Orune, patria di Antonio Pigliaru autore del saggio sulla vendetta barbaricina con la fonte sacra di Su Tempiesu
In questa tappa del nostro viaggio ritorniamo nel Nuorese recandoci a visitare Orune patria di Antonio Pigliaru autore del saggio sulla vendetta barbaricina come ordinamento giuridico, dove visiteremo l'abitato ed i suoi dintorni, nei quali si trova la fonte sacra Su Tempiesu. La regione storica del Nuorese o Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti Il Nuorese (nome in nuorese Su Nugorèsu, in logudorese Su Nuorèsu), indicato da alcuni anche con il nome di Barbagia di Nuoro o Barbagia di Bitti, è una regione storica della Sardegna nord orientale. In periodo giudicale il suo territorio apparteneva per lo più al Giudicato di Torres, nella Curatoria di Dore-Orotelli. In realtà oggi per Nuorese si intende un territorio molto più ampio, che comprende anche parte dei territori che in periodo giudicale appartenevano alle curatore di Bitti e di Orosei-Galtellì, nel Giudicato di Gallura. I comuni che ne fanno parte sono Bitti, lula, Nuoro, Onani, Oniferi, Orani, Orotelli, Orune, Osidda, Ottana, e, secondo molti, ed anche secondo noi, al Nuorese apparterrebbe anche il comune di Sarule. Secondo alcuni vi apparterrebbe anche il comune di Dorgali, che, a nostro avviso, appartiene invece alla Barbagia di Ollolai, dato che durante il periodo nel quale la Sardegna era sotto il controllo dell'impero Bizantino e nel primo periodo del Giudicato di Arborea ne costituiva uno sbocco al mare, andato perduto a seguito dell'espansione, promossa dai Pisani, verso sud del Giudicato di Gallura. Il Nuorese è costituito da luoghi, paesi, tradizioni, enogastronomia, artigianato artistico, musica e cultura, che si sviluppano nei paesaggi dei paesi del comprensorio barbaricino, richiamati nelle opere letterarie del Nobel per la letteratura Grazia Deledda.
La strada da Nuoro verso OruneIn questa tappa del nostro viaggio ritorniamo nel Nuorese, o Barbagia di Nuoro, nella zona che viene chiamata anche con il nome di Barbagia di Bitti. Usciamo da Nuoro verso ovest con la SS129, poi, dopo duecentocinquanta metri, a una rotonda prendiamo la prima uscita verso destra, che è la SS289 di Buddusò e del Correboi, che collega Nuoro con Bitti, e la seguiamo per poco meno di ventitre chilometri, per arrivare alla frazione Orune denominata Su Pradu. Passata questa frazione, proseguiamo sulla SS389 di Buddusò e del Correboi e, dopo 1,3 chilometri, arriviamo a trovare la deviazione sulla destra sulla SP51. Prendiamo questa deviazione, che si dirige verso sud, e, dopo settecentocinquanta metri, prendiamo la deviazione sulla sinistra che ci porta all'ingresso di Orune, in corso repubblica, dal quale poco dopo si separano a sinistra la via Pigliaru, al centro prosegue il corso repubblica, ed a destra, in leggera discesa, parte la via Attilio Deffenu. Provenendo da Nuoro sulla SS389 di Buddusò e del Correboi, ci si presenta agli occhi l'abitato di Orune arrampicato su un rilievo dal quale domina le vallate ed i pascoli sottostanti. 
Esistono altri due modi per arrivarci. Un primo modo è prendere da Nuoro la SS129, poi, dopo duecentocinquanta metri, prendere la SS289 e seguiarla perfino a Pratosardo, dove questa strada incrocia la SS131 di Carlo Felice Diramazione centrale Nuorese, che si prende verso destra, ossia verso est. La si segue fino all'incrocio con la SP51, che si prende verso nord, e che, in poco più di dodici chilometri, ci porta a Orune. Un terzo modo per arrivarci e, da Nuoro, prendere prima la SP45 e poi la SP51, che ci portano a Orune, ma tutto il percorso è su strade provinciali, che ci fanno muovere più lentamente ed impiegare, pertanto, un poco più di tempo. Il comune chiamato Orune Il comune chiamato Orune (altezza metri 750 sul livello del mare, abitanti 2.150 al 31 dicembre 2021) è un centro ad economia essenzialmente pastorale, situato nella parte centro orientale della Provincia di Nuoro, ai confini con quella di Sassari, facilmente raggiungibile con la SS389 di Buddusò e del Correboi, il cui tracciato si snoda a un solo chilometro dall'abitato. Situato su un rilievo dal quale domina le vallate ed i pascoli sottostanti, l'abitato, con le sue tipiche case dalle coperture a terrazza, è abbarbicato sull'estremità dell'altopiano da cui si gode la veduta sulla valle di Isalle. La parlata orunese è una tra le più conservative della lingua sarda, tanto che la si può catalogare come variante arcaica del sardo logudorese.
Di Orune, che chiama Oronou, parla Grazia Deledda nel romanzo Colombi e sparvieri, dove scrive Il villaggio di Oronou con le sue casette rossastre fabbricate sul cocuzzolo grigio di una vetta di granito, con le sue straducole ripide e rocciose, parve emergere dalla nebbia come scampato dal diluvio. Ai suoi piedi i Torrenti precipitavano rumoreggiando nella vallata, e in lontananza, nelle pianure e nell'agro del Siniscola, le paludi e i fiumicelli straripati scintillavano ai raggi del sole che sorgeva dal mare. Tutto il panorama, dai monti alla costa, dalla linea scura dell'altopiano sopra Oronou fino alle macchie in fondo alla valle, pareva stillasse acqua. Ma il paesetto era asciutto; e i vecchi e gli sfaccendati avevano già ripreso i loro posti sulle panchine davanti al Municipio, su nella piazza che sovrasta la valle come una grande terrazza. |
Origine del nomeNon è chiara l'origine del nome, comunque gli studiosi ritengono che possa derivare dallo strato linguistico protosardo, e che possa rientrare nella serie onomastica caratterizzata dal prefisso Orr-. La sua economiaL'economia di Orune è basata essenzialmente su agricoltura ed aamento. L'agricoltura svolge ancora oggi un ruolo di primaria importanza nell'economia locale, ed è specializzata nella coltivazione di cereali, ortaggi, foraggi, vite, ulivi e frutteti. Accanto al lavoro dei campi si pratica anche l'allevamento di bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Il settore industriale è modestamente sviluppato, e modesta è anche la presenza del terziario. Orune è immersa in una suggestiva cornice paesaggistica, ed è una importante meta turistica, la cui principale attrazione è costituita dai numerosi siti archeologici presenti nel suo territorio, ma interessanti sono anche le ricchezze naturali che la circondano, rappresentate dall'altopiano di Bitti Sa Serra, dalla valle di Marreri, e dai rii Sa Chessa e Isalle. Brevi cenni storiciLe origini del suo insediamento risalgono al periodo Neolitico, come dimostrano i numerosi reperti archeologici rinvenuti sul suo territorio. Nel periodo medievale, il borgo di Orune appartiene al Giudicato di Logudoro, nella curatoria del Goceano. Passa, quindi, nel 1255, sotto il dominio dei Doria, ed in seguito sotto quello del Giudicato d'Arborea. Compresa nel 1410 dagli Aragonesi nel Marchesato di Oristano, passa nel 1478 sotto il completo controllo degli Aragona, in seguito alla loro vittoria nella battaglia di Macomer. Nel 1839, con l'abolizione del sistema feudale, viene riscattata al demanio dello stato sabaudo. La sua storia successiva non evidenzia avvenimenti particolari. Del comune di Orune nel 1927, dopo la creazione della Provincia di Nuoro, viene cambiata la provincia, da quella di Sassari, alla quale precedentemente apparteneva, alla neonata Provincia di Nuoro. Alcuni dei principali personaggi che sono nati a OruneTra i diversi personaggi che sono nati a Orune, nel dopoguerra va citato l'importante filosofo e giurista Antonio Pigliaru, autore fondamentale per la conoscenza dei nodi storici all'origine della diversità sarda. A Orune nasce, nel 1922, l'importante filosofo e giurista Antonio Pigliaru (pronuncia Pìgliaru, con l'accento sulla prima i). Alla fine delle elementari si trasferisce a Sassari per completare gli studi ginnasiali e liceali. A Sassari trascorre la maggior parte della sua vita, divenendo professore ordinario di Dottrina dello Stato. Antonio Pigliaru si interessa fortemente a tutti i problemi della sua terra, all'autonomia regionale, a una democrazia autenticamente popolare, a una cultura più moderna. Esprime questo suo forte impegno fondando e dirigendo, dal'49 al'64, la rivista Ichnusa, alla quale collaborano i più significativi nomi della cultura sarda del periodo. Antonio Pigliaru muore a Sassari nel 1969, a solo 48 anni. Lascia numerose opere, tra le quali la principale è La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico del 1959, che resta un testo fondamentale per la conoscenza dei nodi storici all'origine della diversità sarda. Oltre a questo, ripubblicato nel 1970 insieme ad altri testi nel volume postumo Il banditismo in Sardegna, scrive tra l'altro Persona umana e ordinamento giuridico del'53, Meditazioni sul regime penitenziario italiano del'59, La piazza e lo Stato del'61, Struttura, soprastruttura e lotta per il diritto del'65, L'eredità di Gramsci e la cultura sarda relazione al convegno internazionale di studi gramsciani di Cagliari del'67, Promemoria sull'obiezione di coscienza del'68, e Gramsci e la cultura contemporanea del'69. Per approfondire il suo pensiero è possibile leggere il saggio Promemoria sull'obiezione di coscienza, e dal volume Il banditismo in Sardegna il testo de Il codice della vendetta barbaricina.
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A Orune sono nati anche diversi personaggi storici, tra i quali i famosi banditi ottocenteschi Dionigi Mariani e Giovanni Moni Goddi. Nell'immediato dopoguerra vi nascono Giovanni Talanas e Franco Bachisio Moni. In anni più recenti vi nasce anche il gruppo di banditi che sequestra Fabrizio De André, il cui principale esponente è Martino Moreddu, ed anche numerosi altri sequestratori, tra i quali, Salvatore Angelo Moni con il fratello Gianfranco. Nel periodo ottocentesco in cui, nella Sardegna centrale, si sviluppa il fenomeno del banditismo, Orune dà i natali, il 19 luglio del 1860, a Dionigi Mariani. Si tratta di un pastore di Orune, divenuto bandito nel 1894, dopo l'accusa di aver ucciso il compaesano Antonio Goddi detto Isteddadu, crimine commesso durante una lite da tale Ciolentinio Pala, che attribuiva al Goddi la perdita di alcune mucche, a seguito del quale Mariani, che aveva assistito alla scena, era stato il primo ad allontanarsi dal luogo del delitto per informare i familiari dei due contendenti. Nel luglio del 1897, Dionigi, uccide un certo Pala Zampieri, reo di aver testimoniato il falso contro di lui al processo per l'omicidio Goddi. Successivamente inizia a commettere reati di ogni genere, e tra i suoi vari crimini figura l'omicidio di Giuseppe Sanna Goddi, detto Coccone, nel piccolo borgo di Lollove. I documenti giudiziari lo attestano come un bandito Di fama cattivissima, scaltro, ladro, vendicativo e sanguinario. Dionigi Mariani trascorre in latitanza quattro anni e sette mesi, fino a quando decide di costituirsi ai Carabinieri del tenente Ravizza il 3 luglio 1899, a trentanove anni di età.
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Il suo nemico numero uno è l'altro bandito di Orune, Giovanni Moni Goddi nato nel novembre del 1860, che è divenuto bandito per aver reagito ad un atto ingiusto ed infatti uccide un tale che si era impossessato di un suo capo di bestiame. Buona parte della comunità orunese, in seguito all'omicidio di Isteddadu e alle successive vicende, si divide in due frazioni: Monisti e Marianisti, come la definirà, stando al giornalista Eliseo, il procuratore di Nuoro nel discorso per l'inaugurazione dell'anno giudiziario 1900. Sappiamo che in seguito ai vari processi e alle varie testimonianze rese, l'odio tra i due si fà sempre più feroce. Giovanni Moni Goddi viene raccontato come tanto feroce che, dopo aver ucciso un pastore di Benetutti che aveva fama di essere una spia delle forze dell'ordine, dapprima lo sgozza elo squarta davanti agli occhi della moglie e del figlioletto, per poi decapitarlo. La sua testa viene quindi deposta su un muretto a secco, affinché l'atroce esecuzione dell'uomo sia di monito per tutti i traditori. Infine, come estremo atto di scherno, arriccia i baffi della vitlima usando il sangue che colava dal collo mozzato.
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Nato a Orune il 18 agosto 1946, Giovanni Talanas si da alla macchia dopo l'omicidio nel 1973, a seguito di una lite, del compaesano Francesco Barracca, detto Ciccio il barbiere, per il quale verrà condannato a 24 anni. Durante la sua latitanza, si asferisce nel continente, dove partecipa al sequestro del piccolo Augusto De Megni, di 10 anni, rapito nell'ottobre 1990 e liberato nel gennaio 1991 in una grotta nella zona di Volterra. Per questo sequestro viene condannato a 30 anni di reclusione. Verrà arrestato solo nel luglio 2003, dopo 27 anni di latitanza, nell'azienda agricola dei fratelli nelle campagna tra Orune e Nuoro, dai militari della Compagnia di Bitti.
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A Orune nasce nel 1947 Franco Bachisio Goddi che, trasferitosi nel continente, a Viterbo, è l'autore del sequestro e del successivo omicidio di Mirella Silocchi, moglie dell'imprenditore di Parma Carlo Nicoli, avvenuto il 28 luglio del 1989 a Stradella di Collecchio, ed il cui cadavere non è stato mai ritrovato. È una strana banda, quella della quale, secondo i giudici, fa parte Franco Bachisio Goddi, una banda nella quale convivono anime diversissime e mondi culturali lontanissimi, pastori e latitanti sardi, siciliani, calabresi, anarchici, un'americana e perfino un libico di origini armene. Condannato a 30 anni, diviene uno dei latitanti inseriti nello speciale elenco dei 30 più pericolosi in Italia. Dal 26 febbraio 1999 elude gli obblighi della firma, poco prima di venire arrestato, dopo la conferma della sua condanna da parte della Cassazione. La suprema corte aveva infatti confermato i 30 anni di reclusione, e con lui erano stati condannati Francesco Porcu, di Lula, l'americana Rose Ann Scrocco ed il libico di origine armena Garagin Gregorian. Il Goddi viene arrestato il 12 luglio nel suo appartamento di Viterbo, dove si trovava con la moglie ed i figli.
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Nato a Orune nel 1956, Martino Moreddu è uno degli autori del sequestro avvenuto il 27 agosto 1979 di Fabrizio De André e della compagna e futura moglie Dori Ghezzi, liberati dopo quattro mesi a seguito del pagamento di un riscatto di 550 milioni, in buona parte pagato dal padre Giuseppe. Le chiavi dell'hotel Supramonte, come viene chiamato il luogo nel quale sono detenuti i due sequestrati, sono ben salde nelle mani del vivandiere Martino Moreddu, e dei sui due aiutanti, i fratelli Carmelo e Giovanni Mangia, tutti di Orune. Al sequestro partecipano in molti, tra i quali Graziano Porcu, anche lui di Orune, Salvatore Vargiu, di Pattada, Pietro Ghera, di Berchidda. Martino Moreddu, quando scatta il blitz contro la banda dei sequestratori, si da alla macchia. Condannato a 23 anni di reclusione, ridotti a 20 anni e due mesi in Cassazione, Martino si costituisce il 12 febbraio del 1982, ma viene scagionato da altri sequestri di persona che la banda dei Sardi aveva messo a segno in Toscana.
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A Orune nasce, nel 1965, Salvatore Angelo Moni. Trasferitosi in Provincia di Grosseto, il 2 dicembre del 1987, nei dintorni di Grosseto, partecipa come carceriere al sequestro della studentessa esteranne Ricca. Viene condannato a 26 anni, ed il fratello Gianfranco nato anche lui a Orune, di cinque anni più vecchio, residente in un podere dell'entroterra maremmano, viene condannato a 18 anni e sei mesi. Salvatore Agnelo doveva uscire nel 2013, ma il 21 maggio 1992 evade dal supercarcere di Sollicciano. Approfitta di un momento di disattenzione delle guardie, mentre lavora come giardiniere vicino all'uscita, e si arrampica come un gatto sulle inferriate del cancello, alto più di otto metri. Salvatore Angelo Moni, probabilmente, passa i giorni di latitanza quasi sempre nel sud d'Italia, muovendosi il meno possibile. La sua latitanza termina il 20 giugno, quando viene arrestato all'uscita della stazione di Ancona. Con i baffi per camuffarsi e una carta d'identità falsa, prima dell'arresto ha solo il tempo di salutare l'amico Beppino Pirisi, anche lui sardo, che era andato a prenderlo in stazione. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a Orune A Orune sono attivi anche il Gruppo Folk Santa Lulla ed il Coro di Orune. Orune è uno dei centri in cui è più viva la tradizione del canto a tenore, e famosi in tutta l'isola sono il Tenore Santa Lulla, non più attivo, ed il Tenore Folk Studio, noto anche come Su tenore 'e Vittorièdda, anch'esso non più attivo, nel quale cantava come Contra il famoso Vittorio montesu, da molti considerato Sa menzus contra 'e su munnu, ossia la miglior Contra del mondo. di più recente formazione sono il Tenore S'Arborìnu, il Tenore Nunnale ed il Tenore Santu Sidore. Tra le sagre e feste che si svolgono a Orune vanno citate la Festa di Sant'Antoni 'e su Ocu, ossia la Festa di Sant'Antonio Abate, il 16 e il 17 gennaio; la Festa di Santu Biàssu Duttòre, ossia di San Biagio Dottore, il 3 febbraio; Santu Sidore Agricola, ossia San Isidoro l'Agricoltore, viene festeggiato il 10 maggio; la Festa di Su Segnore, ossia il Corpus Domini, si svolge il 22 giugno; la Festa di Santu Juvanne, ossia di San Giovanni, il 24 giugno; la Festa di Nostra Sennora 'e su Cossolu, ossia della Beata Vergine della Consolazione, che si svolge il primo lunedì di agosto; la Festa patronale, in onore della Nostra Sennora 'e su Craminu, ossia della Beata Vergine del Carmelo, si svolge l'ultima domenica di agosto.
Visita del centro di OruneL'abitato, con le sue tipiche case dalle coperture a terrazza, è abbarbicato sull'estremità di un altopiano da cui si gode della veduta sulla valle di Isalle. Entriamo nel paese da nord ovest, con la SP51, che ci porta all'ingresso di Orune, in corso repubblica, dal quale poco dopo si separano a sinistra la via Pigliaru, al centro prosegue il corso repubblica che diventerà poi via Andrea Chessa, ed a destra, in leggera discesa, parte la via Attilio Deffenu. La chiesa di Santa Caterina Arrivati ad Orune, dal corso Vittorio Emanuele prendiamo sulla destra, in leggera discesa, la via Attilio Deffenu. Seguiamo la via Attilio Deffenu per circa seicento metri, poi continuiamo dritti sulla via Giorgio Asproni e, dopo meno di trecento metri, prendiamo verso destra, ossia verso ovest, ed arriviamo in piazza Santa Caterina. Siamo nella periferia sud occidentale dell'abitato, nella parte più antica del paese. In piazza Santa Caterina si trova la Chiesa di Santa Caterina.
La chiesa parrocchiale di Santa Maria della Neve o Santa Maria MaggioreTornati sulla via Giorgio Asproni, la prendiamo all'indietro verso la via Attilio Deffenu, poi, dopo una trentina di metri, prendiamo a destra, ossia verso ovest, la via papa Giovanni XXIII, che, in una cinquantina di metri, ci porta di fronte alla Chiesa di Santa Maria Maggiore che si affaccia alla destra della strada ed è la chiesa parrocchiale di Orune. È stata edificata quando, decimata dalla Pesta nighedda, ossia dalla peste nera, si è trasferita ad Orune la popolazione di un'antica parrocchia del borgo di Montanna, la cui chiesa parrocchiale era dedicata a Santa Lulla, ossia Santa Giulia. Così si è formata la parrocchia di Orune, dapprima dedicata a Santa Maria, cioè alla natività della Madonna, poi in seguito, dedicata a Santa Maria Maggiore. Questa chiesa è stata, in seguito, distrutta da un incendio nel 1848, ed è stata successivamente riedificata, su progetto dall'architetto Giacomo Galfrè. La parrocchiale al suo interno conserva pregevoli dipinti realizzati dal pittore Antonio Camboni. 
La Festa in onore della Nostra Sennora 'e su Craminu, ossia della Beata Vergine del Carmelo, che è la Festa patronale di Orune, si svolge presso questa chiesa ogni anno l'ultima domenica di agosto. La Untana MannaTornati sulla via Giorgio Asproni, la prendiamo all'indietro verso la via Attilio Deffenu, poi, dopo una trentina di metri, prendiamo a destra, ossia verso ovest, la via Antonio Gramsci, che, dopo circa centosessanta metri, sbocca sulla via Luigi Cadorna. Prendiamo questa via verso destra, ossia verso sud, e la seguiamo per un centinaio di metri, passando anche sul retro della chiesa parrocchiale, fino a che si apre alla destra della strada la bella piazza remigio Gattu. Proprio all'inizio di questa piazza, sulla destra si trova una scalinata in discesa, che ci porta in una strada parallela che, presa verso sinistra, ci porta di fronte alla Untana Manna ossia la fontana grande, che è il lavatoio di Orune, che si trova subito a sinistra della strada. 
La piazza Remigio Gattu con il Municipio di Orune e con la casa Murgia con il suo mulino artigianale in legnoTorniamo in piazza Remigio Gattu, dove troviamo un Gruppo di persone che ci da le indicazioni per andare a visitare la Casa Murgia realizzata dal cavaliere del lavoro Battista Murgia. La si trova lungo la via Vittorio Meloni, la strada che fiancheggia sulla sinistra il Municipio di Orune, sul lato destro della strada. È un palazzetto dei primi del novecento dalle pregevoli linee architettoniche, dietro il quale è presente un giardino, che conserva ancora un pozzo ed un mulino artigianale in legno. Il mulino alimentava la centrale elettrica, situata ad un piano superiore, che forniva energia anche a tutto il resto del paese. In piazza Remigio Gattu, al civico numero 14, vediamo l'edificio nel quale si trovano la sede e gli uffici del Municipio di Orune. Passato il Municipio, prendiamo la strada che lo fiancheggia sulla destra, e che ci porta in una piazza nella quale si trova la sede della Biblioteca Comunale di Orune. 
Da piazza Belvedere ci recheremo a visitare il Cimitero di Orune Dalla piazza prendiamo a destra la via Andrea Chessa, che ci porta il piazza San Bernardo, che costituisce un ottimo belvedere sul Montalbo e sulla vallata di Marreri fino al mare. Da qui prendiamo a destra la via Duca d'Aosta, dopo centoventi metri prendiamo a sinistra la via Delogu, e, dopo una sessantina di metri, a destra la via Ugo Foscolo. Dopo duecentocinquanta metri prendiamo a destra, poi subito a sinistra, la via Giacomo leopardi, che, in un centinaio di metri, ci porta all'ingresso del Cimitero di Orune.
Visita dei dintorni di OruneVediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell'abitato che abbiamo appena descritto. Per quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di Orune, sono stati portati alla luce i resti della fonte sacra Su Tempiesu, una delle più belle della Sardegna; dei nuraghi Dorosule, Galile, Istitti, Nunnale, Nuoradorzu, Sa Mandra, Sa Paione, Sa Pudda lada, Salada, Sant'Efisio, Santa Lulla, Sos nuraghes, su Nurattolu, su Ozastru, tutti di tipologia indefinita. La frazione Orune denominata Su PraduDall'uscita da Orune verso nord est con la SP51, dove, in corso repubblica, arrivano dalla destra la via Pigliaru ed a sinistra la via Attilio Deffenu, seguiamo la SP51 che esce dall'abitato per circa settecentocinquanta metri. Poi, poco prima che la SP51 si immetta sulla SS389 di Buddusò e del Correboi, prendiamo a sinistra la via Enrico Berlinguer, che procede parallela alla strada statale, alla sua sinistra. Questa strada attraversa tutta la frazione del comune di Orune denominata Su Pradu (altezza metri 870, distanza in linea d'aria circa 1,4 chilometri sul livello del mare, abitanti circa 238). La chiesa campestre di Nostra Signora de su Cossolu ossia Nostra Signora della Consolazione Presa la via Enrico Berlinguer, nella frazione Su Pradu, dopo poco meno di novecento metri, troviamo a sinistra la via Aldo Moro, che esce dalla frazione verso sud, e che, in circa seicentocinquanta metri, ci porta a sud ovest della frazione Su Pradu, alla piccola Chiesa di Nostra Signora de su Cossolu dedicata alla Beata Vergine della Consolata o della Consolazione. Presso questa chiesa campestre ogni anno, il primo lunedì di agosto, si svolge la Festa di Nostra Sennora 'e su Cossolu, ossia della Beata Vergine della Consolazione.
La frazione Su Pradu ed il Campo da calcio di Orune Evitando la deviazione sulla via Enrico Berlinguer, seguiamo la SP51 fino a quando questa si immette sulla SS389 di Buddusò e del Correboi, che prendiamo verso sinistra, per recarci in direzione di Nuoro. Circa trecento metri prima che la strada provinciale si immetta sulla strada statale, troviamo sulla destra della strada uno slargo sul quale si affaccia un bel fontanile. Presa la SS389 di Buddusò e del Correboi e proseguendo lungo questa strada per circa 1,3 chilometri, arriviamo dove su di essa proviene da sinistra la via Enrico Berlinguer, che ha attraversato tutta la frazione Su Pradu. Qui si trova, sulla destra della strada tatale, la deviazione che porta il Campo da calcio di Orune.
I resti del nuraghe di Sant'Efisio e l'insediamento romano parzialmente edificato sopra l'abitato nuragicoPercorrendo la SS389 di Buddusò e del Correboi, arriviamo in località Sant'Efisio, a 750 metri di altezza, dove, in un fitto bosco di querce e lecci, è stato rinvenuto il complesso di Sant'Efisio. Al chilometro 81,9 della SS389 di Buddusò e del Correboi prendiamo una deviazione sulla destra della strada statale, subito dopo svoltiamo a destra, in una stradina bianca, che percorriamo per circa ottocento metri, fino all'ingresso dell'area archeologica. Del complesso archeologico fa parte il Nuraghe di Sant'Efisio un nuraghe complesso, edificato su un affioramento di roccia granitica, al quale i muri si adattano. È formato da un mastio centrale, al quale si accedeva con una stretta scala, e da tre torri laterali, originariamente collegate da un antemurale di cui rimane solo una piccola parte. Il nuraghe è stato compromesso da scavi clandestini. Intorno al nuraghe si sviluppa un villaggio nuragico, che si estendeva per ben 50 ettari. È costituito da capanne a pianta circolare, molte delle quali composte da vari ambienti. Sono stati rinvenuti oggetti di uso quotidiano datati tra il Bronzo Medio e la prima Età del Ferro. Nei dintorni vi è, poi, un Insediamento romano di tarda Età Imperiale in ottimo stato di conservazione, parzialmente edificato sopra l'abitato nuragico. Sono state portate alla luce abitazioni a pianta quadrangolare, con i muri realizzati a secco o con l'uso di fango per riempire gli interstizi, che si sono conservati per un'altezza di un paio di metri. I pavimenti sono realizzati con grandi lastroni, ed al di sotto è presente una fitta rete di condutture idriche. È interessante un grande edificio a pianta rettangolare, probabilmente un edificio pubblico o un tempio. Le campagne di scavo sono tuttora in corso, per cui l'area potrebbe essere non sempre accessibile. All'interno del complesso archeologico omonimo, si trovano anche i ruderi della Chiesa campestre di Sant'Efisio. La struttura si ipotizza sia stata costruita nel seicento, almeno per quanto attiene la fase edilizia messa in luce dagli scavi effettuati sino ad ora. 
I resti del nuraghe Nunnale vicino alla roccia chiamata il solitario di NunnaleDal centro di Orune prendiamo la via Andrea Chessa verso nord, che diventa il corso Vittorio Emanuele e ci porta, in circa un chilometro, verso sinistra sulla SP51, che esce dall'abitato con il nome di via Nuoro, in direzione sud, in direzione di Ponte Marreri, da dove si può prendere la SS131 di Carlo Felice Diramazione centrale Nuorese che ci porterebbe a Nuoro. Dopo circa cinque chilometri, si comincia a vedere il nuraghe Nunnale, e per raggiungerlo prendiamo una deviazione sulla destra, che ci porta a destinazione in circa duecentocinquanta metri. Il nuraghe è stato costruito vicino ad una roccia con una forma insolita, costituita da massi diversi e sovrapposti, chiamata il Solitario di Nunnale. Procediamo per trecento metri e arriviamo ai piedi un'altura. Si devono scavalcare alcune basse recinzioni, poi ci si arrampica sino alla cima dell'altura, dove si trova il nuraghe. 
Il Nuraghe Nunnale è un nuraghe monotorre, del tipo indicato come megalitico, ossia costruito, soprattutto nella parte bassa, con blocchi poligonali di grandi dimensioni appena sbozzati. Nelle parti più alte ci sono massi più piccoli e regolari. Dall'ingresso, molto alto, si entra in un corridoio, che porta alla stanza. Questa è circolare, ed aveva copertura a ogiva. Una scala elicoidale lungo il muro portava al piano superiore, di cui però non rimane traccia. L'ultima frequentazione del nuraghe è databile al 1100 avanti Cristo come dimostra il ritrovamento di ceramiche di quel periodo. La fonte sacra di Su Tempiesu Per arrivare alla fonte sacra, dal centro di Orune seguiamo le indicazioni, che ci conducono fino al Cimitero. Da qui prendiamo la strada asfaltata che lo costeggia sulla sinistra, e che esce all'abitato e si dirige verso nord. La seguiamo per cinque chilometri, prima verso nord e poi verso est, ed arriviamo in località Sa Costa 'e Sa Binza, non lontani dal nuraghe di Santa Lulla, con nelle vicinanze i pochi resti di quella che era stata la parrocchiale di Santa Lulla. Qui troviamo i locali per l'accesso alla splendida e importante Fonte sacra di Su Tempiesu raggiungibile con un non molto lungo percorso a piedi.
La fonte è la più bella tra quelle portate alla luce, costruita in blocchi di trachite a ridosso di due pareti rocciose da cui sgorga l'acqua che alimenta il pozzo, e ci è arrivata quasi intatta, dato che è stata sepolta da una frana che la ha nascosta e protetta, fino alla sua scoperta nel 1953. Il suo restauro è stato completato nel 1986. È realizzato con conci di basalto collegati tra loro con un sistema di incastri alternati. Ha la facciata alta 3,6 metri, che originariamente si elevava per oltre 4,2 metri, con tetto a doppio spiovente, che termina con una doppia cornice in rilievo. Si conserva gran parte del timpano, che originariamente terminava con un conciò forato, nel quale sono state rinvenute venti spade di bronzo, saldate tra loro con il piombo. Le misure e l'assenza di impugnatura fanno pensare ad un uso votivo. Il vestibolo è delimitato da un muretto, realizzato con blocchi di basalto. All'interno del vestibolo è presente un pozzetto di raccolta, profondo circa 90 centimetri, che riproduce in scala minore il pozzo principale, e che raccoglie le acque provenienti da quest'ultimo. Nello spessore murario sono ricavati due stipetti, utilizzati come piani d'appoggio di ciotole per bere e probabilmente per le offerte dei fedeli. Il locale nel quale è presente la fonte sacra, è alto due metri. All'interno, quattro gradini portano alla sorgente. Il pozzo ha un diametro di 60 centimetri, e tra le pietre possiamo vedere ancora oggi il piombo usato per l'impermeabilizzazione. Dal pozzo sacro, l'acqua passa lungo un piccolo canale che attraversa prima l'atrio, poi un blocco di basalto e un altro blocco di steatite rosa, e da qui arriva al piccolo pozzo di raccolta esterno. Nell'area del tempio sono state rinvenute spade, pugnali, spilloni e pendagli, bracciali, anelli, statuine in bronzo. Sono importanti una figura maschile con la barba e con la bandoliera a tracolla, un pastore con la bisaccia, ed una coppia di offerenti. La datazione presunta della fonte sacra è la fine del II millennio avanti Cristo. Il luogo di culto è stato, comunque, frequentato sino all'Età del Ferro. 
I resti del nuraghe Santa Lulla Non molto distante dalla fonte sacra Su Tempiesu, ad est rispetto ad essa, si trova il Nuraghe di Santa Lulla. Il nuraghe è molto distrutto, appena si notano le mura e la camera, in compenso però tutt'intorno si può ammirare un paesaggio meraviglioso. Accanto al nuraghe si trovano ancora alcuni ruderi dell'antica chiesa parrocchiale del borgo di Montanna dedicata a Santa Lulla, ossia Santa Giulia, la cui popolazione, decimata dalla Pesta nighedda, ossia dalla peste nera, si è trasferita ed ha costituito l'abitato di Orune.
Dalla fonte sacra Su Tempiesu si può vedere sullo sondo il Monte Albo Una delle principali attrazioni naturalistiche non lontano da Orune è rappresentato dal Monte Albo chiamato così per le sue bianche rocce calcaree, caratterizzato da una linea di cresta lunga ben tredici chilometri, con un'altezza media superiore ai 1.000 metri, che è stato frequentato sin dall'antichità dall'uomo. La catena calcarea del Montalbo, dichiarata dall'Unione Europea Sito di Interesse comunitario, si trova nei territori comunali di Lula a sud, ed a Lodè e soprattutto Siniscola a nord. Sulle cime del Monte Albo trovano il loro ambiente naturale l'aquila reale, il muflone, il cinghiale, l'astore sardo, il raro gracchio corallino, un elegante corvide dal colore rosso vermiglio.
La prossima paginaNella prossima tappa del nostro viaggio, da Orune ci recheremo a Bitti il paese natale di Michelangelo Pira, detto Mialinu, e dei Tenores, nei cui dintorni si trova il villaggio nuragico di Romanzesu. |