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Nel 456 inizia l’occupazione vandalica fino al 534 quando la Sardegna entra a far parte dell’Impero bizantino


In questa pagina vedremo come, dopo la fine dell’impero Romano d’Occidente, nel 456 inizia l’occupazione dei Vandali che dura fino al 534, quando I Bizantini occupano la Sardegna, che entra a far parte dell’impero di Bisanzio.

La fine dell’impero Romano d’Occidente

Datazioni dell’occupazione vandalica e bizantinaDal 395, alla morte dell’Imperatore Teodosio, assistiamo alla separazione tra l’impero Romano d’Occidente e l’impero Romano d’Oriente. Egli infatti decide di affidare gli immensi territori, sempre più vulnerabili sotto la pressione dei barbari, ai suoi due figli: Arcadio, il maggiore, cui viene assegnato il governo della parte orientale dell’impero, ed Onorio, il minore, cui spetta la parte occidentale.

Onorio ed il generale Stilicone

OnorioDopo il 395, Onorio figlio di Teodosio nato a Costantinopoli nel 384, ed i successivi Imperatori d’Occidente, sono tutti imperatori fantoccio. I veri regnanti sono i generali, che assumono il titolo di Magister Militum e controllano l’impero. Sono quasi tutti germani Cristianizzati, seguaci dell’Arianesimo la dottrina eretica dei primi secoli del Cristianesimo secondo la quale solo il Padre e non il Figlio può essere considerato veramente Dio, non generato e di conseguenza non creato. Questo in contrasto con quanto sancito dai vescovi d’occidente nel Concilio di Nicea del 325. Essendo Onorio appena undicenne, la reggenza viene affidata al generale Flavio Stilicone nato nell’odierna Germania da un padre ausiliario romano di origine vandala, e da madre cittadina romana. Accattivatasi la simpatia dell’Imperatore Teodosio, diviene uno dei personaggi più influenti alla corte di Costantinopoli. Tenta di mantenere l’unità dell’impero, osteggiato in questo da Arcadio Imperatore d’Oriente e dalla corte, che in lui vede un barbaro, protettore di barbari. Stilicone guida le armate romane dal 395 al 408. Non essendo riuscito a domare una rivolta di Visigoti, viene accusato di complicità con il nemico, cade, quindi, in disgrazia, e cessa di occuparsi degli affari d’Oriente, dedicando le sue forze all’Imperatore d’Occidente, il giovane Onorio, al quale da in moglie, nel 398, la propria figlia Maria, e, dopo la morte di questa, gli dà in sposa anche l’altra figlia Termanzia. Stilicone si occupa del ripristino delle strade, reprime gli abusi della casta militare, si mostra tollerante verso i culti non cattolici, tanto da permettere ai pagani di celebrare i loro riti, a eccezione dei sacrifici.

Il primo attacco dei Visigoti di Alarico

Alarico, re dei VisigotiL’inizio del declino inizia quando i Visigoti popolo di origine germanica appartenente alla tribù dei Goti, nel 395, proclamato re il venticinquenne Alarico attaccano l’impero. Il nome Visigoti viene dato loro da Cassiodoro, e letteralmente vuol dire Goti Nobili, ma sono citati anche come Goti dell’Ovest. I Visigoti invadono la Tracia, la Macedonia, e poi la Tessaglia, dove vengono fermati dal generale Stilicone, reggente dell’impero Romano d’Occidente, per conto di Onorio, ancora bambino. Ma l’Imperatore d’oriente, Arcadio, intima a Stilicone di rientrare. I Visigoti, allora, attraversano la Beozia e l’Attica, occupano il Pireo, e costringono Atene alla resa, senza però saccheggiarla. Nel corso del 396, tutto il Peloponneso viene occupato e subisce la violenza e le devastazioni dei Visigoti. Nel 397, Stilicone sbarca a Corinto e scaccia i Visigoti dall’Arcadia. Ma, richiamato in patria per affrontare una rivolta in Africa, stipula un’alleanza che permette loro di ritirarsi sulle montagne a nord dell’Epiro. E, nel 399, Arcadio firma la pace e nomina Alarico Magister Militum. Alarico approfitta della situazione per rafforzarsi, e riarmare i Visigoti. Nel 401 riprendono le ostilità, arrivano in Italia, e da Aquileia Si dirigono su Milano dove si trovava l’Imperatore Onorio. Ma, nel 402, vengono fermati di nuovo da Stilicone, a Pollenzo. Stilicone torna a nominare Alarico Magister Militum, purche si allontani dall’Italia. Lasciata l’Italia, i Visigoti non si allontanano, però, dai suoi confini. E nel 403, rientrano arrivando ad Assediare Verona ma vengono nuovamente sconfitti da Stilicone, presso Verona, riattraversano le Alpi e vanno a stabilirsi tra l’attuale Austria e la Pannonia, dove rimarranno sino alla morte di Stilicone nel 408.

La prima invasione vandalica e il loro stanziarsi in Spagna

I Vandali sono una popolazione germanica orientale, come i Burgundi, i Goti, i Winili ed i longobardi, che vive nell’attuale Polonia, tra l’Oder e il Tibisco. Finche, con l’ascesa di Costantino I nel 335 dopo Cristo, riescono a entrare nei territori dell’impero, sulla riva destra del Danubio, ottenendo il permesso di stabilirsi in Pannonia, come Foederati, mantenendo il compito di costituire una specie di cuscinetto fra l’impero e le altre tribù barbare della pianura russa. Verso il 400 dopo Cristo, i Vandali sono costretti a lasciare la Pannonia ed a muoversi verso Occidente, sotto la pressione dell’avanzata delle truppe unne. Nel 405, si uniscono agli Ostrogoti ossia ai cosiddetti Goti dell’est, quelli che si sono stanziati tra le foci dei fiumi don e Dnepr, e che sono comandati dal re Radagaiso. Insieme invadono l’Italia Arrivando sino a Firenze dove vengono, però, sconfitti dal generale Stilicone. Per la minaccia portata dai Visigoti di Alarico, vengono richiamate molte truppe dalla Gallia che rimane sguarnita. Questo, nel 406, facilita l’attraversamento del reno ghiacciato da parte di diverse popolazioni germaniche, i Vandali, gli Alani e gli Svevi, che, fatta eccezione per i Burgundi stabilitisi lungo il corso del reno, nel 409 passano i Pirenei ed arrivano in Spagna, dove portano distruzioni e saccheggi.

L’insurrezione delle province galliche e l’uccisione di Stilicone

Negli anni successivi al primo attacco dei Visigoti di Alarico, la situazione si fa ancora più grave; con l’insurrezione delle province galliche, e la Gallia resta abbandonata a barbari e usurpatori. Arriviamo al 408, quando Onorio decide di recarsi a Costantinopoli, per reclamare il trono d’Oriente essendo morto suo fratello Arcadio. Ma Stilicone lo convince a restare in Italia in frangenti tanto delicati: vi si recherà lui stesso. Però non ci riesce, dato che un cortigiano, Olimpio, gli mette contro Onorio stesso, che lo accusa di tradimento ed ordina la sua cattura. Anche se potrebbe evitare l’arresto sollevando le truppe a lui fedeli, Stilicone non lo fà per timore delle conseguenze sul destino del traballante impero, e si rifugia in una chiesa a Ravenna. I soldati di Onorio entrano, giurando di salvargli la vita; ma uscito Stilicone dalla chiesa, Viene ordinata la sua uccisione. Nella basilica di Sant’Ambrogio a Milano, si trova un sarcofago paleocristiano in marmo, detto di Stilicone. Il che è, però, inverosimile, per il luogo e il modo in cui fu ucciso; il nome si deve, quindi, probabilmente a una tradizione popolare.

Nel 410 il Visigoti di Alarico compiono il primo sacco di Roma

Nel 410 il primo sacco di Roma ad opera dei VisigotiVenuta meno l’abilità di Stilicone, nel 410 il re visigoto Alarico assedia Ravenna, che sta per cedere, quando riceve l’aiuto di un contingente di 4.000 soldati Bizantini. Attacca, poi, le città cispadane, passa in liguria, ed, in seguito, marcia su Roma. Il 24 agosto 410, dopo che la porta Salaria è stata aperta a tradimento, le truppe di Alarico entrano in Roma e la saccheggiano per tre giorni. É il famoso Primo sacco di Roma ad opera dei Visigoti di Alarico. Alarico, dopo il sacco di Roma, scende nel sud Italia dove prende la malaria che lo fa morire nello stesso 410. Secondo l’usanza visigota, viene seppellito, insieme al tesoro sottratto a Roma, nel letto del fiume Busento, che per l’occasione viene deviato dal suo corso utilizzando centinaia di schiavi, che, dopo aver ricondotto il fiume nel suo letto naturale, vengono trucidati per conservare la segretezza del punto della sepoltura.

L’accordo di Flavio Costanzo con i Visigoti mentre i Vandali e gli Alani occupano l’Africa

Genserico, re dei Vandali e degli AlaniIl generale Flavio Costanzo che era stato prefetto del pretorio d’Oriente al tempo di Costantino I, e che comanda le truppe romane dal 411 al 421, tenta di risollevare le sorti dell’impero con parziali successi. Sconfigge gli usurpatori nelle Gallie, nel 418 raggiunge un accordo con i Visigoti concedendo loro di stanziarsi in Aquitania, e li usa come Foederati per combattere Vandali e Alani in Spagna. Ma i Vandali e gli Alani si uniscono in un’unica coalizione, che riesce a prendere possesso dell’intera Spagna meridionale. Partendo dalla Spagna, nel 429, Genserico guida il suo popolo costituito da circa 80.000 persone, di cui 1cinquemila in armi, nella Provincia d’Africa, attrattovi dalla situazione di caos creata dalla rivolta dei Mauri, che l’autorità imperiale non riesce a controllare. Quindi i Vandali e gli Alani arriveranno ad occupare l’Africa romana, stabilendo nel 439 la loro capitale a Cartagine.

La successione ad Onorio

Galla Placidia con i figli Valentiniano e OnoriaOnorio, non avendo figli, nel 421 associa al trono Costanzo III marito della sorella Galla Placidia madre di Giusta Grata Onoria e Flavio Placido Valentiniano. Ma poi, qualche mese dopo, dietro insistenza della sorella, nomina a suo successore il figlio di lei Valentiniano, che non viene, però, riconosciuto dalla corte d’Oriente. Placidia, in dissidio con Onorio, si trasferisce, con i figli, a Costantinopoli, presso il nipote Teodosio II. Alla morte di Onorio, a Ravenna nel 423, Teodosio II, dietro pressione della zia Galla Placidia, decide di porre Valentiniano sul trono d’Occidente, che regna con il nome di Valentiniano III sotto tutela materna fino al 437, poi da solo fino al 455.

Flavio Ezio contiene con l’aiuto degli Unni le mire espansionistiche di Visigoti e Burgundi

Flavio EzioAttila, re degli UnniGli Unni sono un popolo bellicoso, probabilmente di origine mongola, o provenienti dalle steppe dell’odierno Kazakhistan, e nel quinto secolo costituiscono un regno nell’Europa centrorientale. Nel frattempo, nelle Gallie, emerge la figura del generale Flavio Ezio uno degli ultimi grandi generali Romani, nato nell’attuale Bulgaria e di probabile origine gotica, che comanda dal 433 al 454. Poco dopo la sua ascesa sul trono, intorno al 435, Attila riceve dal generale Flavio Ezio una riChiesta di sostegno militare nella Gallia, contro le minacce dei Burgundi, Bagaudi e Visigoti. Gli Unni accettano e, tra il 436 ed il 437, contribuiscono alla distruzione del regno dei Burgundi, che ha ispirato la saga dei Nibelunghi. Gli Unni riescono anche a reprimere i Bagaudi, e sconfiggono i Visigoti. Per ringraziarlo del suo sostegno militare, viene concessa ad Attila la carica onorifica di Magister Militum.

La feroce invasione degli Unni di Attila

Onoria, sorella di Valentiniano, nella primavera del 450, invia ad Attila una riChiesta d’aiuto per sottrarsi al fidanzamento con un senatore. Attila interpreta la riChiesta come una proposta di matrimonio, ed accetta pretendendo in dote metà dell’impero d’Occidente. Valentiniano scopre l’intrigo, ed è solo l’intervento della madre Galla Placidia a convincerlo a mandare in esilio, piuttosto che ad uccidere Onoria, e ad inviare un messaggio ad Attila, in cui disconosce la presunta proposta matrimoniale. Per reclamare il matrimonio con Onoria, Attila, nel 451, arma un esercito formato da Unni, Ostrogoti e Burgundi, che conta circa 500.000 uomini, il più grande in Europa da Duecentoanni. Il papa Leone MagnoVarcano il confine del reno, assoggettano molte città e si dirigono verso Orleans. Per contrastarlo, Flavio Ezio coinvolge Alani e Visigoti nella formazione di un esercito. Lo scontro ha luogo ai campi Catalaunici ed Attila è costretto a ritirare le sue truppe oltre il reno. Ma l’anno successivo, sempre per richiedere la mano di Onoria, Attila invade l’Italia, saccheggia numerose città e rade al suolo Aquileia. Ezio rimane con poche truppe a rallentare l’avanzata del re barbaro. Attila, che verrà soprannominato Flagellum Dei, ossia il flagello di Dio, per la sua ferocia, passato il Po, viene raggiunto da una delegazione della quale fa parte anche papa Leone I detto Leone Magno. La leggenda vuole che il papa fermi Attila mostrandogli il crocifisso, comunque l’importante è che, dopo l’incontro, Attila volge indietro il suo esercito, senza pretese ne sulla mano di Onoria, ne sulle terre in precedenza reclamate.

Le congiure di palazzo che sfaldano l’impero Romano d’Occidente

Nel 454 Valentiniano III uccide di propria mano, a Ravenna, in un intrigo di palazzo, Flavio Ezio l’uomo forte del regime, che come generale aveva sconfitto gli Unni. In seguito, il 16 marzo 455, anche Valentiniano III viene ucciso a Roma da un gruppo di congiurati, e con Valentiniano si estingue la dinastia imperiale di Occidente. La morte di Ezio ha eliminato l’uomo forte, che avrebbe potuto difendere l’impero dai pericoli esterni. I Vandali avrebbero, infatti, messo a sacco Roma di lì a pochi mesi. E la morte di Valentiniano elimina il simbolo attorno al quale si è realizzata la lealtà delle province romane, che in breve tempo si sfalda.

L’occupazione vandalica dell’Italia e, nel 455, il secondo sacco di Roma

Dopo la sconfitta di Attila e gli assassini del generale Ezio e di Valentiniano III, i Vandali riprendono la loro offensiva conquistando tutta l’Africa romana, la Sicilia, la Sardegna e le Baleari. Nel 455 il secondo sacco di Roma ad opera dei VandaliNel 455 i Vandali invadono l’Italia. Sono guidati da Genserico, cui si fa incontro alla porta Portuense papa Leone I che lo implora di risparmiare la città e la sua popolazione. La storia parla del violento saccheggio della città eterna da parte dei Vandali, il cosiddetto Secondo sacco di Roma dal quale è derivata la parola Vandalismo. Ma in realtà Genserico onora il suo giuramento. Non si verificano, infatti, ne eccidi, ne incendi, ne distruzioni, ed i suoi uomini non devastano Roma, e rispettano le Chiese cristiane. Comunque portano via denaro, razziano l’oro, l’argento e molti altri valori, con forza maggiore di quella dei visigoti di Alarico, autori del sacco del 410. Genserico porta, inoltre, con se l’imperatrice licinia Eudossia, vedova di Valentiniano III, e le sue figlie.

Il controllo dell’impero da parte del generale Ricimero

Il generale romano Ricimero barbaro cristiano ariano di origini gotiche, assume il potere dal 457 al 472, quando muore di febbre. Nella sua vita elegge diversi imperatori fantoccio, che egli manovra da dietro le quinte. Per far sopravvivere l’impero d’Occidente bisogna sconfiggere i Vandali, e per questo nel 468 l’Imperatore d’Oriente Leone allestisce, in coalizione con l’Occidente, una grande spedizione contro i Vandali, che si rivela, però, disastrosa. Tra il 469 ed il 470 in Gallia ed in Spagna, Eurico re dei Visigoti attacca ciò che rimane dei possedimenti Romani. Ed anche i Burgundi si espangono nella valle del Rodano.

Il generale Flavio Oreste e l’impero di Romolo Augusto

Nel 475 il generale Flavio Oreste nato in Pannonia, viene nominato nel 475 Magister Militum dall’Imperatore d’Occidente Giulio Nepote. Ma Oreste parte con le sue truppe da Roma e attacca l’Imperatore a Ravenna, costringendolo a fuggire in Dalmazia. Oreste, essendo di origini germaniche, non può diventare Imperatore; per questo fa proclamare Imperatore suo figlio, Romolo Augusto noto col diminutivo di Augustolo, Che è di madre romana, malgrado sia poco più che tredicenne.

Flavio Odoacre, il primo re barbaro di Roma

Flavia OdoacreNel 476 i soldati germanici, che erano arruolati nell’esercito romano, pretendono dall’Imperatore un terzo delle terre dell’impero, e di fronte al suo rifiuto, depongono l’ultimo Imperatore d’Occidente Romolo Augusto. L’Italia è ormai in mano a Flavio Odoacre generale capo della tribù degli Eruli, un popolo di Germani dell’est, che comanda i rivoltosi. Egli invia le insegne imperiali all’Imperatore d’Oriente Zenone perché il suo controllo sull’Italia venga formalmente riconosciuto. Zenone garantisce a Odoacre il titolo di patrizio romano, ma dichiara formalmente Imperatore il deposto Giulio Nepote, che non ritorna, però, dalla Dalmazia, anche se Odoacre fa coniare monete con il suo nome. Per questo, Odoacre viene considerato, dal 476, primo re barbarico in Italia. Giulio Nepote organizza, poi, una spedizione militare per tornare sul trono imperiale, ma viene ucciso nella sua villa nei pressi di Salona, in Dalmazia, da due dei suoi collaboratori. Odoacre regna, quindi, fino alla morte, a Ravenna nel 493; quando il re ostrogoto Teodorico incaricato da Zenone di invadere l’Italia e deporre Odoacre, che aveva invaso le province occidentali bizantine, lo invita ad un banchetto per sancire la pace fra i due sovrani, ma lo uccide nel corso dello stesso. Zenone, comunque, sempre nel 476, aveva confermato ai Vandali il possesso di tutta la Provincia d’Africa, dallo stretto di Gibilterra alla Tripolitania, delle isole Baleari, della Sicilia, della Corsica e della Sardegna. Inizia nel 476, quindi, in Sardegna, la Dominazione vandalica che dura fino al 533; e successivamente la Presenza bizantina sull’isola dal 533 al 900 circa.

La dominazione dei Vandali in Sardegna

Nel periodo nel quale Roma ha dovuto fronteggiare le invasioni barbariche, la Sardegna è stata considerata al riparo dal pericolo, ed è stata quindi scelta da molti come rifugio tranquillo. Invece, al ritorno dalla spedizione contro Roma, nel 456 i soldati del re Genserico Occupano la Sardegna. L’isola viene liberata nel 468 dal comandante Marcellino arrivato da Costantinopoli. Marcellino libera la Sardegna e poi raggiunge in Sicilia il resto delle truppe, agli ordini di Flavio Basilisco, che diventerà poi Imperatore d’Oriente. Ma a causa della inettitudine di quest’ultimo, la spedizione fallisce e Marcellino venne assassinato da uno dei suoi capitani. Alla sua morte la Sardegna torna in mano ai Vandali, che ci fanno arrivare, facendoli stanziare nel Sulcis, gruppi armati di berberi, i Mauritani che si erano ribellati al loro potere, da cui si ritiene derivino anche i termini sardi Maurreddos e Maurreddinos. Ancora oggi si celebra a Santadi Sa Coia Maureddina, ossia il Matrimonio Mauritano. E, nel 476, l’Imperatore d’Oriente Zenone, conferma ai Vandali il possesso di tutta la Provincia d’Africa, dallo stretto di Gibilterra alla Tripolitania, delle isole Baleari, della Sicilia, della Corsica e della Sardegna.

L’occupazione vandalica della Sardegna

Nel periodo dell’occupazione vandalica in Sardegna non avvengono grandi mutamenti in ambito sociale ed economico. Gli invasori, infatti, si limitano a riscuotere loro, invece dei Romani, le tasse dai proprietari terrieri. Solo nella religiosità avviene un certo cambiamento. Infatti i re Vandalici, quando si erano stabiliti in Africa settentrionale, professavano, come turri i germani Cristianizzati, l’Arianesimo. Occupata la Sardegna, la utilizzano come terra di esilio per quei Cristiani che si oppongono alle loro convizioni religiose. Così nell’isola arriva il Cristianesimo portato dai numerosi vescovi e monaci che svolgono un’intensa opera di evangelizzazione delle popolazioni sarde, ancora legate a forme antiche di religiosità e a riti pagani. Ed, inoltre, nel periodo dell’occupazione vandalica, due sardi diventano pontefici, ed entrambi verranno poi santificati.

Due pontefici nati in Sardegna

Il papa IlarioNel periodo dell’occupazione vandalica due Sardi diventano pontefici, si tratta di Ilario e di Simmaco. Esattamente il quaranteseiesimo papa è stato Ilario di Calagonis, in seguito divenuto Sant’Ilario. Secondo il Liber Pontificalis, dopo la morte di papa Leone I, viene scelto per la successione un Sardo di nome Ilario. Con ogni probabilità egli viene consacrato nel 461. Il suo pontificato è caratterizzato dalla stessa politica del suo predecessore per la difesa dell’unità della chiesa, ed egli si occupa principalmente degli affari della chiesa in Gallia ed in Spagna, dato che, a causa della disorganizzazione politica dei due paesi, per salvaguardare la gerarchia cattolica, risulta importante fortificarne il governo. Nel 465 tiene a Roma un Sinodo, i cui atti ci sono stati trasmessi integralmente. Come papa scrive lettere sulla fede cattolica, con cui conferma i Concili di Nicea, di Efeso e di Calcedonia, mettendo in luce il primato della sede romana. Provvede, inoltre, ad abbellire la basilica lateranense. Muore nel 468 e viene sepolto nella chiesa di San Lorenzo fuori le mura.

Il Papa SimmacoIl secondo è Simmaco che ha pontificati dal 498 al 514. L’unico documento storicamente attendibile che parli di San Simmaco il Liber Pontificalis, il quale ci fa conoscere le date del pontificato, ma non la sua origine. Comunque, in un’epistola, lo stesso Simmaco ribadisce la propria origine sarda, senza peraltro fornire indicazioni più precise. Simmaco è stato dunque, dopo Sant’Ilario, il secondo papa sardo. Simmaco è noto in particolare per lo scisma causato dalla sua lotta contro l’antipapa Lorenzo, e lui stesso nei suoi scritti asserisce di essere sardo di origine. È pervenuta a noi, tra le altre, una epistola di incoraggiamento, dedicata da Papa Simmaco, memore della sua terra di origine, al clero africano esiliato in Sardegna dal re vandalo Trasamondo, perché non voleva riconoscere la religione ariana. Muore nel 514 e viene sepolto nel portico di San Pietro, ma la sua tomba è andata perduta.

I vescovi africani esiliati in Sardegna

Nel 508 alcuni vescovi africani, perseguitati dai Vandali, in particolare da re Trasamondo vengono esiliati in Sardegna insieme a diversi prelati tra i quali uomini di cultura, e portano con se Il corpo di Sant’Agostino teologo berbero e dottore della chiesa cattolica, nato nel 354 e morto nel 430, autore tra l’altro delle celebri Confessioni di Sant’Agostino, che verrà successivamente santificato. Nel 718 la salma verrà trasferita dal re longobardo liutprando dalla Sardegna a Pavia, dove da allora le sue spoglie sono custodite nella basilica di San Pietro in Ciel d’Oro. Tra quelli che portano in Sardegna il corpo di Sant’Agostino, c’è anche Fulgenzio da Ruspe Vescovo berbero nato nel 468 e morto nel 533, anch’egli successivamente santificato. Durante la sua permanenza in Sardegna, diviene maestro di vescovi, preti e monaci, e crea a Cagliari un Monastero, nel luogo dove oggi sorge la basilica di San Saturno.

L’impero Romano d’Oriente a la sua riconquista dell’Occidente romano

L’impero Romano d’Oriente è romano solo di nome. Gli abitanti sono greci, Siriani, Egiziani, Illirici. Di romano conservavano le leggi, ed il ricordo che un tempo l’impero si estendeva anche ad Occidente. Questo è sufficiente per convincere un Imperatore, a riconquistare i territori occidentali, Italia compresa.

Giustiniano I e la conquista bizantina della Sardegna

GiustinianoInfatti, nel 533, l’Imperatore d’Oriente Giustiniano I detto il Grande, che ha regnato dal 527 al 565, volendo riconquistare la parte occidentale dell’impero caduta in mano ai Vandali, inizia la riconquista dell’Africa. Prevedendo la vittoria bizantina, il governatore vandalo della Sardegna, Goda per mantenere il proprio potere, si proclama indipendente e scrive a Giustiniano offrendogli fedeltà. Goda è un funzionario vandalo, incaricato dal re vandalo Gelimero di governare in suo nome la Sardegna dall’inizio del 530 circa, e che in seguito si ribella, proclamandosi Rex dell’Isola. Ma i Vandali, al comando di Zazone fratello di Gelimero, sbarcano a Cagliari, lo depongono, lo uccidono e riprendono il controllo dell’Isola. È però inutile, perché il regno vandalo viene in breve tempo distrutto dai Bizantini, che ne rioccupano tutto il territorio.

Le guerre vandalica e gotica

Giustiniano affida al generale Belisario il comando della guerra di conquista in occidente, che si conclude con esito positivo. La prima delle guerre da lui condotta, chiamata la guerra vandalica, viene combattuta contro il regno africano dei Vandali, dal 533 al 534. Poi Belisario sposta le sue truppe nell’Italia dove stanno iniziando le occupazioni degli Ostrogoti. Dopo le sconfitte subite ad opera del generale Belisario, nel 544 il re ostrogoto Totila invade l’Italia e pone sotto assedio Roma, e due anni dopo i Guardiani si accordano con l’esercito ostrogoto ed aprono loro le porte della città. Roma viene depredata, le sue mura smantellate, e gran parte dei suoi abitanti viene uccisa. Nel 547 Belisario riesce a liberarla; ed un secondo assedio di Totila, nello stesso anno, non ha successo. ma, successivamente, nel 549, Totila pone sotto assedio Roma per la terza volta, e riesce a conquistarla grazie ad un nuovo tradimento dei Guardiani, che aprono le porte al suo esercito. Sono pochi i sopravvissuti, ma Totila proibisce di uccidere e insultare le donne, durante il saccheggio. Tra il 552 ed il 553 il re ostrogoto Totila arriva ad occupare per un breve periodo anche la Sardegna. Ma nel 531 Giustiniano affida il comando dell’esercito ad un anziano eunuco di corte, Narsete che conduce, dal 535 al 540, la guerra gotica, e riesce a liberare l’Italia dal dominio degli Ostrogoti, ed inizia a governarla a nome dell’Imperatore.

Il regno di Giustino II e l’arrivo in Italia dei longobardi

Nel 565 muore Giustiniano I di Bisanzio, e viene eletto suo nipote che sale al trono con il nome di Giustino II. Egli deve affrontare il problema di Narsete, che, nei suoi 15 anni di governo, ha accumulato una grossa fortuna a spese dei sudditi, oppressi dalle troppe tasse. Intorno al 568, per la protesta degli abitanti di Roma, che sostengono che era meglio sottostare alla dominazione gota, egli destituisce Narsete, che decide di ritirarsi a Napoli. Da qui, secondo una versione ritenuta però non affidabile, egli scrive ai longobardi, invitandoli a invadere l’Italia. Alboino, il loro re, dopo essersi alleato con i Sassoni, con tutto il suo popolo abbandona la Pannonia, arrivando a stabilirsi in Italia, dove, nel 568, i longobardi Alboino fondano un regno a Pavia.

Quasi 400 anni di dominazione dei Bizantini in Sardegna

Come abbiamo già visto, nel 534 I Bizantini occupano la Sardegna che entra a far parte a tutti gli effetti dell’impero bizantino. Terminata la dominazione vandalica, comunque, non finisce per i Sardi il periodo delle invasioni straniere. Infatti i Bizantini S’insediano nell’isola come nuovi dominatori. L’Africa e la Sardegna divengono la Prefettura d’Africa, divisa in sette province e per questo chiamata Esarcato d’Africa. A capo di ogni prefettura c'è un capo militare, chiamato Magister Militum, e un capo civile, chiamato Praefectus Praetorio. La Sardegna diviene, quindi, una delle sette province dell’esarcato d’Africa.

Il governo della provincia

La Provincia è governata da un magistrato chiamato Praeses, ossia Preside, o Judex provinciae, ossia giudice della provincia. Ha compiti di amministrazione civile. Emana leggi, si occupa delle tasse ed amministra la giustizia servendosi di un suo tribunale. Risiede, inizialmente, a Forum Traiani, ossia Fordongianus, da dove la sua sede verrà trasferita, nel 687, a Cagliari, ossia a Cagliari. Il compito del controllo militare della Provincia è affidato a un Dux, che risiede anch’egli a Forum Traiani. Qui finisce la Sardegna romana ed inizia la Barbaria, oggi Barbagia, ossia la terra dei Barbari, abitata dai Sardi Pelliti. Con guarnigioni stabili residenti nelle postazioni fortificate e con truppe mobili, il Dux deve garantisce la difesa del territorio non solo da attacchi esterni ma soprattutto dalla bellicosità dei Sardi Pelliti, i barbaricini abitanti delle zone montane intorno al massiccio del Gennargentu. Le due più importanti cariche nella provincia, nel settimo secolo, vengono unificate in un’unica persona, denominata con il termine greco di Arconte o Ipatos, che accorpa le funzioni del Praeses e del Dux militare. La Provincia viene divisa in quattro territori chiamati Partes che costituiranno l’origine dei successivi Giudicati, e che sono governate da un luogotenente dello Judex provinciae, ossia un capo militare, denominato Lociservator, termine con il quale si indica Chi tiene il posto di un altro.

L’opposizione di Ospitone e la sua conversione al Cristianesimo

I sardi dell’interno, ossia i Sardi Pelliti, vivono assolutamente isolati, continuano a conservare le proprie tradizioni ed oppongono una forte resistenza, effettuano continue razzie soprattutto di granaglie, che in montagna non riescono a coltivare. Il papa Gregorio MagnoGuidati da un capo valoroso, Ospitone di Ollolai, iniziano ad attaccare militarmente i Bizantini e li sconfiggono ripetutamente, fino ad arrivare sotto le mura di Cagliari, assediando il Dux bizantino Zabarda. A Roma nel 590 viene eletto papa Gregorio I detto Gregorio Magno, il cui pontificato dura fino al 604, e che dal 590 al 604 scrive più di 800 lettere dirette ai personaggi più importanti del tempo. Ad Ospitone, nel maggio del 594, papa Gregorio invia una missiva per convincerlo a convertirsi al Cristianesimo. Nella lettera il pontefice fa notare al capo sardo quanto profonda sia la differenza tra chi ha aderito al Cristianesimo, e tutti i barbaricini, Barbaricini omnes, ut insensata animalia vivant, Deum verum nesciant, ligna autem et lapides adorent, ossia che vivono tutti come animali irragionevoli ignorando il vero Dio ed adorando legni e pietre. Ricostruzione fantasiosa di un incontro di Ospitone con papa Gregorio MagnoL’epistolario di Gregorio attesta anche che Ospitone viene convinto a firmare la pace con Zabarda e ad acconsentire alla penetrazione e all’opera di proselitismo dei missionari Felice e Ciriaco nell’area barbaricina. Ospitone si converte al Cristianesimo, cosa che fa con tutti i suoi seguaci, ed introduce la religione romana in tutta l’isola, ma, come scrive Giovanni Lilliu la conversione al Cristianesimo non estirpa tradizioni, costumi e statuti. Dal volume <em>Il banditismo in Sardegna</em> di Antonio Pigliaru il testo de <em>Il codice della vendetta barbaricina</em>Si abbattono le pietre sacre degli antenati, ma resta il Codice Barbaricino ancora oggi non del tutto rimosso, che non prevede la proprietà privata della terra ed ammette addirittura l’abigeato se effettuato in condizioni di necessità. Punisce il furto in casa propria ma lo considera atto di guerra in terreno altrui, e lava le offese e tutela l’onore personale e di gruppo vendicandolo col sangue. Al Codice Barbaricino ha dedicato un libro, nel quale ne elenca i contenuti in stretto linguaggio giuridico, lo storico Antonio Pigliaru, di Orune, tra le cui opere la principale è appunto La vendetta barbaricina come ordinamento giuridico del 1959, che resta un testo fondamentale per la conoscenza dei nodi storici all’origine della diversità sarda.

Il tentativo dei longobardi prendere Cagliari

L’invasione dei longobardi nel 568, che muta sostanzialmente il volto dell’Italia, non tocca, comunque, la Sardegna, anche se sono state rinvenute nell’isola tracce della loro presenza, documentate dal ritrovamento di diversi oggetti. È, comunque, a partire della mancata invasione longobarda nel 599, quando tentano senza successo di prendere Cagliari, che la storia della Sardegna comincia ad allontanarsi da quella dell’Occidente romano: barbarico, ed a diventare realmente bizantina.

L’economia e la ripresa dell’attività estrattiva

Sotto il dominio bizantino, l’economia della Sardegna è sempre basata su Agricoltura e Allevamento ed anche la Produzione mineraria e l’Attività metallurgica registrano una certa rinascita, e l’argento torna ad essere uno dei principali prodotti d’esportazione della Sardegna. Comunque, intorno all’anno settecento, i traffici commerciali nel Mediterraneo diventano molto più difficili, a causa delle sempre più frequemti scorrerie dei pirati saraceni.

La vita in Sardegna nel periodo bizanntino

Nel periodo del dominio di Bisanzio, la Sardegna conosce un lungo Periodo di pace ma non di prosperità. Si trova, infatti, ai margine dell’impero, lontana dalla capitale, la cui presenza si fa sentire soltanto attraverso una rigorosa e pesante Imposizione fiscale. La presenza bizantina sull’isola nell’isola è, infatti, caratterizzata da una crescente fiscalità, che impoverisce sempre più la popolazione, la quale deve anche subire le vessazioni dei funzionari imperiali, che la depredano di ogni ricchezza per arricchirsi personalmente. Le popolazioni soggette sono vessate con il lavoro e ogni sorta di tributi, ai quali si aggiungono i Suffragia, nome che sta ad indicare le tassazioni aggiuntive con le quali gli ufficiali imperiali cercano di recuperare le somme spese per ottenere l’incarico. L’aumento spropositato delle tasse porta all’impoverimento della popolazione ed allo spopolamento delle città. L’anno civile inizia a settembre, mese che in sardo, è ancora chiamato Cabidanni. Le donne svolgono i lavori domestici più pesanti, e curano le basse case di mattoni crudi o pietre, senza intonaco, con il pavimento di terra battuta, e senza arredi. La popolazione mangia cibi semplici, poco nutrienti e lo stesso clero ed anche i ricchi mangiano carne e pesce solo la domenica e per le feste. L’attività nelle campagne viene condotta da liberi e servi, che abitano nei paesi formati da poche case. Lavorano i fondi privati e le terre comunitarie, con la zappa e l’aratro a chiodo. Pascolano il bestiame brado, ed inoltre, nelle località costiere, pescano a rete e ad amo. Qualche conseguenza del dominio bizantino si ha anche nella lingua. Risalgono a questo periodo, infatti, termini come Arrogai, che deriva da èrroga, col significato di rompere o fare a pezzi Cascài, che deriva da Caschein, e sta ad indicare aprire la bocca o sbadigliare; Arropai, dal ternune Ròpalos, che indica il bastone, col significato di bastonare, picchiare; ed anche Splen, che viene usato per indicare la milza.

La diffusione del latino nell’isola

Nel periodo della presenza bizantina sull’isola, la lingua ufficiale è il Greco bizantino con cui sono scritti i decreti, impartiti gli ordini militari e officiati i riti religiosi. Ma dove non era riuscito l’esercito romano riesce invece la chiesa, che porta nell’isola il Latino lingua ufficiale della chiesa di Bisanzio. Il latino cambierà anche la lingua locale, nella quale compaiono sempre più frequentemente vocaboli latini. L’isolamento della Sardegna dal continente, ed in Sardegna il particolare isolamento della Barbagia, ha fatto sì che la lingua qui parlata, il Sardo logudorese nella variante nuorese rappresenti ancora oggi tra tutte le lingue neolatine quella che conserva maggiori analogie con il latino originario.

La chiesa sarda in epoca bizantina

Nurachi-Battistero paleocristiano del sesto secolo dopo CristoLa chiesa sarda segue il Rito bizantino orientale ortodosso nel quale il battesimo e la cresima vengono impaltiti assieme. Il battesimo viene effettuato per immersione in vasche, dove l’acqua arriva alle ginocchia dei catecumeni. fonti battesimali di questo tipo si trovano a Tharros, Dolianova, Nurachi, Cornus e Fordongianus. Accanto al clero secolare, iniziano ad operare in Sardegna i Monaci Basiliani che si ispirano alla regola dettata da San Basilio Magno nato nel 330 e morto nel 379. I monaci Basiliani praticano i riti della chiesa orientale, hanno una barba fluente, e dedicano le loro Chiese ai Santi del calendario greco. I Basiliani sono tra i primi religiosi a raggiungere la Sardegna, e ad essi si deve la diffusione del Cristianesimo in Barbagia. Non si tratta di monaci eremiti, ma di cenobiti, ossia che vivono in comunità. realizzano i loro conventi in località nelle quali erano presenti luoghi di culto pagano, ed edificano le loro celle attorno alle Chiese, costruendo i cosiddetti Muristenes o le Cumbessias. Anche per questo, riprendono l’antico uso pagano, dato che in Sardegna sono presenti costruzioni simili, ad esempio, nel Santuario preistorico di Santa Vittoria di Serri. Essi introducono in Sardegna la coltura degli alberi, soprattutto di melo, fico ed ulivo, dei cui frutti si nutrono nei periodi astinenza e di digiuno; ed introducono pure alcuni vitigni per la produzione di vini dolci per la messa, ossia del moscato e della malvasia. Successivamente, nel 529, all’inizio del regno di Giustiniano I di Bisanzio, San Benedetto da Norcia fonda a montecassino il monachesimo occidentale, basato sul motto Ora et labora. I Monaci Benedettini approderanno in Sardegna nel periodo medioevale sardo, nel periodo giudicale.

I principali esempi di architettura religiosa bizantina

Nel periodo bizantino vengono erette diverse Chiese a croce greca, con quattro bracci e con la cupola sulla parte centrale quadrata, e con le campane poste su campanili a vela. Le torri campanarie verranno costruite in seguito, ad imitazione dei minareti arabi. Le più antiche Chiese della Sardegna risalgono infatti al V-sesto secolo dopo Cristo Cagliari-basilica di San SaturnoFra queste la basilica di San Saturno a Cagliari, il Complesso monumentale paleocristiano più antico della Sardegna unico nel suo genere in tutto il bacino del Mediterraneo. La chiesa è stata edificata in stile romanico in pieno periodo bizantino e dedicata al Saturnino, martirizzato sotto Diocleziano nel 304. Dell’impianto iniziale resta il corpo centrale con la cupola. A questo verranno, successivamente, aggiunti due bracci, dei quali uno a tre navate, realizzati con architettura proto romana dai monaci Benedettini di San Vittore di Marsiglia, detti anche Vittorini. San Giovanni del Sinis: chiesa di San GiovanniLa chiesa di San Giovanni del Sinis, nei pressi di Oristano, dall’aspetto massiccio e rustico, con un nucleo centrale a cupola del sesto secolo, ed il corpo centrale aggiunto tra il nonno e l’undicesimo secolo. Il Santuario di Nostra Signora di Bonacatu di origine bizantina, del settimo secolo, rimaneggiato anch’esso nel 1242 dai costruttori arabi, specialmente sulla facciata. Ha pianta a croce greca, con una cupoletta centrale. La chiesa romanica di San Lussorio di Fordongianus, costruita, secondo la leggenda, dove venne martirizzato e poi sepolto il Santo, nel 304 dopo Cristo Nel 484 dopo Cristo la chiesa diviene sede vescovile. La forma attuale è dovuta alla sua ricostruzione fatta dai monaci Vittorini in stile romanico tra il 1000 e il 1100. La costruzione è realizzata in trachite rosa, la facciata è semplice, rifatta nel quindicesimo secolo in stile gotico-aragonese. Il muro destro è sormontato da un campanile a vela. La chiesa ed oratorio di San Giovanni d’Assemini, un piccolo gioiello di architettura bizantina, datato all’incirca al decimo secolo. Costruita in pietre calcaree, ha pianta a croce inscritta in un quadrato di 10 metri per lato. La facciata ha un piccolo campanile a vela. I bracci hanno volta a botte, e l’incrocio è sovrastato dalla cupola. Nuxis: chiesa campestre di Sant’EliaIl Santuario di Sant’Elia di Tattinu a Nuxis, edificato in periodo bizantino, nel decimo secolo, e molto simile alla basilica di San Saturno a Cagliari, anche se di dimensioni molto inferiori. Ha pianta a croce greca con cupola ogivale e la facciata sormontata da un campanile a vela. L’interno è costituito dalla semplicità dell’altare, situato nella profondità del Braccio orientale. Nell’undicesimo secolo, è stata rimaneggiata in stile romanico. Sant’Antioco: chiesa di Sant’AntiocoLa chiesa di Sant’Antioco a Sant’Antioco di Sulcis, eretta in periodo bizantino ma successivamente modificata di monaci Vittorini di Marsiglia nel 1102 e dedicata al patrono della Sardegna, la cui facciata è stata cambiata nel tempo, e vedendola non ci si aspetterebbe di trovare il suo interno del tutto intatto, nell’originale stile romanico con elementi Bizantini, e sotto la quale si trovano le catacombe paleocristiane ricavate da sepolture puniche, nelle quali nel 1615 furono rinvenute le spoglie del Santo. Al periodo bizantino risale anche un bel bassorilievo conservato nella chiesa di Sant’Antioco. Pula: chiesa di Sant’EfisioLa chiesa di Sant’Efisio a Nora vicino a Pula, costruita secondo la tradizione sul luogo dove fu martirizzato il Santo, realizzata in periodo bizantino, ampliata nel 1102 e successivamente modificata nel diciottesimo e nel diciannovesimo secolo. Ha un interno con tre navate separate da pilastri. Nella Cripta conserva le reliquie del Santo. La chiesa di Sant’Elia e la chiesa di Sant’Enoc a lunamatrona, abbattute in accordo con il Vescovo di Ales nel 1770, dato che, con la scusa del diritto d’asilo, erano diventate ricettacolo di malfattori e briganti. La chiesa della Santa Croce di Ittireddu, con pianta a croce latina, composta da una navata principale sulla quale ai due terzi della lunghezza si innesta perpendicolarmente un transetto di dimensioni minori, caratterizzata da un ampliamento che ha comportato la realizzazione di una sobria facciata romanica. Vengono costruite anche la chiesa di Santa Sofia a Villasor; la chiesa di Santo Stefano a Maracalagonis; e la chiesa di San Pietro Pescatore a Giorgino. Silanus: chiesa campestre di Santa SabinaMolte altre chese vengono costruite sopra i resti di edifici più antichi, come la chiesa di Santa Sabina di Silanus, edificata in epoca bizantina, agli inizi dell’anno mille, sopra un pozzo sacro di cui richiama la pianta. chiesa unica nel suo genere, presenta uno strano miscuglio di antichi stili architettonici. Siligo: chiesa di Santa Maria di BubalisIl Santuario di Santa Maria Iscalas di Cossoine, edificata in epoca bizantina, agli inizi dell’anno mille, sopra un pozzo sacro di cui richiama la pianta. chiesa unica nel suo genere, presenta uno strano miscuglio di antichi stili architettonici. La chiesa di Santa Maria Bubalis di Siligo, nota anche come chiesa di Nostra Signora di Mesumundu che viene costruita alla fine del sesto secolo sulle rovine di un preesistente insediamento romano del secondo secolo dopo Cristo, donata poi da Barisone I de Lacon-Gunale giudice di Torres e Arborea ai monaci Benedettini e da loro ricostruita in stile tardo bizantino nel 1063.

Altri edifici costruiti in epoca bizantina

Olbia-Resti del Castello di Sa PaulazzaDurante l’impero di Giustiniano viene edificato il Castello di Sa Paulazza ossia la paludaccia, la palude malsana, detto anche Castello di Mont ’a Telti, sulla strada tra Olbia e Telti, non tanto come difesa dai Vandali, ormai sconfitti dal generale Belisario, Oschiri: l’altare rupestre di Santo StefanoQuanto piuttosto dagli attacchi e dalle razzie della popolazione locale che si era ritirata sui monti dell’entroterra. Davanti alla chiesa campestre di Santo Stefano a Oschiri si trova un Altare rupestre cristiano edificato probabilmente tra il sesto ed il nonno secolo, in periodo bizantino. È un monumento unico nel suo genere ed ancora misterioso. Vi sono scolpite numerose nicchie di forma quadrata, triangolare e circolare dalla profondità variabile, che si ritiene potessero essere utilizzate per deporre offerte.

Il distacco della Sardegna da Bisanzio

L’opposizione del clero sardo alle dottrine teologiche di Flavio Eraclio, detto Eraclio I Imperatore dal 610 al 641, e di Costante II Imperatore dal 610 al 668, fautori del monotelismo, dottrina che sosteneva che in Cristo ci fossero due nature, umana e divina, ma una sola volontà, inizia il Distacco dell’isola da Bisanzio ed il processo di formazione degli stati sardi indipendenti. Questo processo verrà, anche, accelerato dalla necessità di difendersi dalla crescente pressione dei pirati saraceni. Tanto che nel 687, l’Imperatore Giustiniano II dispone il trasferimento del Judex provinciae, ossia giudice della provincia, da Forum Traiani, oggi Fordongianus, a Cagliari. Di fronte alle crescenti minacce esterne, le strutture difensive di Forum Traiani appaiono ormai inadeguate e fortemente periferiche, e la fortezza va, così, incontro ad una veloce crisi insediativa. Ed i quattro Lociservatores, ossia i luogotenenti nominati dallo Judex provinciae per amministrare le quattro Partes nelle quali è divisa l’isola, inizano e rendersi sempre più autonomi dal potere centrale.

La prossima pagina

Nella prossima pagina vedremo le scorrerie dei pirati saraceni, con la Sardegna che si trova sempre più isolata da Bisanzio, i contatti vengono troncati e nessun rifornimento e aiuto può più arrivare nell’isola, che rimane abbandonata a se stessa, il che determina l’inizio dell’Epopea dei Giudicati sardi.


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