San Vero Milis con il suo centro e nei dintorni i resti dell’importante nuraghe complesso S’Uraki
In questa tappa del nostro viaggio da Milis ci recheremo a San Vero Milis famoso per la lavorazione del giunco che visiteremo con il suo centro ed i dintorni nei quali si trova l’importante nuraghe S’Uraki al cui interno sono stati rinvenuti numerosi reperti archeologici, e vedremo anche la sua costiera nella parte settentrionale della penisola del Sinis. La regione storica del Campidano di OristanoIl Campidano è la grande pianura della Sardegna sud occidentale compresa tra il golfo di Cagliari e quello di Oristano, ha una lunghezza di circa cento chilometri e presenta la massima altitudine di settanta metri sul mare. Deve le sue origini al colmarsi di una depressione geologica terziaria da parte di sedimenti marini, fluviali e vulcanici. Sono frequenti gli stagni costieri con acque salmastre, nell’angolo nord ovest della regione sfocia il fiume Tirso, che contribuisce all’irrigazione del Campidano, la rete idrografica è inoltre formata da piccoli Torrenti. La principale risorsa è l’agricoltura e si coltivano specialmente grano, viti, olivi, frutta e agrumi. In particolare, il Campidano di Oristano è una regione della Sardegna occidentale il cui territorio apparteneva anticamente al Giudicato d’Arborea. Si sviluppa interamente nella Provincia di Oristano, e comprende i comuni di Arborea, Baratili San Pietro, Bauladu, Cabras, Marrubiu, Milis, Narbolia, Nurachi, Ollastra, Oristano, Palmas Arborea, Riola Sardo, San Nicolò d’Arcidano, San Vero Milis, Santa Giusta, Siamaggiore, Siamanna, Siapiccia, Simaxis, Solarussa, Terralba, Tramatza, Uras, Villaurbana, Zeddiani e Zerfaliu. È un territorio caratterizzato dalla presenza di zone umide di altissimo interesse naturalistico, con specie faunistiche rare. In viaggio verso San Vero MilisDal centro di Milis la via Sant’Agostino, percorsa verso sud ovest, porta allo svincolo, dove prendiamo la SP15 verso sud est in direzione di Solarussa, percorsi settecento metri prendiamo a sinistra la SP9 che dopo quattro chilometri e mezzo ci porta all’interno dell’abitato di San Vero Milis. Dal Municipio di Milis a quello di San Vero Milis si precorrono 6.7 chilometri. Il comune chiamato San Vero Milis noto per la lavorazione del giuncoIl comune di San Vero Milis (nome in lingua sarda Santu ’Eru, altezza metri 10 sul livello del mare, abitanti 2.416 al 31 dicembre 2021) è un importante centro agricolo e vitivinicolo situato in un interessante ambiente naturalistico all’estremità nord occidentale del Campidano di Oristano, a ridosso della catena del Montiferru, a una quindicina di chilometri dal mare. San Vero Milis è un importante centro agricolo e vinicolo, rinomato per la produzione artigianale dei canestri in giunco, per la produzione della vernaccia e la coltivazione dei mandarini. Il territorio Comunale, classificato di pianura, presenta un profilo geometrico regolare con variazioni altimetriche appena accentuate, è caratterizzato dallo stagno salato Sale Porcus che nella stagione estiva si asciuga completamente lasciando una spessa crosta di sale sul terreno, e comprende le aree speciali isola de Sa Tonnara e Stagni. Origine del nomeLa prima parte del nome deriva molto probabilmente dalla denominazione originale del centro abitato, San Teoru ossia San Teodoro, dovuta alla presenza di una chiesa dedicata al Santo e ubicata con buone probabilità sotto l’attuale chiesa parrocchiale di Santa Sofia. Nel Medioevo sarebbe stato poi modificato il nome San Teoru in Sancte Eru ossia San Vero, che era un Vescovo di Salerno assegnato dagli storici al quinto secolo dopo Cristo. La modifica del nome è probabilmente dovuta a una traduzione per assonanza effettuata dai Piemontesi senza alcuna considerazione per il significato del nome in sardo. La sua seconda parte, Milis, indica la sua vicinanza al villaggio di Milis, ed è stata aggiunta per distinguerlo da un altro villaggio che è denominato San Vero Congius ed è situato nel campidano di Simaxis. La sua economiaSi tratta di un comune rivierasco che basa la sua economia soprattutto sulle attività agropastorali e industriali. Il perno dell’economia locale è l’agricoltura, che rappresenta una fonte di sostentamento importante per la popolazione. Le coltivazioni più diffuse sono quelle di cereali, frumento, ortaggi, foraggi, vite, olivo, frutteti e agrumi. Si pratica anche l’allevamento, in particolare di bovini, ovini, equini, suini e avicoli. Il settore industriale risulta ancora di dimensioni modeste, tuttavia si registrano aziende che operano nei comparti della produzione alimentare, della pesca, della piscicoltura, dei materiali da costruzione, dei laterizi e dell’edilizia. Il terziario non assume dimensioni rilevanti. Le stupende spiagge, le attrattive naturalistiche e il ricco patrimonio archeologico attirano un discreto flusso turistico sul posto. L’apparato ricettivo, comprendente numerosi agriturismi, offre possibilità di ristorazione e di soggiorno. La produzione della vernacciaParticolarmente diffusa è la produzione vinicole della vernaccia, un vitigno molto diffuso in Sardegna in un’area geografica limitata tra i comuni di San Vero Milis, Zeddiani e Baratili San Pietro. La produzione della vernaccia nel paese avviene sia a livello artigianale sia a livello industriale. Il nome vernaccia sta ad significare uva vernacula cioè uva del luogo, come affermato dallo scrittore Giuseppe Dessì, che sosteneva che Bevendo vernaccia noi Sardi abbiamo combattuto malaria e malgoverno. Senza vernaccia nessun sardo avrebbe potuto sopravvivere. Caratteristica distintiva della vernaccia sanverese e suo pregio principale è il delicato odore di mandorle, un tempo dovuto ad una muffa che forma una sottile patina sul vino quando la botte non è completamente piena e che gli conferisce questo aroma. E lo scrittore Mario Soldati, in visita nell’Isola, riferendosi alla vernaccia di San Vero Milis, diceva che Quando gente così umile fabbrica una bevanda rustica così squisita e così raffinata dobbiamo per forza pensare che ciò sia degno di una civiltà superiore, da cui abbiamo tralignato o che addirittura, non abbiamo ancora raggiunto. San Vero Milis è uno dei più importanti centri per la cestineria tradizionaleIl comune sorge in una zona ricca di stagni, che forniscono la materia prima per la cestineria tradizionale. Giunco, paglia di grano, pagliola, ed anche nelle strutture più rigide lentisco, mirto, salice, olivastro, corbezzolo, vengono intrecciati dalle artigiane del luogo, seguendo regole precise. La tecnica sarda a spirale prevede un ordito a forma di spirale appunto, sul quale viene avvolta la pagliola o la paglia di grano, che viene cucita punto dopo punto, utilizzando un ago di ferro. Nei cestini, che possono avere forme molto differenti, vengono realizzati disegni, intrecciando la pagliola colorata, di solito nei toni del rosso, del nero, del blu e del verde. Nella parte centrale del cesto, come decorazione, viene creata una rosa o una stella. Molto raffinati i cesti, nei quali una pezza circolare di broccato viene applicata sul fondo. Nel corso dei secoli l’attività dell’intreccio ha rappresentato, oltreché un’espressione dell’artigianato domestico, anche un’attività di un discreto rilievo nell’economia locale perché i cestini e gli altri manufatti prodotti con questa tecnica venivano poi venduti in tutta la Sardegna. Fra le depositarie di questa antica arte, a San Vero Milis qualche anno fa siamo andati a viditare la signora Maria Raimonda Pinna, che ci aveva ospitati nella sua casa laboratorio sita al civico numero 13 della via San Michele, dove realizzava e vendeva cestini tradizionali. Brevi cenni storiciAbitato fin dall’antichità, come dimostrano le testimonianze dell’uomo neolitico che ha lasciato le tracce di almeno quattro villaggi e tre necropoli a domus de janas, e del periodo nuragico con almeno trenta Nuraghi, di cui il più grande, S’Uraki, è alle porte del paese. Sotto il profilo archeologico, interessanti sono i ritrovamenti fatti presso le rive dello stagno di Sal’e Porcus chiamato anche Sa'e Proccusu, dove sono state scoperte necropoli e altre tracce della presenza umana, consistenti in villaggi di capanne e domus de janas, tombe ipogeiche a grotticella artificiale. In età fenicia, punica e romana il territorio è intensamente occupato con fattorie destinate allo sfruttamento agricolo, dato che quest'area era destinata prima a granaio di Cartagine, e poi di Roma. Ma lo sfruttamento delle risorse riguardava anche altri aspetti, quasi certamente il sale di Sa Salina Manna e la pesca. A Capo Mannu era ubicato il porto chiamato Koracodes Portus legato a queste attività. Con la fine dell’epoca romana muta il quadro politico ed economico, molti degli insediamenti vengono abbandonati e la gente si riunisce in piccoli centri, alcuni dei quali ancora abitati. Le attività economiche non si basano più sulla produzione cerealicola ma è più variata, con vigne, oliveti, orti, allevamento, peschiere. Del periodo fenicio, dal settimo al terzo secolo avanti Cristo, e romano, rimangono molti reperti sparsi nelle campagne. Nell’undicesimo secolo, è un vico romano, e appartiene alla curatoria di Parte Milis, nel Giudicato di Arborea. A partire dal medioevo è attestata l’attività delle saline, più tardi quella delle tonnare. Nel 1420, alla caduta del Giudicato, entra a far parte del Marchesato di Oristano e successivamente, alla definitiva sconfitta degli Arborensi nel 1478, viene incorporato nel patrimonio regio. Per creare una difesa dalle continue incursioni dal mare saraceni e barbareschi, vengono edificate lungo le coste delle torri di avvistamento. Assegnato, nel 1767, ai Flores Nurra, Marchesi di Arcais, rimane a questi ultimi fino al 1839, quando viene abolito il regime feudale. Il comune di San Vero Milis nel 1974, dopo la creazione della Provincia di Oristano, viene trasferito dalla Provincia di Cagliari, alla quale precedentemente apparteneva, a quella di Oristano. Principali personaggi nati a San Vero MilisA San Vero Milis è nato il Servo di Dio fra Nicolò da San Vero Milis. Nato nel 1631 come Giovanni Marras, all’inizio del suo noviziato come frate laico cappuccino cambia il suo nome di battesimo in quello di Fra Nicolò da San Vero Milis. La sua casa natia sorge proprio sul retro della parrocchiale, appena riedificata nel 1604, ed in Santa Sofia riceve i sacramenti dell’iniziazione cristiana. All’età di 20 anni si fa in lui forte il desiderio di donarsi al Signore lungo la via tracciata da Francesco d’Assisi. Entra in convento a Cagliari, per ben cinquantasei anni svolge l’umile servizio di questuante in città, nei dintorni e fino all’Ogliastra. Lo si vede accanto agli appestati, quando nel 1652 la peste giunge a Cagliari mietendo sino a 200 vittime al giorno. Fra Nicolò è accanto ai malati, li conforta e li sostiene nel momento del dolore e della morte. Grande taumaturgo, vive nella preghiera, nella carità fraterna e recando il conforto della fede e dei miracoli ai poveri e ai sofferenti. Diviene l’esempio a cui si ispireranno Vincenzo Peis di Laconi, che verrà santificato come Sant’Ignazio da Laconi, e Giovanni Medda di Gesturi, che appunto in suo onore prenderà il nome di fra Nicolò, nome poi trasformato quando viene beatificato in Fra Nicola da GesturI. muore nel 1707, ed in seguito è inizato il processo per la sua beatificazione, ma purtroppo la causa canonica non giunge al suo compimento per la documentazione incompleta, ed è tuttora ferma. |
Le principali feste e sagre che si svolgono a San Vero MilisA San Vero Milis sono attivi l’Associazione Turistica Pro Loco di San Vero Milis e l’Associazione Culturale Tzinniga di San Vero Milis, che si esibiscono nelle feste che si svolgono nel comune ed anche in altre località, e nelle cui esibizioni è possibile ammirare il costume tradizionale di San Vero Milis. Tra le principali feste e sagre che si svolgono a San Vero Milis e contribuiscono a richiamare visitatori dai dintorni, si segnalano, a febbraio, il Carnevale; poi le celebrazioni della Settimana Santa; a inizio maggio l’evento Mandiarisi per assaporare la Sardegna, con il quale San Vero Milis diventa un grande mercato dei prodotti tipici e dell’enogastronomia del territorio che raccontano la storia e le tradizioni della Provincia di Oristano; il 10 maggio, la Festa della Madonna di Spagna; il 17 giugno, si celebra la Festa patronale di Santa Sofia; prima della metà di agosto, si svolge la rassegna estiva Altrimari, meticci in Sardegna e nel Mediterraneo, tra sport e mare e divertimento in diverse località nel centro del paese e sul lungomare di Putzu Idu, che tra l’altro prevede suggestivi concerti notturni al nuraghe S’Urachi, alternando un programma di conferenze e visite guidate volte alla promozione identitaria e storica del sito; il 10 settembre, la Festa di San Nicola da Tolentino; il 29 settembre la Festa di San Michele Arcangelo presso la sua chiesa. La Festa del Carnevale a San Vero Milis ed a ZeddianiI festeggiamenti del Carnevale oggi si svolgono in parte nel centro di San Vero Milis ed in parte nel vicino comune di Zeddiani. Una delle manifestazioni tradizionali del Carnevale sanverese è Su Carru'e Is Puddas, un carro particolarmente addobbato e ricoperto di alloro che anticamente era trainato da buoi, il quale andava in giro per il paese in cerca di galline e altri animali da cortile per lo spuntino serale del lunedì grasso, e finita la cena il brodo e la carne avanzati venivano distribuiti in diverse famiglie. L’giovedì grasso si organizza a San Vero Milis per i bambini la Corsa dei cavallini di canna, per la quale i piccoli sui loro destrieri di canna, antichi giocattoli ricostruiti e realizzati per l’occasione e abbelliti con addobbi colorati, si sfidano in bravura per centrare Sa loriga, ossia l’anello. E la prima domenica di quaresima, a San Vero Milis per alcuni anni si è tenuta la pentolaccia a cavallo, nella quale i cavalieri singoli o in pariglia dovevano colpire con un bastone un vaso di terracotta sospeso a una fune, manifestazione che veniva conclusa dalla liberazione di due colombi, rinchiusi in un contenitore forato come buon auspicio, mentre oggi si tengono balli in piazza. Il venerdì grasso si organizza per le vie di Zeddiani la sfilata delle maschere e dei carri allegorici, che si conclude con una Festa in piazza con musiche e balli, durante la quale vengono offerti Is zippuas che sono dolci tipici, accompagnati dalla vernaccia. Ed infine la seconda domenica di quaresima, sempre a Zeddiani, viene organizzata un’altra manifestazione equestre, Sa cursa de Sa loriga, nella quale i concorrenti sui cavalli lanciati al galoppo devono centrare Sa loriga, col manico della frusta in legno di olivastro chiamato Su fuettu. Cavalieri che si cimentano anche in spericolate pariglias, figure acrobatiche sui cavalli al galoppo affiancati. Le cerimonie della Settimana SantaUn ruolo importante nei riti della Settimana Santa, Sa Chida Santa, hanno le confraternite del Rosario, dello Spirito Santo e del Carmelo, ricostituite qualche anno fa. La settimana che precede la domenica delle Palme, i confratelli preparano con varie lavorazioni di intreccio, le palme che verranno distribuite ai fedeli. Il giovedì Santo si ricorda l’istituzione dell’eucaristia durante l’ultima cena, con la cerimonia della lavanda dei piedi agli apostoli da parte di Gesù. La liturgia è preceduta dalla benedizione degli Olii. Al termine della cerimonia liturgica vengono distribuiti ai fedeli Is mazzettus, mazzolini di menta, violette e altri fiori benedetti usati per il rito. Il venerdì si commemora la morte di Gesù sulla croce, con la Via Crucis che ripropone, attraverso le stazioni in processione per le vie del paese, gli ultimi episodi della vita di Cristo. Il momento culminante della giornata è quello de Su Scravamentu, ossia lo schiodamento dalla Croce del Cristo che viene deposto in una lettiga, decorata con Is mazzettus e portato in processione per le vie del paese. Il sabato è dedicato alla riflessione in attesa della risurrezione. Le campane tacciono in segno di lutto, e le funzioni religiose sono annunciate dal suono delle Matraccas, strumenti largamente diffusi in buona parte della Sardegna. Pasqua è il giorno della risurrezione di Gesù Cristo, e si rivive con grande partecipazione liturgica il momento dell’incontro tra la Madonna che parte dalla chiesa parrocchiale ed il Figlio risorto che parte dalla chiesa di San Michele, con grande partecipazione popolare come testimoniato da consuetudini quali lo scambiarsi il benaugurale Caccoi cu S’ou che è il pane con l’uovo, simbolo di rinascita, e a tavola consumare l’agnello arrosto. Visita del centro di San Vero MilisL’abitato, che ha conservato la sua impronta rurale senza lasciarsi condizionare dal cambiamento dei tempi, come dimostra l’assenza di evidenti segni di espansione edilizia, ha l’andamento altimetrico tipico delle zone di pianura. Arrivando a San Vero Milis dal comune di Milis con la SP9, passato il cartello segnaletico che indica l’ingresso in San Vero Milis la strada provinciale prosegue all’interno dell’abitato. La chiesa della Madonna del CarminePassati trecento metri dal cartello segnaletico, parte a destra la via su Cantaru, mentre proseguiamo dritti con la via del Bianco. Percorsi trecentocinquanta metri verso sud lungo la via del Bianco, svoltiamo a sinistra nella via del Carmine, la seguiamo per una cinquantina di metri e dove la strada svolta a destra diventando la via Umberto I, vediamo alla sinistra la chiesa della Madonna del Carmine. Si fa risalire la sua costruzione alla prima metà del seicento, e la chiesa, dalle linee molto semplici con sulla destra un bel campanile a doppia vela, è a navata unica, caratterizzata dalla presenza nel presbiterio di un’artistica nicchia centinata con catino valviforme. La Confraternita della Madonna del Carmine, istituita nel 1704, ha commissionato con molta probabilità nel diciottesimo secolo, sia l’ampliamento in lunghezza, sia la realizzazione di un prezioso retablo di bottega sarda. Nel 1944, durante la seconda guerra mondiale, la chiesa ha subito notevoli danni a causa dei bombardamenti, ma dopo la guerra, nel 1948, il tetto con la facciata neoclassica ed il campanile a vela sono stati totalmente ricostruiti, insieme alla navata interna. In questi ultimi anno, la chiesa è stata oggetto di una significativo restauro ad opera dell’architetto Carlo Vigo, che la ha riportata all’antica bellezza ed all’antico splendore. La chiesa parrocchiale di Santa SofiaProseguiamo verso sud lungo la via del Bianco, dopo centotrenta metri arriviamo nella piazza Santa Sofia, un’ampia piazza nella quale alla sinistra si affaccia la chiesa di Santa Sofia, che è la parrocchiale di San Vero Milis. La chiesa di Santa Sofia è stata edificata nel 1604su una preesistente chiesa romanica, durante l’Arcivescovado di Antonio Canòpolo, ad opera del genovese Agostino Carèli e del cagliaritano Francesco Escàno, come risulta dall’iscrizione conservata a lato dell’altare maggiore. Nel 1742 l’arcivescovo Vincenzo Giovanni Vico Torrèlles ha consacrato la chiesa e l’altare, includendovi le reliquie di Santa Sofia. Nello stesso anno si è dato inizio ai lavori di costruzione del campanile, che verrà completato nel 1802. Tre anni più tardi il cupolino viene abbattuto da un fulmine, rifatto nel 1838, subisce ancora danneggiamenti e viene ricostruito definitivamente nel 1952. È caratterizzata da una facciata tipica dell’ecclettismo sardo di quel periodo, composta da elementi di diversa tradizione artistica, ossia un rosone circolare di trachite rossa di stile gotica, tre ingressi incorniciati da modanature di stile rinascimentale, in alto un lunettone che segue l’andamento del rosone e ai lati due alette di stile barocco. Il prospetto posteriore è di notevole interesse per la presenza, su un basamento più ampio, di un paramento murario di cromo ottenuto con la sovrapposizione di filari di blocchi in arenaria e in basalto. Il grande campanile, a pianta quadrata, è sormontato da un cupolino a bulbo sul modello di quello della torre campanaria del duomo di Oristano. alla sinistra della parrocchiale di San Vero Milis è stata situata una stuta del Servo di Dio fra Nicolò da San Vero Milis. L’unica navata è voltata a botte ed è ripartita in tre ampie campate da sottarchi a tutto sesto che poggiano su paraste tuscaniche. Su di essa si affacciano tre cappelle per lato, coperte con volte a padiglione lunettato e caratterizzate da una profondità inconsueta che, con le ampie arcate di collegamento, anch’esse a tutto sesto, suggerisce il senso della spazialità e della luminosità di un edificio a tre navate. La navata centrale termina nel presbiterio dove è posto l’altare maggiore, ricco di marmi policromi finemente intarsiati. Un accurato restauro ha restituito otto argenti liturgici di bottega sarda variamente databili tra sedicesimo e diciottesimo secolo. All’interno si conserva la statua del Cristo redentore, di Santa Sofia e della Madonna di Spagna. San Vero Milis celebra Santa Sofia, la patrona del paese, il 17 giugno quando si celebra la Festa patronale di Santa Sofia, con eventi e attività che spaziano dalla poesia, alla musica, esposizioni di fiori e animazione per bambini, senza dimenticare i rituali religiosi tradizionali ed i balli tipici in piazza. Gli appuntamenti iniziano due giorni prima con manifestazioni civili e balli in piazza San Michele, poi il 17 si svolge la processione con il simulacro di Santa Sofia, seguita dalla Santa messa. Anche il giorno della Festa si svolgono numerose manifestazioni civili. Inoltre il 10 maggio si celebra anche la Festa della Madonna di Spagna, con la processione con il simulacro della Madonna, seguita dalle celebrazioni religiose in ricordo del ritrovamento della sua statua. Quel giorno ed i due successivi si svolgono anche diverse manifestazioni civili. Il rinvenimento della statua della Madonna di SpagnaAttualmente nella chiesa settecentesca di San Vero Milis è visibile la statua definita ora Madonna di Spagna, rinvenuta il 26 marzo 1937 dal pastore Daniele Zou di Narbolia, sulla riva della spiaggia di Sa Praja Manna a Is Arenas. La statua che teneva in braccio un bambino era semisommersa dalla sabbia, con segni evidenti di bruciatura al centro, ed appariva eseguita con grande maestria. Il pastore la liberava dalla sabbia e, dato il peso, si faceva aiutare dal compaesano Sebastiano Madeddu per portarla fino alla loro capanna. Dopo poco tempo si ammalava gravemente di broncopolmonite la figlia dei proprietari delle mandrie, ma guarita fortunosamente la bambina e attribuita la guarigione alla statua, i datori del lavoro del pastore resero pubblico il rinvenimento, tanto che i Carabinieri si recarono nel Sinis e portarono la statua nel paese di Narbolia, e poi da qui a San Varo Milis. Esaminata la statua ci si accorse che risaliva sicuramente al quattrocento. Circa il suo rinvenimento, si ritiene che nel 1936, durante la guerra di Spagna, gli altari, le immagini sacre, le statue e gli arredi venisseno distrutti o incendiati, ed evidentemente venne data alle fiamme anche la statua, la quale, gettata in mare probabilmente dall’isola di Minorca, poco dopo sarebbe giunta sulle coste della Sardegna, ove sarebbe stata rinvenuta dal pastore. Il Monumento ai CadutiPassata la piazza Santa Sofia, la prosecuzione della via del Bianco che ci ha portati fino ad essa diventa la via Umberto I. Prendiamo verso sud la via Umberto I e la seguiamo per un centinaio di metri, poi svoltiamo a destra in via San Michele, dopo un’ottantina di metri di nuovo a destra in via Eleonora d’Arborea la quale, in un’altra ottantina di metri, ci porta in piazza Guglielmo Marconi, al centro della quale si trova il Monumento ai Caduti in guerra di San Vero Milis. Si tratta di un monumento edificato nel 1974, costituito da una stele in marmo con ai lati della base due fioriere in marmo, e che sostiene nella parte superiore una statua in bronzo nella quale viene rappresentatu un militre che sostiene un suo compagno colpito dal fuoco nemico. Sul fronte della stele in marmo è presente anche una corona di alloro in bronzo. I ruderi delle Chiese sconsacrate del Santissimo Salvatore e di San TeodoroDalla piazza Santa Sofia, presa verso sud la via Umberto I, la seguiamo per un centinaio di metri, poi invece di svoltare a destra in via San Michele, svoltiamo a sinistra in via Santu Eru, ossia via San Teodoro così chiamata perché portava alla chiesa omonima. Dopo una cinquantina di metri, costeggiato il fianco sinistro della chiesa del Santissimo Salvatore, vediamo un cancello che dàsu un cortile, all’interno del quale sulla sinistra si affaccia la chiesa sconsacrata del Santissimo Salvatore, ormai ridotta solo a un rudere. Nel cortile, proseguendo dritti, si arriva di fronte alla facciata della chiesa sconsacrata di San Teodoro, che sulla sinistra presenta un campanile a vela, anch’essa ridotta oggi solo a un rudere. La due Chiese avrebbero bisogno si una significativa opera di recupero per riportarle al loro antico significato per la popolazione del paese che ad esse era molto affezionata. Il Museo Civico costruito riutilizzando il Cimitero vecchioProseguendo una cinquantina di metri lungo la via Santu Eru, si vedono alla sinistra della strada gli edifici che ospitano il Museo Civico del Sinis settentrionale, costruito dall’amministrazione Comunale nel 1986 riutilizzando il Cimitero vecchio di San Vero Milis. La struttura è articolata in tre sezioni, archeologica, storico etnografica e naturalistica. È inoltre articolata in tre parchi tematici, il parco archeologico che fa riferimento al complesso nuragico S’Urachi, il parco storico artistico basato sul Cimitero vecchio, ed il parco naturalistico che fa riferimento al Capo Mannu. Alcuni mesi dopo la costituzione del Museo, il consiglio Comunale ha, infatti, approvato l’acquisizione del Faro di Capo Mannu e la destinazione dell’area a sezione naturalistica del Museo Civico. Il Municipio di San Vero MilisPassato l’incrocio con la via Santu Eru, proseguiamo verso sud per un altro centinaio di metri verso sud ovest lungo la via Umberto I, poi svoltiamo a destra in via Eleonora d’Arborea che si dirige verso nord ovest e, dopo una cinquantina di metri, arriviamo a vedere, alla sinistra della strada, al civico numero 5 della strada, l’edificio che ospita il Municipio di San Vero Milis, nel quale si trovano la sua sede e gli uffici in grado di fornire i loro servizi agli abitanti del paese. Si tratta degli uffici relativi al Segretario Comunale, all’Area Amministrativa e Sociale, all’Area Economica Finanziaria, all’Area Vigilanza, all’Area Tecnica, ed all’Area Culturale. La chiesa di San Michele ArcangeloDopo aver visto l’edificio che ospita il Municipio di San Vero Milis, proseguendo per poche decine di metri, alla destra della via Eleonora d’Arborea si vede la chiesa di San Michele Arcangelo, edificata probabilmente tra la fine del cinquecento ed i primi del seicento come antica sede della Confraternita dello Spirito Santo dedicata all’Arcangelo San Michele. Originariamente era un edificio a una sola navata, coperto con capriate di legno e con presbiterio a pianta quadrangolare. Successivamente, nel 1668, la Confraternita ha commissionato ai Picapedrers Cristolu Pisano di Narbolia e Agosti Marras di Bosa l’ampliamento dell’edificio, con l’aggiunta di una navata laterale da ottenersi mediante lo sfondamento del muro perimetrale, con arconi a tutto sesto, simili a quello presbiteriale. La stessa soluzione verrà adottata in tempi posteriori con la costruzione della seconda navata laterale sull’altro lato dell’edificio. Il prospetto, a seguito di questi ampliamenti, si presenta piuttosto sviluppato in larghezza, con le due porte d’accesso alle navate laterali e il portale timpanato, in pietra trachitica verde, dalla complessa decorazione che permette di accostarlo stilisticamente a quelli presenti nella parrocchiale di Santa Sofia. A San Vero Milis presso questa chiesa ogni anno il 29 settembre si svolge la Festa di San Michele Arcangelo, preceduta da una novena che si svolge presso la chiesa di San Michele Arcangelo. Per quanta riguarda i festeggiamenti religiosi, la sera della vigilia si tengono i vespri e la Santa messa, mentre il giorno della Festa si svolge la processione con il simulacro del Santo dalla chiesa di San Michele Arcangelo alla parrocchiale di Santa Sofia, dove si tiene la messa solenne, seguita da un’altra messa in serata e dalla processione di rientro del Santo nella sua chiesa. I festeggiamenti civili iniziano la sera della vigilia con l’accensione di un grande falò presso la località Su Cunzau Mannu, dove è presente l’Anfiteatro Comunale, seguiti da spettacoli musicali ed altri intrattenimenti, che durano dalla vigilia al giorno successivo a quello della festa. La Palestra ComunaleRitorniamo in corso Umberto I, dove avevamo preso verso destra la deviazione in via Eleonora d’Arborea. Proseguiamo verso sud lungo la via Umberto I e, dopo circa duecento metri, si vedono alla sinistra della strada i diversi ingressi che permettono di raggiungere l’Istituto Comprensivo nel quale si trovano le Scuole Elementari e medie. All’interno di questo complesso scolastico si trova la Palestra Comunale, che non è dotata di tribune per il pubblico, e nella quale è possibile praticare come discipline la pallacanestro, la pallavolo, ed altre Attività ginnico motorie. Il nuovo Cimitero ComunaleProseguiamo verso sud lungo la via Umberto I. A circa quattrocentocinquanta metri da dove avevamo preso verso destra la deviazione in via Eleonora d’Arborea, si vede alla sinistra della strada una deviazione con fondo piastrellato sulla quale si vede alla destra la facciata del nuovo Cimitero Comunale di San Vero Milis, il cui lungo fianco destro si sviluppa per circa centocinquanta metri lungo la prosecuzione della via Umberto I, alla sua sinistra. Questo nuovo Cimitero Comunale ha sostituito il Cimitero vecchio, che si trovava dove oggi sorge il Museo Civico. L’AnfiteatroDa dove dalla via Umberto I avevamo preso la via Eleonora d’Arborea che ci aveva portati al Muncipio, riprendiamo la via Umberto I questa volta verso nord, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Margherita di Savoia. Dopo cinquecento metri prendiamo a sinistra il viale su Cunzau Mannu, percorsi circa duecento metri lungo questo viale, parte a sinistra la via S’Uraki. Tra questa strada e la prosecuzione del viale su Cunzau Mannu si sviluppa il nuovo Anfiteatro Comunale, che è stato intestato nel 2021 alla memoria di Isidoro Fenu e Raimondo lepori, due musicisti virtuosi della tradizione sarda che tanto hanno amato la musica e la poesia, e che hanno ricevuto riconoscimenti e dato lustro anche al di fuori della comunità sanverese. Il Campo Sportivo ComunaleDa dove dalla via Umberto I avevamo preso la via Eleonora d’Arborea che ci aveva portati al Muncipio, riprendiamo la via Umberto I questa volta verso nord, la seguiamo per quattrocentocinquanta metri, poi svoltiamo a sinistra e prendiamo la via Margherita di Savoia. Dopo cinquecentocinquanta metri, si vede alla sinistra della strada l’ingresso del Campo sporivo Comunale. All’interno di questo complesso sportivo è presente il Campo da Calcio, con fondo in terra battuta per il quale è stata deliberata la sostituzione con un nuovo fondo in erba sintetica, dotato di tribune in grado di ospitare 600 spettatori. Olte al Campo da Calcio, nel complesso sportivo sono presenti un Campo da Tennis, che non è dotato di tribune; ed un Campo da mini basket, anch’esso senza tribune per gli spettatori, nel quale praticare come discipline la pallacanestro ed il mini basket. Visita dei dintorni di San Vero MilisPer quanto riguarda le principali ricerche archeologiche effettuate nei dintorni di San Vero Milis sono stati portati alla luce i ritrovamenti fatti presso le rive dello stagno Sa ’e Proccus, dove sono state scoperte necropoli e altre tracce della presenza umana, consistenti in villaggi di capanne e domus de janas, tombe ipogeiche a grotticella artificiale; sono poi stati portati alla luce i resti dei Nuraghi semplici Abilis, Bidda Maiore, Costa Atzori, lilloi, Melas, Priogu, S’Omu, S’Uraccheddu Biancu, Serra Is Araus, Soddi, Zerrei; dei Nuraghi complessi ’e Mesu, Bidda Maiore II, Gutturu Diegu, S’Urachi, Sale Porcus, Sorighis, Spinarba, su Conventu; dei Nuraghi Bidda Maiore III, de Is Benas, Pala Naxi, Pala Naxi II, Pauli Beccia, Pearba, S’Uracheddu Pranu, S’Urachi ’e Mesu, S’Urachi Sa Mandra, Sa Rocchitta, San Pietro, Santa Maria, Santa Vittoria, su Pedro su di tipologia indefinita. Vediamo ora che cosa si trova di più sigificativo nei dintorni dell’abitato che abbiamo appena descritto. Ruderi della chiesa campestre di San LussorioDal centro di San Vero Milis prendiamo verso nord la via del Bianco, che ci porta verso la SP9 in direzione di Milis. Prima dell’uscita dall’abitato, pessiamo il pnto dove parte a dsinistra la via su Cantaru, e subito dopo prendiamo la deviazione verso sinistra che è la via San Lussorio. Percorriamo un chilometro e settecento metri ed arriviamo a un bivio, dove prendiamo a destra e poi di nuovo leggermente a destra immettendoci nella SP14 che si dirige verso l’abitato di Milis. Percorsi novecento metri, si vedono nella campagna alla sinistra della strada i Ruderi della chiesa campestre di San Lussorio Martire, che apparteneva alla parrocchia di San Vero Milis ma si trova vicino al confine Comunale, probabilmente già in territorio di Milis. L’edificio è a navata unica, pianta rettangolare, ed è privo di copertura. Presenta ancora in buone condizioni la parete sud, mentre quella nord è crollata a seguito di un nubifragio nell’inverno dell’anno 2010. Sulla parete sud si apre un portale con arco a tutto sesto in conci di trachite verde. Sempre in trachite verde doveva essere l’altro portale presente sulla parete ovest del quale si notano, crollati, i conci regolari. Questa chiesa, che veniva chiamata di Santu Lussurzeddu perché conservava una statua di San Lussorio molto piccola, alta meno di un metro, è stata dismessa dopo la seconda Guerra Mondiale. La statua del Santo, vestito da soldato romano, era sistemata dentro una nicchia sopra la mensa dell’altare, ed era credenza popolare che baciando il collare di pelle che la statua del Santo portava al collo si guariva o si rimaneva indenni da malattie della gola. Un tempo, prima della seconda Guerra Mondiale, gli abitanti di Milis portarono via la statua rivendicandone la proprietà in quanto ritenevano che la chiesa si trovasse in territorio del comune di Milis, ma è stata restituita con l’intervento dei Carabinieri. Dopo la chiusura della chiesa, la statua è stata portata nella chiesa parrocchiale di San Vero Milis, e lì è stata bruciata in un non meglio precisato sabato Santo della seconda metà del novecento, dato che gli arredi sacri ormai dismessi o rovinati venivano bruciati sempre il sabato Santo, dato che si riteneva fosse il metodo più efficace per difendersi dai tarli. La Festa di San Lussorio si celebrava otto giorni dopo ferragosto, il 21 ed il 22 di agosto, ma veniva spostata se non cadeva di domenica per il vespro, e di lunedì per la vera e propria festa. Una Festa con vespro si faceva anche in aprile. I resti del nuraghe complesso S’UrakiDal Municipio di San Vero Milis, la via Eleonora d’Arborea, passata la chiesa di San Michele Arcangelo, incrocia la via San Michele, la prendiamo verso sinistra e la seguiamo per poco più di cinquecento metri, finché questa strada va ad immettersi sulla SP10 che esce dall’abitato e si dirige ad ovest verso Putzu Idu. Dopo quattrocento metri si incrocia un’ampia rotonda, alla quale si prende la prima uscita per rimanere sulla SP10 e, dopo cinquecento metri, si trova alla sinistra un sentiero che porta al cancello di ingresso dell’area nella quale si trova il grandioso complesso chiamato Nuraghe S’Uraki, con un vasto villaggio intorno. È un grande nuraghe complesso costruito in basalto a 6 metri di altezza, uno dei più grandi in Sardegna, ancora oggi non interamente riportato alla luce, è impossibile quindi descriverne la planimetria completa. I lavori di scavo avviati nel 1948 ad opera tra gli altri di Giovanni Lilliu e ripresi con cadenza regolare dal 1979, che continuano fino ad oggi anche se eseguiti in modo discontinuo, hanno messo in luce solo parte della cinta muraria più esterna, che colpisce per l’estensione. Si tratta di un polilobato, ovvero presenta una torre centrale, il mastio, ed altre torri di cui per ora solo alcune di queste sono visibili. Si possono infatti distinguere ben sette torri, tutte collegate fra loro da mura rettilinee che nei punti più alti hanno un’altezza residua di circa tre metri, ed è probabile che altre tre torri siano ancora sepolte dall’ampia coltre di terra depositatasi nel tempo, in totale la cinta forse consisteva di dieci torri. Non è stato per il momento messo in luce l’ingresso che da queste mura conduceva quasi certamente all’interno di un cortile da cui si poteva accedere al mastio ed alle torri interne del nuraghe. Il basalto per la costruzione proveniva probabilmente dalla zona di Narbolia a due chilometri di distanza, a dimostrare l’importanza del sito nella preistoria. L’imponenza della cinta esterna pone senz’altro questo nuraghe tra i maggiori della Sardegna per estensione e complessità, se si pensa che il più grande per estensione, il nuraghe Arrubiu di Orroli, ha anch’esso la cinta muraria esterna con sette torri. Intorno al nuraghe si trovano i resti del villaggio nuragico. L’area è stata successivamente interessata dai Fenici come mostrano numerosi reperti tra i quali un torciere di bronzo di tipo cipriota databile alla fine dell’ottavo o all’inizio del settimo secolo avanti Cristo ed esposto oggi al Museo Archeologico Nazionale di Cagliari, ed alcune tombe che sono tracce di una necropoli. Gli ultimi scavi archeologici che risalgono dal 2012 al 2019 hanno portato alla luce strutture della fase punica del complesso. Tra i ritrovamenti più interessanti legati al nuraghe, oltre al famoso torciere bronzeo, dati interessanti arrivano da alcuni scavi eseguiti nel 2005 riguardanti la base, nel fossato davanti all’antemurale, forse utilizzato come deposito o per riti votivi, dove sono state ritrovate delle ossa di pollo, una delle più antiche attestazioni in Sardegna e in Italia dato che risalgono al settimo secolo avanti Cristo. Anche in età romana l’area viene frequentata, vengono costruiti edifici al di sopra dei resti interrati del nuraghe, ed anche una strada che passava accanto all’antemurale e dei ponti. Quest’ultima, ormai non più utilizzata, verrà a breve eliminata per render maggiormente visibili le torri esterne. Ruderi della chiesa campestre dei Santi Nicola di Bari e Nicola di TolentinoPassato l’accesso all’area archeologica del nuraghe S’Uraki, proseguiamo sulla SP10 verso ovest per un chilometro ed ottocento metri, poi svoltiamo a sinistra in una strada alla cui sinistrapoco più avanti inizia a scorrere il canale di bonifica del rio Mannu. Dopo un chilometri e centocinquanta metri, subito dopo essere passati sopra un ponticello che supera il canale, svoltiamo a sinistra e proseguiamo per circa un chilometro, fino ad arrivare a vedere, alla sinistra della strada, gli stabilimenti di una grande azienda agricola. Subito più avanti, nella campagna, si trovano i ruderi della chiesa campestre dedicata ai Santi Nicola di Bari e Nicola di Tolentino, che aveva una unica navata con il portsle ad ovest e l’abside rivolto verso est. La prossima tappa del nostro viaggioNella prossima tappa del nostro viaggio, visiteremo la costiera di San Vero Milis nella parte settentrionale dell’affascinante penisola del Sinis. La costa rocciosa si solleva rispetto alla battigia quasi a preannunciare la falesia calcarea di su Tingiosu, poi riparata dal vento di maestrale Putzu Idu con la sua costa che si estende fino a Mandriola, si innalzano quindi le falesie di Capo Mannu. |