Il Giudicato di Torres detto anche del Logudoro che si sviluppa nella parte nord occidentale dell’Isola
In questa pagina vedremo una breve storia del Giudicato di Torres o Del Logudoro che si trovava nel nord occidentale dell’isola ed ha avuto come capitale inizialmente Torres, poi Ardara ed infine Thathari, l’attuale Sassari. L’epopea dei GiudicatiIl Giudicato di Torres o del Logudoro il cui nome deriverebbe dalla contrazione del nome Logu de Torres diventando appunto Logudoro, si sviluppa nella parte nord occidentale dell’Isola. Lo stemma del Giudicato è la torre merlata. Questo Giudicato confina a est con il Giudicato di Gallura, a sud con il Giudicato d’Arborea, e in piccola parte anche con il Giudicato di Càralis. Si estende sul territorio delle regioni storiche del Sassarese, della Nurra, della Romangia, dell’Anglona, del Meilogu, della Planargia, del Marghine, del Goceano, parte del Monteacuto e parte della Barbagia. Sappiamo per certo che la Cultura di questo regno giudicale è, nei costumi e negli usi diplomatici, vicina a quella carolingia, ed è basato su un’economia di tipo agropastorale. Le sue Curatorie sono: Anglona, Caputabbas, Coros, Costavalles, Dore e Orotelli, Figulina, Flumenargia, Goceano, Guilcer, Marghine, Meilogu, Monteacuto, Montiferru, Nughedu, Nulauro, Nurcara, Nurra, Planargia, Romangia, Ulumetu. La sua capitale è inizialmente ubicata a Torres l’odierna Porto Torres; viene successivamente nel corso dell’undicesimo secolo trasferita ad Ardara dove rimarrà per la gran parte della storia del Giudicato, ed infine a Thathari l’attuale Sassari, che ne diventerà la capitale definitiva. Quanto dura il GiudicatoPer ricostruire la sua storia disponiamo di una breve narrazione nel cosiddetto Libellus Indicum Turritanorum, un documento in lingua sarda logudorese redatto alla fine del tredicesimo secolo che abbraccia qualche secolo di storia costituendo quindi una fonte importante per il medioevo sardo, molto prezioso anche se non sempre affidabile. L’autore, probabilmente un monaco, è ignoto, ma dalla sua opera appare come uomo di cultura, a conoscenza della cronaca e della storia del medioevo. Le notizie storiche sul Giudicato di Torres partono dal 1022. Viene governato quasi esclusivamente dalla dinastia dei Lacon-Gunale, alla quale seguono, poi, le dinastie Visconti e Hohenstaufen. Il Giudicato si avvicina, prima, alla repubblica di Pisa, ed, in seguito, a quella di Genova. Viene, da molti, indicato come data della fine del Giudicato di Torres il 1259 quando muore Adelasia, l’ultima giudicessa designata dalla Corona de Logu. Secondo un’altra interpretazione, la sua fine viene datata al 1272 quando muore il suo ultimo sovrano, Enzo, figlio di Federico II di Svevia e marito di Adelasia. Il Giudicato rimane sotto la reggenza di Bianca Lancia d’Agliano e Michele Zanche, e secondo altre versioni, la sua fine viene datata il 1275 anno della morte di Michele Zanche, o il 1280 anno della morte della reggente Bianca Lancia. Le immagini dei giudici di TorresGran parte delle immagini dei giudici che illustrano questa pagina sono tratte da ritratti conservati nel MUS’A, Museo Sassari Arte, nel quale sono esposti dipinti raffiguranti sedici giudici o regoli che nel basso periodo medioevale governarono il Giudicato di Torres. Commissionati nel 1665 dall’arcivescovo turritano Royo, questi ritratti sono stati trovati nella sagrestia dei Beneficiati della Cattedrale di Sassari, e verso il 1837 il Capitolo Turritano li ha donati all’Università di Sassari. Questi quadri d’invenzione sono caratterizzati dalla diversificazione della tipologia fisiognomica e dai costumi anacronistici, per lo più riferibili a fogge rinascimentali, dovuti alla volontà di caratterizzare singolarmente i diversi personaggi. I nomi riportati sui ritratti non corrispondono ai nomi con i quali vengono identificati i giudici oggi riconosciuti, e siamo riusciti ad attribuire tutti i ritratti a personaggi reali ma questo porta ad una notevole differenza dell’attribuzione dei ritratti rispetto a quanto riportato da altre fonti, e le nostre attribuzioni risultano molto più affidabili rispetto ad esse. Il ritratto indicato come Dorgodorius Ferrus III Turr.rex viene da noi attribuito a Torchitorio Barisone o Barisone I di Torres intronato nel 1038, durante il cui regno viene sconfitto definitivamente il pirata saraceno Museto; quello indicato come Barisonius I Turr.rex a Barisone II di Torres intronato nel 1147; quello indicato come Barisonius II Turrex a Barisone III di Torres intronato appena dodicenne nel 1232. Il ritratto indicato come Comitus I Magnus Iustus Turr.rex a Gonnario Comita o Comita I di Torres intronato prima del 1015 e considerato da tutti Unu bonu homine; dopo il ritratto mancante di Comitus II, il ritratto indicato come Comitus III Turr.rex viene da noi attribuito a Comita II intronato nel 1198. Dopo il ritratto mancante di Costantinus I, il ritratto indicato come Costantinus II Turr.rex viene da noi attribuito a Costantino de Sogostos, riconosciuto come Giudice de facto in data sconosciuta tra il 1064 ed il 1073; quello indicato come Costantinus III Iustus Turr.rex a Costantino I di Torres intronato verso il 1114; quello indicato come Costantinus IIII Turr.rex a Costantino III di Gallura, intronato nel 1146 in un altro Giudicato ma appartenete anch’egli alla famiglia dei Lacon-Gunale; quello indivato come Costantinus V Crudelis Turr.rex a Costantino II di Torres intronato nel 1191 il cui governo dalle fonti risulta essere spesso tirannico contrassegnato da ingiustizie e crudeltà. Tra questi ritratti, manca quello di Gonnario II di Torres intronato quattordicenne nel 1127. Il ritratto indicato come Marianus I Turr.rex è relativo a Mariano I di Torres intronato verso il 1073; quello indicato come Marianus II Turr.rex è relativo a Mariano II di Torres intronato nel 1218. Il ritratto indicato come Petrus I Turr.rex viene da noi attribuito a Pietro de Serra, riconosciuto come Giudice de facto in data sconosciuta tra il 1064 ed il 1073; dopo il ritratto mancante di Petrus II, il ritratto di Petrus III Turr.rex viene attribuito a Pietro de Lacon-Gunale, intronizzato nel 1163 come giudice di Cagliari col nome di Torchitorio III, ma appartenete anch’egli alla famiglia dei Lacon-Gunale. Abbiamo anche i ritratti di due giudici dei quali non esistono prove storiche, Ermengaudio I ed Eusebio I, per i quali non siamo riusciti ad individuare personaggi ai quali attribuirli. Qualche scarsa notizia sui primi giudici del LogudoroLa storia conosciuta dei Giudicati inizia nel 687 anno nel quale Giustiniano II trasferisce lo Judex provinciae da Furum Traiani, oggi Fordongianus, a Cagliari, e dal quale abbiamo notizia di chi governa le quattro regioni. Poco sappiamo dei primi giudici del Logudoro dal 687 al 1015. Tentiamo di ricostruirne il governo in base ad alcune testimonianze. Sappiamo che già, durante il dominio bizantino, nel 687 governa, a Torres, un certo Nicola che può essere visto come il primo giudice, almeno di fatto anche se non ancora di diritto, dato che vi è ancora uno Judex provinciae ad avere, per lo meno formalmente, autorità su tutta l’Isola. La Sardegna viene occupata dai Saraceni nel 705, e poi dal 720 all’880 la pressione dei Saraceni aumenta. Comunque, sappiamo che verso il 740, inizia a governare un certo Mariano; e che successivamente, verso l’ottocento, governa un certo Pietro. L’indipendenza dal governo bizantinoLe fonti più importanti in merito a questo periodo storico sono le epistole papali tanto che si possono rintracciare tre missive di papa Leone IV che scrive, tra l’815 e l’855, ad un Arconte o Ipatos, che accorpa le funzioni del Praeses e del Dux militare, della Sardegna e Corsica. La ormai notevole distanza del governo bizantino, porta, tra l’851 e l’864, i luogotenenti che governano le quattro Partes nella quale è divisa la Sardegna romana, ad organizzarsi autonomamente. Si proclamano autonomi, staccandosi dal potere centrale rappresentato dallo Judex provinciae che risiede a Cagliari, e diventano gli Judex delle quattro Partes dell’Isola. Nel 864 papa Niccolò I scrive una missiva per stigmatizzare i matrimoni fra consanguinei, che intercorrono ormai da anni tra gli Judices sardi, e nella missiva il papa usa il plurale Judices, il che sta ad indicare che sono già nati in Sardegna i quattro Giudicati. La liberazione della Sardegna dai SaraceniNel 1015 i Saraceni, condotti da Mujahid al: amiri al-Muwaffaq noto in Italia come Museto che, dopo essersi impadronitei di Denia, d’Algesiras e delle Baleari delle quali Museto si dichiara Emiro, assalgono la Sardegna, e la disperata difesa dei Sardi non riesce questa volta a fermare gli invasori. Nello stesso anno, sollecitate da papa Benedetto ottavo le repubbliche marinare di Pisa e Genova si alleano, nel 1016 intervengono in Sardegna con una prima spedizione militare. Nel 1044 i Pisani e i Sardi uniti sferrano un mortale attacco congiunto contro Cala Bona, la roccaforte nella periferia sud di Alghero dove si era rifugiato il pirata saraceno Museto, invadono la città per catturare il pirata, sul quale viene promessa una grossa taglia. L’emiro viene infine trovato da un Sardo, e, dopo essere stato riconosciuto, viene decapitato e la sua testa, secondo gli storici pisani, viene issata sull’albero di maestra dell’ammiraglia della flotta sarda, poi gettata a mare nel punto più lontano dalla costa. La carriera di corsaro e conquistatore di Museto aveva tenuto in scacco le forze cristiane per trentacinque anni, ed alla morte il corsaro era ormai ottantaquattrenne. La Sardegna viene liberata dai Saraceni, ma le due repubbliche marinare scoprono l’isola solitaria e i suoi quattro regni e cominciano ad interessarsi ad essa e ad interferire nel suo governo. I Giudicati divengono, quindi, meta di mercanti Pisani e Genovesi che, col tempo, diventano i veri padroni dell’economia dei quattro regni isolani. I giudici della dinastia de Lacon-Gunale che governano Torres, Arborea e la GalluraIl Giudicato di Torres sarebbe stato il primo a distaccarsi da Cagliari tra l’854 e l’864, seguito, entro la fine del nono secolo, dagli altri due Giudicati di Gallura e di Arborea. È solo dal 1015 che abbiamo la certezza storica sui giudici di Torres, e sappiamo che i primi giudici appartengono alla dinastia de Lacon-Gunale. In questo modo apparirebbe logico, o almeno non desterebbe meraviglia, che il giudice Gonnario Comita potesse essere, secondo il primo studioso che si è occupato delle origini dei Giudicati Giovanni Francesco Fara, re utriusque loci ossia dei diversi luoghi, quindi Torres, Gallura ed Arborea. Il governo di Gonnario de Salanis intronizzato come Gonnario Comita de Lacon-GunaleIl primo sovrano del quale si hanno notizie certe è il logudorese Gonnario o Gunnario de Salanis della dinastia dei Lacon-Gunale. Non esistono dati certi sulla sua nascita, ma si sa che, dopo lunghi periodi anarchia nei quali regnan sos donnos, si giunge all’elezione di un giudice con un mandato annuale. Gonnario, considerato da tutti Unu bonu homine, viene intronizzato dalla Corona de Logu come giudice di Torres, Gallura ed Arborea con il nome di Gonnario Comita de Lacon-Gunale, chiamato nel ritratto Comita I Magnus Iustus Turrex, è il primo al quale viene prorogata la carica a vita. Gli studi condotti da Francesco Cesare Casula lo individuano come il Comita I di Torres citato dal Condaghe di Santa Maria di Bonarcado. Egli sposa una certa Tocode o Tocoele, che gli dà un figlio chiamato Il governo di Dorgodorio o Torchitorio che gli succederà sul trono. Egli governa nella capitale del Giudicato, ossia a Torres l’odierna Porto Torres, nel periodo nel quale la Sardegna viene occupata dai pirati saraceni di Museto, che dal 1015 la assalgono. Negli anni successivi si ammala di lebbra e viene curato soprattutto dalle donne di corte, la madre e le tre sorelle, Caterina, Preziosa e Giorgia. La promessa di cercare i corpi dei martiri turritani, Gavino, Proto e Gianuario, e di dedicare a loro una Chiesa nella quale dare loro sepoltura, viene ricompensata con la guarigione, e quindi egli fà edificare in stile romanico pisano arcaico da maestranze pisane la Basilica di San Gavino a Porto Torres, la cui costruzione si conclude nel 1040. La storia della Chiesa è riportata nel Condaghe di San Gavino. Nel dodicesimo secolo la Chiesa verrà raddoppiata in lunghezza, ed è, in conseguenza di ciò, l’unica Chiesa che conosciamo priva di facciata, ma con due absidi contrapposte. Nella Chiesa, di lato al portale principale, sono presenti le prime riproduzioni conosciute dello stemma del Giudicato di Torres. In data imprecisata Giorgia di Torres sorella di Gonnario Comita sposta la capitale da Torres ad ArdaraDurante la malattia di Gonnario Comita, per un breve periodo viene sostituito al governo del Giudicato come reggente dalla sorella Giorgia di Torres che in data imprecisata, probabilmete verso il 1020, sposta la capitale dalla città costiera di Torres ad Ardara situata in località più interna e perciò al riparo dalle incursioni dei pirati saraceni residenti nelle Baleari. Viene scritto nel Libellus Indicum Turritanorum che Gonnario Comita aveva per sorella «Don Jorgia una forte femina qui issa curriat mandras et recogliat sas dadas, et icusta fetitàSa Corte de Sa villa de Ardar, et fetitàsu Casteddu de Ardar et fetitàSancta Maria de Ardar», ossia che Giorgia, sorella del giudice, è una donna prestigiosa d’animo virile, usa ai più pericolosi esercizi, e che trasferisce la sua corte ad Ardara dove fa realizzare il Castello di Ardara e la Chiesa di Santa Maria di Ardara. Ardara è, infatti, dotata di una cinta muraria, di cui resta ancora qualche tratto, e di un Castello, di cui non restano che i ruderi della torre alta quasi dodici metri, detto Castello giudicale di Ardara ma che sarebbe bene definire palazzo di Ardara. Sappiamo che quasi tutti i documenti dall’undicesimo al tredicesimo secolo, quando si riferiscono a questo Castello, lo chiamano infatti Palacium, e lo si può immaginare con caratteristiche diverse da quelle di un Castello, ossia come un complesso imponente a più piani, con la presenza di finestre. Sempre ad Ardara, vicino al Castello, viene edificata la Chiesa di Santa Maria del regno. Si tratta della Cappella palatina del Castello, e rappresenta uno spazio privilegiato per i sovrani del regno di Torres, i quali prestano giuramento al suo altare, quando vengono insigniti della carica, ed in essa troveranno sepoltura diversi giudici turritani. Secondo alcune fonti verrà, però, consacrata solo nel 1107, sotto il regno di Mariano I. Ardara resterà capitale del Giudicato fino al 1272, quando la famiglia regnante si estinguerà con la morte di re Enzo Hohenstaufen di Svevia, e la capitale verrà portata a Thathari, l’odierna Sassari. Giorgia combatterà anche contro il giudice Ubaldo I di Gallura, chiamato re Baldo, che da lei verrà sconfitto e portato prigioniero in Ardara. Risale probabilmente a questi anni anche la costruzione del Castello del Monte Acuto a Berchidda, del quale restano poche rovine sulla sommità del Monte Acuto. Rimangono solo tratti di mura, resti di una torre quadrata e di una cisterna parzialmente interrata. Dal Castello si gode una vista magnifica, a nord in direzione del massiccio del limbara, ed a sud verso il lago del Coghinas e la piana di Ozieri. Il Castello apparteneva al Giudicato del Logudoro, di cui Berchidda faceva parte, e di cui segnava i confini con quello di Gallura, che al tempo della sua costruzione già non gli apparteneva più. Il governo di Dorgodorio o Torchitorio intronizzato come Torchitorio Barisone o Barisone I di TorresNel 1038 alla morte di Gonnario Comita il figlio Dordodorio o Torchitorio della dinastia dei Lacon-Gunale viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Torchitorio Barisone de Lacon-Gunale, indicato a volte come Barisone I di Torres che regna fino alla morte verso il 1073. Egli, chiamato nel ritratto Dorgodorius Ferrus III Turrex, sposa Maria de Serra, di una delle famiglia più importanti del Giudicato, che gli dà il primo figlio Andrea Tanca; poi contrae un secondo matrimonio, con una nobildonna sconosciuta della famiglia de Zori detta anche de Thori, che gli dà il secondo figlio Mariano. Nel 1044, i Pisani ed i Sardi uniti sferrano un mortale attacco congiunto a Cala Bona, la roccaforte nella periferia sud di Alghero, dove si era rifugiato il pirata saraceno Museto, sconfiggendo il suo esercito. Durante il suo regno, Barisone favorisce l’immigrazione monastica nell’isola, per sostituire il rito romano a quello greco ortodosso, sia pure in aperto contrasto alla posizione dei vescovi locali, che si opponevano alla diffusione del monachesimo e alle pretese di Roma. Nel 1064 scrive a Desiderio da Benevento l’abate di montecassino, per chiedere l’invio in Sardegna di un gruppo di monaci Cassinesi, ossia monaci Benedettini di montecassino. Le cronache della spedizione sono riportate da Leone Marsicano, che racconta che Desiderio invia un gruppo di dodici monaci, con libri, reliquie, ed altri oggetti sacri, ma che questi vengono catturati dai Pisani presso l’isola del Giglio. Barisone però sollecita i Pisani, facendo pressione anche su papa Alessandro II fino ad ottenere che i Pisani restituiscano il loro bottino e permettano a un nuovo gruppo di monaci di raggiungere l’isola. I monaci, ai quali Barisone dona la Chiesa di Santa Maria di Bubalis a Siligo, assieme alla piccola Chiesa dei Santi Elia ed Enoch sul monte Santo, anch’essa in territorio di Siligo, con tutte le loro pertinenze, ne prendono possesso nel 1065. Barisone governa la Gallura fino al 1052, quando inizia ad essere amministrata da un giudice di origine pisana. Rimane giudice d’Arborea fino al 1060, quando, per impegnarsi maggiormente nell’amministrazione di Torres, cede questa carica al figlio minore Mariano de Zori, che darà origine alla casata del Lacon-Zori. Inoltre nel 1064 Barisone I decide di condividere il governo del Giudicato di Torres con il figlio maggiore, Andrea Tanca, che regna con lui fino alla sua morte verso il 1073. Barisone associa il figlio Andrea Tanca nella gestione del GiudicatoNon abbiamo molte tracce sulla vita di Andrea Tanca de Lacon-Gunale chiamato Lo Zoppo ed indicato come Andrea I di Torres figlio di Barisone e di Maria de Serra, che viene associato dal padre nel governo del Giudicato nel 1064 e pur non essendo un giudice di diritto, ne condividerà la gestione fino alla morte di Barisone verso il 1073. Egli, chiamato nel ritratto Andreas I Turrex, sposa una nobildonna sconosciuta, dalla quale nasce il figlio Mariano, che succederà a Barisone sul trono di Torres. Secondo una tradizione, priva però di qualsiasi fondamento storico, si ricordano le imprese compiute da Andrea Tanca contro le incursioni dei pirati saraceni. Durante la gestione condivisa di Torchitorio Barisone ed Andrea Tanca viene costruita la Cattedrale dedicata a San Pietro detta anche San Pietro Extramuros che era la Cattedrale della diocesi di Bosa. Infatti, un’iscrizione posta all’interno, sulla pila dell’acquasantiera, ricorda la posa della prima pietra nel 1062. Sappiamo che alla morte dopo il 1073, Andrea Tanca verrà sepolto nella Chiesa di Santa Mariia del regno ad Ardara, diventata capitale del Giudicato. Nel Giudicato del Logudoro continua il governo dei Lacon-GunaleProsegue, nel Giudicato del Logudoro, il governo della dinastia de Lacon-Gunale, e prosegue anche la politica favorevole all’insediamento dei Pisani e del monacesimo nel Giudicato. Successivamente, il Logudoro inizia a contrastare le mire espansionistiche del Giudicato d’Arborea, fomentato dai Genovesi. Infine, per contrastare la sempre maggiore egemonia pisana, dopo un periodo di relativa equidistanza tra le due repubbliche marinare, il Giudicato di Torres passerà, poi, anch’esso decisamente dalla parte genovese. La reggenza di Pietro de SerraDurante gli ultimi anni del governo di Barisone de Lacon-Gunale e in quelli iniziali del governo di Mariano de Lacon-Gunale figlio di Andrea Tanca, secondo alcuni documenti si trovano insieme i due giudici, il nonno Barisone e il nipote Mariano. Il fatto più disorientante è che sembrano in carica entrambi, dato che in alcuni documenti vengono indicati come Ambos iudikes. Forse il nonno è ancora in carica e il nipote è associato al trono, oppure il giudice è ormai diventato il nipote e il nonno mantiene solo il titolo, e, in questo caso, sarebbe davvero sorprendente scoprire che un giudice poteva subentrare a un altro quando questo era ancora in vita. In questo periodo di transizione è documentato che abbia svolto l’attività di reggente della corona del Giudicato Pietro de Serra chiamato nel ritratto Petrus I Turrex, il cui eventuale grado di parentela con i giudici legittimi risulta essere piuttosto incerto, tuttavia egli ebbe mansioni di governo in alcuni momenti o in luoghi nei quali i regnanti fossero impossibilitati a svolgere il loro compito. La reggenza di Costantino de SogostosDurante gli ultimi anni del governo di Barisone de Lacon-Gunale e in quelli iniziali del governo di Mariano de Lacon-Gunale figlio di Andrea Tanca, secondo alcuni documenti si trovano insieme i due giudici, il nonno Barisone e il nipote Mariano. In questo peridod è documentato che dopo Pietro de Serra abbia svolto l’attività di reggente della corona del Giudicato anche Costantino de Sogostos chiamato nel ritratto Costantinus II Turr.rex. Pure di questo reggente, citato tra l’altro nel Condaghe di San Pietro di Silki, l’eventuale grado di parentela con i giudici legittimi risulta essere piuttosto incerto, tuttavia anche lui si ritiene abbia avuto mansioni di governo in alcuni momenti o in luoghi nei quali i regnanti fossero impossibilitati a svolgere il loro compito. Il governo di Mariano I che favorisce l’insediamento dei monaci Cassinesi e l’arrivo dei mercanti pisani nel GiudicatoVerso il 1073 alla morte di Barisone gli succede il Nepote eius, ossia il suo nipote che era il figlio minorenne di Andrea Tanca, il Donnikello Mariano de Lacon-Gunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu come giudice con il nome di Mariano I di Torres chiamato nel ritratto Marianus I Turr.rex, che regna dal 1065 fino alla morte verso il 1114 e viene sepolto nella Chiesa di Santa Maria del regno ad Ardara capitale del Giudicato. Rimasto orfano in tenera età, Mariano viene eletto lo stesso Pro su bonu sinnu de Sa mamma, cioè per le capacità di equilibrio e di assennatezza di sua madre. Secondo l’anonimo Libellus judicum turritanorum, Mariano passava la gioventù amante del buon vino e spesso si ubriacava, per questo la madre fa una Meiguina ossia una fattura, e Mariano smette improvvisamente di ubriacarsi e diviene Aguaderi, ossia bevitore di sola acqua. Ma per il gran bere si gonfia ed ingrassa a dismisura, tanto che Ceddu nexunu no lo podiat portare, verosimilmente il povero Mariano soffriva di idropisia, una patologia abbastanza diffusa nel medioevo. Egli sposa Susanna de Zori o de Thori dalla quale nasce il figlio Costantino che gli succederà, ed a lui è attribuita anche una seconda moglie chiamata Giusta. Diviene un sovrano saggio e liberale, che governa con rettitudine e giustizia, seguendo le leggi, ed è molto amato dal suo popolo. A Mariano I si deve, nel 1065, l’insediamento di dodici monaci Cassinesi, ossia monaci Benedettini di montecassino, nella grande Chiesa di Sant’Antioco di Bisarcio a Ozieri. Concede inoltre a loro ricchi benefici, tra i quali a Borutta il possesso della stupenda Chiesa romanica di San Pietro di Sorres con il monastero benedettino, eretta sulla sommità di un piccolo altopiano calcareo, costruita in stile romanico pisano alla fine dell’undicesimo secolo, per venire poi rimaneggiata secondo le forme toscano pisane con visibili influssi francesi tra il 1170 ed il 1190, che è stata la Cattedrale della non più esistente diocesi di Sorres fino al 1505. Dati su questa Chiesa sono riportati nel regsitro di San Pietro di Sorres, di cui possiamo leggere in questa pagina. Nel 1073, inizia una politica di concessione di privilegi ai mercanti Pisani, che vengono dispensati dall’esazione di qualsiasi dazio dovuto per i commerci col suo Giudicato, per ringraziare Pisa di aver contribuito attivamente alla sconfitta dei Saraceni nel 1044. Durante il regno di Mariano I di Torres la Chiesa cattolica è attraversata della riforma gregorianaMariano I regna durante il periodo nel quale la Chiesa cattolica è attraversata dalla riforma gregoriana. Gregorio VII è il più importante fra i papi dell’undicesimo secolo, noto anche per il ruolo svolto nella lotta per le investiture che lo pone in contrasto con l’Imperatore Enrico IV. Egli mette in atto una profonda riforma della Chiesa cattolica, promossa in Sardegna dall’arcidiocesi di Pisa, con l’intento di prevenire nell’isola le conseguenze dello scisma del 1054, che ha determinato la definitiva separazione tra Chiesa d’Oriente e Chiesa d’Occidente. La Sardegna, essendo stata a lungo una Provincia bizantina, aveva una religiosità più vicina alla cultura greca che a quella latina, e i preti locali propendevano per quel culto ma il papa pretende che anche i giudici sardi appoggino l’insediamento di monaci della Chiesa romana a discapito di quelli ortodossi. Come molti altri giudici sardi dell’epoca, anche Mariano I favorisce la presenza dei monaci Vittorini, i Benedettini provenienti dall’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, inviati dal papa in Sardegna. Il 14 ottobre 1073 papa Gregorio VII invia una missiva, diretta a lui, Mariano I di Torres, ed a Costantino I di Gallura, Torchitorio I di Cagliari e Orzocco I d’Arborea, nella quale il papa riafferma la supremazia pontificia sui quattro Giudicati sardi, e consiglia o, piuttosto, ordina loro di sottomettersi alla Chiesa di Roma, pena gravi pericoli per la Libertà dei loro Stati. Tra l’altro, segue una seconda epistola del 1080 che impone ai monaci di radersi la barba com’è costume nel resto d’Europa e ad occuparsi delle loro Chiese, che in essa sono definite Neglette. In segno della propria sottomissione alla Chiesa di Roma, Mariano I si impegna a pagare una somma annua come testimonianza tangibile della sua devozione, e concede al comune di Pisa, attraverso l’Opera di Santa Maria, il possesso di numerose Chiese, tra le quali la Chiesa di San Michele di Plaiano sulla strada tra Sassari e Platamona, nella cui donazione compare come coregnante anche il figlio Costantino. A Mariano I si deve, inoltre, la costruzione della Chiesa della Madonna di Castro A Oschiri, interamente realizzata in trachite rossa con gradazioni dal rosa intenso al porpora scuro, che è stata l’antica Cattedrale della diocesi di Castro ed anche sede vescovile almeno dal 1116, quando è documentata la presenza di un suo Vescovo tra quelli presenti alla consacrazione della Basilica della Santissima Trinità di Saccargia. A Mariano I o al fratello di sua moglie Susanna de Zori, ossia al suo cognato, viene attribuita la costruzione della Chiesa di Nostra Signora di Tergu un’Abbazia benedettina alla cui realizzazione hanno partecipato maestranze lombarde e pisane, che verrà consacrata nel 1117 durante il regno di Costantino I, e che risulta tra i possedimenti dei monaci Cassinesi dal 1122. Ed inoltre a sua moglie Susanna de Zori si deve la costruzione della Chiesa di San Pietro di Silki una delle Chiese più antiche di Sassari, che è stata fondata in un antico villaggio ormai scomparso che era chiamato Silki tra gli anni 1065 e 1082, almeno a quanto risulta dal Libellus Judicum Turritanorum, ed in origine era annessa a un’Abbazia dei Benedettini. Dati su questa Chiesa sono riportati nel Condaghe di San Pietro di Silki. Il governo di Costantino I che continua a favorire ancora l’insediamento monacale nel Giudicato Verso il 1114 alla morte di Mariano I nel governo del Giudicato gli subentra il figlio Costantino de Lacon-Gunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino I di Torres detto Il Giusto, chiamato nel primo ritratto Costantinus III Iustus Turrex, mentre il secondo ritratto è un bassorilievo in marmo tratto da un dettaglio dell’archivolto dell’arcata centrale del porticato della Basilica campestre della Santissima Trinità di Saccargia da lui fatta edificare. Egli viene nominato per la prima volta in un documento risalente al 1082, quando appare come figlio e coregnante con Mariano nella donazione della Chiesa di San Michele di Plaiano, e la sua morte si deve datare al 1127. Sposa Marcusa de Gunale, nobildonna presumibilmente bosana, e da loro nascerà Gonnario che gli succederà come giudice di Torres. Costantino è un forte sostenitore degli ordini ecclesiastici che chiama in numero sempre maggiore. Un atto di donazione del 1115 da parte di nobili del Giudicato di Torres verso i monaci Camaldolesi, dona loro la Chiesa di San Nicola di Trullas in agro di Semestene, con il monastero al quale apparteneva e di cui non rimangono che poche tracce. Dopo l’insediamento, i Camaldolesi iniziano a compilare il Condaghe di San Nicolò di Trullas, che è qui riportato, tramandandoci numerose informazioni sulla società e sull’economia del tempo. Inoltre, secondo il Condaghe della Santissima Trinità di Saccargia, del quale non siamo riusciti a trovare il testo, durante un viaggio insieme alla moglie Marcusa, Costantino era stato ospitato dai monaci Camaldolesi nel loro monastero sull’appennino tosco-romagnolo, e dato che il loro matrimonio non era stato benedetto dalla nascita di un figlio, avevano fatto voto alla Madonna peché desse loro un erede. Quando, nel 1116, nasce il figlio Gonnario, la coppia dedica alla Madonna la bellissima Basilica della Santissima Trinità di Saccargia a Codrongianos, consacrata nel 1116, ed il cui aspetto architettonico risale poi a maestranze pisane che la completano tra il 1180 e il 1200, e dove verrà sepolto lo stesso Costantino. È il principale ed il più bel monumento romanico pisano della Sardegna ed uno dei più importanti d’Italia. Costantino fa, inoltre, costruire, verso il 1110, la Chiesa di San Michele di Salvenero nel villaggio vicino a Ploaghe, annessa ad un monastero dei monaci dell’ordine dei Vallombrosani, che rimarranno a Salvannero fin verso la metà del quattordicesimo secolo. Dona inoltre nel 1113 ai monaci Benedettini di montecassino la Chiesa di San Nicola di Silanis ritenuta una delle creazioni più belle dello stile romanico in Sardegna, della quale restano pochi ruderi invasi dalla vegetazione a Sedini, costruita prima del 1112 dai coniugi Furatu de Gitil e Susanna de Lacon-Zori, esponenti della dinastia dei giudici di Torres, i cui nomi appaiono scolpiti nell’inserzione funeraria sulla facciata. E, inoltre, nel 1116, cede al comune di Pisa attraverso l’Opera di Santa Maria la Chiesa di San Michele di Plaiano che era stata edificata da suo padre Mariano I. L’insediamento nel Giudicato delle famiglie dei Doria e Malaspina
Costantino, durante il suo regno, favorisce l’insediamento nel Giudicato della famiglia genovese dei Doria, e di quella dei Malaspina dello Spino Secco di origine della Lunigiana le cui origini si fanno risalire alla divisione in famiglie della stirpe obertenga agli inizi dell'undicesimo secolo. Ad esse concede diversi territori abbandonati ed incolti, con la speranza che vengano resi produttivi e presidiati. I Doria si stabiliscono in Anglona dove edificano il Castello di Chiaramonti il Castello di Castel Genovese oggi Castelsardo, il Castello dei Doria a Santa Maria Coghinas ed il Castello di Monteleone Rocca Doria. Ai Malaspina si deve, nel 1112, l’edificazione del Castello di Serravalle a Bosa, ed anche quella del Castello di Osilo. Si tratta di una politica che si mostrerà a lungo andare negativa, in quanto queste casate, appartenenti a Genova avversario storico della repubblica di Pisa, ed a lucca suo forte antagonista delle politiche commerciali, diventeranno tanto potenti da insidiare l’integrità dello stesso Giudicato.
Durante il suo regno, le concessioni del pontefice all’arcivescovado pisano suscitano le invidie dei Genovesi, che presto si trasformano in competizione e in scontri. Nel 1119, i Genovesi assaltano alcune galee pisane, dando origine ad una sanguinosa guerra, combattuta per mare e per terra, che dura fino al 1133. Durante questa guerra, Costantino riesce a ristabilire una relativa equidistanza tra Pisa e Genova, sempre in un quadro di autonomia politica.
La riscossa cristiana nei confronti dell’Islam con la Crociata delle BaleariDurante il regno di Costantino I si sviluppa la riscossa cristiana nei confronti dell’Islam. La repubblica di Pisa partecipa attivamente alla Prima Crociata organizzata da papa Urbano II che si protrae dal 1096 al 1099. E durante il suo regno, sotto il pontificato del suo successore ossia del papa Pasquale II dietro le pressioni di Berengario III di Catalogna, la repubblica di Pisa organizza la Crociata delle Baleari effettuata tra il 1113 ed il 1116 per togliere ai Saraceni il possesso delle isole Baleari, con un esercito cristiano guidato dalla repubblica di Pisa e composto di forze italiane, catalane ed occitane, alla quale partecipano anche i Giudicati sardi, ma alla quale non partecipa la repubblica di Genova. La flotta, composta da 300 navi, imbarca anche un contingente sardo, comandato da Saltaro, figliastro di Costantino I di Torres, insieme a Torbeno, zio di Torghitorio II di Calàri. Lo storico Giuseppe Manno, nel suo volume Storia della Sardegna, parla delle loro imprese scrivendo «Anzi, se si deve prestar fede al poeta il quale cantò le vicende dei guerrieri Pisani in quella famosa campagna, non vana fu l’opera per essi di quei due illustri personaggi; dicendosi non meno noto Turbino per l’assennato consiglio che il giovine Saltaro per la destrezza sua nel maneggiar l’arco. Onde alla Sardegna tornò l’onore di aver in tale impresa inviato colà il Nestore ed il Filotette di quell’esercito». Una cronaca di questa crociata viene riportata anche nel «Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus», un poema pisano che è stato composto in occasione della vittoria dei Cristiani sui Saraceni nella Crociata delle Baleari. Le pretese di Saltaro di Torres alla successione sostenuto dalla famiglia de AthenSecondo il «Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus», Saltaro di Torres sarebbe stato figlio del giudice Costantino I di Torres e di sua moglie Marcusa de Gunale, ma più recenti studi avvalorano la tesi che egli fosse nato da Marcusa Gunale prima di diventare giudicessa consorte e da uno sconosciuto membro della famiglia Orrù, e che si fosse recato ad abitare con la madre presso il patrigno giudice, con cui la madre aveva appena convolato a nozze. Presumibilmente adottato come erede da Costantino I, in data imprecisata poco dopo il 1110 vede sfumare il proprio ruolo nella successione a causa della nascita del fratellastro Gonnario. Saltaro nel 1113 si imbarca presso Alghero, nella baia di Porto di conte, insieme a Torbeno di Cagliari, alla volta delle isole Baleari, prendendo parte alla spedizione della quale assume il comando. Nel corso della guerra, sempre secondo il «Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus», egli uccide uno dei principali comandanti saraceni, tale Abrotano, colpendolo ai reni con la Virga Sardescha, un’arma bianca da getto simile a un un giavellotto diffusa in Sardegna. Dopo la conclusione vittoriosa della guerra, Saltaro, coperto di gloria, fa ritorno in Sardegna, dove sposa un’anonima figlia del ricco possidente Ittocorre de Athen, di Pozzomaggiore. Egli è sostenuto da questa potente famiglia, la più potente del Logudoro dato che appartiene alla stirpe giudicale dei Lacon-Gunale, e che appare nella storia del Giudicato di Torres già dal tempo di Mariano I. Infatti è un esponente della famiglia de Athen che regge la Curatoria di Ficulinas, l’attuale Florinas, ed i de Athen dispongono di proprietà nella diocesi di Sorres. Dopo la morte del patrigno, Saltaro comincia ad accampare i suoi diritti alla successione di Costantino, e complotta con il suocero per l’eliminazione fisica del fratellastro, tuttavia il loro progetto fallisce. La reggenza di Ittocorre Gambella in attesa della maggiore età di Gonnario de Lacon-GunaleNel 1127 alla morte di Costantino I gli succede il figlio quattordicenne, il Donnikello Gonnario de Lacon-Gunale, nato da Costantino e dalla moglie Marcusa de Gunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu come giudice, e regnerà dalla maggiore età fino all’abdicazione nel 1147. Essendo molto giovane, viene allevato, oltre che dalla madre, da un tutore a lei fedele, che diviene reggente, ossia Giudice de facto. Si tratta di Ittocorre Gambella che, per proteggere il trono dalle pretese del fratellastro Saltaro e per sottrarlo a una congiura ordita dalla famiglia de Athen, fa trasferire Gonnario a Pisa. Il comune toscano affida la cura del principe al nobile Ugo degli Ebriaci, che, al compimento del diciassettesimo anno, gli dà in sposa la propria figlia Maria degli Ebriaci, dalla quale avrà quattro figli, Barisone che gli succederà nella gestione del Giudicato, Comit, Pietro ed Ittocorre. Nei tre anni della sua residenza a Pisa, viene stato fatto edificare a suo nome, da Ittocorre Gambella, tra il 1127 e il 1129, a Burgos del Castello del Goceano detto anche Castello di Burgos dove i giudici trascorreranno i mesi estivi, che risulta una delle fortezze più munite del periodo medioevale sardo, destinato alla difesa sia contro i nemici Atzeni di Pozzomaggiore, che contro quelli del Giudicato d’Arborea. Castello che apparterrà, poi, al Giudicato di Càralis, a quello di Gallura e infine a quello d’Arborea, quando Mariano IV d’Arborea vorrà la nascita del borgo attorno ad esso, chiamato oggi Burgos. Il governo di Gonnario II di Torres che riesce a sconfiggere gli AtzeniNel 1131 Gonnario de Lacon-Gunale, completata la propria educazione a Pisa e raggiunti i diciotto anni, torna in Sardegna con la moglie Maria ed il suocero Ugo degli Ebriaci. Con l’aiuto di quattro galee e di truppe pisane, prende il potere ottenendo dalla Corona de Logu l’attribuzione del Bannus consensus, ossia il governo sulla base di un patto col popolo, e quindi la nomina a giudice effettivo con il nome di Gonnario II di Torres. Riteniamo che Gonnario si possa riconoscere nel ritratto presente in un quadro su legno di autore anonimo del sedicesimo secolo conservato nell’Abbazia di Notre-Dame de Cîteaux, mentre il secondo è un bassorilievo in marmo tratto da un dettaglio dell’archivolto dell’arcata centrale del porticato della Basilica campestre della Santissima Trinità di Saccargia. Egli va a vivere nel Castello di Ardara, ma il Castello del Goceano diviene la residenza da lui scelta più di frequente. Gli esponenti della famiglia de Athen, che resistono nelle loro proprietà di Pozzomaggiore nel sud del Giudicato, non abbandonano i loro propositi di dominio, e tentano di portare a termine il loro progetto di usurpazione del trono, ma vengono aggrediti dagli uomini di Gonnario, e vengono uccisi senza pietà, per massima parte sotto le mura del Castello del Goceano. Gonnario raggiunge i superstiti nella Chiesa di San Nicolò di Trullas, dove si erano rifugiati contando sul diritto di asilo, e, ciò nonostante, li passa per le armi proprio dietro l’altare, uccidendo anche il fratellastro Saltaro presumibilmente nel 1136. Eliminati i suoi nemici, Gonnario per ricompensare il fidato Ittocorre Gambella gli assegna il titolo di cavaliere, gli dona una villa in Romangia ed i fondi situati nelle vicinanze, e, per ringraziare Pisa dell’aiuto ricevuto, inizia a condurre una politica fortemente filopisana, facendo alla città ed ai suoi mercanti concessioni di ogni genere. Attorno al 1130 Gonnario, assieme ai giudici Comita Spanu di Gallura e Costantino I d’Arborea, ha fatto un solenne giuramento di omaggio all’arcidiocesi di Pisa. Nel 1131, Gonnario dona la metà dell’Argentiera, nella Nurra, alla Chiesa primaziale di Santa Maria di Pisa, a testimonianza dei legami politici sempre più stretti con il comune toscano. E di nuovo, nel 1132, organizza ad Ardara, nel palazzo giudicale del Logudoro, l’offerta dei propri omaggi all’arcivescovo di Pisa, Ruggero, alla quale è presente anche Comita Spanu di Gallura. Questo atto porta ad affermarsi, per un certo tempo, la supremazia del Giudicato di Torres sull’isola, grazie anche all’appoggio pisano. Gonnario II contrasta i tentativi di invasione da parte dell’ArboreaMa le concessioni fatte da Gonnario II alla repubblica di Pisa, risvegliano l’ostilità di Genova. Quindi, la repubblica di Genova istiga il nuovo giudice Comita III d’Arborea, che nel 1131 si è con loro alleato, a muoversi alla conquista del Logudoro, nel quale riesce ad imporre, per qualche tempo, il suo dominio. Le ostilità però cessano presto, per la mediazione del papa Eugenio III. Comunque, nel 1136 Comita III ritenta, ma viene nuovamente respinto da Gonnario II. Nel 1146 Comita III d’Arborea organizza il Convegno di Bonarcado, nel quale fa incontrare i quattro giudici per risolvere una controversia sorta tra il giudice Costantino III di Gallura ed i figli del suo predecessore Comita Spanu per il possesso del Castello di Balaiana, e Salusio III di Cagliari interviene, con gli altri giudici al Collectu, l’assemblea generale convocata per dirimere la controversia. Nel 1147 in occasione della consacrazione della Chiesa di Santa Maria di Bonarcado Barisone II d’Arborea convoca i Pisani e gli altri giudici sardi per una conferenza di pace, occasione che vede riuniti tutti i giudici sardi, ossia Gonnario II di Torres, Costantino III di Gallura, Salusio III di Cagliari e Barisone II d’Arborea, e che riesce a evitare la guerra tra Genova e Pisa per ben quindici anni. Negli anni successivi Gonnario si dedica interamente alla religione, e partecipa alla Seconda Crociata che si svolge dal 1145 al 1149, annunciata da papa Eugenio III e la prima guidata da regnanti europei, ovvero Luigi settimo di Francia e Corrado III di Svevia. Vi partecipa insieme al Vescovo di Sorres, ad alcuni nobili sardi e ad un cavaliere templare, di cui è citato il nome, Magister curiae Roberto Turonensis o di Tours. L’incontro di Gonnario II con San Bernardo di Clairvaux e la conversioneDopo aver partecipato alla Seconda Crociata, al ritorno, passando per la Puglia Gonnario II si reca a montecassino, grazie ai forti rapporti che il padre Costantino aveva avuto con i monaci Benedettini. Qui egli diviene molto amico di Bernardo di Clairvaux monaco e abate francese poi santificato, al quale si deve l’edificazione della celebre Abbazia di Clairvaux e di altri monasteri, e che è tra i fondatori storici dell’ordine Cistercense e sostenitore del movimento templare. Sotto il suo governo viene edificata, per soddisfare un desiderio di Bernardo di Chiaravalle, l’Abbazia di Santa Maria di Corte a Sindia con l’annesso monastero, consacrati il 15 marzo 1149, nei quali vengono ospitati centocinquanta monaci e cinquanta conversi inviati da Bernardo. Secondo la tradizione, poi, fa edificare il Santuario di Nostra Signora di Gonare a Sarule, per sciogliere il voto fatto per ringraziare la Madonna, dopo essere sopravvissuto ad un disastroso naufragio, sulle coste di Orosei, al ritorno dalle Crociate. Con la madre Marcusa si reca in Sicilia e, a Messina, fonda l’Ospedale di San Giovanni d’Oltremare, dove anni dopo verrà sepolta Marcusa. Incontrato ancora una volta San Bernardo, nel 1147, ne rimane talmente influenzato da decidere di abbandonare tutto e già da quell’anno ha quasi totalmente lasciato il trono nelle mani del figlio Barisone, ma ancora nel 1178 svolge la funzioni da giudice. Quindi si reca all’Abbazia di Chiaravalle per farsi monaco Cistercense. Si rifugia in una grotta per fare penitenza prima di entrare nella casa madre dei Cistercensi nel 1154, pochi mesi dopo la morte di San Bernardo. Gonnario vive a lungo nel monastero, come viene ricordato dal monaco Erberto, futuro arcivescovo di Torres, che ne ammira la perfezione spirituale e penitenziale con la frase «Omnique gloria mundi deposita [...] iam annum quinque peragens in disciplina suxepti Ordinis assidue militat et expectat donec veniat immutatio eius». Gonnario muore tra il 1181 e il 1192 e viene sepolto nel monastero, ed in seguito verrà annoverato tra i beati dell’Ordine Cistercense con la definizione Beatus Pius Gumarus. Il suo ricordo liturgico ricade il 19 luglio. Il governo di Barisone II che contrasta i nuovi tentativi di invasione da parte dell’Arborea e poi diventa filo genoveseNel 1147 gli equilibri nell’area vedono Arborea filogenovese, circondata dal Logudoro e Cagliari filopisane. In quell’anno due fatti condizioneranno tutta la storia successiva, Gonnario II di Torres, come si è detto, abdica, e, qualche anno dopo, a Cagliari muore il giudice Salusio III. Dei due figli di Gonnario, il maggiore, Barisone, gli succederà sul trono del Logudoro, mentre il minore, Pietro, che sposerà la figlia di Salusio III, diventerà giudice di Cagliari col nome di Torchitorio III. Nel 1147 quando Gonnario II abdica il figlio maggiore Barisone de Lacon-Gunale viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Barisone II di Torres chiamato nel primo ritratto Barisonius I Turr.rex, mentre il secondo ritatto è un altorilievo in vulcanite nel capitello del pilastro presbiteriale nord della Chiesa campestre di Sant’Antioco di Bisarcio. Barisone, che regnerà fino all’abdicazione nel 1191, prende in sposa Preziosa de Orrubu o de Orrù, dalla quale nascono i figli Costantino e Comita, e la figlia Susanna. Nella Chiesa campestre di Sant’Antioco di Bisarcio è riportato il ritratto di Barisone con il figlio Costantino da un altorilievo in vulcanite dalla mensola di imposta degli archi della bifora sinistra del porticato antistante l’ingresso; e sono riportati da altorievi in vulcanite i ritratti del Donnicello Comita sul lato a del capitello della bifora destra del porticato antistante l’ingresso, della figlia Susanna sul lato c, e del fratello Ittocorre sul lato b. Barisone continua nella politica del padre, assai vicina alla repubblica di Pisa ed alla Chiesa di Roma. Nel 1150 fa, tra l’altro, iniziare la costruzione della Chiesa di San Lorenzo a Silanus, probabilmente dagli stessi frati Cistercensi dell’Abbazia di Santa Maria di Corte di Sindia. In seguito, durante il suo regno, verso il 1160, il fratello Ittocorre de Gunale fa edificare il Castello Etzu o Castello di Monti Ferru allo scopo di difendere i confini meridionali del Giudicato, dai tentativi di invasione del Giudicato d’Arborea. Il Castello entrerà, comunque, in seguito, in possesso degli stessi giudici d’Arborea. La discesa in Italia di Federico I del Sacro Romano Impero più noto con il nome di BarbarossaQuando nel 1154 l’Imperatore Federico III Hohenstaufen divenuto Federico I del Sacro Romano Impero, più noto con il nome di Barbarossa scende in Italia per contrastare il potere dei comuni italiani. Pisa concede il proprio appoggio incondizionato all’Imperatore che, nel 1162, le concede notevoli privilegi, determinando una ripresa delle ostilità con la repubblica di Genova. La pace verrà raggiunta nel 1175 con il ritorno dell’Imperatore del Sacro Romano Impero in Italia, e l’accordo favorirà Genova, che vedrà espandersi i propri territori d’oltremare. Nel 1162, allo scoppio della guerra tra Pisa e Genova, gli equilibri politici tra le due repubbliche marinare e i regni sardi si incrinano, ed, infatti, il suo governo è caratterizzato dalla guerra tra i Pisani ed i Genovesi. Nel 1163, Barisone II di Torres, filopisano, deve ostacolare le mire egemoniche di Barisone II d’Arborea, alleato allora con i Genovesi, che, nel 1162, aveva dichiarato guerra a Pisa, e lo deve combattere lungamente, resistendo comunque a diversi suoi attacchi militari. Sostiene il fratello Pietro, divenuto giudice di Cagliari con il nome di Torchitorio III di Cagliari, e quando questi nel 1163 deve fuggire da Cagliari, spodestato da Barisone II d’Arborea, lo accoglie presso di se. Ma l’anno successivo, nel 1164, Barisone II d’Arborea si reca a Pavia per venire incoronato, nella Cattedrale di San Siro, re di Sardegna, titolo comprato da Federico I del Sacro Romano Impero. Allora Barisone II di Torres ed il fratello Torchitorio III di Cagliari, approfittando dell’assenza del sovrano, per vendicarsi, cercano di invadere il Giudicato d’Arborea, però senza successo. Successivamente, comunque, sempre nel 1164, con il sostegno del fratello Barisone II di Torres e delle forze pisane, Torchitorio III torna trionfante a regnare a Cagliari. Ma, nel corso del suo regno, si ripetono i tentativi, sia pure senza successo, di conquista da parte di Barisone II d’Arborea. Nel 1165 l’intera isola di Sardegna viene Concessa in feudo al comune di Pisa dallo stesso Federico Barbarossa, il quale in questa occasione revoca anche tutte le concessioni anteriori della medesima, da lui fatte, a qualunque altra città o persona. Barisone si reca, con gli altri giudici, a Pisa a giurare fedeltà alla repubblica. Ma i Pisani, forti di questa concessione, tendono ad inserirsi sempre maggiormente nell’economia e nella politica del Giudicato. Quindi, in seguito, nel 1166, Barisone II di Torres, come già aveva fatto il fratello Torchitorio III di Cagliari, si rende conto delle loro eccessive ingerenze negli affari interni, e quindi cambia strategia ed inizia ad aprirsi ai Genovesi, arrivando a far sposare la figlia Susanna al console genovese Andrea Doria e ad espellere, con l’aiuto dei Doria, i Pisani dal Giudicato. Per ritorsione, Barisone II d’Arborea, divenuto filopisano, spinto dai Pisani lo attacca, ma la reazione militare, organizzata con troppa fretta, non ha successo. Si ottiene, comunque, una successiva riconciliazione tra i due Barisone, di Torres e d’Arborea. Comunque, per queste continue ritorsioni tra i Giudicati. Il governo di Costantino II prima scomunicato e poi sconfitto da Salusio IV di Cagliari che imprigiona la moglie PrunisindaBarisone II di Torres cerca di rimanere politicamente in equilibrio tra le due potenze marinare, finché, nel 1191, abdica a favore del primogenito Costantino, e si ritira nell’Ospedale di San Giovanni d’Oltremare, a Messina, fondato da sua nonna, la regina Marcusa. Nel 1191 dopo l’abdicazione di Barisone II il figlio Costantino de Lacon-Gunale viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino II di Torres ma già da venti anni era stato associato dal padre nel governo del Giudicato. Egli, chiamato nel ritratto Costantinus V Crudelis Turrex, regnerà solo sette anni, con un governo che dalle fonti risulta essere spesso tirannico, contrassegnato da ingiustizie e crudeltà, fino alla morte nel 1198. Vedovo della catalana Drudda, morta poco dopo essere giunta in Sardegna, sposa in seconde nozze Prunisinda, anch’essa catalana, che va a risiedere nel Castello del Goceano. Dalle due mogli non gli nascono eredi diretti. Il suo regno si svolge in un periodo particolarmente complesso della storia sarda, caratterizzato dal forte inasprirsi della lotta di predominio tra Genova e Pisa. Costantino II prosegue nella politica filogenovese del padre, tanto da inimicarsi la Chiesa e, dopo una sommaria istruttoria dell’inviato papale che è, guarda caso, Ubaldo lanfranchi arcivescovo di Pisa e primate di Sardegna e Corsica, viene da lui Scomunicato. Nel 1194, nel suo Giudicato, si verifica l’assalto del giudice filopisano Salusio IV di Cagliari, il più spietato sovrano dell’epoca giudicale, che espugna e gli toglie il Castello del Goceano, facendo prigioniera sua moglie Prunisinda. Dopo averla violentata, la conduce prigioniera a Santa Igia. Non riesce però ad impossessarsi del Giudicato del Logudoro, e viene respinto, nel 1195, dai Genovesi, che sono alleati di Costantino. L’anno successivo, Costantino tenta la liberazione di Prunisinda, aiutato dai Genovesi, ed assedia inutilmente Santa Igia dove è tenuta prigioniera, senza però riuscire a liberarla. Prunisinda morirà, prigioniera, per l’onta subita e per gli stenti. La guerra fra Costantino e Guglielmo continua ininterrottamente fino al 1198, quando Costantino II di Torres muore senza lasciare eredi diretti. Due anni prima egli, che si è ammalato gravemente, sentendosi vicino alla fine scrive all’arcivescovo perché lo assolva dalla scomunica, ma muore prima di ricevere risposta e, come scomunicato, viene sepolto fuori del Cimitero della Chiesa giudicale di Santa Maria del regno ad Ardara. Il governo di Comita II che ottiene la revoca della scomunica di Costantino II e si rappacifica con Salusio IV di CagliariNel 1198 alla morte di Costantino II senza eredi diretti la Corona de Logu intronizza come giudice suo fratello Comita de Lacon-Gunale, che sale al trono con il nome di Comita II di Torres chiamato nel ritratto Comitus III Turrex. Egli si dichiarerà fedele a papa Innocenzo III e riuscirà ad ottenere da papa Innocenzo III La revoca della scomunica e la sepoltura cristiana di Costantino, e che regnerà fino alla morte nel 1218. Comita II cerca di utilizzare la diplomazia ed i matrimoni per uscire dalla situazione difficile in cui si trovava il suo Giudicato, sempre, comunque appoggiato dai Genovesi e contrastato dai Pisani. Egli ha dapprima un figlio naturale da una donna della famiglia de Serra, chiamato Orzocco de Serra, che diventerà in seguito reggente del Giudicato a nome del nipote Barisone. All’età di circa vent’anni, sposa in prime nozze Ispella d’Arborea, vedova di Ugo Poncho de Cervera visconte de Bas e madre di Ugo Ponzio de Bas che diventerà in seguito giudice condomino d’Arborea con il nome di Ugone I. Da questo matrimonio nascono il figlio Mariano, che fa sposare con Agnese secondogenita di Salusio IV di Cagliari procurandosi l’alleanza con questo spietato giudice di Cagliari, e la figlia Maria che fa sposare con Bonifacio marchese di Saluzzo. Sposa, quindi, in seconde nozze Agnese Aleramici di Saluzzo, figlia di Manfredo II del Vasto marchese di Saluzzo e sorella di Bonifacio, da cui ha due figlie, Giorgia che fa sposare con Manuele Doria e Isabella che fa sposare con lanfranco Spinola, entrambi signori molto importanti. Confermati gli stretti rapporti con i Genovesi, non modifica la politica antipisana del Giudicato. Preoccupato per il controllo di Pisa, non solo su Cagliari e indirettamente sull’Arborea, ma attraverso lamberto Visconti anche sulla Gallura, che confina con il suo Giudicato, decide di affrontare i Visconti. Nel 1209 occupa Civita costringendo lamberto Visconti a fuggire e per breve tempo controlla parte del territorio del Giudicato di Gallura. Ben presto, però, lamberto e i suoi alleati Pisani lo scacciano, viene ristabilita la pace, Comita si ritira, e lamberto Visconti può rientrare a Civita. Di nuovo, tra il 1210 ed il 1215, con il supporto della repubblica di Pisa, lamberto cerca di attaccare, a più riprese, i Giudicati di Logudoro e d’Arborea, senza riuscire, però, ad entrarne in possesso. Quello del regno di Comita II è un periodo nel quale si susseguono, lungo la costa orientale della Sardegna, le incursioni dei pirati saraceni, delle quali è una testimonianza il Tesoro di Santu Miali costituito da 3.500 genovini d’argento e nascosto, per sfuggire a tali incursioni, nel Sito archeologico di San Michele Arcangelo a Padru. In seguito a questi attacchi, Comita II viene costretto a scendere a patti con Pisa, viene quindi ristabilita la pace, egli si ritira dalla Gallura, e lamberto Visconti può rientrare a Civita. Il governo di Mariano II che sconfigge Pietro II d’Arborea e lo costringe a condividere il controllo del GiudicatoNel 1218 alla morte di Comita II di Torres gli succede il figlio di primo letto Mariano de Lacon-Gunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Mariano II di Torres chiamato nel ritratto Marianus II Turr.rex, che governerà il Logudoro fino alla morte nel 1232. In seguito a un contratto tra Salusio IV di Cagliari e suo padre Comita II, Mariano era stato spinto nel 1200 a prendere in moglie Agnese di Massa figlia primogenita di Salusio IV di Cagliari, dalla quale avrà tre figli, Adelasia che andrà sposa ad Ubaldo Visconti, Benedetta che andrà sposa al conte di Ampurias, e Barisone che gli succedrà sul trono. Mariano riesce a mantenere un discreto equilibrio tra Genova, il papato e Pisa, dando al suo regno una relativa prosperità. Riprende, sia pure senza successo, la guerra contro i Visconti, per cercare di appoggiare la cognata Benedetta di Massa, figlia secondogenita di Salusio IV di Cagliari e moglie di Torchitorio IV di Cagliari, che è stato spodestato dalpodestà di Pisa Ubaldo Visconti, che aveva assunto il titolo di rector Cagliaritanus. Si riarma, con l’appoggio del papa e con la speranza di aiuti milanesi, ma nel 1219 viene sconfitto, e viene messa fine alla guerra con il trattato di pace di Noracalbo. Secondo gli accordi, Mariano II è costretto a far sposare la figlia Adelasia, che risiede nel Castello del Goceano, con il tredicenne pisano Ubaldo Visconti di Gallura, ed a rinunciare ai diritti su alcuni suoi possedimenti posti in Gallura, che erano già stati conquistati da suo padre Comita II. Il matrimonio viene celebrato nel 1219 nella Basilica della Santissima Trinità di Saccargia, ma immediatamente papa Onorio III ormai avverso ai Pisani, invia il suo cappellano Bartolomeo per annullarlo. La sua missione fallisce, e questo patto di alleanza tra la repubblica di Pisa ed il Giudicato di Torres venne rispettato. Ubaldo Visconti, divenuto nel 1230 giudice di Gallura, tenta senza successo l’invasione del Logudoro. Ma quando le fortune di Ubaldo vengono meno, Mariano II scatena un’offensiva, insieme al nuovo giudice Salusio V di Cagliari, figlio di Benedetta, contro suo cugino Pietro II d’Arborea, considerato alleato di Ubaldo Visconti, che viene sconfitto e nel 1228 deve accettare di condividere, con Mariano II di Torres e Salusio V di Cagliari, il controllo del Giudicato. La reggenza di Orzocco de Serra in attesa della maggiore età di Barisone de Lacon-GunaleNel 1232 alla morte di Mariano II dalla Corona de Logu viene intronizzato come giudice il figlio appena dodicenne, il Donnikello Barisone de Lacon-Gunale, con il nome di Barisone III di Torres, chiamato nel ritratto Barisonius II Turrex. Essendo molto giovane, viene costituito un Consiglio di reggenza a capo del quale sono il fratellastro di suo padre che è il suo zio Orzocco de Serra e la sua sorella maggiore Adelasia sposata in giovane età con Ubaldo Visconti suo coetaneo originario di Pisa. Diviene reggente ossia Giudice de facto, lo zio Orzocco de Serra come risulta scritto nel testo: «Marianus iudex Parasonum filium suum in minori constitutum etate cuidam suo fratri naturali … dimiserit», ossia che del giudice Mariano il suo figlio Barisone data la minore età viene sostituito dal suo fratello naturale. Orzocco non si dimostra, però, né abile amministratore, né capace diplomatico. Il Giudicato è minato dall’interno dallo strapotere di alti funzionari corrotti, e soprattutto sostenitori dei Doria e dei Malaspina, che costituiscono uno stato all’interno dello stato. Gli interessi dei ricchi e dei mercanti portano quindi a una situazione che permette loro di agire senza alcun controllo da parte delle autorità costituite. Nel 1233 Orzocco rinnova il trattato di alleanza con Genova, ma arriva una pronta reazione del partito filo pisano, che si appoggia ad Adelasia, moglie di Ubaldo Visconti di Gallura e sorella maggiore del giudice designato. Il regno viene agitato da sommosse contro la politica del tutore del giovane giudice, e, per quanto la sorella Adelasia tenti di ristabilire l’ordine, il malcontento aumenta. Le sommosse aumentano, soprattutto a Sassari,che rivendica una maggiore autonomia della corte giudicale. Nel 1234 Orzocco punisce la città di Sassari, condannando all’esilio i suoi cittadini più facinorosi. Con questo, però, la rivolta contro di lui si allarga all’intero Giudicato. Barisone III ultimo erede dei Lacon-Gunale viene ucciso da una sommossa della popolazioneIl Donnikello Barisone de Lacon-Gunale, intronizzato nel 1232 dalla Corona de Logu con il nome di Barisone III di Torres non arriva al trono ma viene messo a morte in modo misterioso insieme al reggente Orzocco de Serra nel 1236. Pare che i cittadini di Sassari, irritati del mal governo o sedotti da chi aveva interesse alla caduta di quella dinastia, lo perseguitino fuggente, insieme ai suoi ufficiali, dove lo trucidano nelle campagne in agro di Sorso, forse presso il monastero di San Michele di Plaiano. Egli viene ucciso a solo quindici anni durante la sommossa popolare, legale secondo il diritto giudicale con la motivazione di aver tradito il Bannus consensus, ossia il governo sulla base di un patto col popolo, il suo cadavere secondo alcuni sarebbe stato sepolto nella Chiesa di San Pantaleo a Sorso, mentre secondo altri sarebbe stato fatto a pezzi e dato in pasto agli animali. Non sono chiare le motivazioni di tale rivolta, ma si ritiene che la classe dei nobili, i ricchi mercanti, i Doria e i Malaspina, appartenenti alla fazione favorevole alla repubblica di Genova, ne abbiano avuto la regia. Mentre secondo un’altra versione, si ritiene possa essere stato assassinato da alcuni sicari assoldati da Ubaldo Visconti di Gallura, bramoso di impadronirsi del Giudicato di Torres. E con la morte di Barisone III si estingue la dinastia nativa dei Lacon-Gunale. La storia della lapide sulla tomba di Barisone IIIIl pievano don Lorenzo Nurra scriveva nel 1839 che nella vecchia Chiesa di San Pantaleo, fino alla sua demolizione nel 1837 col proposito di erigerne una nuova, era stata presente la tomba di Barisone III re di Torres, come risultava da un’iscizione incisa su una lapide sepolcrale. Sappiamo anche che il teologo don Salvatore Oggiano, predecessore di don Lorenzo Nurra alla guida della parrocchia, aveva dato allo storico sardo Pasquale Tola nel corso di una sua visita a Sorso, la notizia dell’esistenza della lapide sepolcrale del giovane principe. E Pasquale Tola nel suo Dizionario biografico degli uomini illustri di Sardegna riporta questa lapide, ma fa osservare che dalle poche parole che vi si leggono sembra non si tratti di Barisone e che quindi questa lapide sia estranea al caso. La lapide accerta solo che Sassari nel 1213 già si reggeva a Comune ed aveva i suoi uffiziali per l’amministrazione,ed un tesoro proprio dal quale il carmelingo traeva i danari per ristaurare il magazzino del sale per gli appaltatori che provvedevano la città e provincia. E da essa si è portati a ritenere che il giovine Barisone con i suoi abbia tentato d’impadronirsi di Sassari, e che i Sassaresi lo abbiano punito della sua temerità uccidendolo. Ma quindici anni dopo, Alberto Ferrero della Marmora presenta un documento del notaio cagliaritano Michele Gilj, nel quale è riportato un frammento di una seconda lapide trovata invece a Sassari, nella cui iscrizione decifrata dallo scrivano cagliaritano Ignazio Pillito si legge dell’uccisione di Barisone sepolto a Sorso nel 1236 e si fa cenno ad un sicario Pietro sassarese, il quale con molti suoi scellerati compagni avrebbe operato quella spedizione spinti dall’ambizioso Ubaldo, primo marito d’Adelasia e cognato del giovine principe assassinato. Circa la presenza delle due lapidi, dalle ricerche di Alberto Ferrero della Marmora risulta che verso l’anno 1837, nella demolizione della vecchia Chiesa di San Pantaleone, viene ritrovata la prima lapide di cui parla Pasquale Tola, sovrapposta ad una tomba collocata ai piedi dell’altare maggiore che conteneva uno scheletro umano. In quanto al frammento della seconda lapide, secondo Alberto Ferrero della Marmora «Nel tempo in cui Sassari erettasi a repubblica era prepotente coi suoi vicini, i Sassaresi, mal soffrendo in Sorso l’esistenza di un monumento destinato a tramandare ai posteri l’obbrobrio che ricadeva sopra uno o più dei loro concittadini, tolsero a viva forza quella lapide, ne collocarono un’altra con un’iscrizione estranea al caso, e portarono la prima a Sassari. I Sassaresi, però, colla lapide non giunsero a distruggere la tradizione popolare del tremendo e barbaro assassinio». Quindi la lapide venne tolta e trasportata a Sassari. Oggi di queste due lapidi non rimane però più alcuna traccia. Le dinastie Visconti e HohenstaufenNel 1236, alla morte di Barisone III, la Corona de Logu assegna il titolo alla sorella Adelasia de Lacon-Gunale, che diventa giudicessa di Torres. Grazie ai suoi matrimoni, regna in Sardegna, con Ubaldo Visconti, la dinastia Visconti, che dura solo per il periodo del suo regno; e con Enzo Hohenstaufen di Svevia, la dinastia Hohenstaufen, che dura anch’essa solo per il periodo del suo regno. Il breve governo di Adelasia e del pisano Ubaldo ViscontiNel 1236 alla morte di Barisone III sono eredi legittime le sorelle Adelasia e Benedetta. Grazie al potere e all’influenza del marito di Adelasia, Ubaldo II Visconti di Gallura, la nobiltà del Logudoro impone alla Corona de Logu l’assegnazione del titolo alla sola Adelasia de Lacon-Gunale, che diventa giudicessa con il titolo di Adelasia di Torres mentre Ubaldo II Visconti di Gallura in virtù del suo matrimonio con questa celebrato nel 1219 nella Abbazia dei monaci camaldolesi della Santissima Trinità di Saccargia, diviene contemporaneamente giudice di Gallura e di Torres, dopo aver invaso e controllato, nel 1230, per un certo tempo, anche il Giudicato di Càralis. La giudicessa Adelasia va a risiedere con il marito Ubaldo a Berchidda nel Castello del Monte Acuto. Come primo atto Adelasia supplica il nuovo pontefice, papa Gregorio IX di perseguire gli assassini del fratello, e questi ordina all’arcivescovo di Pisa di lanciare la scomunica contro i Sassaresi considerati gli autori del misfatto. papa Gregorio IX è confortato dal fatto che, accanto a Adelasia, governa il guelfo Ubaldo, e che, perciò, i Pisani si guarderanno bene dall’insidiare il suo regno. Perciò ad Ubaldo, alla moglie, ed al giudice Pietro II d’Arborea, revoca la scomunica che era stata loro comminata per aver aiutato i Visconti nell’invasione del Giudicato di Càralis. papa Gregorio IX, però, pretende da Adelasia, nel 1237, la cessione del Castello di Monte Acuto, e pretende di sottoporre il Giudicato di Torres e le terre da lei possedute in Corsica, Pisa e Massa al dominio dei pontefici, che vengono nominati suoi eredi universali qualora ella abbia a decedere senza prole. Ma suo marito Ubaldo non riconosce lo stesso per la Gallura, ribadendo solamente l’antica precedente autorità dell’arcidiocesi di Pisa. Comunque, anche il giudice Pietro II d’Arborea, certo che morirà senza lasciare prole, istituisce come suoi eredi universali i pontefici. Ubaldo Visconti non è, però, in grado di fermare il processo di disgregazione del Giudicato, dilaniato dalle lotte intestine tra seguaci dei Doria, dei Malaspina, dei Visconti e della famiglia giudicale, con le ingerenze della Chiesa e del patriarca di Pisa. Inaspettatamente Ubaldo Visconti, col quale Adelasia aveva passato quasi un ventennio, colto da forti febbri, muore a Silki presso Sassari nel 1238 all’età di 31 anni lasciando la moglie vedova e senza figli. Adelasia, forse sconvolta per la morte orrenda del fratello prima, e per quella del marito poi, si ritira in meditazione trasferendosi dal Castello gallurese di Monte Acuto al palazzo giudicale di Ardara. Adelasia sposa Enzo di Svevia che diviene l’ultimo giudice di Torres e viene scomunicataMorto, nel 1238, Ubaldo II Visconti di Gallura, per attirare il Giudicato in un’orbita guelfa o ghibellina, intorno ad Adelasia ci sono tante trame per farle contrarre un matrimonio con una persona appartenente a uno di questi due casati. Si fanno avanti tanti nobili che aspirano alla mano di Adelasia, la quale, a parte la sconosciuta bellezza, ha da donare al futuro marito il titolo di giudice del Logudoro e di Gallura, ed anche il papa Gregorio IX, non appena sà che Adelasia è vedova, le propone di passare in seconde nozze con Guelfo dei Porcari podestà e capitano del popolo di Pisa, molto devoto alla Santa Sede. Ma i Doria, temendo per i propri interessi, convincono Federico Hohenstaufen divenuto Federico II di Svevia, Imperatore del Sacro Romano Impero dal 1220 al 1250, del quale sono alleati, a far sposare, nel 1238 nella Chiesa Santa Maria del regno ad Ardara, Adelasia al suo figlio naturale, il diciottenne Enzo di Svevia avuto con la concubina Bianca Lancia d’Agliano che diventerà in seguito la sua quarta moglie. Adelasia viene immediatamente Scomunicata dal papa Gregorio IX, mentre Enzo riceve dal padre il titolo platonico di re di Sardegna ed Adelasia quello di regina di Sardegna. Molto più giovane di Adelasia, subito dopo il matrimonio nel 1239 Enzo relega Adelasia nel Castello di Burgos, ma resta in Sardegna solo un anno e lascia la moglie e l’isola con il pretesto di andare a combattere una guerra che il padre sta compiendo in Italia contro il papato e le fazioni guelfe con esso alleate, per estendere il proprio potere imperiale. La reggenza di Michele Zanche in nome di re EnzoPrima di partire, Enzo lascia come reggente, nel 1239, il suo vicario Michele Zanche che in realtà si chiamava Corrado Trinchis e che aveva già avuto parte negli intrighi cittadini che avevano portato all’uccisione di Barisone III. La reggenza di Michele Zanche prosegue, nell’assenza del legittimo giudice Enzo di Svevia, ed egli si arricchisce sfruttando il suo ufficio al punto da venire ricordato da Dante nella Divina Commedia, nel decimododicesimo canto dell’Inferno, insieme al frate Gomita, nella quinta bolgia dell’ottavo cerchio, quella dei barattieri colpevoli di aver usato le loro cariche pubbliche per arricchirsi attraverso la compravendita di provvedimenti, permessi e privilegi, dove di lui scrive «Usa con esso donno Michel Zanche di logodoro; e a dir di sardigna le lingue lor non si sentono stanche». Durante il suo governo, Adelasia riceve numerose pressioni per il governo del territorio da Pisani e Genovesi, coloro che in pratica avevano portato all’omicidio del fratello Barisone III. Dopo otto inutili anni di attesa del ritorno del marito, cessa di occuparsi del Giudicato, ed essendo stata scomunicata insieme al marito per essersi schierata contro il potere del papa, riconosce le sue colpe, chiede perdono al papa Innocenzo IV e, per rompere qualsiasi legame con il marito, dietro ricompense di territori a beneficio della Chiesa, chiede la revoca della scomunica ed ottiene il divorzio nel 1246, concesso come scrive lo storico Enrico Besta «Si sbizarriva un pò troppo nel crimine delittuoso dell’adulterio». Quindi si ritira in clausira nel Castello di Goceano, dove morirà senza eredi nel 1259. Morirà distrutta moralmente e fisicamente, ma dopo aver nominato titolare del Giudicato il pontefice, e verrà seppellita ad Ardara nella Chiesa dove si era sposata con Enzo. Da molti studiosi, il 1259 che è l’anno della morte di Adelasia, l’ultima giudicessa designata dalla Corona de Logu, viene indicato come la data ufficiale della fine del regno giudicale di Torres o del Logudoro. La morte di Enzo di SveviaEnzo di Svevia intanto si comporta fino alla morte, a dispetto della lontananza, della prigionia e del divorzio da Adelasia, come re di Torres e di Gallura, con l’emanazione di norme, la nomina di vicari, e, nel testamento, di successori, in quei territori. Egli lotta per una diecina di anni con tutte le forze contro il papato e contro la fazione guelfa. Durante l’ultima battaglia, il 26 maggio 1249 a Fossalta, viene catturato ed Imprigionato a vita a Bologna, nel palazzo adiacente la piazza Maggiore, detto per questo palazzo re Enzo. E, dopo ventitré anni di prigionia, Enzo di Svevia muore a Bologna il 14 marzo 1272, pur avendo continuato a fregiarsi del titolo di giudice di Torres, e viene sepolto nella Basilica di San Domenico. Quindi da altri studiosi, il 1272 che è l’anno della morte di re Enzo Hohenstaufen di Svevia, viene indicato come la data ufficiale della fine del regno giudicale di Torres o del Logudoro. La reggenza di Bianca Lancia ed il controllo pisano e poi genovese sui resti del GiudicatoIl Giudicato viene sconvolto da varie lotte interne e nel 1259, alla morte della giudicessa Adelasia, le famiglie dei Doria e dei Malaspina a nord, il giudice di Gallura a est ed il giudice d’Arborea a sud, incominciano ad impossessarsi delle sue terre. La reggenza di Michele Zanche in nome di Bianca LanciaDal 1272, anno della morte di re Enzo, inizia la reggenza di sua madre Bianca Lancia. Per non perdere il potere, Michele Zanche La circuisce ed arriva a sposarla, e con il matrimonio diviene ufficialmente reggente e conserva la gestione del suo potere nel Giudicato. Dal matrimonio di Bianca Lancia con Michele Zanche nasce una bambina, Caterina che viene fatta sposare a sedici anni con un esponente della famiglia genovese dei Doria, Branca Doria. Branca Doria nel 1275 invita il suocero Zanche a pranzo nella sua tenuta nella Nurra, e per ottenere il controllo del Logudoro lo fa uccidere a pugnalate, ne fa tagliare il cadavere in tanti pezzi, e li nasconde accuratamente in parti diverse. Anche Branca Doria, sebbene fosse ancora vivo, viene ricordato da Dante nella Divina Commedia, nel decimodecimotredicesimo canto dell’Inferno, nella terza zona del nono cerchio, e cioè nella Tolomea, dove sono puniti i traditori degli ospiti, dove scrive «Nel fosso sù, diss ’el, de Malebranche, là dove bolle la tenace pece, non era ancora giunto Michel Zanche, che questi lasciò il diavolo in sua vece nel corpo suo, ed un suo prossimano che ’l tradimento insieme con lui fece». È sotto la reggenza di Bianca Lancia che la capitale del Giudicato viene trasferita da Ardara a Thathari l’attuale Sassari, dove rimane fino al termine dell’era giudicale. Secondo altre versioni, il 1275 anno della morte di Michele Zanche, o il 1280 anno della morte della reggente Bianca Lancia d’Agliano, viene indicato come la data ufficiale della fine del regno giudicale di Torres o del Logudoro. Il controllo prima pisano e successivamente genoveseDal 1282 al 1284, però, Genova e Pisa tornano a combattersi duramente, e Branca Doria non ottiene il risultato che si era ripromesso. Sui territori che erano appartenuti a Branca Doria, inizia ad esercitarsi il controllo prima della repubblica di Pisa, e poi di quella di Genova. I Pisani occupano le regioni del Giudicato, iniziando a contendersele con i Genovesi, e, forti delle vittorie ottenute a Cagliari, iniziano a radicare la loro signoria su tutto il Giudicato. Ugolino della Gherardesca vi penetra con le sue truppe, ed annull’autorità del Pontefice. Nel 1283, il capitano pisano Rosso Buzacherino, armate sedici galee, devasta in Corsica, a danno dei Genovesi, e lascia le sue truppe nel porto di Torres. In risposta i Genovesi armano una flotta comandata da Tommaso Spinola e si muovono contro la flotta pisana comandata da Andreotto Saracino, il quale la rivolge contro Alghero, che cinge d’assedio, e favorito dal giudice d’Arborea, la occupa. L’episodio decisivo degli scontri tra pisani e Genovesi si registra nella battaglia navale del 6 agosto 1284. Le flotte pisane e Genovesi si scontrano per tutta la giornata nella battaglia navale della Meloria. Ma dopo questa battaglia, Genova, che ha sconfitto Pisa, oltre al predominio dei mari, si assicura, anche, il completo controllo sulle terre di quello che era stato il Giudicato di Torres. Il Giudicato viene suddiviso tra le potenti famiglie dei Doria, dei Malaspina, e la sopravvenuta famiglia genovese degli Spinola, ma perde alcuni territori anche a favore del confinante Giudicato d’Arborea. Gli Statuti SassaresiResta fuori dal loro controllo solo la città di Sassari, dato che la Sassari Comunale aveva un suo statuto sin dal 1283 ed era governata da podestà pisani, che dopo la battaglia della Meloria e del trattato di Fucecchio, vengono sostituiti dai Genovesi. Per la città di Sassari, che era stata dotata dai Pisani di una imponente Cinta muraria oggi del tutto distrutta, inizia una nuova era, dal 1294 con l’aiuto dei Doria Sassari si costituisce in libero Comune con il territorio delle antiche curatorie di Romangia e Flumenargia, e vengono promulgati gli Statuti Sassaresi. I due più antichi codici degli Statuti Sassaresi giunti fino a noi, sono scritti in gotica testuale, su fogli di pergamena. Il primo è un codice in latino del quale si ignora la data. Il secondo è un codice in volgare sardo logudorese ed è del 1316, al tempo del podestà genovese Cavallino de Honestis. In conformità allo Statuto, il libero comune viene retto da un podestà inviato da Genova ogni anno, con poteri giurisdizionali e di governo. Princìpio cardine della forma organizzativa prevista dagli Statuti è, comunque, un accurato sistema di alternanza delle cariche pubbliche, che permette ai cittadini di limitare il tempo del loro impegno pubblico, e consente loro di continuare a dedicarsi alle proprie occupazioni e ai propri affari. Dopo che il Giudicato è stato suddiviso tra le potenti famiglie dei Doria, dei Malaspina, e la sopravvenuta famiglia genovese degli Spinola, il Giudicato continua ad essere conteso dai Pisani e dai Genovesi fino al luglio del 1293, quando con il trattato della pace di Fucecchio si regolano definitivamente le dispute tra guelfi e ghibellini. Il territorio che era appartenuto al Giudicato di Torres viene governato da Genova fino al 1323, poi dagli Aragonesi dal 1323 al 1516 e dagli Spagnoli dal 1516 al 1713. Passa quindi all’Austria che lo governa dal 1713 al 1720 ed infine entra nel Regno di Sardegna e dal 1861 nel regno d’Italia. La prossima paginaNella prossima pagina vedremo una breve storia del Giudicato di Gallura che si trovava nel nord orientale dell’isola ed ha avuto come capitale Civita, ossia Olbia. |