Monastir con le aree archeologiche presenti nel suo territorio e con il Castello di Baratuli
In questa tappa del nostro viaggio, da San Sperate ci recheremo a Monastir che visiteremo con il suo centro ed i dintorni con le varie aree archeologiche presenti nel suo territorio e con il Castello di Baratuli. Il Campidano di Cagliari Il Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell'angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all'irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l'agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. Il Campidano di Cagliari comprende nella Provincia del Sud Sardegna i comuni di Decimoputzu, Monastir, Nuraminis, Samatzai, San Sperate, Villasor e Villaspeciosa. Comprende, inoltre, nella città metropolitana di Cagliari i comuni di Assemini, Cagliari, Capoterra, Decimomannu, Elmas, Maracalagonis, Monserrato, Quartu Sant'Elena, Quartucciu, Selargius, Sestu, Settimo San Pietro, Sinnai, Uta. I comuni di Samassi, Serramanna e Serrenti si trovano tra il Monreale ed il Campidano di Cagliari, i comuni di Pula, Villa San Pietro e Sarroch si trovano tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, così come Soleminis si trova tra il Campidano di Cagliari e il Parteòlla, per cui possono essere considerate appartenenti all'una o all'altra di queste regioni. Geograficamente rappresenta la parte più meridionale della pianura del Campidano, che ha come suo centro principale Cagliari, nonche Quartu Sant'Elena ed i comuni immediatamente a nord ovest del capoluogo sardo. Si affaccia sul mare e comprende la costa orientale del golfo di Cagliari, fino al paese chiamato Villasimius.
In viaggio verso MonastirUsciamo San Sperate la via Risorgimento, che diventa via Monastir e poi esce dal paese come SS130dir, la quale si dirige verso nord est. A quattro chilometri dal cartello segnaletico che indica l'uscita da San Sperate, arriviamo alla rotonda, passata la quale si entra in Monastir. Dal Municipio di San Sperate a quello di Monastir si percorrono 5.7 chilometri. Il comune chiamato Monastir Il comune Monastir (nome in lingua sarda Muristeni, altezza metri 83 sul livello del mare, abitanti 4.432 al 31 dicembre 2021) si trova in un territorio proprio all'inizio della pianura del Campidano, che è situato nella zona centro meridione della Provincia del Sud Sardegna, ai condini con l'Area Metropolitana di Cagliari, e si trova a venti chilometri a nord del capoluogo della regione. Il paese, denso di tradizione e cultura, circondato da un paesaggio collinare le cui vette conservano i segni di una storia millenaria che parte dal neolitico fino ad arrivare ai giorni nostri, è situato tra la SS130dir, che scorre accanto all'abitato ad ovest, e la SS131 di Carlo Felice, che scorre accanto ad esso al est. Il territorio comunale presenta un profilo geometrico ondulato, con variazioni altimetriche che non sono però molto accentuate, dato che vanno da un minimo di 48 a un massimo di 235 metri sul livello del mare.
Origine del nomeIl nome del paese potrebbe derivare dal catalano Monestir, con il significato di monastero, ed il monastero da cui il villaggio ha preso nome sarebbe stato dei Camaldolesi e le sue rovine si trovavano fino all'ottocento nel sito detto su Fráigu, ossia il Fabbricato, a circa tre chilometri dal villaggio odierno. Ma la ricostruzione forse più attendibile circa l'origine del nome lo farebbe derivare dalla lingua sarda, infatti Monastir si chiama in sardo Muristeni, che deriva dal termine Muristene che indica i posti dedicati alla sosta e al rifornimento dei viveri per i viandanti nel loro viaggio verso Cagliari, cosa avallata anche dal fatto che Monastir è sempre stato un punto importante per chi viaggiava lungo l'asse dal nord al sud dell'Isola. La sua economiaSi tratta di un centro di pianura che, accanto alle tradizionali attività agricole, ha sviluppato il tessuto industriale. Il settore economico primario è presente con la coltivazione di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, olivo, agrumi, uva e altra frutta; si pratica anche l’allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Il settore secondario è costituito da imprese che operano nei comparti alimentare, tra cui il lattiero caseario, quello della carta, dei materiali da costruzione, della fabbricazione delle macchine per l’agricoltura e di strumenti ottici, dei mobili, metalmeccanico, cantieristico ed edile. Il terziario si compone di una buona rete distributiva. Nato intorno ad un monastero di camaldolesi edificato in epoca medioevale, il centro abitato di Monastir si presenta come una meta immersa nella storia e nella cultura, come testimoniano i molteplici siti di interesse archeologico e culturale che determinano il fascino del luogo, inserito in un caratteristico paesaggio collinare. Monastir offre, quindi, a quanti vi si rechino la possibilità di godere delle bellezze dell’ambiente naturale, di gustare i semplici ma genuini prodotti locali ed effettuare interessanti escursioni nei dintorni. Le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno. Brevi cenni storici Il territorio presenta molteplici testimonianze dell'occupazione umana già dal Neolitico, ma vari rinvenimenti archeologici relativi al periodo nuragico, punico e romano testimoniano che il territorio continua ad essere popolato anche nei millenni successivi. Nel Medioevo sorge l'attuale abitato, ad opera di monaci Camaldolesi. Monastir in epoca giudicale fa parte del Giudicato di Càralis, nella curatoria di Parte Olla. Nel 1258, con la caduta del Giudicato di Càralis, passa sotto il controllo di quello di Arborea finché, nel 1295, viene ceduto da Mariano II di Arborea alla repubblica di Pisa. Dopo il periodo di appartenenza pisana, passa nel 1324 al Regno di Sardegna, dominio degli Aragonesi. Concessa in feudo, nel 1352, dal re d'Aragona ad Arnaldo Cavan, passa in seguito ai de Dusay, e poi a Niccolò Cassiano. La villa viene venduta nel 1455 al mercante Pietro Bellit, e un suo discendente, lodovico Bellit, nel 1519 viene creato barone, tanto che Monastir ottiene da allora il titolo di baronia. Dai Bellit la Baronia passa ai Gualbas e, infine, nel 1839, ai Crispi, Marchesi di Valdura. Il paese viene riscattato, con la soppressione del sistema feudale, nel 1839 all'ultimo feudatario Joaquín Bou Crespí de Valldaura y Carvajal, Conde de Orgaz, Castrillo y Sumacárcer, Marquchés de Villasidro y Palmas, Conde de Serramagna. Diventa un comune amministrato da un sindaco e da un consiglio comunale e resta nella Provincia di Cagliari fino alla riforma del 2016, quando il paese viene aggregato alla nuova Provincia del Sud Sardegna.
Principali feste e sagre che si svolgono a Monastir A Monastir è attivo il Gruppo Folk janas Monastir nelle cui esibizioni nel paese ed in altre località dell'isola è possibile ammirare il costume tradizionale del paese. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a Monastir si segnalano, la domenica più vicina al 17 gennaio, la Festa di Sant'Antonio Abate; la domenica più vicina al 20 gennaio, la Festa di San Sebastiano; solitamente l'ultimo fine settimana di marzo, si tiene la Sagra della patata di Monastir; il 29 giugno, la Festa patronale dei Santi Pietro e Paolo; il 25 luglio, la Festa di San Giacomo e Sant'Anna; l'ultima domenica di agosto, la Festa di Santa Lucia, nella sua chiesa campestre.
La Sagra della patata L'ultimo fine settimana di marzo a Monastir si svolge la Sagra della patata di Monastir, una Festa del cibo con prodotti agroalimentari, artigianato, tradizioni, visite guidate e escursioni che celebrano una grande produzione locale, la patata a pasta gialla monastirense. Qui la coltivazione della patata, che stando allo storico Goffredo Casalis era diffusa già all’inizio dell’ottocento, è da decenni una delle voci economiche principali. La fama della patata di Monastir ha saputo travalicare i confini del Campidano, conquistando la Sardegna e il resto d’Italia perchché sana, genuina e nutriente. Per onorare il suo prodotto preferito, ogni marzo Monastir si veste a Festa con musica, folklore, artigianato e street food. Non stupisce quindi che a base di patata siano tanti piatti della cucina tipica di questa zona, dai culurgiones al sugo di funghi al purè, dai pani di patate alla torta di pasta violada passando per l’agnello in casseruola con patate, la pecora a cappotto e le squisite patatas a schiscionera, la fantasia degli chef non conosce limiti. Vale la pena di passare da Monastir anche solo per assaggiare questi piatti squisiti realizzati con alimenti coltivati biologicamente e in modo naturale.
Visita del centro di MonastirMonastir si presenta come un centro abbastanza attivo a livello culturale, animato da diversi gruppi di cittadini che in forma privata si ritrovano al fine di mantenere vive le diverse tradizioni religiose. L'abitato, interessato da un fenomeno di forte crescita edilizia, mostra l'andamento altimetrico tipico delle località pianeggianti. All'interno del suo abitato vi è il centro storico, delimitato da alcune chiese, che attualmente si presenta con delle viuzze strette e pavimentate con lastricati. La chiesa di San Sebastiano Martire Arrivando a Monastir con la SS131dir, a circa quattro chilometri dal cartello segnaletico che ha indicato l'uscita da San Sperate, arriviamo a una rotonda, nella quale, seguendo le indicazioni, prendiamo verso destra la via Nazionale, che porta all'interno dell'abitato di Monastir e lo attraversa interamente da nord ovest a sud est. Percorsi centottanta metri lungo la via Nazionale, prendiamo verso destra la via Oristano. Dopo poco più di una sessantina di metri, troviamo sulla destra la scalinata che porta sul colle dove si trova la Chiesa di San Sebastiano Martire. Questa chiesa, risalente agli anni immediatamente successivi alla grande epidemia di peste che si è sviluppata tra il 1652 ed il 1656, è intitolata a San Sebastiano, eletto a protettore contro la peste. L'esterno ha un prospetto a capanna, ed un piccolo campanile a vela monofora termina superiormente la facciata. L'interno è costituito da un'unica navata, e nell'area presbiteriale è̀ presente una nicchia molto spoglia, oggi nascosta da un'immagine del Santo, che conteneva la statua di San Sebastiano ricavata da un tronco di ciliegio nero, la quale attualmente è conservata nella chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo. un'altra immagine del Santo è presente in un dipinto nella parete sinistra. di particolare interesse è un capitello corinzio scavato, che viene utilizzato come acquasantiera. In questa chiesa è stato sepolto un tale Giuseppe Vivanet, della famosa famiglia cagliaritana, morto il 13 aprile 1843.

Ogni anno a Monastir la domenica più vicina al 20 gennaio si svolge la Festa di San Sebastiano, organizzata da un apposito comitato. Il piccolo simulacro del Santo, custodito nella chiesa parrocchiale, viene portato in processione nella sua chiesa, con canti sacri in sardo. Egli viene invocato per ottenere grazie, ed in suo onore viene innalzata una gigantesca catasta di legna, offerta generosamente dai fedeli, che all'alba del sabato si riuniscono per la raccolta della legna. Dopo i riti liturgici del sabato e la benedizione del fuoco, la gente si trattiene a lungo presso il falò, parlando e degustando i prodotti sardi realizzati per l'occasione. Il falò, chiamato Su fogadoi, arde benefico e purificatore, tutta la notte.

Il suo svolgersi è caratterizzato da elementi magici che convivono con motivazioni religiose, mentre l'atmosfera della Festa coinvolge i fedeli e rafforza i legami sociali. La domenica il simulacro è trasferito dalla piccola chiesa di San Sebastiano alla parrocchia, con la processione che ripete a ritroso il percorso fatto due giorni prima. La sepoltura di epoca bizantina rinvenuta sul colle di San Sebastiano Nella stessa area, alle pendici del colle San Sebastiano, a poca distanza dal retro della chiesa, è stata portata alla luce una Sepoltura di epoca bizantina in muratura a camera rettangolare. Verso la fine del terzo millennio qui sorge un agglomerato di capanne, che occupa le pendici meridionali del colle. di particolare interesse è la tomba bizantina. L'intera struttura è realizzata in calcare con filari subsquadrati, che si distacca, anche per il colore, dalla pietra scistosa naturale nel cui banco è inserita, e che, livellata, fa da pavimento alla camera. Riveste notevole importanza perché incrementa il numero delle sepolture bizantine a camera interrata già note in diverse località della Sardegna centro meridionale.

La cappella votiva dedicata Sacro Cuore di Gesù Dopo aver incontrato la scalinata sulla destra che ci ha portati a visitare la chiesa di San Sebastiano Martire, proseguiamo verso nord ovest lungo la via Oristano che, in circa duecento metri, sbocca sulla via Vittorio Veneto. Prendiamo verso destra la via Vittorio Veneto e la seguiamo per una settantina di metri, fino a che la strada ci porta nella piazza del Sacro Cuore, una piccola piazza alberata triangolare, situata tra la prosecuzione verso sinistra della via Vittorio Veneto, ed a destra la via Flumineddu. Proprio nell'angolo tra le due strada, si vede una piccola cappella votiva, che è la Cappella dedicata Sacro Cuore di Gesù nella quale è presente una piccola statua che rappresenta, appunto, il Sacro Cuore.
La chiesa di Sant'Antonio Abate Evitando la deviazione nella via Oristano, proseguiamo lungo la via Nazionale e, dopo appena una sessantina di metri prendiamo a destra la via Savoia. Dopo una cinquantina di metri arriviamo a un bivio dove prendiamo a sinistra la via Sant'Antonio che, in una quarantina di metri, ci porta a una piazza con al centro una rotonda, sulla quale si affaccia la Chiesa di Sant'Antonio Abate. Questa chiesa, databile al quattordicesimo secolo, è stata realizzata in stile gotico, ma oggi non conserva molto del suo aspetto originario. Il portale è architravato, ha due stipiti monolitici con arco di scarico ogivale. In asse con il portale si dispongono, un piccolo rosone traforato e il campanile a vela con luce semicircolare. Dal 1519 al 1839 è stata definita chiesa baronale, al tempo della realizzazione della Baronia di Monastir.

Ogni anno a Monastir la domenica più vicina al 17 gennaio si svolge la Festa di Sant'Antonio Abate, organizzata da un apposito comitato. I simulacri di Sant'Antonio Abate e del suo discepolo Sant'Atanasio, custoditi nella chiesa parrocchiale, vengono portati in processione nella chiesa di Sant'Antonio Abate, con canti sacri in sardo. Essi vengono invocati per ottenere grazie ed in loro onore viene innalzata una gigantesca catasta di legna, offerta generosamente dai fedeli, che all'alba del sabato si riuniscono per la raccolta della legna. Dopo i riti liturgici del sabato e la benedizione del fuoco, la gente si trattiene a lungo presso il falò, parlando e degustando i prodotti sardi realizzati per l'occasione. Il falò, chiamato Su fogadoi, arde benefico e purificatore, tutta la notte.

Il suo svolgersi è caratterizzato da elementi magici che convivono con motivazioni religiose, mentre l'atmosfera della Festa coinvolge i fedeli e rafforza i legami sociali. La domenica i simulacri sono trasferito dalla piccola chiesa di Sant'Antonio alla parrocchia, con la processione che ripete a ritroso il percorso fatto due giorni prima. Il Municipio di Monastir Evitando la deviazione nella via Savoia, proseguiamo lungo la via Nazionale per quasi dueento metri, e prendiamo a destra la via Tenpio. Dopo un'ottanquantina di metri questa strada incrocia la via Progresso ed, all'angolo a sinistra tra la via Tempio e la via Progresso, si vede il lato del palazzo che ospita il Municipio. Prendendo verso sinistra la via Progresso, alla sinistra di questa strada, al civico numero 17, si trova l'ingresso del Municipio di Monastir, che ospita la sua sede e gli uffici che forniscono i loro servizi agli abitanti del paese. Nell'Aula Consiliare del Municipio è esposto il manufatto litico in arenaria, rinvenuto nel villaggio nuragico di Bia 'e Monti sul Monte Zara, identificato come presunto torchio per il vino a torricella con vasca, riferibile ad una attrezzatura per la vinificazione nell'età nuragica.
La chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo Passata la deviazione in via Tempio, proseguiamo lungo la via Nazionale per poco più di una cinquantina di metri, e prendiamo a destra la via San Pietro. Percorsi centoventi metri lungo la via San Pietro, si vede, alla sinistra della strada, la facciata della Chiesa di San Pietro Apostolo che è la parrocchiale di Monastir. Edificata nel dodicesimo secolo in stile romanico, delle strutture originarie della chiesa non restano che poche tracce. Incastonate nelle pareti posteriori si trovano delle lastre decorate che si possono far risalire all'ottavo secolo, e all'interno si trovano elementi scultorei medio bizantini di spoglio, appartenuti ad arredi architettonici e liturgici, del decimo secolo, il che fa presupporre la presenza di un luogo di culto già prima dell'anno mille, confermata dalla presenza nei dintorni di un antico Cimitero. Nel corso dei secoli ha subito diverse modifiche e trasformazioni, fu modificata soprattutto nel cinquecento in stile tardo gotico aragonese. Oggi questa chiesa patronale presenta una bianca e sobria facciata in conci di arenaria rettangolare, che presenta un terminale piatto, impreziosito da un ampio portale strombato riccamente lunettato, sormontato da un ampio rosone vetrato. A destra della stessa si erge un caratteristico campanile a pianta quadrata, che è stato realizzato ai primi anni dell'ottocento in conci squadrati di basalto e arenaria a vista, ornato da deliziose cornici marcapiano a contrasto.

L’interno della chiesa è formato da un ampio spazio a una sola navata, coperta da una volta a botte stellare e gemmata, con cappelle laterali che si aprono su entrambi i fianchi con archi a sesto acuto sulla navata principale. L’area presbiteriale è rialzata e divisa da una balaustra di marmo costruita agli inizi dell’ottocento, e l'altare maggiore è datato alla seconda metà del settecento. Ai lati dell'altare maggiore vi sono due sepolture, in una delle quali è sepolta una baronessa di Monastir Francesca Torellas, morta nel 1713 e ricordata in un'iscrizione oggi non più visibile, mentre l'altra sepoltura, distrutta negli anni settanta, era dedicata ad un personaggio della famiglia Bellit. Sul lato sinistro interno è visibile un pulpito marmoreo della prima metà dell'ottocento. Nella cappella della Madonna del Rosario si conserva un altare di marmo policromo realizzato nel 1779 da Michele Spazzi, contenente la statua in estofado de oro dell'Addolorata. Nella cappella del Santissimo Crocifisso, del 1648, è visibile un Paliotto di marmo policromo di bottega ligure del diciottesimo secolo, sopra cui è poggiato un tabernacolo in legno dorato. di particolare pregio, inoltre, sono gli argenti sacri del diciassettesimo secolo e l'organo a canne settecentesco. 
San Pietro è il patrono del paese e viene festeggiato, insieme a San Paolo, ogni anno il 29 di giugno nellaFesta patronale dei Santi Pietro e Paolo. I festeggiamenti religiosi si sviluppano attraverso funzioni solenni in onore dei Santi, e con due processioni che vengono accompagnate dal suono delle launeddas, fisarmonica, banda musicale e dalla presenza di costumi tradizionali. Per l'occasione le strade vengono addobbate con fasci di canne, bandierine, arazzi che abbelliscono le case, mentre le strade profumano di Su scommu, ossia menta selvatica, e di Sa ramatura, ossia i petali di fiori sparsi lungo le vie del paese. La Festa civile si svolge nella piazza con musica, balli in piazza e spettacoli.

L'ex Monte Granatico che oggi ospita la Biblioteca comunale Grazia Deledda Passata la chiesa parrocchiale di San Pietro, percorsa appena una diecina di metri lungo la via San Pietro, parte a destra una deviazione che assume anch'essa il nome di via San Pietro. All'inizio di questa deviazione, alla sinistra, al civico numero 1, si trova l'edificio che storicamente aveva ospitato il Monte Granatico di Monastir, nato nel diciassettesimo secolo con lo scopo di conservare le sementi e distribuirle ai contadini poveri per consentire loro la semina, con l'obbligo poi di restituirle dopo il raccolto. Oggi l'edifico ospita la Biblioteca comunale intitolata a Grazia Deledda, la quale aderisce al Sistema Bibliotecario Joyce lussu.
La chiesa di San Giacomo, San Gioacchino e Sant'Anna Da dove avevamo preso la deviazione a destra della via San Pietro, passata la Biblioteca proseguiamo costeggiando la fiancata della chiesa e, in una cinquantina di metri, arrviamo alla piazza della chiesa, sulla quale, alla sinistra, si affaccia l'antica Chiesa di San Giacomo Maggiore protettore di pellegrini, viandanti, cavalieri e soldati, dedicata anche a San Gioacchino e Sant'Anna. La chiesa sarebbe stata, probabilmente, costruita tra il 1100 e il 1200 dai monaci Camaldolesi dell'ordine di San Benedetto, come risulta da un documento dei 1778 conservato nella curia arcivescovile di Cagliari, mentre risale al settecento la sua ristrutturazione. La struttura dell'edificio è piuttosto semplice, esternamente si presenta con una facciata essenziale e liscia con coronamento a capanna dotato di cornice, al cui culmine si trova una croce in pietra scolpita su entrambe le facce. Il portone è adornato da una decorazione in rosette che risale probabilmente al diciassettesimo secolo, e immediatamente sopra quest'ultimo si trova una finestra di piccole dimensioni. Completa il quadro un basso campanile cuspidato molto semplice che, incluso per buona parte nella porzione muraria destra della facciata dell'edificio, svetta verso l'alto dominando la piazza. L'interno presenta una pianta pseudo Basilicale, a navata unica dotata di una semplice copertura in legno, caratterizzata da archi estesi della tipologia a tutto sesto, ed ai lati due cappelle per parte, coperte con volta a botte in pietra. Nell'area presbiteriale, che mostra un'arcata a tutto sesto, è collocato un altare in marmo di bottega lombarda sarda della seconda metà del settecento. Le cappelle laterali sono separate dalla porzione centrale per mezzo di archi, sia a sesto ribassato che a tutto sesto, e sulle pareti sono presenti affreschi di innegabile valore artistico.

Conserva un retablo con rappresentati San Giacomo e Santa Lucia, ed una pregevole acquasantiera in arenaria, con il catino sistemato su una balaustrina decorata, ed il basamento che presenta sul lato frontale l'immagine di un Santo, forse San Giacomo. Nella prima cappella di sinistra si conserva una piccola statua lignea raffigurante San Raffaele Arcangelo e Tobiolo, attribuibile a una bottega sarda del diciessettesimo secolo. Nel 1820, è stato scoperto, reimpiegato in un angolo della chiesa, un miliario, ossia un pilastrino di pietra su cui venivano incise informazioni sia sul nome della strada sia sulla distanza dal centro urbano di riferimento, testimonianza dei lavori di recupero della via A Karalibus Turrem per volontà dell'Imperatore Settimio Severo e degli imperatori correggenti, Caracalla e Geta nel terzo secolo. Il reperto è oggi conservato al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, ed una copia si trova appoggiato al lato sinistro della chiesa.  Ogni anno a Monastir il 25 luglio si celebra la Festa di San Giacomo, il primo Apostolo Martire, ed insieme a lui il giorno successivo vengono festeggiati anche San Gioacchino e Sant’Anna, i genitori della Madonna. Si tratta di feste molto sentita dalla popolazione. Alcuni giorni prima i simulacri dei Santi vengono vestiti a Festa dalle donne del Comitato, mentre nella processione gli uomini portano a spalla i Santi per le vie del paese facendo poi rientro nella chiesa, con l'accompagnamento musicale delle launeddas e il consueto contorno di gruppi folk nel tipico costume tradizionale. Oltre alla manifestazione religiosa, il programma prevede balli in piazza, concerti e fuochi d'artificio fino a tarda sera.
Sa Cruxi Santa Passata la chiesa parrocchiale di San Pietro, percorsa appena una diecina di metri lungo la via San Pietro, parte a destra una deviazione che assume anch'essa il nome di via San Pietro. Saltando questa deviazione, proseguiamo lungo la via San Pietro che, dopo una ventina di metri, incrocia la via Roma. Svoltiamo a destra e seguiamo la via Roma, dopo centosessanta metri prendiamo a sinistra la via San Sperate, che, dopo un centinaio di metri, arriva a un incrocio, dove da destra arriva la via Sandro Pertini, mentre a sinistra parte la via del Camposanto. Al centro dell'incrocio,su un piedistallo, si trova Sa Cruxi Santa una croce posta, in età contemporanea, per indicare il Cimitero, al quale porta la via del Camposanto.
L'Anfiteatro nella piazza fratelli Cervi e GovoniDove la via San Pietro incrocia la via Roma, la prosecuzione della via San Pietro, che è la via del Tramonto, dopo una sessantina di metri, incrocia la via Michelangelo. Sulla sinistra, tra la via Michelangelo e la prosecuzione della via del Tramonto, si sviluppa la Piazza fratelli Cervi e Govoni che è un ampio spazio aperto con gradinate e con uno spazio attrezzato per spettacoli, che costituisce l'Anfiteatro di Monastir, nel quale si tengono tutte le principali feste e sagre che si svolgono nel paese. 
Il colle Pedrera sul quale si realizzarà il parco comunale Ritorniamo sulla via Nazionale, che attraversa tutto l'abitato da nord ovest a sud est. Dal punto dove avevamo preso verso destra la via San Pietro, proseguendo lungo la via Nazionale per duecentocinquanta metri, arriviamo a dove parte a sinistra la via Tripoli. Prendiamo verso sinistra la via Tripoli e la seguiamo per centotrenta metri, fino a che questa strada incrocia la via del Progresso. Passato l'incrocio, la prosecuzione della via Tripoli continua in forte salita, cementata e con scanalature per agevolare il transito degli autoveicoli, fino a terminare, in una trentina di metri, di fronte al Colle Pedrera un promontorio dell'altezza di 195 metri un tempo adibito a cava di pietre che sovrasta una fetta del centro storico, e che si affaccia ai piedi del Monte Zara, sul quale è in progetto la realizzazione di un parco comunale, con la realizzazione di un percorso ginnico con staccionate ed altro.
La tomba di giganti del colle Pedrera Da dove è arrivata la via Tripoli, proseguiamo verso sud est lungo la via del Progresso, e, dopo un centinaio di metri, troviamo, alla sinistra della strada, un cancello, passato il quale una scalinata porta, in prossimità del civico numero 80 della via del Progresso, nel punto dove nel 1991, a seguito di alcuni lavori edilizi, un mezzo meccanico in maniera fortuita ha portato ad individuare i resti della Tomba dei giganti di Pedrera. La tomba, situata a un'altezza di 101 metri ai piedi del colle, nella sua estremità a sud occidentale, è stata indagata in uno scavo archeologico negli anni tra il 2009 ed il 2010. Il vano funerario, di forma rettangolare allungata, ha una lunghezza esterna di nove ed una lunghezza interna di otto metri, che va costantemente a restringersi dall'ingresso fino alla parte terminale. La camera sepolcrale era stata concepita attraverso una tecnica a filari, con l'ausilio di blocchi di roccia andesitica locale di dimensioni variabili. L’interno della sepoltura, al momento dello scavo, ha rivelato la presenza di numerose ossa umane di adulti e bambini frammentate, in cattivo stato di conservazione, ed i resti risultano riferibili a 136 persone. Si tratta di una tomba collettiva secondaria, ossia con i resti degli inumati raccolti in una sepoltura diversa da quella originaria, e non in posizione fisiologica. La tomba ha restituito anche nove punteruoli bronzei, sette schegge di ossidiana e dodici frammenti ceramici.
La chiesta della Madonna di Fatima Ritorniamo sulla via Nazionale, che attraversa tutto l'abitato da nord ovest a sud est. Dal punto dove avevamo preso verso destra la via San Pietro, proseguendo lungo la via Nazionale per cinquecento metri, arriviamo a dove parte a destra la via Grazia Deledda, che prenderemo più avanti per andare a visitare gli Impianti Sportivi. Proseguiamo per un'altra cinquantina di metri, e vediamo, alla destra della strada, la facciata della Chiesa della Madonna di Fatima nota anche come Chiesa della Beata Vergine Maria o Chiesa della Madonnina. La chiesa è di recente costruzione essendo stata costruita negli anni novanta del novecento. Presenta un'aula a una sola navata, e all'interno si trova un affresco che occupa l’intera parete del presbiterio e raffigura la crocifissione di Cristo, realizzato da Salvatore Atzeni, l'artista e musicista nato a Monastir nel 1944.
Gli Impianti SportiviLungo la via Nazionale, una cinquantina di metri prima della chiesa della Madonna di Fatima, prendiamo a destra la via Grazia Deledda, che un tempo era chiamata via Gutturu su Para, alla destra della quale si trovano gli Impianti Sportivi di Monastir. Lungo la via Grazia Deledda, dopo quaranta metri, svoltiamo e prendiamo a destra la via Michelangelo e, dopo centoventi metri, vediamo sulla sinistra il cancello di ingresso della Palestra Pallone. Si tratta di una Palestra coperta contenuta in una struttura gonfiabile, dotata di tribune in grado di ospitare 200 spettatori, nella quale praticare come discipline la pallacanestro e la pallavolo. Ad essa si sarebbe potuti arrivare anche proseguendo dalla Piazza fratelli Cervi e Govoni lungo la via Michelangelo, e si sarebbe raggiunta la Palestra dopo circa trecentocinquanta metri, vedendone l'ingresso alla destra della strada. 
A centoventi metri dall'ingresso della Palestra pallone, torniamo sulla via Grazia Deledda, che prendiamo verso destra in direzione ovest e, dopo appena pochi metri, vediamo, alla destra della strada, l'ingresso della Palestra coperta della Scuola Madia di Monastir. Nella palestra, che non è dotata di tribune, si praticano come attività sporive la pallacanestro ed Attività ginnico motorie. 
Percorso un altro centinaio di metri dall'ingresso della Palestra coperta, si vede, sempre alla destra della strada, l'ingresso del Campo Sportivo comunale. All'interno di questo impianto, si trova un Campo da calcio, con fondo in terra battuta, dotato di tribune in grado di ospitare 400 spettatori. In questo campo gioca le partite casalinghe la quadra della Associazione Sportiva Dilettantesca Monastir Kosmoto, partecipante al campionato di calcio di Eccellenza nel Girone A in Sardegna. 
Intorno al Campo da calcio si sviluppa una Pista di atletica, nella quale praticare come discipline Corse su Pista. Sul retro del Campo da calcio si trova un più piccolo Campo polivalente, nel quale praticare calcio, calcetto ossia calcio a cinque, pallavolo, Hockey e pattinaggio a rotelle, Pattinaggio. Il Cimitero Comunale Dopo aver passato il cancello di ingresso del Campo Sportivo, proseguiamo verso ovest lungo la via Grazia Deledda, e, dopo circa quattrocento metri, continuiamo sulla via del Camposanto, che, dopo un'altra settantina di metri sbocca su una traversale, che si chiama anch'essa via del Camposanto. La prendiamo a destra, ossia verso nord, e la seguiamo per poco meno di trecento metri, fino a vedere, alla sinistra della strada, il muro di cinta con il cancello di ingresso del Cimitero comunale di Monastir. Ad esso si sarebbe potuti arrivare dall'incrocio nel quale è posizionata Sa Cruxi Santa, prendendo la via del Camposanto e seguendola verso sud per quattrocento metri, fino a vedere il muro di cinta ed il cancello di ingresso del Cimitero alla destra della strada.
Visita dei dintorni di MonastirVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell'abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Monastir, sono stati portati alla luce i resti del villaggio nuragico e della necropoli sul Monte Zara; della tomba di giganti del colle Pedrera; del nuraghe a corridoio Santu Marcu; dei nuraghi semplici Cannas Beccias, su Cuccumeu; e dei nuraghi di Monte Olladiri, di Monte Zara, e del nuarghe Nuraxi, tutti di tipologia indefinita. La frazione Is ArgiddasDal centro del paese prendiamo verso sud la via Nazionale, che seguiamo fino a dove arriva da sinistra la via Europa e si trova il cartello segnaletico che indica l'abitato. Una cinquantina di metri più avanti, svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Oristano e per Sassari, la strada scavalca la SS131 di Carlo Felice e la seguiamo per circa cinquecento metri, fino a vedere, alla destra della strada, uno dei cancelli di ingresso dell'area artigianale presente nella frazione Is Argiddas (altezza metri 83, distanza 1,27 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 3). Ad est dell'abitato si trova il Monte Zara Per raggiungere il Monte Zara un colle alto 226 metri, situato subito ed est dell'abitato, dal centro del paese prendiamo verso sud la via Nazionale, che seguiamo fino a dove arriva da sinistra la via Europa e si trova il cartello segnaletico che indica l'abitato. Una cinquantina di metri più avanti, svoltiamo a sinistra seguendo le indicazioni per Oristano e per Sassari, la strada scavalca la SS131 di Carlo Felice e la seguiamo per circa cinquecento metri, fino a svoltare, di fronte al cancello di ingresso alla frazione Is Argeddas, nella deviazione a sinistra, e, dopo una cinquantina di metri, di nuovo a sinistra sulla via Monte Zara, che si dirige verso nord, la seguiamo per circa settecentocinquanta metri, fino ad arrivare a un bivio.
Al bivio dove ci ha portati la via Monte Zara, prendendo a sinistra, la strada porta all'azienda di produzione e commercio di prodotti avicoli, selvaggina e zootecnici denominata Covatoio Italo Olandese, vicino alla quale si trovano i resti del villaggio nuragico di Bia de Monti, che descriveremo più avanti. A questo punto si può arrivare anche dal centro del paese, dal cancello che porta alla tomba di giganti di Pedrera, proseguendo lungo la via del Progresso e, all'incrocio subito successivo, prendendo a sinistra la via Genova che, in trecentocinquanta metri, arriva sul viale Europa, a ridosso della SS131, dove si può prendere il ponte pedonale che collega il sito al paese.
L'area archeologica del Monte Zara Sul Monte Zara si trova un'area archeologica cosituita da una necropoli a domus de janas e l'insediamento nuragico. Salendo sul versante occidentale del Monte Zara, si trova una Necropoli a domus de janas di Monte Zara, relative a un insediamento prenuragico comprendente un'area funeraria con diverse domus de janas, riconducibile a due zone diverse di sepoltura. Nella parte settentrionale del monte si trovano sei sepolture, delle quali le più interessanti sono sicuramente due tombe, scolpite una accanto all'altra sul versante settentrionale, e conosciute come Is Ogus de su Monti, gli occhi del monte. La prima presenta il portello d'ingresso ben scolpito, l'anticamera nella quale si può notare un solco scolpito lungo la parete sinistra, e la camera funeraria. La seconda mostra anch'essa il portello d'ingresso ben scolpito, l'anticamera con pavimento sconnesso e la camera funeraria. La terza, quasi del tutto distrutta, mostra solo la celletta funeraria. La quarta, situata a circa sessanta metri di distanza, in origine doveva avere un accesso a pozzetto, ed oggi ha l'ingresso in buona parte coperto da cespugli, al suo interno si nota una profonda canaletta scolpita che parte dalla camera funeraria e arriva fino all'anticamera, ed interessante è la presenza nella cella funeraria di una nicchietta sulla parete destra e di un bancone rialzato sul lato sinistro. La quinta doveva avere anch'essa un ingresso a pozzetto, al suo interno, sulla sinistra del portello d'accesso alla camera funeraria, è stata creata un'altra piccola apertura. La sesta è anch'essa dotata d'ingresso, anticamera e una camera funeraria molto ampia con, ai lati, dei leggeri rialzamenti, forse banconi andati distrutti. La seconda zona di sepoltura si trova nella parte meridionale del monte, dove si trovano numerose altre sepolture isolate e difficilmente raggiungibili.
 Sul pendio occidentale del Monte Zara, vicino a dove sbocca il ponte pedonale che lo collega al paese, si trova l'area scoperta durante i lavori di sbancamento per la SS131, con i resti dell'abitato nuragico di Bia de Monti. Attraverso gli scavi sono stati individuati quarantuno edifici abitativi di età nuragica, costituiti da capanne circolari ed altre quadrangolari, assieme a nove tombe a fossa di età tardo punica, del quarto e terzo secolo avanti Cristo. Nell'edificio circolare più grande sono stati rinvenuti diversi reperti, tra i quali una macina da grano, un forno per il pane, cocci intrisi di olio e ultimo, ma molto importante, un importante manufatto litico in arenaria conservato oggi nell'Aula Consiliare del Municipio di Monastir, per molto tempo identificato come un presunto torchio per il vino a torricella con vasca, riferibile probabilmente ad un'attrezzatura per la vinificazione in età nuragica. Procedendo nel versante ovest del Monte Zara, una volta superato il villaggio di Bia de Monti, ci si imbatte in un erto tratto della collina, in cui si scorgono resti edilizi che sono le rovine dell’abitato di Sa Costa de su Cadru ubicato a metà versante. Essendo Bia de Monti l’agglomerato suburbano, l'abitato di Sa Pranedda nome che sta ad indicare la piccola piana, costituiva l’Acropoli dell’intero complesso abitativo, localizzata nella sommità del Monte Zara. Il quartiere era collegato con l’altro nucleo di Sa Pranedda con una scalinata monumentale di oltre sessanta gradini, che si conclude presso due altari rupestri. La cittadella era protetta nel settore nord est da una cinta muraria i cui resti sono ancora visibili, così come alcune strutture di età tardo nuragica, punica e romana. Il fabbisogno idrico era garantito da due grandi cisterne circolari, ricavate nel bancone roccioso nella cresta della collina.
Nel settore sud est di Sa Pranedda, si estende l'abitato di Is Obias nome che deriva dalla presenza di olivastri piantumati nel secolo scorso. Anche in questo abitato sono evidenti le tracce di imponenti crolli, resti di strutture di età nuragica e punica realizzate con lastrine di marna calcarea. Dopo il definitivo abbandono del villaggio di Bia de Monti al termine dell’ottavo secolo avanti Cristo, che è stato poi rifrequentato in maniera sporadica solo in età punica per scopi funerari, a rimanere vitale è stato l’insediamento in località Is Obias, comprende ulteriori emergenze archeologiche. La prima campagna di scavo del 2011 e 2012, ha evidenziato una frequentazione che, partendo dall’età nuragica, giunge fino a quella fenicia, punica, romana repubblicana e imperiale. Tra le strutture messe in luce è di notevole rilievo una porta monumentale di accesso ad un’area molto vasta, recintata da un grosso muro che si snoda a partire dai suoi lati dell’ingresso. A ovest della porta, l’indagine ha portato alla definizione di alcuni ambienti di diversa fisionomia di cui i materiali fittili testimoniano una frequentazione del sito fino al quarto secolo dopo Cristo. La presenza di altri elementi strutturali si intuiscono e intravedono sotto gli olivastri che coprono buona parte dei versanti della collina.
Il presunto torchio per il vino a torricella con vasca Nell'edificio circolare più grande dell'abitato nuragico di Bia de Monti è stato rinvenuto un importante manufatto, per molto tempo identificato come un Presunto torchio per il vino a torricella con vasca riferibile probabilmente ad un'attrezzatura per la vinificazione in età nuragica. È formato da un basamento, sovrapposto mediante un supposto perno ligneo ad un fusto cilindrico, la cui parte superiore, leggermente concava, è stata adattata per la raccolta dei liquidi, i quali, attraverso un doccione, si riversano all'interno della vasca sottostante. Gli elementi che hanno indotto ad ipotizzare il suo utilizzo vinificatorio, sono in primo luogo una sostanza nerastra che impregnava sin dal momento della scoperta, il fondo della vaschetta, letta come deposito di decantazione del mosto, nella quale trovavano alloggiamento anche una Oinochoe di piccole dimensioni ed una scodella a calotta. Inoltre, ad avvalorare questa tesi, sarebbero gli stessi reperti rinvenuti all'interno dell'edificio, di chiaro valore domestico e non sacrale o cultuale. In anni recenti, la comunità scientifica ha revisionato l'interpretazione del torchio litico di Monastir, valutando l'ipotesi che si tratti di un manufatto nato primariamente come modellino di nuraghe stilizzato, dove la vasca ha quasi una funzione accessoria, la cui destinazione non sarebbe legata ad attività come quella della vendemmia ma ad un ambito sacro, rituale, dunque realizzato come vero e proprio altare.
Il monte Olladiri Sempre dal paese, possiamo raggiungere il Monte Olladiri un colle alto 235 metri, che si trova pochi chilometri più a sud rispetto al Monte Zara, ed è famoso per le sue necropoli e per il Castello di Baratuli che si trova sulla sua sommità. Dal centro, prendiamo verso sud la via Nazionale, che seguiamo fino a dove arriva da sinistra la via Europa e si trova il cartello segnaletico che indica l'abitato. Proseguendo, passato lo svincolo, la strada continua costeggiando la SS131 di Carlo Felice verso sud in direzione di Cagliari, la seguiamo per un chilometro ed ottocento metri, quando curva a sinistra passando con un viadotto sopra la strada statale in direzione dell'area industriale Matzeddu di Monastir, e, percorse alcune centinaia di metri, ci porta alla base del monte Olladiri. Il colle è stato letteralmente scavato per metà da una cava di pietra, che lo rende davvero particolare. Infatti quel colle, un tempo tondeggiante, oggi ha nel punto più alto uno strapiombo verticale, al di sotto del quale rimangono, oltre alla cava, in stato di completo abbandono, i macchinari arrugginiti che venivano utilizzati per il setacciamento della pietra estratta.
Il Castello di Baratuli Da dove, con la strada che costeggia la SS131 di Carlo Felice, siamo passati con un viadotto sopra la strada statale, proseguiamo verso est e, dopo aver percorso seicento metri all'interno dell'area industriale Matzeddu, continuiamo drittisu una strada bianca che, in un chilometro, porta nel punto dove arriva da sinistra la via Monte Zara. Proseguiamo e, dopo duecento metri, svoltiamo a destra nella strada bianca che curva costeggiando la base del monte Olladiri, fino ad arrivare a dove parte a destra il sentiero che porta sulla sua sommità. Sulla vetta del monte, si trovano i ruderi del Castello di Baratuli sorto su un precedente insediamento di epoca nuragica, edificato nel dodicesimo secolo dai conti Donoratico, giudici di Cagliari, a difesa del territorio circostante. Passato in seguiti agli Arborensi e poi alla famiglia toscana dei della Gherardesca, è stato successivamente distrutto dai Pisani intorno al 1308. I recenti scavi e restauri hanno messo in luce parte dell'impianto, a pianta esagonale.

L'area archeologica dei monte Olladiri Ai piedi del monte Olladiri si espande l'area archeologica di Monte Olladiri, nella quale si trovano una necropoli costituita da cinque domus de janas, scavate sul fianco della collina basaltica, ed il villaggio nuragico. La Necropoli a domus de janas di Monte Olladiri, detta anche di Is Arutas, è costituita da cinque sepolture risalenti alla Cultura di Ozieri, scavate sul fianco sud della collina basaltica. Sono costituite da un ingresso, un’anticella e da una grande cella funeraria. Solo una, probabilmente incompleta, presenta un unico ambiente più grezzo. Accanto all’accesso di alcune domus è possibile vedere la canaletta per il deflusso delle acque scolpita nella roccia. Probabilmente, oltre alle cinque sepolture, ve ne sono altre andate distrutte dall’utilizzo delle zona come cava o nascoste dalla vegetazione. L’area non è ancora stata studiata in modo approfondito, nonostante gli archeologici abbiano rinvenuto diversi reperti interessanti. Nella valle ai piedi dell'altura sono stati trovati i resti di un insediamento prenuragico, costituiti da un edificio con muri in fango, e quelli di un grande Villaggio nuragico un grande insediamento formato da capanne semi interrate, databile al tempo della Cultura di Monte Claro. Durante gli scavi è stata rinvenuta la testa di una statuetta della Dea Madre alta dieci centimetri, in marmo, simile alla famosa statuetta trovata nel villaggio nuragico di Turriga, nei dintorni di Senorbì. Sono state rinvenute anche ceramiche d'influenza fenicia, etrusche e numerose ioniche, relative all'ultima fase di vita dell'abitato.
La chiesa campestre di Santa Lucia Da dove, con la strada che costeggia la SS131 di Carlo Felice, siamo passati con un viadotto sopra la strada statale, proseguiamo verso est e, dopo aver percorso seicento metri all'interno dell'area industriale Matzeddu, svoltiamo a destra e seguiamo la strada per un chilometro e duecento metri, fino a trovare le indicazioni per il parcheggio del parco di Santa Lucia. All'interno del parco, si trova la piccola e graziosa Chiesa campestre di Santa Lucia realizzata nel dodicesimo secolo in stile tardo romanico nElle campagne a sud del paese. È una chiesa a navata unica, con la facciata in pietra sormontata da un grande campanile a vela. La chiesa, che non ha subito nel tempo modifiche rilevanti, apparteneva un tempo al Villaggio medievale di Baratuli, che stava ai piedi del Castello omonimo e del monte Olladiri, il cui nome si può ritenere un'italianizzazione di Boladiri o Bauladiri, che era il modo in cui i Sardi chiamavano il villaggio di Baratuli.
Ogni anno, l'ultima domenica di agosto, preceduta dal vespro, si svolge la Festa di Santa Lucia. I riti religiosi iniziano il sabato mattina, quando la statua della Santa, posta sul cocchio trainato da un giogo di buoi, lascia la chiesa parrocchiale per quella campestre, accompagnata in processione dal parroco, da numerosi fedeli e con contorno di cavalieri, traccas, gruppi in costume e suonatori di launeddas.  Il culmine della Festa è la domenica sera, con la grande processione De su rientru, alla quale partecipano, oltre a migliaia di persone, i vari gruppi che hanno accompagnato il simulacro della Santa il sabato mattina. La Festa religiosa si conclude il lunedì sera con la processione della statua per le vie del paese che per l’occasione si trasformano in tappeti fioriti suscitando ammirazione tra i fedeli. La Festa civile, si svolge sia nel parco adiacente la chiesa campestre sia all’interno del paese. Nel parco vengono organizzati pranzi e cene a base di carne, oltre a spettacoli di vario genere, tra cui concerti, manifestazioni sportive, cabaret, balli e fuochi d'artificio. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, da Monastir ci recheremo a Nuraminis dove visiteremo il suo centro e la frazione Villagreca e con i dintorni nei quali si trovano l'area funeraria di Santa Maria e la capanna megalitica Sa Corona. |