti i settori produttivi. L’abitato si sviluppa attorno a un bellissimo parco al centro del quale sorge l’antico Castello dei Marchesi di Laconi, antichi signori del paese. All’interno del paese possiamo visitare la casa dove è nato Sant’Ignazio, e il Museo vicino alla Chiesa dedicato al Santo. Laconi sorgesu un costone dell’altopiano del Sarcidano, il suo vasto territorio è tra i più vari e ricchi dal punto di vista naturalistico e geologico della Sardegna. Il territorio comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche molto accentuate, che vanno da un minimo di 129 a un massimo di 871 metri sul livello del mare. Nel territorio de Laconi sono presenti vaste zone di bosco e decine di sorgenti. Il comune comprende tre frazioni: Crastu, situata nella parte pianeggiante del territorio, Santa Sofia e Su lau, che si trovano invece sull’altopiano del Sarcidano. Il comune ha ottenuto il riconoscimento della Bandiera ArancioneIl 22 luglio 2005 questo è uno dei paesi che vengono insigniti del riconoscimento della Bandiera Arancione, ossia il marchio di qualità turistico ambientale, da parte del Touring Club Italiano. Si tratta di un riconoscimento che viene attribuito ai paesi che si sono distinti per un’offerta di eccellenza e un’accoglienza di qualità. Sono cinque le località eccellenti della Sardegna coinvolte, ossia Aggius, Galtellì, Gavoi, Laconi e Sardara. Si tratta di località che si trovano nella parte settentrionale e centrale della Sardegna, dal Sassarese e dall’Oristanese al Nuorese. Origine del nomeIl nome è attestato dal 1341 con le forme Lacone, Lacono e Laccone. Secondo alcuni studiosi l’etimologia potrebbe essere rintracciabile sia nel nome dei lacedemoni, sia nella voce fenicia Hoel Coni, che significherebbe abitazione dei Coni o abitazione sicura. Invece, secondo il linguista Massimo Pittau, il nome corrisponderebbe agli appellativi sArdiani o protosardi Lácuna, lácona ossia truogolo, Láhana ossia pozza d’acqua piovana formatasisu una roccia; o anche agli appellativi Láccana, láccara ossia fossato o segno di confine, che sono tutti da confrontare coi termini latini Lacus ossia lago, Lacuna ossia cavità o fossa o pozza d’acqua. Láconi dunque sarebbe un termine sardiano o protosardo, che porterebbe nella sua denominazione un riferimento alla fossa nella quale scorre il rivo che attraversa il suo famoso parco, oppure un riferimento al confine territoriale tra la Barbagia e il Sarcidano. La sua economiaIl settore primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, ulivi, viti e altri alberi da frutta e con l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è discretamente sviluppata, e si registra un buon numero di aziende che operano nei comparti estrattivo, alimentare, della lavorazione del legno, della produzione e distribuzione di energia elettrica ed edile. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Laconi è meta di un significativo afflusso turistico estivo. Le sue incontaminate bellezze naturali, i suoi freschi boschi e le antiche vestigia monumentali attirano, infatti, numerosi visitatori. Nei suoi dintorni è, inoltre, possibile visitare importanti siti archeologici, come quello delle statue menhir scolpite, percorrere itinerari campestri talvolta anche alquanto complessi e passeggiare per i folti boschi del passo Ortuabis. L’apparato ricettivo, che comprende strutture agrituristiche, offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno. Brevi cenni storiciLe tracce più antiche della presenza dell’uomo nel territorio di Laconi appartengono al Neolitico Antico, poi tra la fine del Neolitico e l’inizio dell’Età dei metalli, quando prende piede l’agricoltura e l’allevamento, prendono vita le prime forme di insediamento permanente attraverso villaggi di capanne. Le testimonianze del periodo sono affidate ai numerosi menhir ed alle Domus de jaas presenti nelle campagne di Laconi. Il numero di Nuraghi presenti evidenzia l’importanza del territorio nell’antichità. L’importanza strategica del luogo è confermata dai resti di una fortificazione cartaginese del quinto secolo avanti Cristo, ed è possibile trovare i segni della presenza dei Romani. Laconi viene citata la prima volta su documenti scritti in epoca bizantina, e si ritiene che proprio da Laconi provenisse la potente famiglia dei Lacon, che dette origine a numerose casate giudicali, ossia ai Lacon-Gunale, Lacon-Serra, Lacon-Zori, Lacon-Massa. Il 24 gennaio 1388 giungono a Laconi i rappresentanti per la firma della pace tra Arborensi e Aragonesi. Nel 1421 il re Alfonso V d’Aragona affida in feudo Laconi, Genoni e Nuragus a Giovanni de Sena. Dal 1479 il governo passa ad Enrico Enriquez, permettendo la nascita del Marchesato dei Castelvì. Nella notte fra il 20 e 21 giugno del 1668 Agostino di Castelvì viene assassinato, e successivamente la moglie Francesca Zatrillas di Siete Fuentes, rimasta vedova, si risposa con Silvestro Aymerich. Nel 1733, dopo alterne vicende, Giuseppe Aymerich, figlio di Caterina Castelvì moglie di Gabriele Aymerich, diviene marchese di làconi, e gli Aymerich vi fanno costruire l’omonimo palazzo ed il parco. Nel 1839, con la soppressione del sistema feudale, il feudo viene riscattato dal fisco, ponendo così fine al Marchesato. Nel 1870 a Laconi viene costruita la strada statale permettendo lo sviluppo economico della zona, e nel 1889 con l’apertura all’esercizio della tratta ferroviaria a scartamento ridotto tra Isili e Meana Sardo, che faceva parte della linea tra Isili e Sorgono delle Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, Laconi viene raggiunta dalla ferrovia. Nel 1927 Laconi passa dalla Provincia di Cagliari alla neonata Provincia di Nuoro, in seguito con delibera Comunale del 1999, anche a seguito di un referendum, si chiede il passaggio alla Provincia di Oristano. Conseguentemente nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la sua Provincia di appartenenza in quella di Oristano. Principali personaggi nati o vissuti a LaconiLaconi ha dato i natali a Vincenzo Peis, conosciuto con il nome di Sant’Ignazio da Laconi, e vi è vissuto il senatore Ignazio Aymerich. A Laconi il 17 dicembre 1701 nasce Vincenzo Peis, noto come Sant’Ignazio da Laconi. Devotissimo e dedito alla penitenza fin da giovane, indossa il saio francescano. Dopo quindici anni, viene chiamato a Cagliari nel convento del Buoncammino. Qui lavora nel lanificio e come questuante in città, svolgendo per quasi quarant’anni il suo apostolato tra poveri e peccatori, aiutando e convertendo. Divenuto cieco due anni prima della morte, viene dispensato dalla questua, ma continua ad osservare la regola come i suoi confratelli. muore a Cagliari l’11 maggio 1781. Le spoglie del Santo riposano nel convento dei Frati Cappuccini in viale fra Ignazio a Cagliari. È venerato come Santo, il più venerato in tutta la Sardegna, e viene ricordato l’11 maggio, giorno della sua morte. La Chiesa Cattolica lo ha reputato degno di tale titolo per aver svolto, per tutta la vita, un’opera umile e al tempo stesso dedita agli altri. Periodicamente l’urna con le spoglie del Santo viene portata in pellegrinaggio lungo tutta la Sardegna, evento che richiama sempre numerosissimi fedeli. |
A Cagliari nel 1808 nasce Ignazio Aymerich, senatore, politico ed intellettuale appartenente ad una delle più prestigiose famiglie di feudatari della Sardegna. Il 10 luglio 1839 gli vengono riscattati i feudi di Laconi, Sanluri e Ploaghe, patrimonio familiare da secoli. Nel 1847, in qualità di Prima Voce dello Stamento militare, fa parte della delegazione che presenta al re Carlo Alberto la richiesta dell’unificazione amministrativa della Sardegna con gli Stati reali di Terraferma, fusione che avviene poco dopo prevedendo la cessazione della carica viceregia e la chiusura definitiva del Parlamento autonomo del Regno di Sardegna. Liberale, amico del conte Camillo Benso di Cavour, è tra gli undici rappresentanti sardi eletti nel nuovo Parlamento Subalpino a Torino nel maggio 1848. Dopo il 1861, si occupa delle gravi condizioni economiche dell’Isola, focalizzando l’attenzione sulla situazione dell’agricoltura e sull’eccessivo frazionamento della proprietà terriera, ed arrivando a chiedere l’espropriazione coattiva per pubblica utilità. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a LaconiA Laconi sono attive l’Associazione Gruppo Folk Franciscu lai di Laconi e, l’Associazione Culturale Tradizioni Popolari Sant’Ignazio da Laconi i cui componenti si esibiscono nelle principali feste e sagre che si svolgono nel comune ed anche in altre località. Sono, inoltre, presenti il Coro Polifonico Laconese, fondato nel 1998 da un gruppo di coristi appassionati del canto polifonico; ed anche il Coro Polifonico Femminile di Laconi. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Laconi si segnalano il 17 gennaio, la tradizionale Festa di Sant’Antonio Abate con la sera della vigilia l’accesione in vari rioni del paese dei grandi falò, detti Fogones, il maggiore dei quali viene eretto nel sagrato della Chiesa a lui dedicata; il Carnevale chiamato Segaripezza, termine che in passato veniva usato per suggerire alle persone di mangiare la carne ossia Pezza prima dell’astinenza quaresimale, il quale vede protagonisti Is Corongiaios, le maschere tradizionali di Laconi riscoperte da alcuni anni dopo un lungo periodo di oblio, che indossano un cappotto di lana di pecora con appeso dei sonagli insieme ad una maschera in sughero impressionante e grottesca, con un lungo naso e una grande bocca, una barba di lana e grosse corna di capra sulla testa; in occasione della Pasqua, i Riti della Settimana Santa; la seconda o la terza domenica di maggio, la Festa di San Daniele presso la Chiesa campestre a lui dedicata; il 24 giugno, la Festa di San Giovanni Battista al quale è dedicata la Chiesa nei pressi del Cimitero; sempre a fine giugno, si svolge la Sagra del tartufo, una giornata indimenticabile tra enogastronomia, artigianato, visite guidate, conferenze e sopratutto un gustoso pranzo con pietanze a base di tartufo; l’ultimo fine settimana di giugno, nella frazione Santa Sofia si svolge la Mostra mercato del cavallo; il 30 agosto, la Festa patronale di Sant’Ignazio da Laconi, ed in tale occasione migliaia di pellegrini sopraggiungono per visitare i luoghi teatro della prima parte della vita del Santo. Visita del centro di LaconiL’abitato, interessato da espansione edilizia, è circondato dalla folta vegetazione di un parco e disposto a ridosso di una parete calcareo dolomitica. Arriviamo a Laconi da sud ovest con la SS442 di Laconi e di Uras che, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso all’interno dell’abitato, assume il nome di corso Antonio Gramsci. Gli impianti sportivi di corso Antonio GramsciDal Cartello segnaletico, imbocchiamo il corso Antonio Gramsci e lo seguiamo per circa duecentocinquanta metri, fino a vedere alla sinistra della strada il cancello che porta agli impianti sportivi di corso Antonio Gramsci. All’interno di questo complesso sportivo, appena entrati, si trovano due Campi da Tennis dotati di tribune per 200 spettatori. Entrando, si arriva a un Campo da Calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 300 spettatori; accanto al Campo da Calcio, è presente un Campo da Calcetto, ossia da Calcio a cinque, con fondo in erba sintetica, dotato di tribune per 200 spettatori; e vicino ad esso, sono presenti due Campi per il gioco delle bocce, che non sono dotati di tribune. La Palestra del liceo classicoPassato l’ingresso degli impianti sportivi, continuiamo lungo il corso Antonio Gramsci e, dopo centoventi metri, arriviamo a un bivio, dove parte a sinistra la via Romaore, mentre verso destra continua il corso. Prendiamo la prosecuzione del corso Antonio Gramsci verso destra e, percorsi centotrenta metri, prendiamo a sinistra la via Dante Alighieri che, in un’ottantina di metri, porta all’ingresso del Liceo classico. All’interno di questo complesso scolastico, si trova la Palestra dotata di tribune in grado di ospitare 300 spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline pallacanestro, pallavolo, calcio e calcetto ossia calcio a cinque, e ginnastica. La Palestra delle Scuole ElementariPassata la via Dante Alighieri che ci ha portati al liceo classico, prendiamo la prosecuzione del corso Antonio Gramsci verso destra e, percorsi altri centoventi metri, prendiamo a sinistra la via Sandro Pertini lungo la quale, sopo una settantina di metri, alla destra della strada al civico numero 7, si trova l’ingresso delle Scuole Elementari. All’interno di questo complesso scolastico, si trova la Palestra che non è dotata di dotata di tribune per gli spettatori, nella quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro ed il mini basket, la pallavolo, e la ginnastica. Oltre alla palestra, nel complesso scolastico è presente anche un Campo Sportivo polivalente, anch’esso non dotato di tribune, nel quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro e la pallavolo. Il Municipio di LaconiPassato l’ingresso degli impianti sportivi, continuiamo lungo il corso Antonio Gramsci e, dopo centoventi metri, arriviamo a un bivio, dove verso destra continua il corso, mentre a sinistra parte la via Romaore. Prendiamo la via Romaore e, dopo trecento metri, arriviamo a una rotonda, dove prendiamo la seconda uscita che ci porta nella via Giuseppe Mazzini. Percorsi centoventi metri, la via Giuseppe Mazzini sbocca sulla via Amsicora, che prendiamo verso sinistra e che, in una sessantina di metri, sbocca nella piazza Guglielmo Marconi. Entrati in questa piazza triangolare, alla sinistra sul lato sud occidentale, al civico numero 1, si affaccia l’edificio che ospita il Municipio di Laconi, con la sua sede e con gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Il Monumento ai CadutiProprio di fronte alla facciata del Municipio, all’altro lato della piazza, sopra un rilievo costituito da massi grezzi di trachite poggia il Monumento ai Caduti di Laconi, realizzato tra il 1920 ed il 1930. Si tratta di un monumento anch’esso in trachite, scolpito a forma di obelisco con una stella bronzea sulla sommità. Sul fronte sono applicati diversi elementi in bronzo, ossia un ramo di palma tenuto da un fiocco, simbolo del sacrificio dei soldati, ed un’aquila con ali spiegate che ghermisce tra gli artigli un fucile, una sciabola e una bandiera, simbolo della vittoria. La dedica e i nomi dei caduti nella Prima Guerra Mondiale sono incisi su tre lastre in marmo bianco che si trovano ai lati e sulla base del monumento, e sotto le lapidi in marmo bianco originarie sono state aggiunte due lapidi in marmo bardiglio che riportano i nomi dei caduti nelle altre guerre. Il Palazzo AymerichSempre nella piazza Guglielmo Marconi, sul lato settentrionale, al civico numero 10, si affaccia il Palazzo Aymerich, che è stata l’ultima dimora dei Marchesi Aymerich a Laconi. L’edificio, progettato nell’ottocento in stile neoclassico dall’architetto Gaetano Cima, si trova al centro del paese, davanti al palazzo municipale. Costruito in perfetto stile neoclassico, si sviluppa su tre livelli scanditi da numerose finestre ed eleganti balconcini. Il complesso, della superficie di circa 4mila metri quadrati, comprende l’edificio principale composto di piano rialzato e due piani superiori, un’annessa Cappella privata, tre edifici secondari, composti da piano terra e primo piano, due corti interne ed un piazzale antistante con recinzione in muratura. Si tratta di un palazzo che all’interno conserva splendidi arredi dell’epoca e belle carte da parati di origine francese. recentemente il Palazzo Aymerich è divenuto la sede del Museo Archeologico delle Statue menhir. Il Museo Archeologico delle Statue menhirNell’area di Perda Iddocca sono state ritrovate numerose statue menhir, sia maschili che femminili, che sono ora conservate al Civico Museo di Laconi, meglio detto Museo Archeologico delle Statue menhir. Il Museo, che un tempo era situato al piano inferiore del palazzo municipale nel quale occupava sette sale, oggi è ospitato nel Palazzo Aymerich. Il percorso museale si articola attualmente in undici sale distribuite tra il piano terra ed il secondo piano del Palazzo Aymerich, delle quali dieci sale sono dedicate ai menhir ed alla grande statuaria antropomorfa preistorica della Sardegna centro meridionale, nelle aree del Sarcidano, del Grighine e del Mandrolisai. Nella nostra visita al Museo Archeologico delle Statue menhir abbiamo fotografato numerose delle statue presenti, e qui riportiamo alcune delle nostre fotografie. I menhir custoditi nel Museo appartengono a diverse tipologie e possono essere distinti in tre tipi, ossia menhir protoantropomorfi, a faccia ogivale ma privi di raffigurazioni; menhir antropomorfi assessuati che presentano elementi caratteristici del viso quali naso e occhi; ed infine le statue menhir maschili e feminili, più ricche di dettagli e di simboli che consentono anche la distinzione tra i sessi. Le statue menhir maschili presentano nella parte superiore i caratteri peculiari del viso, lunghe sopracciglia arcuate e naso ben pronunciato. L’origine e lo sviluppo ideologico delle statue menhir maschili sembra differenziarsi nettamente rispetto al menhir aniconico, ossia quello senza particolari segni distintivi, nella forma slanciata subconica e nella lavorazione accurata, il modello originario che contiene la divinità. Tra i menhir meschili più significativi presenti nel Museo va citato Barrìli II, che è la statua menhir della quale riportiamo una vista frontale. Si tratta della più grande tra le statue Laconesi, affascinante e misteriosa nei suoi segni enigmatici ma anche ricca di movimento e di pathos. Quel viso chino, semi nascosto da un manto regale che le copre il capo oltre che le spalle, sembra essere il gesto mesto e contemplativo del mistero della morte. Le statue menhir femminili sono di dimensioni più piccole rispetto alle maschili, che risultano in chiara posizione dominante per numero e proporzioni. In un solo caso, Piscina ’e Sali III, sotto i seni è restituito un motivo in basso rilievo che raffigura la cornice di una porta, la porta della vita attraverso la quale si viene al mondo o l’accesso alla vita ultraterrena. Quest'ultimo elemento riconduce alla Dea Madre, la Gran Madre mediterranea, l’unica divinità che può dare la vita e che nel suo grembo custodisce le spoglie mortali degli uomini, ai quali darà nuova vita. Come dicevamo, il Museo si articola in undici sale, e l’undicesima sala, ossia la galleria affacciata sulla grande corte interna, ospita numerosi reperti di cultura materiale rinvenuti in contesti funerari megalitici Laconesi. Il Santuario dedicato a Sant’Ignazio nella casa natale del SantoDalla piazza Guglielmo Marconi, guardando il palazzo Aymerich, prendiamo a destra la via Sant’Ignazio che, in una cinquantina di metri, al civico numero 58, ci permette di vedere la Casa natale di Sant’Ignazio, nella quale è stato realizzato il Santuario dedicato a Sant’Ignazio da Laconi, che è diventata luogo di culto dal 1951, ma le funzioni religiose dedicate al Santo si svolgono nella Chiesa parrocchiale a causa della grande affluenza di fedeli. La casa stessa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, dato che è diventata oggetto di culto in quanto luogo di nascita di Sant’Ignazio. All’interno del Santuario si venera la statua del Santo inginocchiato nell’atto della preghiera di fronte ad una apparizione della Vergine. Ai piedi del Santo si trovano strumenti di penitenza come il teschio e delle cordicelle. La Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio eretta a Santuario diocesanoDalla piazza Guglielmo Marconi, guardando il palazzo Aymerich, prendiamo a destra la via Sant’Ignazio e, dopo una ventina di metri, prendiamo a sinistra la via Sant’Ambrogio, dopo una cinquantina di metri svoltiamo a destra e dopo una ventina di metri svoltiamo a sinistra per rimanere sulla via Sant’Ambrogio, la seguiamo per un’altra cinquantina di metri e troviamo una scalinata che ci fa raggiungere il piazzale sopraelevato sul quale si trova la Chiesa di Sant’Ambrogio, è l’attuale parrocchiale di Laconi, funzione nella quale ha sostituito la precedente Chiesa di Sant’Antonio Abate. La Chiesa di Sant’Ambrogio, che viene citata per la prima volta in un documento relativo al pagamento delle decime ecclesiastiche dell’anno 1341, nella forma attuale è stata edificata nel cinquecento in stile gotico aragonese nel cuore del centro storico di Laconi, coperta con un tetto di legno. La volta e la cupola che la coprono attualmente sono state costruite molto tempo dopo l’erezione dei muri, precisamente nel 1823, dal rettore Francesco Cabras, che ha murato un’apposita epigrafe perché non se ne perdesse il ricordo. A sostenere le spese di questa costruzione hanno concorso i parrocchiali, il rettore, il marchese di Laconi e la parrocchia stessa, di cui furono venduti i beni mobili. La facciata, ricostruita nel settecento, è preceduta da un’ampia scalinata in cima alla quale si apre un bellissimo portale con decorazioni in altorilievo, sovrastato da un semplice rosone circolare. Il prospetto è concluso da un elaborato timpano a cinque guglie, in cui è posta una finestra rettangolare. Posteriormente spicca una grande cupola ottagonale. Sul lato sinistro dell’edificio si erge l’alto e massiccio campanile a canna quadrata. La cella campanaria è alleggerita da quattro monofore ogivali dotate di campane, mentre la parte superiore si conclude con una cupoletta cuspidata con croce. Sulla parete destra dell’edificio è posta una grande immagine di Sant’Ignazio. All’interno, la Chiesa è a navata unica con tre cappelle laterali per lato dedicate alla Madonna del Carmelo, Vergine del Rosario, Sacro Cuore di Gesù, San Daniele, Sant’Ignazio da Laconi e Sant’Antonio Abate. L’ampio presbiterio sopraelevato da cinque gradini è sovrastato dalla cupola. La struttura portante è in pietra locale e la copertura è sorretta da pilastri e archi. Ad oggi gli archi e i pilastri sono faccia a vista, mentre le campiture murarie sono intonacate e tinteggiate. La facciata principale, modificata nel 1823 presenta un paramento murario in trachite bruna locale faccia a vista, nella parte superiore sovrastata da una struttura in stile barocco si apre una grande finestra rettangolare. Nella Chiesa si può ammirare la Cappella in onore del Santo, con raffigurazioni a mosaico degli episodi della sua vita nelle pareti, e il fonte battesimale in cui venne battezzato. Nel piazzale davanti all’edificio, sopra un altissimo basamento in trachite rossa è stata collocata un bella statua di Sant’Ignazio. Tra il 1952 e il 1955 l’intera Chiesa viene restaurata con aggiunta della grande Cappella laterale dedicata a Sant’Ignazio da Laconi. Con decreto del 5 novembre 1987, l’allora arcivescovo di Oristano, Monsignor Piergiuliano Tiddia, ha dichiarato la Chiesa parrocchiale di Laconi un Santuario diocesano, ossia un luogo ritenuto sacro dall’Ordinario diocesano. Un nuovo restauro viene effettuato nel 2004, quando la Chiesa e l’area antistante vengono riqualificate. Presso questa Chiesa la grande Festa di Sant’Ignazio da Laconi si celebra dal 1946, dopo un triduo di preparazione, il 30 agosto, quando arrivano a Laconi oltre 70mila persone. Inizia nelle prime ore del giorno con la questua fatta da un corteo di persone che ballando e cantando bussa a tutte le porte del paese per ricevere offerte di vino, pane, carne e dolci. Segue la processione con le reliquie del Santo, provenienti dalla Chiesa di Sant’Ignazio a Cagliari, precedute da cavalieri in costume, gruppi folcloristici e confraternite di varie località dell’Isola. In serata si tiene la Merenda di Sant’Ignazio cui partecipano i devoti del Santo. Il Parco Aymerich viene preso d’assalto da gruppi di villeggianti che dopo aver onorato il Santo nella Chiesa o presso la casa che gli diede i natali nel 1701, lo onorano a tavola. All’ingresso del paese, nel ponte di Muru, decine di arrostitori preparano muggini e anguille arrosto, mentre poco più su vi sono gli arrostitori di carne, con le tradizionali Paradas, una sorta di trattoria volante. Nelle strade del paese si organizza una piccola fiera con le bancarelle che vendono di tutto, dai campanacci per pecore e buoi ai finimenti per cavalli, dagli immancabili torroni di Tonara, alla Carapigna di Aritzo. Dopo le serate con balli e canti, la Festa si conclude con una processione a cui partecipano vari gruppi in costume tradizionali e cavalieri che precedono il simulacro del Santo che viaggia su un carro trainato da un giogo di buoi. Il Parco AymerichDa dove avevamo preso la scalinata che ci aveva portati alla Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio, proseguiamo in direzione nord lungo la via Sant’Ambrogio, dopo una sessantina di metri svoltiamo a destra e, percorsa una quarantina di metri, svoltiamo di nuovo a destra e prendiamo la via Curadori. La seguiamo per una cinquantina di metri, poi svoltiamo a destra nella via Corongiu che dopo una ventina di metri continua nella via su Acili. Da questa strada possiamo recarci a visitare il Parco Aymerich, di proprietà dell’amministrazione Comunale, creato nella metà del diciannovesimo secolo sfruttando la splendida presenza scenografica di uno spuntone calcareo e di diversi pianori con ruscelli, sorgenti e laghetti. Il bosco presente nel parco è formato principalmente da lecci, con una collezione di piante rare realizzata dal marchese Ignazio Aymerich nel 1830. Entrando nel parco, troviamo prima il Palazzo in stile neoclassico costruito dai Marchesi Aymerich nel 1846, su progetto dell’architetto Gaetano Cima. Poi, all’interno del parco, troviamo il Castello Aymerich costruito nell’anno 1000, che conserva una torre in stile romanico edificata nel 1053, ampliato nel dodicesimo secolo, e ricostruito nel quindicesimo secolo in stile gotico catalano. All’interno del parco Aymerich, vicino ai ruderi del Castello, si trova un maestoso e secolare esemplare di Cedro del libano che ha almeno cinque secoli di vita. La Chiesa di Sant’Antonio AbateDalla via Curadori avevamo svoltato a destra nella via Corongiu, da questa strada dopo una ventina di metri prendiamo a sinistra la via Sebastiano Satta, la seguiamo e dopo un centinaio di metri prendiamo verso destra la via Sant’Antonio, lungo la quale, dopo una cinquantina di metri, al termine di un ripida salita, si vede alla destra della strada la Chiesa di Sant’Antonio Abate, che si trova nella parte alta di Laconi, e che era stata la prima parrocchiale di Laconi. Costruita nel 1704 per volere del rettore Cosma Bonaventura Manis, fatto storico documentato da un’epigrafe posta sulla facciata. Durante i restauri del 1865 vengono rifatti due archi, il tetto e il pavimento, nel 1964 viene ampliata la Chiesa e costruito il nuovo presbiterio. La facciata, molto semplice, intonacata con malta cementizia, è quasi priva di elementi decorativi, sull’ingresso principale si apre un bel rosone con decorazioni a rilievo realizzate in pietra locale. Sul semplice tetto a capanna spicca una piccola croce. Sul portale d’ingresso è murata un’epigrafe del 1704. La Chiesa si presenta con un’ampia mono navata separata dal presbiterio da un arco in mattoni a sesto acuto. La navata è divisa in quattro campate, delimitate da archi a tutto sesto su cui poggia la copertura e con relativi contrafforti esterni. Il presbiterio è sopraelevato da un gradino rispetto alla navata. Le pareti interne sono intonacate, tinteggiate di bianco e prive di elementi decorativi. Le murature sono realizzate in pietra locale. All’interno della Chiesa è conservata una bella statua di Sant’Antonio. La Festa più sentita a Laconi è quella che si celebra per Sant’Antoni ’e su fogu ossia Sant’Antonio Abate. Nei giorni precedenti, diversi gruppi di persone si impegnano nel trasporto dai boschi che circondano Laconi dei tronchi necessari per i falò, trasporto che viene preceduto da una vera e propria festa, generalmente un pranzo organizzato in campagna dove vengono preparati i piatti tipici, tra i quali non manca il maialetto arrosto, il tutto innaffiato dal buon vino locale. I tronchi anticamente venivano caricati sui carri trinati dai buoi, mentre ora si usano i trattori, che oltre ai tronchi accolgono molte persone urlanti e felici. La sera della vigilia, in onore del Santo vengono accesi in vari rioni del paese i grandi falò, detti Fogones, il maggiore dei quali viene eretto nel sagrato della Chiesa a lui dedicata. Mentre il fuoco arde si fa festa, si mangiano salsicce arrosto, vengono offerti dei dolci, tra cui il prelibato Pane de saba, e si beve del buon vino.Una specificità della Festa è rappresentata dagli urli a squarciagola, un gruppo dice Sant’Antò! e un altro risponderà Toidò!, parole di significato incerto, e un’altra usanza legata a questa Festa è quella di annerirsi la faccia con il carbone, rito legato appunto al fuoco e forse all’inizio del Carnevale, in questa occasione, infatti, fanno la loro prima uscita Is Corongiaios, la tipica maschera carnevalesca Laconese. Il Cimitero ComunaleDalla piazza Guglielmo Marconi, passato l’edificio che ospita il Municipio, proseguiamo imboccando il corso Giuseppe Garibaldi che si dirige verso nord ovest, lo seguiamo per un centinaio di metri poi svoltiamo a sinistra nella via Maggiore, che dopo trecento metri incrocia la via Aldo Moro. Passato l’incrocio, la prosecuzione della via Maggiore è la via del Cimitero che porta all’estremo occidentale dell’abitato e, in circa duecento metri, ci fa vedere sulla destra, sopra un’altura che costeggia la strada, il muro di cinta del Cimitero Comunale di Laconi, al centro del quale si trova il cancello che consente l’ingresso al suo interno. La Chiesa di San Giovanni BattistaDalla via Maggiore abbiamo imboccato la via del Cimitero e, dopo centotrenta metri, poche decine prima di arrivare a vedere il Cimitero Comunale, si trova alla sinistra della strada un cancello, che immette in un vialetto il quale porta in una quarantina di metri alla Chiesa di San Giovanni Battista, la quale si trova alla periferia di Laconi, nelle vicinanze del Cimitero. Nel cancello di ingresso al giardino in cui si trova la Chiesa, si nota un’immagine stilizzata del Battesimo di Gesù. La parte più antica della Chiesa, abside e parete laterale sinistra, viene realizzata tra il dodicesimo ed il tredicesimo secolo, in seguito la Chiesa viene ampliata tra la fine del sedicesimo e la prima metà del diciassettesimo secolo. La graziosa facciata in pietra molto semplice, priva di elementi decorativi fatta eccezione per la cornice lapidea dell’ingresso principale che accoglie un bel portone ligneo con arco a tutto sesto. Al centro del tetto a doppio spiovente con copertura in tegole si erge un grande campanile a vela a due luci ogivali e dotato di campane. All’interno, la Chiesa si presenta come un’ampia mononavata separata dal piccolo presbiterio da un’arco in pietra a sesto acuto. Nel parete di fondo del presbiterio si apre una piccola abside semicircolare. Le pareti interne sono intonacate e tinteggiate di bianco. Le murature esterne sono realizzate in pietrame misto faccia a vista. All’interno dell’abitato di Laconi ogni anno, il 24 giugno giorno che ricorda la sua natività, si svolge la Festa di San Giovanni Battista, ossia la Festa de Santu Juanni, al quale è dedicata la Chiesa situata nei pressi del Cimitero. I festeggiamenti hanno inizio il giorno della vigilia, con la messa nella Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio accompagnato dal Coro polifonico, alla quale segue la processione solenne con il simulacro del Santo accompagnato dai gruppo folk e dai cavalieri, mentre il giorno della festa, dopo le celebrazioni delle Messe solenni nella Chiesa di San Giovanni Battista, si svolge la processione che vede il rientro del Santo nella Chiesa parrocchiale. A queste cerimonie reliose si accompgnano numero manifestazioni civili che coinvolgono tutti i fedeli devoti al Santo. Visita dei dintorni di LaconiNei dintorni de Laconi si trovano importanti resti archeologici, ossia numerosissini menhir, ed anche Dolmen e cromlech. Sono stati, inoltre, portati alla luce i resti dei Nuraghi semplici Cannas, Orrubiu, Picciu, Pilicapu, Verra; del Nuraghe complesso Genna ’e Corte; ed inoltre dei Nuraghi Gurduxioni, lisandru, Mamusi, Pala e Nuraxi, tutti di una tipologia indefinita. La Stazione ferroviaria di LaconiDal centro di Laconi prendiamo verso nord ovest il corso Giuseppe Garibaldi, che esce dall’abitato assumendo il nome di SS128 Centrale Sarda, la quale si dirige verso Aritzo. Percorso circa un chilometro e mezzo, subito prima del cartello segnaletico che indica il chilometro 68, prendiamo la deviazione in salita tutta a destra che ci porta sulla SP52bis. Percorsi quattrocenometri, svoltiamo a destra nella via della Stazione che, in una settantina di metri, ci porta a vedere alla sinistra della strada la Stazione ferroviaria di Laconi. La stazione viene realizzata insieme alla ferrovia da cui sarebbe stata servita, su iniziativa della Società italiana per le Strade Ferrate Secondarie della Sardegna, che inaugura la struttura nel 1893 in contemporanea all’apertura all’esercizio del tronco tra Isili e Meana Sardo. Dal 1921 vi è il passaggio della concessione alla Ferrovie Complementari della Sardegna, a cui seguono nel 1989 la Ferrovie della Sardegna. Nel 1997 la linea viene chiusa al traffico ordinario venendo destinata all’esclusivo impiego turistico legato al progetto Trenino Verde. Stesso destino capita quindi alla stazione di Laconi, che da allora è in disuso e priva di traffico per buona parte dell’anno, fatto salvo il periodo estivo nel quale dal 2010 la gestione della struttura è affidata all’ARST. La frazione su lau con la Chiesa di Santa Maria della StellaDal centro di Laconi prendiamo verso nord ovest il corso Giuseppe Garibaldi, che esce dall’abitato assumendo il nome di SS128 Centrale Sarda, la quale si dirige verso Aritzo. Percorso circa un chilometro e mezzo, subito prima del cartello segnaletico che indica il chilometro 68, prendiamo la deviazione in salita tutta a destra che ci porta sulla SP52bis. Percorriamo circa due chilometri, quindi seguendo le indicazioni ci immettiamo in una stradina asfaltata sulla destra, percorriamo un paio di chilometri, e svoltiamo a destra per gli ultimi trecento metri che si portano all’interno della frazione su lau (altezza metri 645 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 2.95 chilometri, abitanti circa 17), borgata rurale nata sull’altipiano del Sarcidano in seguito alle riforme agrarie degli anni Cinquanta. All’interno della frazione su lau è presente la Chiesa di Santa Maria della Stella che è stata edificata nei primi anni Settanta del secolo scorso, dai coniugi pugliesi Francesco Minafra e Stella Ferri, che in questa frazione si erano ritirati per godersi la pensione. Nel 1972 viene fatta arrivare da lecce una Madonnina con in mano una piccola stella che, come descritto da San Bernardo in una bellissima preghiera, indicasse la via giusta ai fedeli nei momenti di profonda crisi spirituale e umana. La Chiesa, dedicata alla Madonna della Stella alla quale i coniugi erano molto devoti, è stata realizzata per la piccola popolazione della borgata di su lau. Dopo la morte dei coniugi ed il venir sempre meno del numero degli abitanti della frazione, le messe vengono interrotte, ma in seguito vengono riprese grazie alla figlia Caterina e al suo compagno Graziano De Gioannis, che riescono anche a organizzare una processione per le vie della borgata, che ancora si svolge ogni anno una domenica d’inizio del mese di settembre. La frazione Santa SofiaDal centro di Laconi prendiamo verso nord ovest il corso Giuseppe Garibaldi, che esce dall’abitato assumendo il nome di SS128 Centrale Sarda, la quale si dirige verso Aritzo. Percorso circa un chilometro e mezzo, subito prima del cartello segnaletico che indica il chilometro 68, prendiamo la deviazione in salita tutta a destra che ci porta sulla SP52bis. Percorriamo quasi sette chilometri e mezzo fiancheggiando il perimetro forestale di su lau e passando in località Genna e Teula, troviamo le indicazioni che ci fanno prendere una deviazione a destra che, in circa cinquecento metri, ci porta all’interno della frazione Santa Sofia (altezza metri 818 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 6.47 chilometri, non è disponibile il numero di abitanti), che si trova sull’altipiano del Sarcidano. Fondata nel 1767 ed affidata a Salvatore Lostia, il quale ottenne il titolo di conte di Santa Sofia, era un piccolo borgo ma in aseguito, molto più tardi, negli anni Cinquanta del secondo dopoguerra, grazie all’attività di bonifica e di riforma dell’Ente per la Trasformazione Fondiaria della Sardegna, la frazione è stata completamente sviluppata e le terre di Santa Sofia sono state dissodate e risanate. A più di un chilometro di distanza verso ovest, nella campagna, si trovano i Ruderi dell’antica Chiesa di Santa Sofia, una Chiesa di origini bizantine che è stata modificata poi in periodo medioevale e che si raggiunge alla fine di un percorso forse un po’ più impervio, ma in grado di regalare grandi soddisfazioni. All’interno della frazione Santa Sofia è presente la Nuova Chiesa di Santa Sofia, che è stata edificata per le esigenze religiose degli abitanti della frazione. La frazione Crastu con la Chiesa di Nostra Signora della ConsolazioneDal centro di Laconi prendiamo verso sud est il corso Giuseppe Garibaldi, che esce dall’abitato assumendo il nome di SS128 Centrale Sarda, la quale si dirige verso Nurallao. Percorsi poco più di quattro chilometri, passato l’indicatore del chilometro 62.2, arriviamo a un raccordo dove, seguendo le indicazioni per Crastu, Genoni e Nuragus, svoltiamo a destra sulla SP16bis. Seguiamo questa strada provinciale e, dopo aver percorso due chilometri e settecento metri, troviamo le indicazioni che ci fanno prendere la deviazione sulla sinistra che in meno di duecento metri ci porta all’interno della frazione Crastu (altezza metri 330 sul livello del mare, distanza in linea d’aria circa 4.92 chilometri, abitanti circa 98), che è posta nella parte pianeggiante del territorio. All’interno della frazione Crastu è presente la Chiesa di Nostra Signora della Consolazione, la quale versa però in uno stato di completo abbandono. La Chiesa campestre di San DanieleDalla piazza Guglielmo Marconi, passato l’edificio che ospita il Municipio, proseguiamo imboccando il corso Giuseppe Garibaldi che si dirige verso nord ovest, lo seguiamo per un centinaio di metri poi svoltiamo a sinistra nella via Maggiore, che dopo trecento metri incrocia la via Aldo Moro. Passato l’incrocio, la prosecuzione della via Maggiore è la via del Cimitero che uscirà dell’abitato, e la seguiamo per poco più di due chilometri, quando questa strada incrocia una traversale, che prendiamo verso destra, percorsi ottocentocinquanta metri svoltiamo di nuovo a destra e, dopo più di cinquecento metri, si vede alla sinistra della strada la Chiesa campestre di San Daniele. La Chiesa è stata inizialmente realizzata tra la fine del sedicesimo e la prima metà del diciassettesimo secolo, e la tradizione tramandata nel centro del Sarcidano racconta che quella sarebbe stata la Chiesa di un antico borgo scomparso, la villa di Bangiu. La Chiesa attuale è stata ricostruita quasi integralmente nella seconda metà del ventesimo secolo. La facciata, molto semplice, è realizzata in pietra locale a vista con una bifora collocata sull’ingresso principale. All’interno si presenta come una mononavata priva di elementi decorativi. Il piccolo presbiterio è sopraelevato di un gradino rispetto alla navata. Le pareti interbe sono intonacate e tinteggiate di bianco. Presso la Chiesa campestre a lui dedicata, ogni anno la seconda o la terza domenica di maggio si tiene la Festa di San Daniele. Le celebrazioni prendono il via con la processione a piedi dei devoti che accompagnano la statua del Santo, trasportata su un carro trainato da un giogo di buoi, dalla Chiesa parrocchiale di Sant’Ambrogio lungo una stradina di campagna dalla quale raggiungono la Chiesa campestre a lui dedicata. La Festa di San Daniele era idealmente legata ai riti propiziatori della produzione agricola e pastorale, e costituisce oggi un punto di incontro di abilissimi cavalieri e di appassionati dell’arte equestre, che proprio a Laconi conta numerosissimi proseliti, i quali qui possono dare sfoggio di coraggio, abilità e competenza. I menhir e il Dolmen di Corte Noa ed i menhir di Perda IddoccaDalla piazza Guglielmo Marconi, passato l’edificio che ospita il Municipio, proseguiamo imboccando il corso Giuseppe Garibaldi che si dirige verso nord ovest, lo seguiamo per circa trecento metri e poi svoltiamo a sinistra nella via Giuseppe Verdi, dopo un chilometro e duecento metri arriviamo a un bivio dove svoltiamo a sinistra, e proseguiamo per circa sei chilometri nella strada di penetrazione agraria, fino ad arrivare al ponte sul rio Bau Eassi. Lo superiamo e proseguiamo sul pendio di Conca Zerfaliu, rilievo poco distante dal centro abitato, per circa un chilometro ed Ottocento metri e, passato un cancello con le indicazioni del sito archeologico, percorriamo poche centinaia di metri, poi andiamo a sinistra e proseguiamo per altri cento metri, sino a che sono visibili verso sud est i Menhir di Corte Noa. Quelli ancora in piedi sono sette monoliti, noti in lingua sarda come Perdas fittas ossia pietre conficcate, tutti posti in asse in direzione da nord a sud, tranne uno scivolato a valle, a comporre forse anche un confine, un limite tra territori abitati da stirpi diverse e ciascuna con i propri miti. Le loro altezze variano da un metro e venti centimetri sino a due metri e venti. Sono di tipo proto antropomorfo, ovvero dalle fattezze umane appena abbozzate, precedenti alla grande fase di realizzazione delle statue menhir antropomorfe conservate nel Museo Archeologico delle Statue menhir di Laconi. Le figurazioni sono scolpite a bassorilievo nella trachite con la tecnica della martellina, mentre la loro origine è incerta, così come il loro significato. Probabilmente i monoliti rappresentavano figure sociali rilevanti nell’ambito delle genti prenuragiche, forse antenati, capi, guerrieri, eroi oppure divinità. Per trovare il Dolmen di Corte Noa ci recheremo sulla collinetta, duecento metri a nord est rispetto ai menhir, ad una quota un poco più alta. È un Dolmen a galleria del tipo Allee converte, che in Sardegna rappresenta il precursore delle Tombe di giganti, oggi mancante della copertura. Il Dolmen è lungo circa nove metri, delimitato da lastre ortostatiche infisse nel terreno e disposte su due file parallele, alte circa un metro e mezzo. La testata è costituita da un grosso masso con la superficie interna liscia. La camera funeraria è divisa in due parti da un lastrone. Si notano anche i resti di una lastra, sulla quale in origine si apriva un portello d’accesso che separava l’ingresso dal vano funerario, mentre la copertura del Dolmen è andata perduta. In questa sepoltura sono stati trovati resti scheletrici e corredi funebri. A poco più di duecento metri a sud rispetto all’allineamento di Corte Noa, oltre un muretto a secco, si trovano i Menhir di Perda Iddocca. I menhir ancora oggi sul posto sono solo tre, e sono tutti di tipo proto antropomorfo, ovvero dalle fattezze umane appena abbozzate. Ed è proprio nell’area archeologica di Perda Iddocca che sono state rinvenute anche le numerose statue menhir di tipo antropomorfo sia maschili che femminili, che sono oggi conservate al Museo Archeologico delle Statue menhir di Laconi. Ciò che più dispiace è il fatto che siano state asportate dal luogo nel quale si trovavano inizialmente, il che non permette di effettuare una valutazione, in base alla posizione, del significato che potevano avere le diverse statue. I resti del Nuraghe complesso di Genna ’e CortePassata la località di Corte Noa, proseguiamo altri settecento metri lungo la strada che ci ha portati fin qui, poi seguendo le indicazioni svoltiamo a sinistra nella strada bianca che porta all’Agriturismo di Genna ’e Corte, che si raggiunge dopo cinquecentocinquanta metri. Dall’Agriturismo, parte un sentiero in salita che, in circa trecento metri, porta al Nuraghe di Genna ’e Corte. È un Nuraghe complesso costituito da un mastio centrale e da cinque torri laterali unite da un bastione, che delimita il cortile interno quasi completamente invaso dai crolli. Il mastio ha pianta circolare con un diametro esterno di tredici metri, e si conserva per un’altezza residua di dodici metri. Delle cinque torri, si conservano quella esposta a est e parte di quella esposta a sud ovest. La torre ad est presenta al suo interno un vano circolare, dal quale parte un lungo corridoio a sezione ogivale che porta nel cortile. Il bastione che collegava le torri presenta un andamento rettilineo ed ha un’altezza residua massima di sette metri. Il circolo o cromlech e l’allineamento di menhir di Is CirquittusDa Laconi prendiamo verso ovest la SS442 di Laconi e di Uras in direzione di Nureci, dopo circa sei chilometri e mezzo svoltiamo a destra sulla SP40 che si dirige verso Asuni. Circa un chilometro e mezzo prima di arrivare ad Asuni, duecento metri prima del Campo Sportivo, prendiamo una stradina sulla destra, poi un’altra stradina sempre sulla destra, che percorriamo per circa un chilometro, sino alla collina denominata Cuccuru Mandareddu, che si trova al limite dei territorio di Laconi confinante con quello di Asuni. I resti del Circolo o Cromlech di Is Cirquittus si trovano sulla sinistra del viottolo, in territorio di Laconi. Il cromlech è di forma quasi circolare, del diametro di venti per trenta metri, costituito da sette pietre, ed è costituito da grandi massi rotondeggianti di pietre di diversa natura, trachite, granito grigio e bianchissimo quarzo, trasportati in questo luogo anche da notevoli distanze. La pietra A è costituita da materiale quarzifero bianco ed ha un diametro un metro e mezzo, le altre pietre di forma irregolare hanno dimensioni tra i sessanta ed i cento centimetri, ed altezze tra i quarante e gli ottanta centimetri. La collocazione fa pensare all’esistenza di un complesso costituito da pietre collocate a distanze regolari. Attualmente nulla resta di questo sito archeologico, solo un semicerchio di pietre di medie dimensioni distanti le une dalle altre e appena conficcate nel terreno. Il sito si trova all’interno di un fondo chiuso con rete metallica, non accessibile con facilità, tanto che sarebbe opportuno avere il permesso del proprietario del terreno. Invece sulla destra del viottolo, a circa trecento metri di distanza verso sud ovest, alla base della collina in territorio di Asuni, si trova l’Allineamento di menhir di Is Cirquittus, costituito da almeno cinque menhir protoantropomorfi. Dell’allineamento fa parte, tra gli altri, uno splendido monolite alto due metri, forgiato nella trachite bruna locale, che presenta uno slanciato prospetto a lati rettilinei e paralleli, mentre l’apice arrotondato si mostra arcuato. Un secondo menhir, che residua oggi per un’altezza di due metri, in trachite gialla, spezzato al vertice ma di foggia simile al precedente, presenta la superficie frontale interamente ricoperta da 135 coppelle. Nell’area circostante, ad attestare l’intensa frequentazione del territorio nella preistoria, è presente anche una necropoli ipogea. Il sito è stato scoperto da Pino Calledda e Giovanni Murru dell’Università di Cagliari, che hanno effettuato la misurazione degli angoli relativi agli allineamenti astronomici. Hanno trovato Due allineamenti importanti, corrispondenti alla linea che collega l’alba del solstizio estivo con il tramonto del solstizio invernale. Inoltre, ragionando sulle simmetrie del monumento, hanno suggerito la posizione di due monoliti mancanti che consentono di individuare i due allineamenti corrispondenti alla seconda linea, che collega l’alba del solstizio invernale con il tramonto del solstizio estivo. Il cromlech è un insieme di menhir disposti in cerchio, a volte uniti a formare un Santuario, forse con funzione di osservatorio astronomico. È ragionevole ritenere che Il sito di Is Cirquittus avesse una funzione calendariale. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Nureci ritorniamo in Marmilla e ci recheremo ad Assolo che visiteremo con il suo centro ed i dintorni dove si trova la Chiesa campestre di Santa Lucia, con la vicina area archeologica ed il Nuraghe omonimo. |