Un sito di oltre 450 pagine che descrive tutta l’Isola e che pur non vendendo niente riceve da 600 a oltre 1400 visitatori ogni giorno

La mia SardegnaLa bandiera della Sardegna

Home page Guest book SOSTIENICI Mappa del sito


Pagina precedenteIndice precedenteVisita del sito istituzionale del comunePagina successiva

Sant’Antioco, l’antica Sulci dove sopravvive l’arte di tessere il bisso, con il Tophet fenicio e la necropoli punica


Inizieremo ora la visita dell’isola di Sant’Antioco, che effettueremo in tre tappe. In questa prima tappa visiteremo il paese di Sant’Antioco e vedremo anche gli importanti resti archeologici presenti all’interno dell’abitato. Nella successiva tappa vedremo i resti del periodo nuragico e soprattutto del periodo fenicio punico nell’isola di Sant’Antioco, ed effettureremo la visita di tutte le coste dell’isola con le diverse cale e le sue diverse spiagge. Nella terza tappa ci recheremo a Calasetta, il secondo paese dell’isola, che vedremo con il suo centro abitato e con le sue spiagge.

Il Sulcis nella Regione storica del Sulcis-Iglesiente

Il Sulcis IglesienteL’area della Regione storica del Sulcis-Iglesiente si estende a nord della valle del Cixerri. Confina a nord est con il Campidano ed ha una forma vagamente triangolare. Il Sulcis (nome in lingua sarda Sa Meurreddìa) si estende nella porzione sudoccidentale dell’isola, parte integrante della Regione storica del Sulcis-Iglesiente, ed appartiene alla Provincia del Sud Sardegna ed a quella di Cagliari. I suoi comuni nella Provincia del Sud Sardegna sono Calasetta, Carbonia, Carloforte, Domus de Maria, Giba, Masainas, Narcao, Nuxis, Perdaxius, Piscinas, Portoscuso, San Giovanni Suergiu, Sant’Anna Arresi, Sant’Antioco, Santadi, Siliqua, Teulada, Tratalias, Villamassargia e Villaperuccio. Quelli nella città Metropolitana di Cagliari sono Pula, Sarroch e Villa San Pietro, che si trovano però tra il Sulcis ed il Campidano di Cagliari, per cui possono essere considerate appartenenti all’una o all’altra di queste regioni. È un territorio in cui la natura è incontaminata, nel tratto costiero caratterizzato da ampie spiagge, tra cui spicca Piscinas, con le sue metafisiche dune di sabbia, o la splendida insenatura di Masua, che guarda il faraglione calcareo di Pan di Zucchero.

Da San Giovanni Suergiu la SS126 Sud Occidentale Sarda ci porta sull’isola di Sant’Antioco

Da San Giovanni Suergiu proseguiamo verso sud lungo la SS126 Sud Occidentale Sarda fino a raggiungere, dopo circa nove chilometri e mezzo, l’isola di Sant’Antioco. Arriviamo sull’isola attraverso uno Stretto istmo, lungo cinque chilometri, che collega l’isola di Sant’Antioco all’isola madre. L’Isola di Sant’Antioco si estende per 109 chilometri quadrati. È la quarta isola d’Italia come dimensione dopo Sicilia, Sardegna ed Elba. Ha due soli centri abitati, il paese di Sant’Antioco e il paese chiamato Calasetta, oltre all’importante complesso turistico di Maladroxia.

La ex centrale Termoelettrica di Santa Caterina

Arrivo a Sant’Antioco: la ex centrale termoelettrica ed eolica di Santa CaterinaA quasi quattro chilometri verso sud ovest con la SS126 Sud Occidentale Sarda da San Giovanni Suergiu, troviamo sulla destra della strada le indicazioni che conducono alla Centrale di Santa Caterina una grande centrale Termoelettrica ormai dismessa. Si tratta di uno dei principali monumenti di archeologia industriale del Sulcis, entrata in funzione nel 1939. L’impianto, il primo in Italia idoneo ad utilizzare il carbone del Sulcis polverizzato, utilizzava dei generatori di vapore per produrre l’energia elettrica che, durante la seconda guerra mondiale, rifornivano oltre al bacino carbonifero del Sulcis anche la città di Cagliari. La centrale è rimasta attiva fino al 1963. Dopo la sua dismissione, negli ultimi anni si è acceso il dibattito attorno alla sua destinazione definitiva, tuttavia una soluzione non è stata ancora individuata.

La frazione Is loddis

Arrivo a Sant’Antioco: sulla destra dell’istmo il mare e sullo sfondo il paese di Sant’AntiocoArrivo a Sant’Antioco: sulla sinistra dell’istmo lo stagno di Santa CaterinaPercorso poco più di un chilometro lungo la SS126 Sud Occidentale Sarda, si trova, alla sinistra della strada, la strada che conduce alla frazione Is loddis (altezza metri 1, distanza in linea d’aria circa 5.7 chilometri da Sant’Antioco sul livello del mare, abitanti circa 48), chiamata Is loddis nelle carte IGM, Is loddus nella segnaletica stradale presente sul posto. Passata questa frazione del comune di Sant’Antioco, sulla sinistra vediamo il grande stagno laguna di Santa Caterina, a est della quale si trova la Salina di Stato di Sant’Antioco, ed un poco più avanti troveremo il mare aperto, mentre sulla destra dell’istmo vediamo il mare aperto verso nord ovest, e sullo sfondo si vede il paese di Sant’Antioco.

Passata la frazione vediamo sulla sinistra lo stagno di Santa Caterina e la Salina di Stato di Sant’Antioco

Lo stagno laguna di Santa Caterina e la Salina di Stato di Sant’Antioco costituiscono un sistema lagunare e stagnale legato all’emersione di barre sabbiose, che costituivano una zona umida di grande interesse, che è stata però fortemente condizionata dall’intervento dell’uomo, legato all’impianto delle saline, che si è manifestato attraverso la costruzione di argini provvisti di chiuse, che delimitano le vasche evaporanti e le caselle salanti. Lo stagno laguna di Santa Caterina ha una superficie di 690 ettari, e la sua profondità massima si aggira intorno ai due metri, mentre gli apporti idrici da parte dei corsi d’acqua sono assicurati dal rio Palmas, dal rio Sassu e dai numerosi canali di bonifica che costituiscono una fitta rete di drenaggio intorno alla zona. All’interno dllo stagno laguna si trovano quattro isolotti, ossia a nord est la piccola Isola de Sa Scruidda, più a sud ovest l’Isola Manna, a sud rispetto a questa l’Isola Porcu ’e Scriba, poi ancora a sud ovest l’Isola Gruccianas.

All’attività della Salina di Stato di Sant’Antioco partecipano anche gli stagni delle zone di Porto Pino e di Porto Botte. Infatti, i bacini di Is Brebeis e di Porto Pino, vengono anche utilizzati come vasche presalanti dalla salina, il bacino di Maestrale funge da vasca di evaporazione per la stessa salina, e gli stagni della zona umida di Mulargia, Porto Botte e Baiocca sono utilizzati come vasche evaporanti dalla salina. L’elevata salinità delle acque e del suolo dei terreni circostanti, condiziona la vegetazione, che si sviluppa solo con specie Alofile, ossia con organismi che si sono particolarmente adattati a livelli di salinità piuttosto elevati, molto superiori a quelle normalmente tollerate dai normali organismi. Costituiscono, comunque, aree di sosta e riproduzione di una ricca avifauna di interesse comunitario. La parte meridionale dell’area dello stagno laguna era stata adibita a peschiera, costituendo la Peschiera di Palmas, che un tempo comprendeva tutta la laguna. La sua produttività è stata, però, notevolmente ridotta a causa dell’inquinamento determinato dagli scarichi urbani ed agricoli. Oggi, nello stagno laguna non viene esercitata l’attività di pesca in quanto le acque iperaline sono proibitive per la popolazione ittica.

I menhir su Para e Sa Mongia

Sant’Antioco: i menhir su Para e Sa MongiaProseguendo lungo la strada statale, possiamo vedere i primi segni dell’antica frequentazione umana a Sant’Antioco, ossia Due menhir aniconici presumibilmente risalenti all’Eneolitico. Li incontriamo percorrendo la SS126 Sud Occidentale Sarda, al chilometro 3, cinquecento metri dopo la deviazione per la frazione Is loddis, vicino allo stagno di Santa Caterina, sull’istmo che dall’isola madre porta a Sant’Antioco, a pochi metri dalla ferrovia sulla sinistra, all’interno di un campo privato recintato. realizzati in roccia trachitica, vengono comunemente chiamati Su Para e Sa Mongia ossia il frate e la suora. Questi due menhir sono rozzamente sbozzati, uno ha caratteristiche prettamente femminili, mentre l’altro rappresenta sicuramente l’elemento maschile. Si suppone che lì vicino sorgesse un villaggio di capanne e che i due menhir testimoniassero la presenza degli dei nella comunità. Oppure che si tratti di quello che resta di un gruppo di pietre fitte.

La leggenda popolare ha attribuito alle due pietre una storia curiosa fatta di amori illeciti e di punizione divina. Narra infatti la leggenda che la coppia di menhir sia quello che resta di due religiosi fuggiti per sottrarsi all’immancabile e severo castigo per il loro peccato, pietrificati dal potere divino e collocati in quel punto come monito per coloro che si recavano a Sulci, ad indicare che in questa terra chi sbagliava doveva pagare per le proprie manchevolezze.

In localtà Ponti vediamo i resti del Ponte romano vicino al quale si trovava la Stazione Ferroviaria di Ponti

Proseguiamo con la SS126 Sud Occidentale Sarda oltre l’istmo, ed imbocchiamo il nuovo ponte in cemento, aperto nei primi anni ottanta del secolo scorso, che ci porterà al paese di Sant’Antioco. Lungo la strada, a tre chilometri dalla frazione Is loddis, dopo aver incontrato il cartello indicatore dell’ingresso nell’abitato di Sant’Antioco, sulla sinistra della strada, in un’aiuola ci accoglie un accattivante Benvenuti a Sulci. Duecento metri più avanti, arriviamo in località Ponti (altezza indefinita, distanza in linea d’aria circa 3.0 chilometri da Sant’Antioco) dove vediamo sulla destra della strada il Vecchio Ponte romano chiamato Ponti Mannu, uno dei pochi resti del periodo della dominazione romana, che è stato utilizzato fino al 1984 come unica via di accesso all’isola.

Arrivo a Sant’Antioco: benvenuti a Sulci Arrivo a Sant’Antioco-nuovo ponte alla fine dell’istmo e sulla destra il vecchio ponte romano Arrivo a Sant’Antioco: il ponte romano

In località Ponti era attiva fino al 1974 la Stazione Ferroviaria di Sant’Antioco Ponti situata nel Porto Industriale antiochense, lungo la dismessa ferrovia che collegava Siliqua con San Giovanni Suergiu e da qui proseguiva per Calasetta. La stazione viene edificata prima della fine del primo decennio del novecento nell’area del vecchio ponte romano, che all’epoca era ancora in uso per scavalcare il canale che divideva in quei decenni l’isola antiochense dalla Sardegna, ed è legata principalmente al traffico merci, sebbene per tutta la sua vita venga impiegata anche come fermata per il servizio viaggiatori. Negli anni trenta, con la costruzione di uno stabilimento industriale vicino all’impianto e con l’aumento dell’attività estrattiva della zona, il porto diviene meta di un grosso movimento di treni, ed ancora di più dopo l’avvio dell’attività estrattiva nella miniera carbonifera di Serbariu, alle porte della nuova città di Carbonia. Nell’immediato dopoguerra, crollando per la progressiva dismissione del settore estrattivo sulcitano, si arriva alla riduzione dell’esercizio, ma la stazione rimane attiva nonostante la sua minore strategicità, fino a quando viene chiusa nel 1974. Da allora la stazione di Sant’Antioco Ponti non è più attiva e l’area in cui sorgeva è stata in gran parte disarmata negli anni successivi, tanto che oggi non ne rimane più che qualche traccia.

Passato il Ponte romano arriviamo al porto Industriale

La SS126 Sud Occidentale Sarda passa sul nuovo ponte in cemento che attraversa il tratto di istmo, che è stato aperto e viene regolarmente dragato per consentire alle navi provenienti dal mare aperto sulla destra, attraverso la laguna di Sant’Antioco, di accedere al Porto Industriale che si vede sulla sinistra. Oltre il porto Industriale, si apre il Golfo di Palmas ed il mare aperto verso sud est. Il porto Industriale è stato realizzato negli anni trenta del secolo scorso come punto di imbarco per il prodotto dell’attività mineraria estrattiva dell’Iglesiente e del Sulcis.

Arrivo a Sant’Antioco: il porto Industriale Arrivo a Sant’Antioco: il porto Industriale Arrivo a Sant’Antioco: il porto Industriale

Entriamo nell’abitato di Sant’Antioco

Passato il Porto Industriale, la SS126 Sud Occidentale Sarda passa sul nuovo ponte in cemento che attraversa il tratto di istmo che unisce l’isola di Sant’Antioco con l’isola madre. Percorsi ancora settecentocinquanta metri, la strada statale assume in nome di via Nazionale e ci conduce all’interno dell’abitato di Sant’Antioco. Dal Municipio di San Giovanni Suergiu a quello di Sant’Antioco si percorrono 9.8 chilometri.

Il comune chiamato Sant’Antioco

Arrivo a Sant’Antioco: veduta del paese di Sant’AntiocoStemma del comune di Sant’AntiocoIl comune chiamato Sant’Antioco (nome in lingua sarda Santu Antiogu, altezza metri 7 sul livello del mare, abitanti 10.670 al 31 dicembre 2021) sorge sulla costa sud occidentale della Sardegna affacciata sul golfo di Palmas, collegata alla terraferma da un istmo di circa cinque chilometri, circondata dal mare di Sardegna, ai confini con il comune di Calasetta e con quello di San Giovanni Suergio. È facilmente raggiungibile da San Giovanni Suergiu con la SS126 Sud Occidentale Sarda, e da essa parte la SS126 Sud Occidentale Sarda Diramazione sud Occidentale Sarda che la collega con Calasetta, si tratta di due strade statali che ne attraversano il territorio. Il porto di Sant’Antioco si affaccia su una laguna solcata da appositi canali per consentire l’attracco delle navi, il che fa considerare Sant’Antioco l’unico paese lagunare della Sardegna. Il territorio Comunale è classificato di collina, presenta un profilo geometrico irregolare con variazioni altimetriche accentuate, e presenta le caratteristiche morfologiche e naturali dell’intera isola di Sant’Antioco, costituita da rocce vulcaniche, ossia basalti e trachiti, da pietre calcaree, e da ambienti marini e lagunari.

Questo paese fa parte dell’Associazione nazionale città del Vino

Questo paese fa parte dell’Associazione delle città del VinoQuesto paese fa parte dell’Associazione nazionale città del Vino, il cui obiettivo è quello di aiutare i Comuni a sviluppare intorno al vino, ai prodotti locali ed enogastronomici, tutte quelle attività e quei progetti che permettono una migliore qualità della vita, uno sviluppo sostenibile, più opportunità di lavoro. Le città del Vino in Sardegna sono ad oggi Alghero, Arzachena, Atzara, Badesi, Benetutti, Berchidda, Bonnanaro, Bosa, Calangianus, Dolianova, Donori, Dorgali, Jerzu, Loceri, Luogosanto, Luras, Meana Sardo, Modolo, Monti, Neoneli, Olbia, Samugheo, San Nicolò di Arcidano, Sant’Antioco, Selargius, Sennori, Serdiana, Sorgono, Sorso, Tempio Pausania.

Origine del nome

Il suo nome è attestato fino nell’anno 1341, quando si trova la definizione di Pro grantitio de Pau rectore S. Antiocu diocesis sulcitane, e ripete, quindi, il nome del Santo titolare della chiesa parrocchiale.

La sua economia

La sua economia si basa su tutti i settori produttivi. Per qaunto riguarda il settore primario, l’agricoltura produce cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, agrumi e frutta; si allevano anche bovini, suini, ovini, caprini, equini e avicoli. Nel settore secondario, l’industria è costituita da imprese che operano nei comparti alimentare, della lavorazione e conservazione della frutta e degli ortaggi, della produzione di sale, tessile, dell’estrazione, del vetro, dei materiali da costruzione, dei laterizi, metalmeccanico, cantieristico, dei mobili, della produzione e distribuzione di energia elettrica e dell’edilizia. Interessante in questo settore è anche l’artigianato, soprattutto quello specializzato nella produzione di tappeti e di arazzi, non mancano, inoltre, attività legate all’essiccazione dei giunchi per i cesti, l’intarsio del legno e la produzione di nasse. Ma soprattutto sopravvive oggi, grazie alla maestria di Ciara Vigo, una importante artigiana antiochense, la tecnica della produzione del bisso o seta marina, che è un pregiato e raro tessuto color rame realizzato con i filamenti di una conchiglia triangolare bivalve, la Pinna nobilis setacea. Per quato riguarda il settore terziario, le strutture ricettive offrono possibilità di ristorazione e di soggiorno

Il ricco patrimonio archeologico unito a un mare splendido con fondali mozzafiato, spiagge lunghe e incantevoli che si alternano a calette rocciose, ne fanno una meta turistica molto ambita. Altro motivo di richiamo è la gastronomia locale che ha due origini, una pastorale, legata ai prodotti della terra e all’allevamento, e una marinaresca, legata all’attività della pesca.

Brevi cenni storici

Lettura di <em>Sant’Antioco</em>L’isola è stata frequentata sino dal periodo nuragico, come attestano i numerosi resti che si trovano nel suo territorio. Il suo principale centro, il paese di Sant’Antioco, sorge sull’antico abitato di Sulci o Sulki, fondato dai Fenici nell’ottavo secolo avanti Cristo che, prima della conquista cartaginese avvenuta nel sesto secolo avanti Cristo, era una delle maggiori città fenicie del Mediterraneo. L’importanza storica di Sant’Antioco ha avuto inizio quando, nel periodo fenicio, è diventata uno dei principali centri di scambio commerciale, ed il suo massimo splendore durante la successiva occupazione cartaginese e più avanti durante l’occupazione romana, quando vi ebbero inizio le attività estrattive. Da allora il nome di Sulci è venuto ad identificare tutta la parte sud occidentale della Sardegna. Subisce, sucessivamente, invasioni vandaliche e saracene. Dall’undicesimo secolo entra a far parte del Giudicato di Càralis, mentre nei secoli successivi è caratterizzata da un massiccio esodo della popolazione, che termina soltanto nel diciassettesimo secolo. Passata sotto la dominazione sabuda, appartiene ai vescovi di Sulci, per passare, poi, nel 1758 alla commenda dei Santi Maurizio e lazzaro. Nel 1793 viene occupata dai francesi, che vengono comunque espulsi. Con la costituzione della Repubblica, del comune di Sant’Antioco nel 2001, con la riorganizzazione delle province della Sardegna, viene cambiata la Provincia da quella di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella nuova di Carbonia e Iglesias, ed in seguito, con la sua abolizione, nel 2016, passa alla nuova Provincia del Sud Sardegna.

Sant’Antioco in una bella lirica di Salvatore Quasimodo

Testo della lirica Sardegna di Salvatore QuasimodoIl grande poeta Salvatore Quasimodo, al quale verrà assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1959, ha colto la bellezza del mare di Sant’Antioco, tanto che ad esso ha dedicato una bella lirica dal titolo spiaggia a Sant’Antioco, scritta quando, appena trentenne, avendo intrapreso una scandalosa storia d’amore con una vicina, moglie di un locale direttore d’orchestra, viene costretto a trasferirsi a Cagliari, dove, dal marzo 1933 alla fine del 1934, svolge l’attività di funzionario del Genio Civile. Il suo legame con la Sardegna continuerà anche quando si traferisce a Milano, dove conosce due dei massimi artisti sardi del novecento, Costantino Nivola, che studia a Monza prima di trasferirsi negli Stati Uniti e di cui Quasimodo è testimone di nozze, ed Aligi Sassu, che nel 1960 dipinge un acquarello dal titolo Salvatore con le sue ammiratrici di Mosca.

Le principali principali feste e sagre che si svolgono a Sant’Antioco

Sant’Antioco-Sfilata della 'Associazione Turistica Pro Loco' di Sant’AntiocoA Sant’Antioco sono attivi il Gruppo Folk isola di Sant’Antioco, l’Associazione Turistica Pro Loco di Sant’Antioco, l’Associazione Culturale su Forti di Sant’Antioco, nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale delle donne e degli uomini di Sant’Antioco. Tra le principali feste e sagre che vi si svolgono, si segnalano la Festa del Patrono, ossia la Sagra di Sant’Antioco Martire, che si svolge quindici giorni dopo Pasqua con una Sagra in onore del Martire africano; il 29 giugno, la Festa di San Pietro; la prima domenica di settembre, la Festa di Nostra Signora Bonaria; il 13 novembre si celebra la Festa religiosa di Sant’Antioco Martire, con processione serale.

Visita del centro di Sant’Antioco

L’abitato, che si estende attorno ai resti del forte Sabaudo, interessato da un fenomeno di forte espansione edilizia, mostra l’andamento tipico delle località collinari, ed ha l’aspetto caratteristico dei villaggi di pescatori, con le piccole case basse e colorate dai tetti rossi, dalle strade strette ma con una struttura urbana complessa. All’arrivo nel paese dal ponte sull’istmo, si trova una deviazione verso destra che porta a percorrere tutto il lungomare caduti di Nassirya, che conduce al Porto Turistico, e proseguendo porta all’estremo del paese, nella zona archeologica. Proseguendo, invece, dritti, la SS126 Sud Occidentale Sarda diventa la via Nazionale, che porta all’interno del centro abitato.

Prima di arrivare in centro si trovano gli Impianti Sportivi di Sant’Antioco

Proseguendo lungo la via Nazionale, alla sinistra della strada si trova quello che resta degli impianti della Sardamag, una ex fabbrica di ossido di magnesio, che è stata totalmente demolita nella primavera del 2008. Dopo quattrocento metri si vede, alla destra della strada, lo storico ingresso del Campo Sportivo, in cui nuovo ingresso si trova però sul suo retro, nel lungomare Amerigo Vespucci, dove si trovano anche gli altri Impianti Sportivi di Sant’Antioco. Si tratta di un Campo da Calcio con manto in erba sintetica, dotato di tribune in grado di ospitare 1500 spettatori. Dopo l’uscita di scena nel 2015 dello storico Sant’Antioco calcio, gravato da un’infelice congiuntura finanziaria, nell’isola sono comparse due nuove realtà del pallone, la società Antiochense 2013 e la nuova formazione L’isola di Sant’Antioco, che sono partite nel 2016 dalla seconda categoria.

Sant’Antioco: impianti Sportivi-Lo storico ingresso del Campo da Calcio Sant’Antioco: impianti Sportivi-nuovo ingresso del Campo da Calcio Sant’Antioco: impianti Sportivi: Campo da Calcio Sant’Antioco: impianti Sportivi: impianti Sportivi: Campo da Calcetto Sant’Antioco: impianti Sportivi: i campi da Tennis

All’altro lato del lungomare Amerigo Vespucci, si trovano gli ingressi del Campo da Calcetto, con tribune per 300 spettatori, e di due Campi da Tennis, con tribune per 500 spettatori.

Prendendo per le spiagge si trovano le Cantine Sardus Pater

Poco più avanti, svoltamo tutto a sinistra e prendiamo la via della Rinascita, seguendo le indicazioni per la Polizia Municipale, le Spiagge ed i Carabinieri. Prendendo l’indicazione per le spiagge, dopo trecentocinquanta metri, verso l’uscita del paese, si trova alla destra della strada l’ingresso delle Cantine Sardus Pater, le famose Cantine Sociali di Sant’Antioco.

Sant’Antioco: la Cantina <em>Sardus Pater</em>Le Cantine Sardus Pater sono state costituite nel 1949 come società cooperativa ed hanno iniziato l’attività nel 1955. Le uve, conferite dai 200 soci, provengono da un’area vitata di 300 ettari, e, nel corso degli anni, la produzione dei vini si è affinata e ha puntato soprattutto alla valorizzazione del vitigno Carignano. Le Cantine producono diversi vini Doc del Sulcis (Carignano Rosso, Carignano Rosato, Carignano Riserva) e vini Doc di Sardegna (Monica, Vermentino, Vermentino Terre fenicie). Il simbolo ricorrente in tutte le bottiglie è la moneta che si coniava a Sant’Antioco nel periodo di dominio romano e che raffigura il Sardus Pater, tradotto letteralmente come il Padre dei Sardi.

Sant’Antioco-La Cantina Sardus Pater Sant’Antioco: i vini della Cantina <em>Sardus Pater</em>

Nella piazza Aldo Moro si trova la chiesa parrochiale della Nostra Signora di Bonaria

Sant’Antioco: chiesa parrochiale della Nostra Signora di BonariaDove dalla via Nazionale parte a sinistra la via della Rinascita, si apre alla destra di questa strada la grande piazza Aldo Moro. Sant’Antioco: locandina della Festa della Nostra Signora di BonariaQuesta piazza ospita la chiesa di Nostra Signora di Bonaria che è una delle nuove Chiese parrocchiali di Sant’Antioco. Sebbene si trovi nella piazza, l’ingresso della chiesa viene indicato nella via Nazionale, al civico numero 158. Presso questa chiesa, il giovedì che precede la prima domenica di settembre si svolge, per quattro giorni, la Festa di Nostra Signora di Bonaria, patrona dei marinai, che raggiunge il suo culmine la domenica. Si tratta di una Festa molto sentita sin dai tempi in cui il rione era abitato dalle famiglie degli operai della carbonifera da cui ha preso il nome. Ricco il programma dei festeggiamenti religiosi e civili, organizzati dal Comitato della Festa e dalla parrocchia.

Il nostro soggiorno a Sant’Antioco

Nei nostri soggiorni a Sant’Antioco abbiamo alloggiato più volte in via Nazionale nel simpatico Hotel Moderno, situato al centro del paese. Da dove avevamo preso la via della Rinascita, proseguendo invece dritti, con la via Nazionale che ci porta nel centro del paese. Proseguendo per circa duecentocinquanta metri vediamo, alla sinistra della strada, l’Hotel Moderno nel quale abbiamo soggiornato spesso nelle nostre permanenze a Sant’Antioco.

Sant’Antioco: l’Hotel ModernoL’attività dell’Hotel ristorante Moderno è sorta a Sant’Antioco nel 1955 su iniziativa di Mario Pinna seguendo la scia dello sviluppo dell’intera zona, affiancato poi dalla moglie Giovanna, ha scoperto nel turismo la sua vera vocazione. L’Hotel Moderno situato al centro del Paese di Sant’Antioco, del tutto rinnovato e gestito dai due figli Achille e Serena, dispone di camere con servizi privati, TV color, telefono diretto, aria condizionata, frigo bar, cassaforte. Una piacevole particolarità risiede nella personalizzazione di ogni stanza con un dipinto realizzato da Serena, decoratrice di professione. A disposizione degli ospiti è presente un confortevole patio all’aperto, con sedie e tavoli, per piacevoli colazioni estive e serate in relax. È l’ideale per brevi soggiorni o vacanze in relax.

Sant’Antioco: l’Hotel Moderno Sant’Antioco: l’Hotel Moderno Sant’Antioco: l’Hotel Moderno

Il ristorante Da Achille consigliato dalla Guida Michelin

Il ristorante dell’Hotel Moderno, con la sua ottima cucina, si è ormai reso del tutto autonomo rispetto all’Hotel, ed ha assunto il nome di ristorante Da Achille. Si tratta di un ristorante tipico consigliato dalla Guida Michelin.

Consigliato dalla MichelinSant’Antioco: il ristorante da AchillePer i pasti abbiamo visitato diversi ristoranti. Un punto di riferimento è comunque stato l’importante ristorante Da Achille, un locale specializzato nella cucina sarda in un ambiente familare, che è consiglato dalla Guida Michelin. Si tratta di un locale che è nato come ristorante dell’Hotel Moderno, ma si è reso ormai del tutto autonomo, divenendo in assoluto non solo il più apprezzato ristorante del paese ma anche uno dei più apprezzati in tutta la Sardegna. Una tappa interessante nella visita alla Sardegna è questo bel ristorante gestito da Achille Pinna, uno chef e patron nato a Carbonia, dalle indiscusse abilità. La sua cucina propone piatti della tradizione rielaborate in chiave personale, ed anche specialità sarde. La sua cucina, principalmente a base di pesce, viene curata direttamente da Achille, che è in grado di soddisfare il palato del cliente con proposte gastronomiche basata su materie prime di altissimo livello, dai crostacei ai molluschi al pesce azzurro, dai pesci di piccola pesca al pregiatissimo tonno rosso. Ed anche la selezione enoica strizza l’occhio alla Regione.

Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille Sant’Antioco: il ristorante da Achille

Le foto sono state scattate diversi anni fa, quando il ristorante non era ancora così famoso ma la sua cucina era già molto apprezzata, ed oggi la cucina di Achille è molto più sofisticata e creativa.

Lungo la via Nazionale si incontra la chiesa parrocchiale di Santa Maria Goretti Vergine Martire

Proseguendo lungo la via Nazionale, dopo circa trecento metri vediamo, alla sinistra della strada, la piazza della Repubblica, sulla quale si affaccia la chiesa di Santa Maria Goretti Vergine Martire che è la seconda chiesa parrocchiale di Sant’Antioco. Sebbene si trovi nella piazza, l’ingresso della chiesa viene indicato nella via Nazionale, al civico numero 2. La storia di questa chiesa inizia nel 1947, quando il parroco dell’allora unica parrocchia di Sant’Antioco, preoccupato dell’espandersi del paese verso il porto, si mettono alla ricerca di un locale da adibire almeno a Cappella per l’assistenza spirituale ai nuovi abitanti della periferia del paese. A loro viene concesso un piccolo magazzino usato come deposito attrezzi degli operai della carbonifera, che diviene la Cappella della zona Acai, dedicata a Nostra Signora di Bonaria, patrona dei marinai. Ma la Cappella si rivela subito molto ristretta, e si provvede alla costruzione di una nuova chiesa. L’edificio viene terminato nel 1959, e la chiesa viene completata nel 1966 e dedicata a Santa Maria Goretti.

Sant’Antioco: chiesa parrocchiale di Santa Maria Goretti Vergine Martire Sant’Antioco: chiesa parrocchiale di Santa Maria Goretti Vergine Martire: interno

In piazza della Repubblica si trova l’agenzia di servizi turistici TuttoSantAntioco

In piazza della Repubblica, al civico numero 11, si trova la sede dell’agenzia di servizi turistici TuttoSantAntioco.

Tutto Sant’AntiocoL’Agenzia di Servizi Turistici TuttoSantAntioco è specializzata in servizi accoglienza nella Sardegna del sud, in particolare sull’isola di Sant’Antioco, nella bellissima Provincia del Sulcis Iglesiente. Nata nel 2006 con l’intento di valorizzare e far conoscere lo splendido contesto storico e naturalistico del territorio antiochense e dei suoi immediati dintorni, si tratta di un’agenzia giovane e al passo coi tempi, ispirata ad un concetto di turismo nel quale accoglienza e disponibilità sono le due parole chiave fondamentali. Affittano case vacanza, alberghi, B&B, organizzano escursioni, taxi e noleggi vari, nella bellissima isola di Sant’Antioco, a Calasetta ed a Portopino. Case vacanza sul mare, in campagna, in paese di varie tipologie, mono, bilo, trilo e a due piani.

In piazza Italia si trovano i resti della fontana Romana di Sant’Antioco

Passata la piazza della Repubblica, la via Nazionale prosegue con la via Roma. Percorsi poco più di centocinquanta metri, alla destra della strada si apre la grande piazza Italia, con al centro la Fontana Romana o Fonte de Is Solus dove il termine Is Solus potrebbe essere il plurale di Su Solu, ad indicare la sorgente, che Vittorio Angius, nel 1849, chiama la fontana Is Quattru Solus. Si tratta di una depressione con scale di accesso, che doveva essere la testa di un acquedotto o di una falda sorgiva, le cui origini sono molto antiche, forse addirittura precedenti alla conquista romana della Sardegna. Dove attualmente si apre la fonte, a tre metri di profondità rispetto all’attuale livello della piazza, si trovava l’antico piano di calpestio praticabile in età punica e romana. Oggi si vede solo la parte ristrutturata agli inizi del diciannovesimo secolo, dato che i resti antichi si trovano al di sotto del piano della piazza e quindi non sono direttamente visibili.

Sant’Antioco-Via Roma Sant’Antioco: il piazza Italia Sant’Antioco: il piazza Italia: scale di accesso alla fontana Romana di Sant’Antioco Sant’Antioco: il piazza Italia: la fontana nuova Sant’Antioco: il piazza Italia: la fontana nuova

Dall’antichità e sino ai nostri giorni la fontana romana è stata l’unica forma di approvvigionamento idrico per la popolazione. Nella piazza Italia è presente anche una fontana nuova.

Il corso Vittorio Emanuele nel quale si svolge la passeggiata serale di centinaia di giovani nelle sere d’estate

Passata piazza Italia, parte verso destra la via Belvedere, mentre noi prendiamo la prosecuzione della via Roma, che è il corso Vittorio Emanuele, un bel viale alberato, nel quale si svolge la passeggiata serale di centinaia di giovani nelle sere d’estate.

Sant’Antioco-Via Belvedere Sant’Antioco: corso Vittorio Emanuele Sant’Antioco: corso Vittorio Emanuele

Il palazzo del Municipio

All’inizio del Corso, si trova sulla destra il Palazzo del Municipio nello slargo antistante luogo di incontro di ragazzi e giovani e la sera luogo di esibizione degli appassionati di hip-hop. Fuori dal palazzo del Municipio vediamo le bandiere europea ed italiana, mentre all’interno qualche anno fa abbiamo trovato esposta la bandiera della pace (eravamo nell’estate del 2003, il periodo della guerra americana in Iraq).

Sant’Antioco: il palazzo del Municipio Sant’Antioco: la bandiera della pace nel palazzo del Municipio

Proseguendo lungo il Corso

Poco più avanti lungo il Corso, siamo entrati per mangiare un gelato nel Bar centrale, e qui abbiamo trovato alle pareti vecchie foto di una mattanza di delfini avvenuta a Sant’Antioco negli anni trenta, quando erano arrivati in quantità tale da distruggere quasi completamente i pesci della laguna, obbligando i pescatori ad organizzare appunto la mattanza. Mentre bevevo al banco, è entrato e si è messo a svolazzare un uccello che ho fotografato appollaiato tra i bicchieri.

Sant’Antioco: bar centrale Sant’Antioco: bar centrale: foto di una mattanza di delfini Sant’Antioco: bar centrale: un uccellino tra i bicchieri

La grande piazza Umberto dove si tengono in estate numerosi spettacoli

Proseguiamo quindi per il corso fino a raggiungere, a trecentocinquanta metri dalla piazza Italia, alla grande piazza Umberto, dove si tengono i diversi spettacoli che allietano le serate estive. La visiteremo, visiteremo anche diverse altre strade del centro, come la via Giuseppe Garibaldi che si dirige verso sud est in direzione del Porto Turistico, la via Eleonora d’Arborea che conduce verso ovest e porta fino sulla costa al lungomare Cristoforo Colombo, la via Regina Margherita che si dirige verso nord ovest in direzione della chiesa parrocchiale.

Sant’Antioco: il piazza Umberto Sant’Antioco: il piazza Umberto Sant’Antioco-Una strada del centro Sant’Antioco-Una strada del centro Sant’Antioco: la via Eleonora D’Arborea che porta verso il longomare

Il Porto Turistico di Sant’Antioco

Da piazza Umberto parte verso sud est la via Giuseppe Garibaldi, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri dove porta sulla costa e sbocca sul lungomare. Verso sinistra parte il lungomare Cristoforo Colombo, verso destra il lungomare caduti di Nassirya, e proseguendo dritti il lungomare Silvio Olla. Di fronte a noi si sviluppa il Porto Turistico di Sant’Antioco una nuova Marina per circa Duecento imbarcazioni, con pompa carburante e tutti i servizi più importanti disponibili in banchina. È sede di Circolo Nautico con barche a vela latina per le quali si organizzano importanti regate.

Sant’Antioco: lungomare Sant’Antioco: il porto turistico Sant’Antioco: il porto turistico Sant’Antioco: il porto turistico Sant’Antioco: il porto turistico

Al Porto Turistico si poteva arrivare anche da sud, dal lungomare caduti di Nassirya, che avevamo visto entrando in Sant’Antioco, e che, in un chilometro e duecento metri, ci porta a raggiungere il lungomare Cristoforo Colombo, sul quale si affaccia il porticciolo.

La chiesa parrocchiale di San Pietro Apostolo

Sant’Antioco: chiesa parrocchiale di San Pietro ApostoloDalla piazza Umberto, prendiamo verso destra, in direzione est, la via Eleonora d’Arborea e la seguiamo per duecentocinquanta metri. Si apre sulla destra uno slargo che è la piazzetta San Francesco, prendiamo la strada verso destra nella piazzetta che, in un centinaio di metri, sbocca sulla via Monsignor Salvatore Armeni, lungo la quale, sulla destra, si vede la facciata della chiesa di San Pietro Apostolo che è una delle nuove Chiese parrocchiali di Sant’Antioco. A questa strada saremmo potuti arrivare dalla via Giuseppe Garibaldi, prendendo, a metà tra la piazza Umberto ed il Porto Turistico, a sinistra la via Monsignor Salvatore Armeni e, in poco più di centocinquanta metri, porta a vedere sulla sinistra la facciata della chiesa.

Sant’Antioco: il preparazione per la Festa di San Pietro ApostoloSant’Antioco-Festa di San Pietro ApostoloOrganizzata da questa chiesa e dalla comunità dei pescatori del quartiere Marina di Sant’Antioco, ogni anno il 29 giugno si svolge la Festa di San Pietro Apostolo. Tra le cerimonie di natura religiosa la processione a mare, per la quale a mezzogiorno il simulacro dell’Apostolo che Cristo nomina a capo della chiesa universale, sistemato su una barca da pesca poggiata su un pianale di un trattore, viene portato al porto, in località Ponti. Il pomeriggio il simulacro viene imbarcato su un peschereccio addobbato a festa, che, dopo aver attraversato la laguna, raggiunge la banchina del lungomare cittadino, da dove parte la solenne processione. Ad animare i festeggiamenti numerosi appuntamenti musicali, tante bancarelle, e, al calar del sole, la piazza diventa un grande ristorante per la tradizionale frittura in piazza, organizzata dal comitato dei festeggiamenti.

Il Bed & Breakfasts la Vela

Dalla piazza Umberto prendiamo verso nord la via Gialeto che, in un’ottantina di metri, incrocia la via Cavour. La prendiamo verso destra e, dopo trecentocinquanta metri, subito prima che quasta strada sbocchi sul lungomare Cristoforo Colombo, vediamo, alla sinistra della strada, ai civici numeri 243 e 245, l’ingresso del nuovo B&B la Vela.

B&B la VelaIl B&B la Vela Si trova a pochi metri dal caratteristico lungomare Cristoforo Colombo e ad un passo dai principali servizi, in posizione perfetta per concedersi delle rilasSanti passeggiate serali. La struttura, realizzata di recente, dispone di ampie camere arredate in modo sobrio e funzionale, frutto della maestria dei più abili artigiani locali e di un’attenta cura dei dettagli e del design. Ogni camera è dotata di proprio bagno e di spazio esterno dedicato con salottino in vimini, perfetto per rilassarsi al fresco alla fine di un’intensa giornata di vacanza o di lavoro. Sono inoltre disponibili comfort importantissimi quali TV lCD, aria condizionata, connessione Internet WI-FI, frigobar, phon e prodotti da bagno.

La basilica di Sant’Antioco Martire con le catacombe paleocristiane

Dalla piazza Umberto prendiamo verso sinistra, in direzione nord ovest, la via Regina Margherita, che è la prosecuzione della via Eleonora d’Arborea. La seguiamo per quattrocentocinquanta metri fino a che questa strada ci porta in piazza parrocchia. Qui, alla sinistra della strada, troviamo la basilica di Sant’Antioco Martire, che è anche la prima e la principale parrocchiale di Sant’Antioco, dedicata al Santo patrono della Sardegna. La chiesa ha ricevuto l’appellativo di basilica Minore, denominazione onorifica che il papa concede a edifici religiosi particolarmente importanti attribuendovi il rango di basilica. Sulci è stata anche sede episcopale, attestata a partire dal 484, quando il suo vescovo Vitalis partecipa al Sinodo di Cartagine. Il primitivo Martyrium era un semplice edificio a croce e a simmetria accentrata. La prima menzione del Monasterium Sancti Antiochi risale al 1089, quando Salusio II de Lacon-Gunale, giudice di Cagliari, dona la chiesa di Sant’Antioco ai monaci beneddettini dell’Abbazia di San Vittore di Marsiglia. Le aggiunte delle absidi del 1089 e del 1102 si devono ai monaci Vittorini di Marsiglia. Nel 1102 la chiesa, ristrutturata, viene riconsacrata dal vescovo sulcitano Gregorio, ed, entro il 1218, la cattedra vescovile di Sulci viene traslata a Tratalias. L’impianto originario della chiesa era quello di una chiesa altomedioevale cruciforme, come si deduce anche dai materiali scultorei che sono ora collocati nell’ingresso laterale e nella Cripta del Santuario, che era a pianta centrale, con quattro bracci voltati a botte e corpo centrale cupolato. In seguito la chiesa è stata oggetto di numerosi interventi edilizi.

Sant’Antioco-basilica di Sant’Antioco Martire Sant’Antioco-basilica di Sant’Antioco Martire: interno Sant’Antioco-basilica di Sant’Antioco Martire: altare centrale Sant’Antioco-basilica di Sant’Antioco Martire: simulacro del Santo Sant’Antioco-basilica di Sant’Antioco Martire: simulacro della Vergine della Misericordia portato dalla Cappella della Tonnara di Cala Sapone Sant’Antioco-basilica di Sant’Antioco Martire: simulacro della Vergine di Pompei

Nel seicento e nel settecento vengono aggiunte la prima campata e la facciata. Con l’aggiunta delle navate laterali e dei due vani absidali, ne è derivata l’attuale pianta longitudinale, con aula a tre navate ed altrettante campate, transetto largo quanto l’aula, e con l’abside affiancata da un’abside minore, relativa a un vano quadrangolare affacciato, con due arcate, sul capocroce e sul braccio sinisto del transetto. La facciata della chiesa è stata modificata nel tempo, e vedendola non ci si aspetterebbe di trovare il suo interno, del tutto intatto, nell’originale stile romanico con elementi bizantini.

La Cripta che viene considerata il Santuario di Sant’Antioco

Sotto la chiesa si trovano le Catacombe paleocristiane una necropoli che costituisce la testimonianza più antica del Cristianesimo in Sardegna. Il sito è stato realizzato nel quarto o quinto secolo, mettendo in comunicazione tra loro diverse camere funerarie puniche del quinto secolo avanti Cristo, ed il tutto perché i primi membri della nuova comunità cristiana potessero essere sepolti il più vicino possibile alla tomba di Sant’Antioco.

Cripta di Sant’Antioco: le catacombe paleocristiane Cripta di Sant’Antioco: le catacombe paleocristiane Cripta di Sant’Antioco: le catacombe paleocristiane

La Cripta viene definita un Santuario, ossia un luogo ritenuto sacro dalla tradizione religiosa, perché in una Cripta del Cimitero catacombale, nel 1615, sono state rinvenute le presunte spoglie del Santo, e sul luogo del loro rinvenimento è stato eretto il Santuario a lui dedicato. Le spoglie sono attualmente conservate in un reliquiario nel Santuario di Sant’Antioco, reliquiario di età barocca a due scomparti, nello scomparto superiore si trova il teschio del Santo, in quella inferiore altre ossa del corpo. La statua del Santo, che si posiziona al suo interno, viene portata in processione in occasione della Sagra patronale.

Antico ritratto di Sant’Antioco SulcitanoLa storicità di Sant’Antioco è accertata nonostante la scarsità dei documenti a lui realtivi. In un’iscrizione del settimo o ottavo secolo, rinvenuta nella Cripta della chiesa a lui dedicata nell’isola di Sant’Antioco ed oggi murata nella cattedrale di Iglesias, Antioco viene chiamato Beatus Sanctus Antiochus e pontifex Christi. Sarebbe stato quindi un Vescovo. In due codici vaticani dell’undicesimo e del sedicesimo secolo viene narrata la sua storia, ma alcuni storici ritengono che, per sopperire alla mancanza di dati, sia stata ripresa la storia di un omonimo Santo orientale, Sant’Antioco di Sebaste, decapitato durante le persecuzioni di Adriano. Secondo la Passio a lui dedicata in un codice dell’archivio della cattedrale di Iglesias, Antioco nasce in Mauritania, svolge l’attività di medico spostandosi anche in Cappadocia, dove converte molte persone al Cristianesimo. La fama dei due fratelli giunge fino a Roma, e, l’Imperatore Adriano, ormai preoccupato del diffondersi della nuova dottrina predicata da Cristo, lo fa arrestare, torturare e lo esilia su una barca affinche la sua vita abbia fine in alto mare. Il vento di levante lo sospinge sull’isola di Sulci, oggi Sant’Antioco, dove egli trova riparo in una grotta nella quale vive pregando e convertendo quanti vanno a trovarlo. La notizia giunge alle autorità di Carales, dove si trova il prefetto Gallone, che invia a Sulci dei soldati per arrestarlo. Antioco, però, li invita ad attendere, e muore mentre è assorto in preghiera il 13 novembre dell’anno 127, mentre i soldati al di fuori della caverna attendono il suo ritorno per ucciderlo.

Sant’Antioco-Sfilata per la Sagra di Sant’AntiocoIl lunedì che segue la seconda domenica dopo Pasqua, si può assistere alla Sagra di Sant’Antioco Martire, alla cui prima celebrazione, subito dopo il rinvenimento delle spoglie del Santo, secondo le cronache hanno partecipato ben 39.000 persone,4.215 cavalli, 3.000 Traccas ossia carri trainati dai buoi, 350 barche e 23.583 sacerdoti. Le reliquie sono state, poi, trasferite a Iglesias per preservarle dai rischi delle incursioni dei pirati arabi, e ritornano a Sant’Antioco nel 1815, quando la Festa viene ripristinata e da allora prosegue nella forma attuale, con il pellegrinaggio del sabato e la solenne celebrazione del lunedì, seguita dalla attesissima processione con gruppi folk, cavalieri in costume, Traccas e suonatori di launeddas. Dal punto di vista civile vanno segnalati i concerti ed i fuochi d’artificio. La Sagra ha anche un’edizione estiva il primo di agosto, anch’essa con processione religiosa e parata di gruppi in costume, mentre i 13 novembre si celebra la ricorrenza religiosa con processione serale.

Il Cimitero Comunale di Sant’Antioco

Sant’Antioco: Cimitero Comunale di Sant’AntiocoSempre da piazza Umberto, prendiamo verso sinistra la via Regina Margherita, che è la continuazione della via Eleonora d’Arborea. La seguiamo per circa duecento metri, poi prendiamo a destra la via Dante Alighieri, dopo centoventi metri questa strada termina in uno slargo, dove continuerebbe sulla via Benedetto Croce. Allo slargo si trova per prima a sinistra la via Giosuè Carducci, la evitiamo e prendiamo la seconda a sinistra, che è la via dei Pini, la seguiamo per duecento metri, e vediamo alla destra della strada l’ingresso del Cimitero Comunale di Sant’Antioco.

Visita dei resti archeologici e storici presenti all’interno del paese

Visitiamo, ora, la Sant’Antioco archeologica e storica. Sant’Antioco è stato un importante centro di commercio fenicio, poi occupato dai cartaginese e successivamente, con il nome di Sulci, dai Romani che vi iniziarono le attività estrattive. È possibile effettuare una visita guidata che porta a vedere, dopo il fortino Sabaudo, il Tophet fenicio, la necropoli punica, il villaggio Ipogeo, il Museo Etnografico, il Museo Archeologico. Nella nostra visita al paese di Sant’Antioco possiamo vedere dall’esterno anche alcune strutture murari della città antica, in un’area nella quale furono rinvenuti i due leoni un tempo posti all’ingresso della città. Faremo anche un’intervista a Chiara Vigo, l’ultima tessitrice del bisso, la seta di mare che tanto importante è stata per i Fenici e per i Caldei.

Il fortino Sabuado chiamato anche forte su Pisu

Lungo la via Regina Margherita, subito prima di arrivare in piazza parrocchia, prendiamo verso destra la via Castello, e, in un centinaio di metri, raggiungiamo su un piccolo colle alto una sessantina di metri il Fortino Sabaudo chiamato anche Forte su Pisu o Sa Guardia de su Pisu. All’epoca l’isola di Sant’Antioco era costantemente minacciata dalle incursioni dei pirati saraceni che, partendo da Tunisi, facevano razzia nei villaggi poco difesi della costa sarda. La struttura militare, di Duecentosettanta metri quadri, viene edificata tra il 1813 ed il 1815 per difesa contro gli attacchi dei pirati saraceni. Nell’ottobre del 1815, il Bey di Tunisi, in crisi per la scarsità dei raccolti di grano, invia una flotta di quindici navi che prendono d’assalto il villaggio di Sant’Antioco. Il comandante degli Artiglieri di Sardegna, Efisio Melis Alagna, insieme ai suoi soldati ed a volontari sardi, oppone una strenua resistenza, che però risulta vana per la scarsezza delle munizioni e per il numero dei nemici. Le mura del fortino vengono prese d’assalto, il fortino viene espugnato, ed i Tunisini portano in patria come bottino 133 prigionieri, mentre Melis e i suoi soldati preferiscono la morte alla schiavitù.

Sant’Antioco-Forte su Pisu, ossia il fortino sabuado Sant’Antioco-Forte su Pisu, ossia il fortino sabuado Sant’Antioco-Forte su Pisu, ossia il fortino sabuado Sant’Antioco-Forte su Pisu, ossia il fortino sabuado Sant’Antioco: veduta dal forte su Pisu, ossia dal fortino sabuado Sant’Antioco: veduta dal forte su Pisu, ossia dal fortino sabuado

Nel luogo dove è stato costruito il fortino si trovavano allora le mura puniche, per la cui costruzione era stato in parte demolito un Nuraghe. Nella seconda metà degli Novanta, il fortino Sabaudo ha subito un restauro ed in seguito è stato inserito nel tour delle aree archeologiche di Sant’Antioco.

Visita del Tophet fenicio

A Sant’Antioco è d’obbligo una visita al Tophet fenicio il limbo dei bambini perduti, dal quale iniziamo la nostra visita ai siti archeologici presenti all’interno dell’abitato. Subito prima di arrivare in piazza parrocchia, prendiamo verso destra la via Castello, la seguiamo per quattrocento metri, fino in fondo, e troviamo proprio di fronte l’ingresso del Parco archeologico, all’interno del quale si trova il Tophet fenicio. Verso nord, ad ovest della strada, si può vedere un’area all’aperto appoggiata su una collina di roccia trachitica, da sempre indicata dalla gente del posto come Sa Guardia de Is Pingiadas, ossia la Vedetta delle Pignatte o la Collina delle Pentole, a causa della gran quantità di urne cinerarie in essa recuperate. Ai piedi tale roccia, ad ovest della strada di accesso, si trova un recinto quadrangolare di età punica, che include quello più piccolo di età fenicia nel quale sono state ritrovate le urne. Più a sud, ad est della strada, si trova un recinto molto più grande, rettangolare, costituito da blocchi trachitici bugnati, che delimita verso sud l’intero Tophet, e costituisce un fortilizio di età punica edificato a difesa dell’area quando, nel quarto secolo avanti Cristo, sono state erette le fortificazioni.

La parola Tophet è un termine di origine biblica che indica una località nei pressi di Gerusalemme, nella quale venivano bruciati e sepolti i bambini, ed oggi, convenzionalmente, indica le aree sacre di età fenicia e punica rinvenute in Sardegna, Sicilia e Tunisia, nella quale sono state recuperate urne contenenti ossa bruciate di bambini e animali. Nel periodo fenicio, e successivamente in quello punico, i bambini non potevano essere sepolti nella necropoli dato che non avevano ancora superato le cerimonie di iniziazione. Venivano quindi sepolti in una località separata, nella nuda terra, nel Tophet, dopo essere stati cremati. Il Tophet è stato attivo dall’ottavo al primo secolo avanti Cristo ed è il più importante di tutta la Sardegna ed uno dei principali al mondo, dato che solo quello di Cartagine è ad esso superiore come numero di urne e steli funerarie. Nel Tophet sono stati rinvenuti ben 3250 vasi di terracotta contenenti i resti bruciati di bambini, a volte accompagnati da piccoli animali domestici, ed oltre 1500 steli funerarie. Gli scavi proseguono dato che in gran parte è da portare alla luce, e si pensa esistano ancora almeno 2000 urne da disseppellire. Sulla collina viene oggi riproposto lo stato del Tophet al momento degli scavi, dato che i vasi di terracotta lì presenti sono solo ricostruzioni, tranne qualcuno originale che si vede affiorare dalla terra.

Sant’Antioco: la Vedetta delle Pignatte ossia la Collina delle Pentole Sant’Antioco: urne cinerarie dei bambini cremati Sant’Antioco: urne cinerarie dei bambini cremati Sant’Antioco-luogo della cremazione Sant’Antioco: steli funerarie poste a ringraziamento Sant’Antioco: steli funerarie poste a ringraziamento

In base ai resoconti degli antichi Romani, che però ne erano avversari e quindi ne davano un giudizio non certo imparziale, si è ritenuto che si trattasse dei sacrifici cruenti dei primogeniti delle più alte classi sociali, per dimostrazione che gli avversari dei Romani erano incivili e crudeli. Ma una interpretazione storica più attendibile porta ad escludere questa interpretazione, dato che si ritiene improbabile che, in un’epoca nella quale solo una minima percentuale dei bambini sopravviva alle malattie della prima infanzia ed arrivava alla maggiore età, venissero offerti in sacrificio i primogeniti, e soprattutto quelli delle famiglie più abbienti. Da analisi effettuate in questi ultimi anni proprio sui reperti del Tophet di Sant’Antioco, si è però visto che molti erano aborti, per cui oggi si tende a ritenere che in gran parte si sia trattato proprio di aborti o di morti premature avvenute prima delle cerimonie di iniziazione. I piccoli animali domestici venivano probabilmente sacrificati alla divinità per scongiurare il ripetersi di un simile luttuoso evento, e la stele funeraria veniva portata sul posto per ringraziare la divinità dopo la nascita di un nuovo figlio.

I resti della necropoli punica in localtà Is Pirixeddus

Dal cancello di accesso al Tophet, riprendiamo all’indietro la via Castello che ci porta verso il forte su Pisu. Poco più avanti, passata la deviazione a destra nella via necropoli, alla sinistra della strada si vede il cancello di accesso ai resti della Necropoli punica di Is Pirixeddus. Quella di Sant’Antioco, tra le necropoli di età punica in Sardegna, è la più importante per la vastità dell’impianto funerario, per la complessità architettonica e per i reperti archeologici rinvenuti nelle tombe durante gli scavi. L’estensione delle necropoli, che si sviluppa tra la via Castello ad est, la via Giosuè Carducci ad ovest, ed a sud la scalinata Due leoni che porta alla Scuola elementare di via Virgilio, era in origine di oltre sei ettari. Considerando che in media ogni tomba occupava 40 metri quadrati, si può valutare che il numero di ipogei fosse di circa 1.500, ed, in base a ciò, la popolazione allora residente può essere stimata in circa 9.000 o 10.000 abitanti, e quindi l’antica Sulky si può considerare tra le città più popolose ed estese del Mediterraneo. In età punica, il rito funebre era soprattutto quello dell’inumazione, ma esistono anche testimonianze successive attribuibili al rito d’incinerazione. Sono presenti numerose tombe a camera ipogeica, alle quali si accedeva da un ingresso a scalinata, ed alcuni rari esempi di tombe a fossa con copertura a lastre di tufo. Le tombe sotterranee sono spesso disposte a profondità differenti, a causa della quantità di tombe già esistenti, che hanno portato, nel tempo, a scavarle a profondità sempre maggiore.

Sant’Antioco: veduta della necropoli punica Sant’Antioco: tomba ipogeica della necropoli punica Sant’Antioco: tomba ipogeica della necropoli punica Sant’Antioco: veduta della necropoli punica dall’esterno Sant’Antioco: veduta della necropoli punica dall’esterno

Ho visitato la necropoli molti anni fa, ma da una ventina di anni è purtroppo chiusa per restauri, comunque è stata riaperta gli ultimi anni, sia pure per un solo giorno all’anno, nel quadro degli eventi in programma per le Giornate Europee del Patrimonio in Sardegna. Per vedere una necropoli punica ben conservata conviene, oggi, recarsi al monte Sirai, vicino a Carbonia che abbiamo già visitato in una tappa precedente.

I resti dell’Acropoli della città punica e di un tempio romano

Sant’Antioco-Resti dell’Acropoli punicaPoco più avanti, alla destra della strada si vedono i resti dell’Acropoli della città punica del settimo secolo avanti Cristo, le cui fortificazioni poggiavano sugli affioramenti rocciosi naturali. La zona è stata frequentata tra l’età punica e quella tardo romana. I resti più antichi sono riferibili alle fortificazioni puniche, delle quali si può ancora vedere un tratto delle mura che difendevano l’Acropoli, costruite da blocchi di ignimbrite squadrati. A meridione del complesso fortificato si trovano i resti di una struttura di periodo romano, interpretata come luogo di culto, ossia un Tempio romano. La base della costruzione è composta da un basamento, conservato per una lunghezza di circa dieci metri, su cui si trova un colonnato di cui rimangono nove colonne.

Il rinvenimento dei leoni di Sulci

Sant’Antioco: i leoni di Sulci esposti nel Museo ArcheologicoNegli anni ’80 del secolo scorso, nei pressi della necropoli sono stati trovati i Leoni di Sulci due grandi animali che oggi sono esposti al Museo Archeologico, scolpiti in posizione accosciata, con la coda rigirata attorno ad una zampa, inquadrati all’interno di un elemento con una base tronco- piramidale, rastremata verso l’alto, sormontata da un listello toro, con sopra una gola egizia. Nella parte posteriore c’è una superficie piana con un incasso a sezione triangolare, forse per consentire l’inserimento dei leoni in una struttura monumentale. Al momento del rinvenimento i due leoni si trovavano ai lati di una nicchia chiusa da un muro rettilineo a due filari. La struttura è stata riferita all’età repubblicana, ma i leoni, essendo più antichi, dovevano essere stati utilizzati per decorare un’altra struttura, e di essi si può fare una datazione solo su base stilistica. Sono di tradizione orientale, siriana o siro palestinese, con influenze assire ed ittite.Questo tipo di leoni in oriente erano utilizzati nelle porte dei templi. Una prima datazione li riporta al quarto secolo avanti Cristo, quando la città viene circondata da una cinta muraria fortificata, con alcune torri, con una porta a vestibolo con due leoni monumentali, posti all’ingresso della città, e viene edificata anche una sorta di fortilizio nella zona nella quale è situato il Tophet. un’altra datazione li riporta al sesto secolo avanti Cristo, e la loro funzione doveva essere legata alla destinazione dell’area nel quale si trovavano, militare perché vicina alle fortificazioni dato che forse erano sistemati ai lati della porta di ingresso, oppure religiosa e quindi all’ingresso di un tempio con i due leoni ai lati dell’ingresso.

Il villaggio Ipogeo

Ci possiamo fare un’idea di come fossero le tombe ipogeiche scavate tra il sesto e il terzo secolo avanti Cristo dai Cartaginesi, visitando quello che viene chiamato il Villaggio Ipogeo. Ritornati nella piazza parrocchia, proseguiamo lungo la via Calasetta, che è la prosecuzione della via Regina Margherita, e che uscirà dall’abitato con il nome di SS126 Sud Occidentale Sarda Diramazione e condurrà al paese di Calasetta. Percorsa sulla via Calasetta qualche decina di metri, prendiamo a destra la via necropoli, che costeggia il versante occidentale della collina sormontata dal fortino Sabaudo. Lungo questa strada, soprattutto alla destra, vediamo i resti di queste tombe, dato che gran parte delle camere funerarie scavate nel tufo sono state nel tempo riadattate ad abitazioni, spazi di lavoro e magazzini dagli abitanti di Sant’Antioco.

Sant’Antioco: camera funeraria riadattata Sant’Antioco: camera funeraria riadattata Sant’Antioco: camera funeraria riadattata Sant’Antioco: camera funeraria riadattata Sant’Antioco: camera funeraria riadattata

La sua origine risale al medioevo, quando l’isola di Sant’Antioco viene attaccata e saccheggiata dai Saraceni, parte degli abitanti si trasferisce verso luoghi più tranquilli come Iglesias, mentre i pastori e gli agricoltori rimasti sul posto profanano le tombe puniche, che rimangono nascoste agli occhi degli invasori, e le trasformarono in abitazioni. Le tombe trasformate vengono chiamate Is Gruttas, ed i loro abitanti Is Gruttaiusu. Ancora negli anni trenta del secolo scorso dimoravano nelle grotte circa 700 persone, come attestano le relazioni di medici e ingegneri conservate nell’archivio storico. A metà degli anni ’90 un progetto portato avanti dall’Amministrazione Comunale ha permesso il recupero di queste grotte e la realizzazione del villaggio Ipogeo, uno dei siti tra i più visitati dell’intero percorso archeologico e storico.

Come già detto, altre tombe ipogeiche scavate tra il sesto e il terzo secolo avanti Cristo dai Cartaginesi, si trovano sotto la basilica dedicata a Sant’Antioco, con accesso dall’interno della chiesa, e, nei primi secoli del Cristianesimo, sono state poste in comunicazione tra loro e riadattate come catacombe cristiane.

I pochi resti della necropoli romana

Non vi sono molti resti della Necropoli romana. È detto già dall’epoca repubblicana siano state riutilizzate le tombe ipogeiche puniche, in cui vengono deposte le urne dei cremati, pratica molto comune nel secondo secolo avanti Cristo, ma che si è andata riducendo in quello successivo. In Età Imperiale, la necropoli romana continua ad occupare l’area delle tombe puniche a nord dell’abitato moderno, e si sovrappone a queste.

I resti del Cronicario

Del periodo romano non resta molto, soprattutto il ponte romano utilizzato fino al 1984 e le catacombe sotto la chiesa parrocchiale, considerate il più antico esempio di architettura paleocristiana di tutta la Sardegna, che abbiamo già descritti. All’interno dell’abitato si trovano, comunque, pochi resti di abitazioni del periodo romano. Dalla piazza parrocchia prendiamo la via Regina Margherita in direzione della piazza Umberto, dopo Duecentotrenta metri deviamo verso sinistra nella la via Cavour, e, dopo un’ottantina di metri, prendiamo a sinistra la via Massimo d’Azeglio. Seguita per un’ottantina di metri, vediamo, alla destra della strada, l’area archeologica del Cronicario scoperta negli anni ’80 del secolo scorso, quando gli scavi hanno rivelalo la presenza di insediamenti abitativi appartenenti ad un arco di tempo che va dal 3000 avanti Cristo al primo secolo dopo Cristo. I resti abitativi maggiormente visibili appartengono al periodo romano, si possono notare due strade che si intersecano in senso ortogonale, nelle quali si affacciano una serie di abitazioni ed edifici. Il nucleo meglio conservato è costituito da una serie di ambienti, aventi il pavimento in terra battuta mescolata a scaglie di tufo, e chiusi da muri con pietre irregolari. Sono presenti anche pozzi e cisterne. Al di sotto dell’abitato romano sono state trovate tracce di ambienti appartenenti al periodo fenicio.

Sant’Antioco: scavi di resti del Cronicario Sant’Antioco: scavi di resti del Cronicario Sant’Antioco: scavi di resti del Cronicario Sant’Antioco: scavi di resti del Cronicario

I resti di Sa Tribuna

Sant’Antioco: i resti di Sa Tribuna che avvalorano l’ipotesi dell’esistenza di un foro romano: dovrebbe trattarsi della parte centrale di un edificio, forse un mausoleo di forma piramidaleLa principale testimonianza del periodo romano all’interno dell’abitato è costituita da un piccolo mausoleo, conosciuto come Sa Tribuna situato in località Su Narboni, lungo la via Eleonora d’Arborea, a centotrenta metri dalla piazza Umberto, alla sinistra della strada, subito prima dell’incrocio con la via XX Settembre. Questo edificio avvalora l’ipotesi dell’esistenza di un foro romano nella zona, ed oggi si presenta solo come un mucchio di pietre, ma in origine aveva una struttura piramidale costituita da blocchi lavorati e squadrati, che ricopriva una camera funeraria di forma allungata posizionata al di sotto. L’accesso avveniva per mezzo di una scalinata discendente di sei gradini, che conduceva alla camera, nella quale sono state realizzate due nicchie di forma quadrangolare in ognuno dei lati lunghi. Questo monumento viene ritenuto di età romana, anche se all’interno sembra siano stati rinvenuti i resti di un individuo identificato come un cittadino sardo: il punico. Altri scavi archeologici di resti Romani sono tuttora in corso.

Il Museo Archeologico Comunale

Iniziamo, ora, la visita degli importanti musei di Sant’Antioco, partendo dal Museo Archeologico, per poi visitare il Museo Etnografico, e per finire con una visita al Museo del Bisso di Chiara Vigo.

Sant’Antioco-Museo ArcheologicoSant’Antioco-Museo ArcheologicoGli originali dei vasi rinvenuti nel Tophet fenicio si trovano nel Museo Archeologico Comunale Ferruccio Barreca che si trova vicino al Tophet fenicio. Per raggiungerlo, arrivati con la via Castello all’ingresso dell’area archeologica, prendiamo verso destra la via Giosuè Carduccu, la seguiamo per quasi centocinquanta metri poi prendiamo a sinistra la via Kalaris, dopo poco più di duecento metri prendiamo a sinistra nella via Insulla Plumbaria, che in un’ottantina di metri ci porta al parcheggio vicino al Museo. La visita al Museo inizia da moltissimi reperti preistorici del Neolitico Recente, ossia della Cultura di Ozieri, restituiti dagli scavi dell’area dell’Ospizio cittadino e dal grande insediamento all’aperto di Canai. La fase successiva del periodo nuragico ha una presentazione minima, soprattutto a causa delle poche indagini in questo campo, ed è costituito da una serie di piccoli vasi e ciotole d’impasto dell’Età del Bronzo provenienti da una località sconosciuta e pochi frammenti rinvenuti negli scavi dell’Ospizio. Il periodo fenicio è illustrato dai materiali provenienti dal Tophet, per la cui illustrazione è stato ricostruito un angolo nel quale, su piani artificiali di terra, sabbia e pietre, sono state collocate solo una parte delle migliaia di urne, che contenevano le ceneri di bambini e animali, e stele raffiguranti rappresentazioni divine simboliche, antropomorfe o animali da attribuire al rito che si svolgeva in tale area. Segue, poi, il periodo punico, rappresentato dai corredi funerari provenienti dalla grande necropoli ipogea in localtà Is Pirixeddus. Tra i reperti di origine punica ci sono anche le due splendide statue gemelle raffiguranti i leoni di Sulci, che abbiamo già descritte. Alla sezione punica segue quella relativo al periodo dell’occupazione romana, quando, dal terzo secolo avanti Cristo, Sulky entra a far parte del dominio di Roma con il nome di Sulci.

Sant’Antioco-reperti del periodo nuragico Sant’Antioco: gli originali delle urne e steli funerarie del Tophet fenicio Sant’Antioco: oggetti trovati nelle urne cinerarie del Tophet fenicio Sant’Antioco: oggetti trovati in un’abitazione fenicia Sant’Antioco: oggetti trovati in un’abitazione fenicia Sant’Antioco: vaso della Vita trovato nel Tophet fenicio (vaso nebulizzatore di profumo) Sant’Antioco: vasi trovati nella necropoli punica Sant’Antioco: collane trovate nella necropoli punica Sant’Antioco: anelli trovati nella necropoli punica Sant’Antioco: oggetti del periodo romano Sant’Antioco: oggetti del periodo romano trovati nella Sepoltura della Venere Bionda Sant’Antioco: statua muliebre del periodo romano

Altri vasi e steli funerarie rinvenuti a Sant’Antioco, oltre a reperti del periodo punico e romano, li possiamo vedere al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari uno dei più completi e meglio organizzati musei d’Italia.

Sant’Antioco: stele funeraria con la rappresentazione di una figura femminile (Museo di Cagliari) Sant’Antioco: stele funeraria con la rappresentazione di un agnello (Museo di Cagliari) Sant’Antioco: il placchetta votiva in terracotta a forma di volto umano del quinto secolo avanti Cristo (Museo di Cagliari) Sant’Antioco: il piatto del periodo punico Sant’Antioco: il pappagallo in avorio (Museo di Cagliari) Sant’Antioco: base in marmo con raffigurazione di divinità e dedica in caratteri punici (Museo di Cagliari) Sant’Antioco: statua di Druso Minore (Museo di Cagliari)

Il Museo è intestato a Ferruccio Barreca, studioso e archeologo di fama mondiale nato a Roma nel 1923, che è stato un instancabile ricercatore ed animatore degli studi Fenici e punici in Sardegna. Considerato il grande archeologo dei Fenici, per vent’anni è stato Soprintendente ai Beni Archeologici per le province di Cagliari e Oristano, Direttore del Museo Archeologico Nazionale di Cagliari e docente di archeologia fenicio punica nell’Università di Cagliari.

Il Museo Etnografico di Sant’Antioco

Sant’Antioco-Museo EtnograficoSant’Antioco-Museo EtnograficoSeguendo la via necropoli per quasi centocinquanta metri dopo aver visitato il villaggio ipogeo, possiamo visitare, alla destra della strada, il Museo Etnografico su Magasinu de su Binu ospitato in uno spazioso e caratteristico magazzino del diciottesimo secolo, completo di Lolla, ossia del cortile parzialmente coperto nel quale si svolgevano le attività domestiche della famiglia. Nel Museo sono esposti gli oggetti che testimoniano gli usi e i costumi dell’isola, soprattutto in relazione alla lavorazione della palma nana per la produzione di scope, corde, borse, pennelli, vari tipi di intrecci, alla lavorazione del bisso, ed alle modalità di colorazione naturale dei tessuti. Nel Museo sono esposti, inoltre, gli strumenti per la produzione del pane, in particolare si illustra il pane votivo offerto al Santo Patrono Sant’Antioco, e per la produzione del formaggio, per la coltivazione della vite e per la vinificazione, per il lavoro nei campi. Sono esposti, anche, gli strumenti utilizzati per le attività del falegname, del bottaio e del maniscalco. Nel cortile sono esposti diversi tipi di carretti sardi, ossia il carro a buoi, il carretto per l’asino e per il cavallo. Il Museo, in questi anni di intensa attività, si è inserito nel circuito dell’interscambio con altri musei e centri di studio sparsi nel mondo.

Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico Sant’Antioco-Museo Etnografico

Il Museo del Bisso dove nelle mani di Chiara Vigo sopravvive la tradizione della tessitura del bisso

Sant’Antioco-Museo del BissoSant’Antioco-Museo del BissoSolo a Sant’Antioco, in tutto il Mediterraneo, sopravvive l’antica arte della Tessitura del bisso, la Seta di mare tanto preziosa per Fenici, Caldei ed antichi Ebrei, il bisso del quale si narra fosse vestito il re Salomone. La storia del bisso e delle fasi della sua lavorazione, vengono ampliamente illustrati, con esempi, nelle sale del Museo Etnografico, che abbiamo già visitato. Nelle mani di Chiara Vigo sopravvive la tradizione della tessitura del prezioso bisso, che ci ospita nel Museo del Bisso situato presso la sua abitazione in via Regina Margherita, al Civico 168, a un centinaio di metri dalla piazza parrocchia in direzione della piazza Umberto.

della sua lavorazione ci parla Chiara Vigo l’ultima erede delle antiche tessitrici di bisso, che ne ha appreso il segreto dalla nonna e lo tramanderà a sua volta alla figlia Maddalena. Nel mare dell’isola cresce e si sviluppa, in fondali da 3 a 5 metri, la Pinna Nobilis Setacea, che solo a maggio è possibile sollevare dal fango per tagliarne il bioccolo di seta, facendolo possibilmente solo da animali anziani e nella quantità minima necessaria a tramandare la tradizione. La fibra viene dissalata nello stagno di Santa Caterina, la cui salinità è inferiore a quella marina, aggiungendo di tanto in tanto acqua dolce, in modo da non ridurre drasticamente la salinità per non irrigidirla, il che la renderebbe non più cardabile, e viene quindi asciugata all’ombra. Dalla cardatura con un cardo a spilli si ottiene una specie di bambagia setosa, scura al buio ma dorata alla luce del sole. Viene quindi filata ed il filato viene messo su una spola di canna, con la quale si passa alla tessitura, per la quale Chiara usa ancora oggi un telaio a tavola, che ci ricorda essere stato il modo più antico di tessere, perché la donna poteva portare la tavola sempre con se ovunque andasse. Il colore dorato dei tessuti più importanti si ottiene schiarendolo in un bagno di limone. Così Chiara ha fatto per il suo lavoro più noto, il Leone di Tiro, che ha dedicato a tutte le donne del mondo, al cui silenzioso lavoro nessuno da il giusto riconoscimento.

Sant’Antioco: la Pinna Nobilis Setacea Sant’Antioco: bioccolo di seta dissalato nello stagno di Santa Cristina ed asciugato all’ombra Sant’Antioco: cardatura: cardo a spilli per la cardatura Sant’Antioco: cardatura: l’operazione di cardatura Sant’Antioco: cardatura: dalla cardatura si ottiene una specie di bambagia setosa, scura al buio ma dorata alla luce del sole Sant’Antioco: cardatura: la bambagia ottenuta dalla cardatura Sant’Antioco-Tessitura: la tessitura sul telaio a tavola Sant’Antioco-Tessitura: la tessitura sul telaio a tavola Sant’Antioco-Riconoscimenti: chiara Vigo vicino alla cassa di un telaio in legno di ulivo intarsiato a mano 400 anni fa

E nel salutare e ringraziare Chiara Vigo per il tempo che ci ha dedicato, ricordiamo i tanti riconoscimenti che ha ricevuto per la conservazione di un’arte antica che senza di lei sarebbe andata persa. Che porta avanti con amore, sempre disposta a realizzare e donare un suo lavoro a qualsiasi Museo che voglia esporlo per raccontare ai giovani le antiche tradizioni.

Sant’Antioco-Riconoscimenti-telaio porta la targa del restauro effettuato dall’Associazione Moglie Medici Italiani di Cagliari Sant’Antioco: il premio donna Sarda 1996: <em>A Chiara Vigo. Donna Sarda. Custode e fiaccola di una memoria e di una cultura che ascende alla radice della storia</em>. Sant’Antioco-<em>Leone di Tiro</em>, il più famoso lavoro di Chiara Vigo

La prossima tappa del nostro viaggio

Nella prossima tappa del nostro viaggio, racconteremo i Resti archeologici presenti nell’isola di Sant’Antioco, per poi recarci a visitare le Coste e spiagge presenti sull’isola di Sant’Antioco ed appartenenti al comune di Sant’Antioco.


Pagina precedenteIndice precedenteSostieniciPagina successiva

Tutte le foto e riprese sono state effettuate a scopo amatoriale per uso personale senza fini di lucro. Alle nostre foto se ne aggiungono altre inviateci da amici ed alcune tratte da Internet. Alcune informazioni sulle descrizioni dei comuni sono tratte da italiapedia.it, informazioni sui siti archeologici da tharros.info e molte foto da donnanuragica.com, descrizoni e foto di Chiese da Chiesedisardegna.weebly.com, foto di impianti sportivi da sardegnasport.it, altre da siti differenti. È consentito scaricare testi, foto e riprese dell’autore per uso privato senza eliminare i riferimenti. Libri e filmati sono riprodotti per farli conoscere ma non è consentita la riproduzione delle foto di terzi, dei libri, dei filmati e di altro materiale non realizzato dall’autore. È vietato qualsiasi utilizzo commerciale del materiale in assenza di apposita autorizzazione.

  

© Claudio de Tisi 2002-2023 - Codice Fiscale DTSCLD44M23F132W