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Nell’Eneolitico Medio avviene una ripresa con lo sviluppo delle Culture di Filigosa e Abealzu


In questa pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo dell’Eneolitico Medio, un periodo nel quale si afferma in Sardegna la Cultura di Filigosa, Durante la quale vedremo la costruzione del secondo Santuario di Monte d’Accoddi e la realizzazione delle statue menhir, e la Cultura di Abealzu con la realizzazione degli idoletti della Dea Madre realizzati a traforo.

Nell’Eneolitico Medio, tra il 3000 ed il 2700 avanti Cristo, terminata la facies Sub-Ozieri, ha inizio una lenta rinascita

Datazioni del’età del RameL’Eneolitico Medio è la fase cronologica che si sviluppa secondo la cronologia calibrata tra il 3000 ed il 2700 avanti Cristo e secondo una datazione più tradizionale, basata su considerazioni strettamente tecnologiche o etnologiche, tra il 2600 ed il 2400 avanti Cristo. L’Eneolitico Medio può essere distinto in due fasi, ossia la Fase iniziale dal 3000 al 2900 avanti Cristo, e la Fase finale dal 2900 al 2700 avanti Cristo. In questo periodo, terminata la fase Sub-Ozieri, si assiste ad una lenta rinascita, con l’affermazione di nuove espressioni culturali, le quali risultano, però, ancora assai povere e circoscritte in zone assai limitate dell’Isola.

Nella prima fase dell’Eneolitico Medio nasce la Cultura di Filigosa

Macomer: la necropoli di Filigosa-dromos, ossia il corridoio d’accesso a cielo aperto, di una tombaLa prima ad affermarsi nell’Eneolitico Medio è la Cultura di Filigosa che prende il nome dalla necropoli ipogeica omonima, situata su una collina presso Macomer, in Provincia di Nuoro. Questa fase culturale si sviluppa, in una zona abbastanza limitata della Sardegna occidentale, nella fase iniziale dell’Eneolitico Medio, secondo la cronologia calibrata tra il 3000 ed il 2900 avanti Cristo, e secondo una datazione tradizionale, basata su considerazioni strettamente tecnologiche o etnologiche, tra il 2600 ed il 2500 avanti Cristo. Con i corredi funerari si sono rinvenuti resti umani caratterizzati da ossa scarnificate, che confermano la pratica di una deposizione secondaria, ossia effettuata dopo che si è conclusa la consumazione delle parti molli del corpo per esposizione del corpo agli agenti atmosferici.

La struttura sociale e l’economia

La Cultura di Filigosa determina una rinascita culturale della popolazione, con una conseguente ripresa economica. La popolazione è dedita alla pastorizia e all’agricoltura, ma la sua attività si sviluppa anche nella produzione di manufatti elaborati e ceramiche, oltre che nella produzione e lavorazione dei metalli.

Gli insediamenti abitativi

La popolazione della Cultura di Filigosa inizia a costruire villaggi organizzati per il controllo del territorio. Vive all’interno di insediamenti abitativi più vasti e più strutturati, rispetto a quelli dell’epoca precedente, che erano stati realizzati in un contesto di sopravvivenza da parte degli uomini del Sub-Ozieri. Finora i principali reperti di questa cultura che sono stati rinvenuti, provengono in prevalenza da ambiti funerari, in particolare da Domus de janas, ma la cultura è documentata anche nell’abitato realizzato sul Colle di San Giuseppe, alla periferia di Padria, in Provincia di Sassari.

Le ceramiche di Filigosa

Ceramiche della Cultura di FiligosaI manufatti ceramici pertinenti a questa cultura provengono quasi esclusivamente da contesti funerari, e consistono in vasi caratterizzati da forme che sono tipiche di questa cultura. Tra essi prevalgono tazze e scodelle carenate, ollette, vasi a collo e tripodi. Nella parte più meridione dell’Isola, compaiono anche fogge vascolari diverse, come vasetti con fondo conico, vasi con breve colletto e bassa carena; e si sono rinvenuti, nei contesti funerari, anche vasi di forme miniaturistiche. I più significativi sono i vasi rinvenuti soprattutto nella tomba I della necropoli di Filigosa. Si tratta di vasi, in genere di piccole dimensioni, non decorati o raramente decorati a graffiti o a motivi impressi. Nella Sardegna centro–settentrionale, la decorazione più comune è quella graffita; mentre, nella parte più meridionale dell’Isola, i vasi mostrano semplici decorazioni a linee incise o a file di punti. Sono stati trovati anche vari reperti in ceramica più raffinati, soprattutto vasellame ceramico piuttosto semplice, decorato con impressioni digitali e graffiti con motivi di zig-zag, rombi, reticoli, che sono invece del tutto assenti nei reperti della quasi contemporanea Cultura di Abealzu.

L’industria litica

Nell’ambito dell’industria litica scheggiata, in questa fase, come già in quella Sub–Ozieri, si assiste ad un impoverimento della produzione e della qualità dei manufatti. Infatti, continua la produzione di punte di freccia in ossidiana e, in misura minore in selce, ma queste sono corte e tozze, lontane dall’eleganza di quelle di Ozieri, e di solito non si accompagnano agli altri utensili, che erano comuni nei contesti del Neolitico Recente della Sardegna. Nei contesti funerari sono stati rinvenuti anche pesi da telaio e fusaiole, impiegate dalla donna durante l’operazione di filatura, per fungere da contrappeso al fuso per rendere regolare il movimento rotatorio.

L’industria metallurgica ed altri ritrovamenti

La popolazioni di Filigosa usano ancora l’ossidiana, ma iniziano ad apparire, durante questo periodo, i primi oggetti ottenuti dalla fusione del rame. La presenza consistente di oggetti in rame e argento, fanno presupporre un’attività metallurgica locale, fornita già di buone capacità tecniche. Sono stati rinvenuti soprattutto anellini in argento ed i primi pugnaletti in rame. Si tratta di piccoli pugnali, soprattutto quelli a doppia lama dei quali troviamo una rappresentazione scolpita sulle statue menhir de Laconi e Nurallao. Oltre alle punte di freccia in ossidiana ed ai diversi oggetti in rame e argento, sono state rinvenute collane in argilla, in osso e realizzate con conchiglie.

Il culto dei morti

Anche durante questa fase culturale le tombe sono ricavate in caverne, ripari sotto roccia, grotte artificiali. É probabile che si continui anche l’utilizzo di Dolmen, tombe a corridoio, ed anche di ciste funerarie. Sembrano essere caratteristiche di questa fase, le tombe ipogeiche con fossette o coppelle nell’anticella. Con i corredi funerari si sono rinvenuti resti umani caratterizzati da ossa scarnificate, che confermano la pratica di una deposizione secondaria, ossia effettuata dopo che si è conclusa la consumazione delle parti molli del corpo per la sua esposizione agli agenti atmosferici.

La religiosità

La necropoli di Porto Ferro: statuine in marmo di divinità femminile del tipo a traforo che si fanno risalire alla Cultura di Filigosa o di AbealzuIl cambiamento culturale è evidenziato anche da un nuovo modo di rappresentare la Dea Madre, non più con idoli di tipo volumetrico, ma realizzata con piccoli idoletti in materiali vari, soprattutto in marmo. Da molti contesti funerari tra cui quello nei dintorni di Porto Ferro provengono statuine in marmo femminili di stile geometrico, con le braccia staccate dal busto e ricondotte alla vita, da cui la definizione di Idoli a traforo. Sono cruciformi e piatte e presentano analogie con alcune statuine trovate nelle isole Cicladi in Grecia. Sappiamo di sicuro, inoltre, che in questa fase vengono divinizzati gli antenati guerrieri. Alla religione basata sul culto della Dea Madre, si affianca il culto del Padre Eroe, che ritroveremo rappresentati nelle statue-Dolmen.

Le statue menhir antropomorfe

Laconi-Museo delle Statue menhir: statua mehnir maschileLaconi-Museo delle Statue menhir: statua mehnir femminileSi ritiene che risalgano al periodo di questa cultura i Menhir antropomorfi e le Statue menhir che probabilmente non rappresentavano più la divinità, come i grandi menhir del periodo megalitico, ma forse gli eroi, i guerrieri mitici e gli antenati di quelle popolazioni. Sulla pietra troviamo scolpiti diversi simboli tra i quali Corna taurine ed Occhi, a simbolizzare la fertilità maschile e femminile. Ma compare, soprattutto, il simbolo del cosiddetto Capovolto, una figura nella parte alta della statua, quasi un uomo a testa in giù, che viene interpretata come simbolo funerario. Molte delle statue menhir vengono definite come Armate, dato che su di esse è presente il Doppio pugnale, ossia un pugnale a doppia lama, interpretato come simbolo del potere. Si tratta di simboli che cominciano a comparire anche nelle Domus de janas. Questo tipo di menhir e statue sono stati rinvenuti, in maggior numero, nel territorio de Laconi, in Provincia di Oristano; oltre che a Goni, nel Gerrei in Provincia di Cagliari. Solo a Laconi e nelle campagne circostanti, sono stati rinvenuti oltre 100 menhir sia di tipo protoantropomorfo che antropomorfo, e numerose statue-Menhir. Ne sono stati rinvenuti anche, sia pure in quantità minore, in diverse località del Sarcidano, in Provincia di Cagliari, in particolare a Nurallao; e nel Mandrolisai, in pèrovincia di Nuoro.

Il secondo Santuario di Monte d’Accoddi

Porto Torres: altare di Monte d’Accoddi-Secondo tempioNel periodo della Cultura di Filigosa,300 anni dopo la sua distruzione, sopra i resti del tempio Rosso viene edificato il Secondo Santuario di Monte d’Accoddì quello che è arrivato fino a noi, conosciuto anche come Tempio a gradoni, costituito da un altare di 36x29 metri, alto 9 metri, con la sommità raggiungibile da una rampa lunga 42 metri. Porto Torres: altare di Monte d’AccoddiQuello che possiamo vedere oggi è una Ziggurath di tipo orientale realizzata però non in argilla, come quelli della Mesopotamia, che sono stati quasi completamente distrutti dal tempo, bensì in pietra come tutte le costruzioni megalitiche della Sardegna. È interamente realizzato con grosse pietre messe in opera a secco senza uso di intonaco, viene quindi edificato dagli eredi dei costruttori dei grandi Nuraghi, e rappresenta l’unico esempio in Europa, di questo tipo di costruzioni. Il tempio è stato, molto probabilmente, consacrato al Dio Sole, che richiama per la sua disposizionesu una terrazza sopraelevata i templi a Ziggurat della Mesopotamia. Ai piedi della piramide a gradoni sono stati ritrovati dagli archeologi consistenti accumuli, composti da resti di antichi pasti sacri, ed anche oggetti utilizzati, probabilmente, durante i riti sacri. È sotto di esso che sono state individuate le tracce del tempio Rosso che, con la difficoltà di effettuare piccolo scavi senza compromettere la struttura sovrastante, hanno permesso di ricostruirne la storia. Il monumento, a trecento metri dal quale sono presenti due massi di arenaria scolpiti e dipinti uno di bianco l’altro di rosso, a rappresentare forse la coppia divina Dio Toro e Dea Madre, testimonia un insolito, unico ed eccezionale incontro fra il Megalitismo del mondo occidentale e l’architettura tipicamente orientale dei templi a Ziggurat. reperti rinvenuti nelle capanne di Monte d’AccoddiI reperti più antichi rinvenuti durante gli scavi mostrano un villaggio di capanne ancora del Neolitico Antico, presumibilmente del periodo della Cultura di Bonu Ighinu, tra il 4700 ed il 4200 avanti Cristo. Nelle capanne sono stati rinvenuti resti di vasi puntinati. Nel periodo della Cultura di Ozieri, tra il 4000 ed il 3200 avanti Cristo, accanto ad esso si realizza un villaggio a capanne quadrangolari. Altare di Monte d’Accoddi-tempio abbandonato e ricoperto dalla vegetazioneRisalgono a questo periodo anche un menhir alto 4,70 metri e due tavole sacrificali con una stele femminile. Nelle capanne che sorgono alla base del monumento sono stati trovati reperti della Cultura di Filigosa, della Cultura di Abealzu, della Cultura di Monte Claro e di quella del Vaso Campaniforme, mentre è quasi certo che all’epoca della Cultura di Bonnanaro il Santuario, come luogo di culto, non fosse già più in uso.

Nella seconda fase dell’Eneolitico Medio nasce la Cultura di Abealzu

Nella fase finale dell’Eneolitico Medio secondo la cronologia calibrata tra il 2900 ed il 2700 avanti Cristo, e secondo una datazione più tradizionale, basata su considerazioni strettamente tecnologiche o etnologiche, tra il 2500 ed il 2400 avanti Cristo, si afferma anche la Cultura di Abealzu dal nome dell’omonima necropoli in territorio di Osilo, in Provincia di Sassari. Rappresenta, anche questa, l’espressione di una lenta rinascita, dopo la fase Sub-Ozieri, con l’affermazione di una nuova espressione culturale, che risulta però ancora assai povera.

La struttura sociale e l’economia

Sono notevoli le analogie della Cultura di Abealzu con quella di Filigosa, per cui anche questa cultura determina una rinascita culturale della popolazione, con una conseguente ripresa economica. La popolazione è ancora dedita alla pastorizia e all’agricoltura, producendo e lavorando i metalli, manufatti elaborati e ceramiche. Alcuni reperti portano ad ipotizzare che inizi anche la lavorazione dei latticini.

Gli insediamenti abitativi

La popolazione, anche in questa fase culturale, costruisce villaggi e vive all’interno di insediamenti abitativi più vasti e più strutturati, rispetto a quelli dell’epoca precedente. In ambito abitativo, sono significative le strutture con muri rettilinei, realizzate con rozze pietre, e la presenza di ambienti multipli, che sono documentate nel villaggio realizzato intorno al Santuario di Monte d’Accoddi.

Le ceramiche

Vaso tripode della Cultura di AbealzuI manufatti ceramici pertinenti a questa cultura provengono anch’essi quasi esclusivamente da contesti funerari. Vaso a fiasco della Cultura di AbealzuTipici di questa cultura sono oggetti in ceramica, soprattutto vasi a fiasco, vasi a collo anche di dimensioni miniaturistiche, vasi chiusi con un’ansa verticale e bugna o coppie di bugne contrapposte, tripodi. Sono privi di decorazioni, e non presentano decorazioni a impressione o a graffiti che erano presenti nella Cultura di Filigosa. Questi vasi sono, invece, spesso caratterizzati dalla presenza di semplici bozze di tipo mammellare accoppiate, con forti analogie con vari oggetti dell’area peninsullare e dell’area franco: svizzera. Dalle tombe ipogeiche della necropoli di Abealzu ed anche della vicina necropoli di Sos laccheddos provengono vasi a fiasco ed un tripode, oltre a tre vasettini miniaturistici. Nelle due necropoli sono state trovate, inoltre, alcune ciotole con la carena marcata.

L’industria litica

Mestolo d’impasto della Cultura di AbealzuAlle caratteristiche delle ceramiche, sono accompagnati, per il momento, solo pochi altri tratti peculiari di questa cultura, a causa delle limitate conoscenze che abbiamo di essa. Sono state rinvenute soprattutto piccole punte di freccia in ossidiana. Dalla necropoli di Sos laccheddos, provengono due piccoli mestoli d’impasto con una lunga impugnatura forata, con manico terminante con una protome ornitomorfa, ossia con terminazione a testa di uccello, dei quali si ignora la funzione ma che si ritiene potessero essere utilizzati come frangicagliata nella lavorazione dei latticini. É stata rinvenuta, sempre in questa necropoli, anche un’ascia a martello in pietra levigata, con abbozzato un piccolo foro, una testa di spillone ed un vasettino di legno.

L’industria metallurgica ed altri rinvenimenti

All’interno delle sepolture di questa fase culturale, oltre alle punte di freccia in ossidiana, sono stati rinvenuti anche alcuni piccoli oggetti in rame ed in argento. Si presume, quindi, una prosecuzione dell’attività metallurgica locale, fornita di buone capacità tecniche.

La religione

Come nella fase di Filigosa, anche in questa fase la raffigurazione della divinità femminile è rappresentata da piccoli idoli cruciformi a placca traforata.

Il culto dei morti

Per quanto riguarda le sepolture, vengono prevalentemente utilizzati ipogei preesistenti. Anche durante questa fase culturale le tombe sono ricavate in caverne, ripari sotto roccia, grotte artificiali. É probabile che si continui anche l’utilizzo di Dolmen, tombe a corridoio, ciste funerarie.

La prossima pagina

Nella prossima pagina proseguiremo la descrizione della preistoria in Sardegna. Parleremo dell’Eneolitico Recente, durante il quale si ha una forte ripresa delle popolazioni sarde, con l’affermarsi in tutta l’isola della Cultura di Monte Claro che viene in breve tempo a diffondersi nei territori a più chiara vocazione agricola di tutta l’isola.


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