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Mara ed i dintorni con la grotta Filiestru e quella di Bonu Ighinu che hanno dato il nome alle due omonime Culture


In questa tappa del nostro viaggio, visiteremo Mara nei cui dintorni si trovano le famose grotte di Bonu Ighinu e Filiestru, dove sono stati trovati i reperti che hanno dato origine alle due omonime Culture.

La Regione storica del Meilogu, chiamata anche Mejlogu o Logudoro Meilogu

La Regione storica del MeiloguIl Logudoro è stato, nel periodo medioevale, uno dei quattro Giudicati che ha avuto come capoluogo prima Porto Torres, in seguito Ardara, ed infine Sassari. Oggi possiamo dividere questa Regione in tre parti: Logudoro Turritano, il cosiddetto Sassarese, a nord; il Logudoro Meilogu a ovest; ed il Logudoro Montacuto a est. In particolare, il Meilogu ha il nome che deriva dal suo posizionamento in Mediu logu, vale a dire nel cuore del Giudicato. I comuni che fanno parte del Meilogu sono Ardara, Banari, Bessude, Bonnanaro, Bonorva, Borutta, Cheremule, Cossoine, Giave, Ittireddu, Mara, Mores, Padria, Pozzomaggiore, Semestene, Siligo, Thiesi, Torralba. Il Meilogu è caratterizzato da un territorio prevalentemente pianeggiante, che produce cereali, verdure, ortaggi. Sono fiorenti gli allevamenti ovini, da cui deriva la ricca produzione casearia. Le numerose sorgenti e corsi d’acqua favoriscono questa ricchezza.

In viaggio verso Mara

Dal centro di Pozzomaggiore, prendiamo in direzione sud ovest la via Scaletta, che seguiamo per duecentocinquanta metri, poi svoltiamo a destra in via Mele che seguiamo per 2,8 chilometri e che ci porta all’interno dell’abitato di Mara, paese nel quale entriamo lungo la via Roma. Dal centro di Pozzomaggiore a quello di Mara abbiamo percorso 3,2 chilometri.

Il comune chiamato Mara

Mara-Stemma del comuneIl comune chiamato Mara (altezza metri 261 sul livello del mare, abitanti 525 al 31 dicembre 2021) è un borgo collinare agricolo, oggi ad economia prevalentemente pastorale, situato ad ovest dell’altopiano del Meilogu, tra colline coperte da vegetazione mediterranea e valli bagnate da corsi d’acqua e sorgenti. L’abitato è attraversato dalla SS292 Nord Occidentale Sarda. Il territorio Comunale presenta un profilo geometrico irregolare, con variazioni altimetriche accentuate, che vanno da un minimo di 162 a un massimo di 600 metri sul livello del mare.

Origine del nome

Il nome del paese, di origine preromana, riflette l’appellativo sardo Mara, che indica la Palude o l’Acquitrino, ed il borgo, di origine medioevale, è attestato fino dal 1346.

La sua economia

Comune collinare, basa la sua economia sull’attività agricola e sull’allevamento. Il settore agricolo è specializzato nella coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, viti, ulivi e frutteti. Si pratica, inoltre, l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. L’industria è costituita da un piccolo numero di aziende che operano nei comparti estrattivo, dei laterizi ed edile. Il terziario si compone di una modesta rete commerciale. L’apparato ricettivo offre possibilità di ristorazione ma non di soggiorno.

Brevi cenni storici

Il territorio è stato abitato sin dall’età preistorica, dato che ha conservato le tracce della presenza umana, soprattutto nelle grotte che si sono formate vicino al paese, nelle quali si sono trovate le prime tracce che hanno permesso di definire, nel Neolitico Antico, la facies culturale di Filiestru, e successivamente, nel Neolitico Medio, la Cultura di Bonu Ighinu. Il borgo si forma nel periodo medioevale, intorno al quattordicesimo secolo, ed appartiene al Giudicato del Logudoro, nella curatoria di Nurcara. Sorge in prossimità del Castello di Bonu Ighinu, fatto costruire dalla famiglia dei Doria e, in seguito, venduto al giudice Mariano d’Arborea. Dopo essere stato governato da Mariano, passa, a seguito della pace firmata da Eleonora d’Arborea, agli Aragonesi. Presto, però, ritorna agli Arborea, fino a quando, alla sconfitta del Giudicato di Arborea ad opera degli Aragonesi, tutta la Sardegna viene infeudata, ed il borgo viene concesso in feudo alla Conte di Monteleone. Ad essa rimane legato sino al 1476, quando entra a far parte della Baronia di Bonvehì, proprietà del nobile algherese Pietro De Ferreras. Nel diciottesimo secolo gli Spagnoli cedono la Sardegna ai piemontesi. Il feudo della famiglia de Ferreras passò prima ai Manca e poi alla famiglia Amat, che perde i suoi privilegi sul villaggio e sul territorio circostante nel 1838, con l’abolizione del feudalesimo.

Le principali feste e sagre che si svolgono a Mara

Non solo molte le manifestazioni che si svolgono a Mara, tra le quali vanno citate, il 24 giugno, la Festa del Santo patrono, che è San Giovanni Battista; la terza domenica di settembre si svolge la tradizionale celebrazione religiosa in onore di Nostra Signora di Bonuighinu.

Visita del centro di Mara

Il suo andamento altimetrico quello è tipico di collina. L’abitato, circondato da collinette una volta coltivate a grano, si presenta con quattro nuclei abitativi distinti, che sono stati oggi unificati quasi totalmente dalle nuove costruzioni. Entriamo in Mara da est con la SP8 che, all’interno del centro abitato, arriva a un bivio dove, sulla sinistra, parte la via Roma, mentre sulla destra prosegue la SP8 con il nome di via Antonio Gramsci.

La chiesa parrocchiale di San Giovanni Battista

Pozzomaggiore: chiesa parrocchiale di San Giovanni BattistaPrendiamo la via Roma e la seguiamo per duecentocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra su via Vittorio Veneto, la seguiamo per centocinquanta metri fino al suo sbocco sulla via Santro Pertini, che prendiamo verso destra. Dopo poco più di cento metri, prendiamo a destra la via della chiesa, lungo la quale, dopo poche decine di metri, troviamo sulla destra la cinquecentesca chiesa di San Giovanni Battista che è la chiesa parrocchiale di Mara. Ha una sola navata ed un un interessante altare maggiore in stile barocco. L’architettura esterna presenta stili differenti, con la facciata in stile barocco, ed il campanile, situato su un lato dell’edificio, che costituisce un bellissimo esempio di gotico aragonese, con canna ottagonale suddivisa in ripiani e cuspide nella parta alta. Nelle vicinanze della chiesa sorgeva, un tempo, il Cimitero del paese. Presso questa chiesa, il 24 giugno si svolge la Festa di San Giovanni Battista, dedicata al Santo patrono protettore di Mara.

La vecchia sede del Municipio di Mara

Proseguiamo lungo la via della chiesa, che sfocia su una strada che prendiamo verso destra, dove si trova una piazzetta con bellissimi murali, passata la quale arriviamo su piazza Guglielmo Marconi. Qui, al civico numero 6, si trovava la Vecchia sede del Municipio di Mara.

Il Centro Espositivo dell’Arte Contadina

Procediamo in direzione nord est dalla piazza Guglielmo Marconi, dopo poco più di cinquanta metri arriviamo sulla via dante Alighieri, che prendiamo verso destra. Dove la via Danta Alighieri termina in piazza 4 Novembre ed inizia la via Roma, sulla sinistra troviamo la sede del Centro Espositivo dell’Arte Contadina che ha visto l’acquisizione di manufatti appartenenti al lavoro dei campi e della vita domestica della civiltà contadina. Il Centro è stato inaugurato nel 2007 alla presenza della presidente del Parco letterario Grazia Deledda nel quadro di un progetto culturale che lega il nome della grande scrittrice alla consapevolezza del rapporto vitale, a volte felice, a volte tragico, tra l’uomo e la natura, tra l’uomo e la terra.

L’oratorio della Santa Croce

Prendendo verso sinistra dalla piazza 4 Novembre, sbocchiamo sulla via Santa Croce, dove, di fronte al civico numero 43, troviamo alla destra della strada la chiesa ed oratorio della Santa Croce. La chiesa è stata costruita nel diciassettesimo secolo, e, fra il 1833 ed il 1856, fungeva da oratorio della Confraternita della Santa Croce, composta da Cunfrades e Cunsorres. L’edificio ha pianta una navata unica, divisa in due campate con volte a crociera, con annesse due piccole cappelle laterali con volta a botte. L’esterno, molto semplice, è caratterizzato dalla decorazione del portale in pietra calcarea di gusto rinascimentale e da una finestrella circolare, ed iil frontone è coronato da un campanile a vela. Nel 1940, durante l’ultima guerra, la chiesa è stata sconsacrata e utilizzata come alloggio per i militari. Oggi, dopo la fase di restauro, è stata riaperta al culto.

La nuova sede del Municipio di Mara

Proseguendo lungo la via Santa Croce, dopo trenta metri svoltiamo a destra sulla via Enrico Berlinguer, che diventa via Nilde Iotti, che poi svolta a sinistra su via Antonico Mariani. Qui, al civico numero 1, si trova la nuova sede del Municipio di Mara, con tutti i suoi principali uffici.

Il Campo da Calcio di Mara

Passata la sede del Municipio, proseguiamo per via Antonico Mariani, che passa accanto all’edificio e prosegue verso sinistra, fino a sboccare sulla via Antonio Gransci in corrispondenza della piazza Enrico Berlinguer. Prendiamo la via Antonio Gramsci verso destra, la seguiamo per centosettanta metri, poi prendiamo a sinistra la via Rinascita, che, in centocinquanta metri, ci porta al Campo da Calcio di Mara, che si trova alla destra della strada.

Il Campo da Calcetto di Mara

Quando la via Antonico Mariani sbocca sulla via Antonio Gramsci in corrispondenza della piazza Enrico Berlinguer, che abbiamo preso verso destra, dopo solo una cinquantina di metri, si trova una deviazione alla sinistra della strada che conduce al Campo da Calcetto di Mara.

Il Cimitero di Mara

Dalla piazza Enrico Berlinguer prendiamo, invece, la via Antonio Gramsci verso sinistra, che uscendo dall’abitato assume il nome di SP8bis e ci porta, in seicento metri, all’ingresso del Cimitero di Mara, che si trova alla destra della strada.

Visita dei dintorni di Mara

Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Mara, sono stati portati alla luce i resti della Tomba di giganti Sa Mura; ed anche dei Nuraghi Adde Pizzina, Bidisi, Bonvei, Coladorzu, Coladorzu II, Cuguruntis, Gherghenes, Noeddos, Pedra de Multa, Pirasta, Pizzinnu, Sa Mura, Salighentosa, Tomaso, Tuscanu, tutti di tipologia indefinita. Tra gli altri reperti archeologici sono presenti la grotta di Bonu Ighinu e la grotta Sa Ucca ’e su Tintirriocu di Bonu Ighinu, i cui reperti hanno dato origine alle Culture ad essi intestate.

I resti del Castello di Bonvehì

Pozzomaggiore-Resti della Torre del Castello di BonvehìPassato il Cimitero di Mara, dopo duecento metri la SP8bis si va a immettere sulla SS292 Nord Occidentale Sarda, che prendiamo verso destra, e seguiamo per circa centocinquanta metri. Poi troviamo una deviazione sulla destra, che porta in direzione del Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu. La seguiamo per 2,2 chilometri, poi questa strada sbocca su una trasversale, che verso destra porta al Santuario. Alla sinistra della strada si vede la cima isolata di un colle conico di 510 metri, incoronata dai ruderi del Castello di Bonvehì visibile da grande distanza. In periodo medioevale il villaggio di Bonu Ighinu dipendeva da questo Castello, costruito dai Doria nel tredicesimo secolo su un colle conico, sulla sinistra lungo la strada per il Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu, contemporaneamente a quellli di Monteleone, e serviva come avamposto militare. Era, infatti, costituito da imponenti mura, da una torre, e da due cisterne. Il Castello ha seguito le vicende di Mara, passando dagli Arborea ai Doria, ed infine agli Aragonesi. Nel 1435 il Castello viene abbattuto dagli Aragonesi, aiutati da truppe provenienti soprattutto da Alghero, ed uno dei loro comandanti, il nobile algherese Pietro De Ferreras, in cambio dei servizi prestati, ottiene le ville e i territori di Mara e Padria. Del Castello non rimangono, oggi, che i ruderi di poche mura ed i resti della torre, raggiungibili con un sentiero assai poco agevole.

Il Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu

Presa la trasversale sulla destra, circa due chilometri più avanti, una deviazione sulla sinistra ci fa imboccare la strada che porta al Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu chiamato anche di Nostra Signora di Bonvehì che si trova in una zona selvaggia di pascoli, che sono chiusi tra alcuni rilievi montuosi, il monte Rattari di 468 metri, il monte Traessu di 719 metri, la Costa del Cossoine di 631 metri, il monte lamenta di 398 metri. Dedicato all’Addolorata, deve le sue forme agli interventi di ristrutturazione e ampliamento datati 1797 sull’antica parrocchiale del villaggio medioevale di Bonu Ighinu, ora scomparso. Il Santuario è imponente, situato alla sommità di un colle, ed è preceduto da uno scenografico piazzaletto bastionato, al quale si accede mediante due ampie scalinate. L’interno è a navata unica e nel presbiterio sopra l’altare si trova la statua della Madonna di Bonu Ighinu. Ha la facciata in stile rococò popolaresco, che costituisce un raro esempio di architettura rococò in Sardegna, divisa in tre fasce orizzontali da cornici aggettanti, con finte colonne, e un portale decorato da un altorilievo.

Mara-Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu Mara-Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu: interno Mara-Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu: muristenes restaurati Mara-Santuario di Nostra Signora di Bonu Ighinu: resti di altri muristenes

La chiesa viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, per la devozione dei fedeli alla statua della Madonna conservata al suo interno. Alla Madonna di Bonu Ighinu è dedicata la Festa di Nostra Signora di Bonu Ighinu, la tradizionale celebrazione religiosa che si svolge la terza domenica di settembre, con grande partecipazione di fedeli provenienti da tutta l’isola.

La grotta di Filiestru con la cultura ad essa intestata

Mara: ingresso della grotta di FiliestruCirca un chilometro più avanti, sulla montagna, alla sinistra della strada, si apre la famosa Grotta di Filiestru che si trova all’altezza di 410 metri, ai piedi una massiccia balza calcarea del Miocene. La grotta è abbastanza angusta, di circa sessanta metri quadri di spazio abitativo per le persone, e centottanta metri quadri di spazio utlizzabile per il ricovero del bestiame e per usi marginali. L’esplorazione della grotta inizia nel 1971 ad opera di don Renato loria, parroco di Muros fino al 1980 ed appassionato di archeologia, e viene poi ripresa dalla direzione della Soprintendenza di Sassari nel 1980. Uno spessore di tre metri e mezzo di depositi, rinvenuti all’ingresso della grotta, ha rivelato il susseguirsi delle diverse culture a partire da quella più antica, la cArdiale, al bronzo medio nuragico. Si tratta di oggetti di uso quotidiano come utensili ed avanzi di cibo, dai quali possiamo dedurre come questa grotta fosse utilizzata come abitazione. I reperti della grotta di Filiestru sono conservati nel Museo Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari.

facies culturale di Filiestru-Resti di ceramicheI suoi reperti hanno dato luogo alla definizione della facies culturale di Filiestru che si è sviluppata in diverse località della Sardegna settentrionale nella fase finale del Neolitico Antico secondo la cronologia calibrata tra il 5000 ed il 4700 avanti Cristo, e che, secondo una datazione più tradizionale, si sarebbe sviluppata tra il 4300 ed il 4000 avanti Cristo. Nella grotta sono stati riconosciuti tre differenti momenti. Il più antico, il Primo momento della facies culturale di Filiestru è caratterizzato da una ceramica cArdiale con prevalenza di forme semplici, con anse a maniglia o prese a lingua. Il Secondo momento della facies culturale di Filiestru è caratterizzato da una ceramica che presenta una decorazione limitata ad alcune parti del vaso, generalmente il collo e le anse. Il Terzo momento della facies culturale di Filiestru viene definito anche Facies di Filiestru. Di questo periodo si sono trovati vasi con anse a maniglia o apicate, decorati con motivi plastici, mentre è del tutto assente la decorazione cArdiale.

La grotta Sa Ucca ’e su Tintirriocu di Bonu Ighinu

Mara: ingresso della grotta Sa Ucca de su TintirrioluProseguendo dopo il Santuario, percorsi circa seicento metri, sul monte che sorge alla sinistra della strada si apre la più famosa Grotta di Bonu Ighinu chiamata Sa Ucca ’e su Tittirriolu ossia la bocca del pipistrello. Ad essa si accede da una angusta apertura, che porta in una piccola stanza, dalla quale un cunicolo introduce in una camera più vasta, lunga venti metri e larga tra i cinque ed i sei. Nel vestibolo dietro l’ingresso, che veniva chiuso con un grande masso girevole, sono state rinvenute cinque stele, che rappresentavano probabilmente gli spiriti della caverna. Da questa camera si continua in un tratto pianeggiante, che porta poi, con un sbalzo di circa due metri, a un intrico di diramazioni secondarie. Seguendo la galleria principale si arriva ad un ampio salone, dopo il quale la grotta continua per circa un chilometro con cunicoli, strettoie e altre stanze. L’importanza archeologica della zona è stata messa in luce fino dal 1969, anch’essa ad opera di don Renato loria, che ne ha iniziato l’esplorazione. Nella sua parte anteriore si sono trovati innumerevoli reperti ceramici di grande pregio artistico, oltre ad utensili di osso ed idoli, e anche interessanti resti umani e animali. Le caratteristiche dei materiali rinvenuti, ossia idoletti ed incisioni di figure danzanti, hanno persuaso l’archeologo a credere che si potesse trattare di luogo di culto, utilizzato come Santuario ed anche come necropoli. Nel 1978, le ricerche sono state riprese, ed estese anche alla grotta di Filiestru. Esse si sono rivelate di estrema importanza, poiché il materiale rinvenuto ha attestato l’esatta successione culturale dei due siti, a partire dalla fase del Neolotico Antico, al periodo del Neolitico Recente, e fino al periodo nuragico, un arco di tempo di oltre 5000 anni. Lo strato di Bonuighinu conteneva oggetti litici, ossia schegge di selce e ossidiana, accette, una spatola d’osso di una decina di centimetri con il lungo manico che termina con una testa rotonda e tre fori che simulano una faccia umana, ed, inoltre, ceramiche liscie e decorate, resti ossei di animali e molluschi terrestri e marini. Il materiale rinvenuto è conservati nel Museo Archeologico ed Etnografico Giovanni Antonio Sanna di Sassari.

I suoi reperti hanno dato luogo alla definizione della cosiddetta Cultura di Bonu Ighinu che si è sviluppata nel Neolitico Medio secondo la cronologia calibrata tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo, e secondo la datazione tradizionale tra il 4000 ed il 3400 avanti Cristo. Dopo la scoperta di questa grotta, i ritrovamenti di materiali pertinenti alla Cultura di Bonu Ighinu si sono succeduti con numerose altre scoperte, anche in siti costituiti da più strati relativi ad insediamenti successivi.

Cultura di Bonu Ighinu-Mestolo con manico terminante con protome antropomorfa Cultura di Bonu Ighinu: ceramica di buona fattura Cultura di Bonu Ighinu: ceramica di buona fattura Mara: bonu Ighinu: idoletti volumetrici appartenenti alla Cultura di Bonu Ighinu

L’analisi dei reperti archeologici rinvenuti, relativi a questa cultura, ha permesso di evidenziare i suoi caratteri peculiari, e le notevoli analogie con la successiva Cultura di Ozieri. Inoltre, alcuni materiali che erano stati rinvenuti in precedenza ed attribuiti genericamente al Neolitico, hanno trovato una più precisa collocazione in questo ambito culturale.

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, visiteremo Padria nei cui dintorni si trovano con il Nuraghe Binzas noto anche come Nuraghe Vigna ed il Nuraghe Badde Rupida nel quale è stata rinvenuta la navicella del re Sole.


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