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Il Giudicato di Càralis che si sviluppa nella parte meridionale dell’Isola


In questa pagina vedremo una breve storia del Giudicato di Càralis che si trovava nella parte meridionale dell’Isola, ed ha avuto come capitale Santa Igia, che sorgeva sulle rive della laguna di Santa Gilla, e solo successivamente alla costruzione del Castel di Castro la capitale è stata portata a Cagliari.

L’epopea dei Giudicati

Stemma del Giudicato di CàralisCuratorie del Giudicato di GalluraNegli ultimi anni del governo bizantino, una delle quattro Partes nelle quali è divisa l’isola, la parte di Karalis o Càralis cambia la propria denominazione e diventa Càralis perdendo l’originale radice Car, forse per ragioni di pronuncia, oppure per un processo di mutamento fonetico per cui l’ordine di successione di due fonemi viene rovesciato. Il Giudicato di Càralis o di Pluminos nome col significato generico di Fiumi che sopravvive in numerosi toponimi dell’intera Sardegna, dato che in esso è riscontrabile la presenza di più corsi d’acqua, come il Flumini Mannu, il Cixerri ed il Flumendosa. Lo stemma del Giudicato di Càralis è sconosciuto, ma si ritiene che potesse essere rappresentato da un cavallo. L’epopea dei Giudicati confina a nord ovest con il Giudicato d’Arborea, e in piccola parte anche con il Giudicato di Torres e con il Giudicato di Gallura. Si estende nella parte sud orientale dell’Isola, e si sviluppa sul territorio delle regioni storiche del Basso e Medio Campidano, del Sulcis Iglesiente, dell’Ogliastra, della Trexenta, della Parteòlla, del Gerrei Sarrabus, della Quirra, e parte della Barbagia e del Mandrolisai. È il Giudicato più esteso e più ricco, ed ha nel suo territorio il Campidano di Càralis, costituito da terre fertili e produttive, oltre ad altre ricchezze come le attività minerarie dell’Iglesiente. Le sue Curatorie sono: Barbagia di Seulo, Campidano di Càralis, Cixerri, Colostrai, Decimo, Dòlia, Gerrei o Villasalto, Gippi o Parte Ippi, Marmilla meridionale dal 1206, Nora, Nuraminis, Ogliastra, Quirra, Siurgus, Sulcis e Trexenta. Con l’indipendenza da Bisanzio il Giudicato di Càralis o Pluminus si consolida autonomamente, dando notevole impulso a Santa Igia che ne diventa la capitale. Solo successivamente alla costruzione del Castel di Castro, la capitale viene portata all’interno dell’abitato di Càralis.

Quanto dura il Giudicato

Le notizie storiche sul Giudicato di Gàlari partono prima del 1058. Viene governato dalle dinastie degli Ugunale e dei Lacon, poi, dopo un breve governo di un giudice di Torres, dalla dinastia dei Lacon-Massa, con una breve parentesi che segue all’infiltrazione della famiglia pisana dei Visconti. Esso ha buoni rapporti con la repubblica marinara di Pisa. I pisani, nel 1216, ottengono in concessione dal giudice di Càralis, la collina di Castello, sulla quale costruiscono una rocca fortificata per meglio controllare i propri commerci. Ma quella concessione costerà ai giudici, che risiedono a Santa Igia, la distruzione del Giudicato. Diventati filo genovesi, nel 1258 vengono attaccati a sorpresa e sconfitti da una coalizione formata dai Pisani e dai Giudicati d’Arborea, Torres e Gallura, che ne conquistano senza grosse difficoltà l’intero territorio. La stessa Santa Igia viene distrutta ed il territorio del Giudicato viene diviso tra i vincitori. Finisce così, dopo tre secoli e mezzo, il Giudicato di Càralis, la cui fine è databile al 1258.

Qualche scarsa notizia sui primi giudici della Gallura

La storia conosciuta dei Giudicati inizia nel 687 anno nel quale Giustiniano II trasferisce lo Judex provinciae da Furum Traiani a Cagliari, e nel quale abbiamo notizia di chi governa le quattro regioni. Poco sappiamo dei primi giudici del Logudoro, dal 687 all’undicesimo secolo. Tentiamo di ricostruirne il governo in base ad alcune testimonianze. Sappiamo che già durante il dominio bizantino, durato dal 534 al 720, nel 687 governa a Cagliari Gialeto che può essere visto come il primo giudice, almeno di fatto anche se non ancora di diritto, dato che vi è ancora un unico Judex provinciae ad avere, per lo meno formalmente, autorità su tutta l’isola. Tanto che, come abbiamo già visto, si possono rintracciare tre missive di papa Leone IV, che scrive, tra l’815 e l’855, ad un Arconte o Ipatos, che accorpa le funzioni del Praeses e del Dux militare, della Sardegna e Corsica. La Sardegna viene occupata dai Saraceni nel 705, e poi dal 720 all’880 la pressione dei Saraceni aumenta. Gialeto è seguito nel 722 da Teoto segue nel 740 Gufrido nel 778 Ausone nell’807 Nicola.

L’indipendenza dal governo bizantino

Il papa Niccolò ILa ormai notevole distanza del governo bizantino, porta, tra l’851 e l’864, i luogotenenti dipendenti da Càralis che governano le quattro Partes nella quale è divisa la Sardegna romana, ad organizzarsi autonomamente. Si proclamano autonomi, staccandosi dal potere centrale rappresentato dallo Judex provinciae che risiede a Càralis, e diventano gli Judex delle quattro Partes. Le fonti più importanti in merito a questo periodo storico sono, ancora, le epistole papali. Le fonti più importanti in merito a questo periodo storico sono le epistole papali. Nel 864 papa Niccolò I scrive una missiva per stigmatizzare i matrimoni fra consanguinei, che intercorrono ormai da anni tra gli Judices sardi, e nella missiva usa il plurale Judices, il che sta ad indicare che sono già nati i Giudicati. Sappiamo, inoltre, che nell’864 governa Gublino e nell’870 Felice. Nel 900, inizia a governare Barisone I nel 940 Bono nel 950 Ugo nel 960 Orlando che governa fino al 998, quando inizia a governare Barisone II.

La liberazione della Sardegna dai Saraceni

Incursione dei Saraceni condotti da MusetoIl papa Benedetto ottavoNel 1015 i Saraceni, condotti da Mujahid al: amiri al-Muwaffaq noto in Italia come Museto che, dopo essersi impadronitei di Denia, d’Algesiras e delle Baleari delle quali Museto si dichiara Emiro, assalgono la Sardegna, e la disperata difesa dei Sardi non riesce questa volta a fermare gli invasori. Nello stesso anno, sollecitate da papa Benedetto ottavo le repubbliche marinare di Pisa e Genova si alleano, nel 1016 intervengono in Sardegna con una prima spedizione militare. Nel 1044 i Pisani e i Sardi uniti sferrano un mortale attacco congiunto e sconfiggono l’esercito di Mujāhid. La Sardegna viene liberata dai Saraceni, ma le due repubbliche marinare scoprono l’isola solitaria e i suoi quattro regni e cominciano ad interessarsi ad essa e ad interferire nel suo governo. I Giudicati divengono, quindi, meta di mercanti Pisani e Genovesi che, col tempo, diventano i veri padroni dell’economia dei quattro regni isolani.

Il governo del Giudicato da parte delle famiglie dei Lacon e degli Ugunale

Non si conosce il motivo per il quale i giudici di Càralis, che appartenevano alle famiglie dei Lacon e degli Ugunale, venivano intronizzati con il nome, alternativamente, di Salusio e di Torchitorio. È probabile che, in quel tempo, sul trono giudicale dovessero sedere alternativamente un eponente dei Lacon intronizzato come Salusio, ed uno degli Ugunale intronizzato come Torchitorio, ma da quando il titolo da elettivo diviene ereditario si trovano degli esponenti che, pur appartenendo alla famiglia degli Ugunale, vengono intronizzati come Salusio, forse per unire con questo le due famiglie. Nel primo periodo della loro storia, i giudici di Càralis conducono una politica favorevole all’insediamento dei Pisani e del monacesimo nel Giudicato.

La prima capitale del Giudicato è Santa Igia

La prima capitale del Giudicato di Càralis è stata Santa Igia dall’undicesimo secolo fino al 1258, quando viene distrutta dai Pisani e dai loro alleati sardi in seguito alla loro conquista del territorio del Giudicato. Santa Igia sorgeva sulle rive della laguna di Santa Gilla, dove era stata edificata in seguito alle incursioni arabe, e le sue rovine dovrebbero attualmente trovarsi sotto i quartieri occidentali della città di Càralis.

Ricostruzione ipotetica dell’antica Santa Igia Rappresentazione dell’antica Santa Igia

Il primo giudice del quale si hanno notizie storiche è Mariano Salusio I di Càralis

Scavi dei ruderi attuali di Santa IgiaLe prime notizie ufficiali sul Giudicato di Càralis fanno riferimento all’elezione a giudice in data imprecisata di Mariano de Lacon, della prima dinastia regnante nel Giudicato, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Mariano Salusio I di Càralis. Egli, considerato il primo giudice di Càralis del quale si hanno notizie storiche, risiede a Santa Igia, sposa Giorgia de Sezzale, e regna fino alla morte nel 1058. Durante il suo regno inizia la presenza pisana nel Giudicato, che diviene presto significativa, sia in campo commerciale ed economico, che in quello politico. Intorno all’anno 1000 era stato costruito dai giudici di Càralis, all’ingresso sud dell’abitato di lotzorai,su una sommità di una collina granitica alta circa una cinquantina di metri dalla quale è possibile controllare tutto il territorio, un vero e proprio Castello, che era stato, però, subito distrutto dai Saraceni. Lotzorai-Resti del Castello di MedusaIl Castello viene, quindi, ricostruito nel 1052, probabilmente sotto il governo di Mariano, si tratta del Castello di Medusa o Castello di Ogliastra, posto ai limiti della frontiera con la Gallura. C’è chi riferisce che il nome deriverebbe dal fatto che, la gente del posto, ne attribuiva l’edificazione ad una non meglio identificata regina Medusa. Attualmente sono rimaste solo le rovine del Castello, avvolte da vegetazione, seppure agevolmente accessibili. Si è mantenuta, anche se in cattivo stato, la cerchia delle mura, la facciata est e una stanza col soffitto ad arco e l’intonaco bianco. Il Castello vienne distrutto nel quindicesimo secolo dagli Aragonesi durante la loro dominazione della zona.

Il governo di Orzocco Torchitorio I di Càralis

Il giudice Torchitorio I di CagliariNel 1058, alla sua morte, a Mariano Salusio I succede Orzocco de Ugunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Orzocco Torchitorio I di Càralis. Il papa Alessandro IIÈ uno dei primi giudici di cui si conservino dei documenti storici, e viene citato in testi contemporanei, che lo descrivono come Rex Sardiniae de loco Cagliari. Orzocco sposa una nobildonna di nome Vera, dalla quale nascono sei figli, Constantino, che succederà al padre, Pietro, Sergio, Orzocorre, Gonnario, e Torbeno, che assumerà la reggenza alla morte di Costantino nel 1084. Cagliari a quel tempo, come gli altri Giudicati sardi, si trova sotto la forte influenza del papato e della Repubblica di Pisa, ed egli regge il Giudicato nel tempo in cui, in Sardegna, viene introdotto il primo monachesimo occidentale. Nel 1065 il papa Alessandro II lo rimprovera poiché Coniunctus con una consanguinea in terzo grado, facendogli presente che l’eventuale prole non potrebbe accedere all’episcopato, né ereditare legittimamente il trono. Orzocco, tra il 1066 e il 1070, fa grandi donazioni alla chiesa romana, e fa giungere nel Giudicato, grazie all’abate marsigliese Riccardo, i monaci Vittorini ossia i Benedettini dell’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, inviati dal con l’intento di prevenire nell’isola le conseguenze dello scisma del 1054, che determina la definitiva separazione tra chiesa d’Oriente e chiesa d’Occidente. Decimoputzu: chiesa di San GiorgioQuartucciu: ruderi della chiesa di San Pietro ParadisoQuesti monaci portano con loro, oltre al rinnovamento religioso, anche un incremento economico e tecnologico, grazie alle loro tecniche e conoscenze. Orzocco fa loro la donazione, con la condizione di costruirvi una loro Cella, della chiesa di San Giorgio in agro di Decimo, della chiesa di San Genesio di Uta, oggi scomparsa ma che era posta probabilmente in una località tra Uta e Assemini, e che verrà ceduta da Orzocco Torchitorio giudice di Càralis ai Benedettini di San Vittore di Marsiglia che avrebbero costruito in seguito nelle vicinanze la chiesa di Santa Maria e un Monastero, e della chiesa di San Pietro nella località di San Pietro Paradiso ad est di Quartucciu, tutte ubicate nelle campagne nei dintorni di Càralis. É probabile che Orzocco abbia dovuto affrontare intromissioni nel territorio del suo Giudicato da parte del Giudicato d’Arborea. Alla sua morte nel 1089 gli succederà il primogenito Costantino, mentre gli altri figli muoiono tutti prima del 1125, tranne Torbeno che per un breve periodo ne assumerà la reggenza, e che risulterà ancora in vita in un documento datato 1130.

Durante il regno di Orzocco Torchitorio la chiesa cattolica è attraversata della riforma gregoriana

Il papa Gregorio VIICostantino I regna durante il periodo nel quale la chiesa cattolica è attraversata dalla riforma gregoriana. Gregorio VII è il più importante fra i papi dell’undicesimo secolo, noto anche per il ruolo svolto nella lotta per le investiture che lo pone in contrasto con l’Imperatore Enrico IV. Egli mette in atto una profonda riforma della chiesa cattolica, promossa in Sardegna dall’arcidiocesi di Pisa, con l’intento di prevenire nell’isola le conseguenze dello scisma del 1054, che ha determinato la definitiva separazione tra chiesa d’Oriente e chiesa d’Occidente. La Sardegna, essendo stata a lungo una Provincia bizantina, aveva una religiosità più vicina alla cultura greca che a quella latina, e i preti locali propendevano per quel culto ma il papa pretende che anche i giudici sardi appoggino l’insediamento di monaci della chiesa romana a discapito di quelli ortodossi. Come molti altri giudici sardi dell’epoca, con la fondazione del Priorato di Gallura anche Costantino favorisce la presenza dei monaci Vittorini, i Benedettini provenienti dall’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, inviati dal papa in Sardegna. Il 14 ottobre 1073 papa Gregorio VII invia una missiva, diretta a lui Torchitorio I di Càralis ed agli altri tre giudici sardi, Mariano I di Torres, Costantino I di Gallura ed Orzocco I d’Arborea, nella quale riafferma la supremazia pontificia sui quattro Giudicati sardi, e consiglia o, piuttosto, ordina loro di sottomettersi alla chiesa di Roma, pena gravi pericoli per la Libertà dei loro Stati. Tra l’altro, segue una seconda epistola del 1080 che impone ai monaci di radersi la barba com’è costume nel resto d’Europa e ad occuparsi delle loro Chiese, che in essa sono definite Neglette. L’arcivescovo di Càralis si rifiuta di eseguire l’ordine e viene sollevato dall’incarico.

Il governo di Costantino Salusio II di Càralis

Nel 1084 alla morte di Torchitorio I gli succede il figlio Costantino de Ugunale, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino Salusio II di Càralis. Egli riesce a succedere direttamente al padre, nonostante la carica non sia ereditaria, ma elettiva, e regna fino alla morte nel 1090. Costantino, che in documenti contemporanei viene definito come Rex et Judex Caralitanus, sposa Giorgia, probabilmente appartenente alla famiglia dei Lacon. Da loro nascono quattro figli maschi, Mariano, che succederà al padre, Orzocco, Itocorre e Sergio, ed hanno, inoltre, due figlie femmine, Elena e Vera. Lettura di 'Carta cagliaritana in caratteri greci (detta Prima Carta cagliaritana)'Costantino continua ad appoggiare la riforma gregoriana ed inizia un’opera di modernizzazione del Giudicato, che era rimasto molto isolato nei secoli precedenti, facendogli ottenere un alto livello di autonomia. In questo viene assistito dai monaci, che continua a far arrivare nel Giudicato. In un documento conosciuto come la Prima Carta cagliaritana una delle più antiche testimonianze in lingua sarda campidanese, scritto con i caratteri dell’alfabeto greco, egli effettua, nel 1089, la donazione, ai monaci Beneddettini dell’Abbazia di San Vittore di Marsiglia, della antica basilica di San Saturno il complesso monumentale paleocristiano più antico della Sardegna, unico nel suo genere in tutto il bacino del Mediterraneo. Cagliari-basilica di San SaturnoSulci: chiesa di Sant’AntiocoDona loro in altre località del Giudicato altre otto Chiese, terreni seminativi, vigne, pascoli, interi villaggi con i loro abitanti, ed anche la chiesa di Sant’Antioco di Sulci in seguito completamente ristrutturata. Conferma inoltre la donazione, fatta da suo padre Orzocco, all’Abbazia di San Vittore di Marsiglia anche del Monastero di San Giorgio in agro di Decimo, e della chiesa di San Genesio in agro di Uta. In seguito, sempre per volontà del papa, mette Cagliari sotto l’autorità dell’arcivescovo di Pisa, lamberto, con la promessa di abbandonare i tipici vizi dei suoi predecessori, ossia il concubinato, l’incesto e l’omicidio. Questo tipo di conferma di privilegi ecclesiastici all’epoca era comunemente associata con l’ascesa al trono, indicando perciò la data di inizio del suo regno. La politica avviata da Costantino I rappresenta dunque un capovolgimento rispetto a quella patema, e comporta una vera soggezione all’autorità della Sede apostolica. La data della sua morte non è certa, dato che di lui si scrive solo fino al 1090. Ma il suo successore, il figlio Mariano, non appare prima del 1103, perciò il periodo della sua successione non è bene documentato.

Il periodo di reggenza di Torbeno di Càralis

Si è ritenuto per molto tempo che, alla morte di Costantino Salusio, presumibilmente nel 1090, il figlio Mariano de Ugunale sia stato spodestato dallo zio Torbeno, ma oggi si è propensi a non accettare questa versione. Tutto fa, invece, pensare che un nemico esterno, forse i Saraceni o altri nemici, abbiano catturato o, comunque, fatto prigioniero Mariano, che verrà liberato dallo sforzo congiunto di Pisani e Genovesi. È probabile che Torbeno di Càralis abbia ricoperto Pro tempore il ruolo di Giudice de facto, cioè di reggente. Anche perché Torbeno non sfoggia alcun nome dinastico, cosa che invece avrebbe fatto se fosse stato un usurpatore. Torbeno era stato probabilmente associato al trono negli ultimi anni del governo di suo fratello Costantino, come dimostra un documento diplomatico nel 1089, nel quale il Donnicellus Torbeno, come fratello del giudice in carica, sottoscrive gli atti di donazione compiuti quello stesso anno in favore dei monaci di San Vittore di Marsiglia. I documenti riguardanti il suo periodo di reggenza, mostrano una grande generosità nel disporre del tesoro giudicale. Sull’esempio di quanto fatto da Mariano I di Torres, nel 1103 con una Cartula donationis redatta probabilmente da uno scrivano pisano e alla presenza di diversi notabili della città toscana, egli che si frima «Turbini omnipotentis Deo gratia iudex karalitanus» garantisce ai Pisani, suoi Carissimi amici, l’esenzione perpetua dal pagamento dei dazi che gravavano sulle merci e sul sale, per garantirsene l’appoggio e scongiurarne le mire espansionistiche, ossia «Ut populus pisanus sitàamicus mihi et regno meo, et non offendat studiose neque me, neque regnum meum». E in un altro atto stilato nello stesso anno, egli dona all’Opera di Santa Maria di Pisa quattro aziende, sempre con l’auspicio che «Populus pisanus sitàamicus mihi et in regno meo, et non offendant me, neque regnum meum studiose». Si ritiene che il governo di Torbeno si concluda nel 1103, quando abbiamo i primi documenti che attestano come la carica di giudice sia stata attribuita a Mariano.

Il governo di Mariano Torchitorio II di Càralis in equilibrio tra Pisa e Genova

Probabilmente nel 1103, Mariano de Ugunale figlio primogenito di Salusio II viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Mariano Torchitorio II di Càralis. Egli sposa Preziosa de Lacon, dalla quale nasce il figlio Costantino che gli succederà sul trono. Assemini: chiesa di San GiovanniMariano, pur iniziando a fare alcune concessioni ai Genovesi ed estendendo loro molti dei privilegi già concessi ai Pisani, contemporaneamente continua a favorire la penetrazione pisana nel Giudicato. Già nel 1108, in un documento, è attestata la sua autorizzazione alla donazione in favore dell’opera del duomo di San Lorenzo di Genova, da parte di Guglielmo arcivescovo di Càralis, della chiesa di San Giovanni di Assemini. Si potrebbe trattare di un ringraziamento per l’appoggio ricevuto, con l’invio di sei galee genovesi, per liberarlo nel periodo della sua prigionia. Effettua anche una donazione come ringraziamento a Pisa per l’aiuto ricevuto nella difesa del Sulcis dalle aggressioni dei pirati saraceni, pur dovendo ripagare le spese da loro sostenute assicurando un tributo annuo di una libbra di oro fino ed un carico di sale, ed inoltre esenta i mercanti Pisani dal pagamento di alcuni dazi, ed assicura particolari favori ai loro commerci. Per quanto riguarda le sue relazioni con la chiesa, troviamo il suo nome in molte sottoscrizioni ad atti dell’arcivescovo Guglielmo in favore della basilica di San Saturno di Càralis e della chiesa di Sant’Antioco di Sulci, Chiese alle quali è particolarmente devoto. Il suo regno è dominato dalla guerra fra Genova e Pisa, che dura dal 1119 al 1133. Le concessioni del pontefice all’arcivescovado pisano suscitano le invidie dei Genovesi, che presto si trasformano in competizione e in scontri. Nel 1119, i Genovesi assaltano delle galee pisane, dando origine ad una sanguinosa guerra, combattuta per mare e per terra, che dura fino al 1133, e che si conclude con la spartizione fra le due contendenti dell’influenza sui vescovadi corsi. Durante questa guerra, Mariano cerca di mantenere una posizione equidistante fra le due repubbliche marinare, e si dimostra molto abile nel mantenere buoni rapporti con entrambe le due potenti città, oltre che con la chiesa di Roma. Troviamo che Torbeno è ancora in vita nel 1130, quando firma un documento in qualità di consanguineo di Mariano Torchitorio, e quando il giudice in carica muore lasciando il trono al figlio Costantino.

La riscossa cristiana nei confronti dell’Islam con la Corciata delle Baleari

Il papa Urbano IIIl papa Urbano II organizza la Prima CrociataDurante il regno di Mariano Torchitorio II si sviluppa la riscossa cristiana nei confronti dell’Islam. La repubblica di Pisa partecipa attivamente alla Prima Crociata organizzata da papa Urbano II che si protrae dal 1096 al 1099. E durante il suo regno, sotto il pontificato del suo successore ossia del papa Pasquale II dietro le pressioni di Berengario III di Catalogna, la repubblica di Pisa organizza la Crociata delle Baleari effettuata tra il 1113 ed il 1116 per togliere ai Saraceni il possesso delle isole Baleari, con un esercito cristiano guidato dalla repubblica di Pisa e composto di forze italiane, catalane ed occitane, alla quale partecipano anche i Giudicati sardi, ma alla quale non partecipa la repubblica di Genova. La flotta, composta da 300 navi, imbarca anche un contingente sardo, comandato da Saltaro, figliastro di Costantino I di Torres, insieme a Torbeno, zio di Torghitorio II di Calàri. Il papa Pasquale IILa spedizone pisana per la conquista delle BaleariLettura del 'Liber maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus’Lo storico Giuseppe Manno, nel suo volume Storia della Sardegna, parla delle loro imprese scrivendo «Anzi, se si deve prestar fede al poeta il quale cantò le vicende dei guerrieri Pisani in quella famosa campagna, non vana fu l’opera per essi di quei due illustri personaggi; dicendosi non meno noto Turbino per l’assennato consiglio che il giovine Saltaro per la destrezza sua nel maneggiar l’arco. Onde alla Sardegna tornò l’onore di aver in tale impresa inviato colà il Nestore ed il Filotette di quell’esercito». Una cronaca di questa crociata è riportata nel Liber Maiolichinus de gestis Pisanorum illustribus, poema pisano composto in occasione della vittoria sui Saraceni nella Crociata delle Baleari.

Il governo di Costantino Salusio III di Càralis che favorisce lo sviluppo del monachesimo nel Giudicato

Nel 1130, alla morte di Torchitorio II gli succede il figlio Costantino de Ugunale, indicato anche come Costantino de Pluminus dal nome della località in cui i giudici di Càralis avevano stabilito la loro residenza quando la popolazione aveva abbandonato il luogo dell’antica città, devastata dalle incursioni saracene, per ritirarsi dietro la cintura di stagni che permetteva una più facile difesa. Egli viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Costantino Salusio III di Càralis ed in un documento del 1130 rilasciato all’Opera di Santa Maria in Pisa si intitolala Iudex Caralitanus. Egli si sposa due volte, in prime nozze con Giorgia de Unali, e in seconde nozze con Sardinia de Zori, ma, dai due matrimoni, ha solo tre figlie femmine. La prima, di cui non si conosce il nome che sposa Pietro de Lacon-Gunale di Torres figlio minore del giudice Gonnario II di Torres che gli succederà sul trono, la seconda chiamata Giorgia che sposa il nobile ligure Oberto Obertenghi Marchese di Massa e Corsica e dai quali nasce Guglielmo Salusio IV con il quale avrà inizio la successiva dinastia dei Lacon-Massa, e la terza chiamata Preziosa che sposa l’altro nobile pisano Tedice di Donoratico. Con il suo regno, non muta la linea politica del Giudicato, in equilibrio tra Pisa e Genova. La fine delle ostilità tra Genova e Pisa, nel 1133, consente a Costantino di promuove la trasformazione delle strutture dello Stato e di preoccuparsi dello sviluppo economico del suo regno, potenziando il porto di Càralis, che diventa un importante scalo per le stesse repubbliche di Genova e Pisa. Anche lui favorisce lo sviluppo del monachesimo nel Giudicato, vedendolo come portatore di sviluppo economico e culturale, nonché di forti legami con l’Europa continentale. Nel 1146 Comita III d’Arborea organizza il Convegno di Bonarcado, nel quale fa incontrare i quattro giudici per risolvere una controversia sorta tra il giudice Costantino III di Gallura ed i figli del suo predecessore Comita Spanu per il possesso del Castello di Balaiana, e Costantino Salusio III di Càralis interviene, con gli altri giudici al Collectu, l’assemblea generale convocata per dirimere la controversia. Nel 1147 in occasione della consacrazione della chiesa di Santa Maria di Bonarcado Barisone II d’Arborea convoca i Pisani e gli altri giudici sardi per una conferenza di pace, occasione che vede riuniti tutti i giudici sardi, ossia Gonnario II di Torres, Costantino III di Gallura, Costantino Salusio III di Càralis e Barisone II d’Arborea, e che riesce a evitare la guerra tra Genova e Pisa per ben quindici anni. Villaspeciosa: chiesa di San PlatanoUta: chiesa di Santa MariaDurante il suo regno i monaci Vittorini di Marsiglia nel 1114 iniziano la costruzione della chiesa di San Platano a Villaspeciosa, in stile romanico tosco lombardo, con la pianta a due navate separate da colonne che terminano ciascuna con un abside. Ed, inoltre, nel 1135, anche la costruzione della chiesa di Santa Maria di Uta, ultima chiesa edificata sul territorio sardo da questi monaci, con pianta a tre navate, delle quali quella centrale absidata. Costantino Salusio III regna fino al 1163, quando muore senza figli maschi e con lui si estingue la casata che prevedeva la gestione alternata delle famiglie dei Lacon e degli Ugunale nel Giudicato di Càralis. Gli succederà la prima figlia, della quale non si conosce il nome, che sposa Pietro di Lacon Gunale figlio minore di Gonnario II giudice di Torres e gli trasferisce il titolo.

Il breve regno dei Lacon-Gunale di Torres

Il 19 giugno del 1162, allo scoppio di una nuova guerra tra Pisa e Genova, gli equilibri politici tra le due repubbliche marinare e i regni sardi si incrinano. E nel 1163, alla morte di Salusio III di Càralis, gli equilibri nell’area vedono Arborea filogenovese, circondata dal Logudoro e da Cagliari filopisane.

Il governo di Pietro figlio di Gonnario II di Torres che diventa giudice col nome di Pietro Torchitorio III di Càralis

Il giudice Pietro de Lacon-Gunale detto Torchitorio IIIDei due figli di Gonnario II di Torres, il minore ossia Pietro de Lacon-Gunale, che ha sposato la prima figlia erede di Salusio III di cui non si conosce il nome, nel 1163 viene intronizzato Jure uxoris dalla Corona de Logu come giudice di Càralis col nome di Pietro Torchitorio III di Càralis che sposa Sinispella de Lacon-Gunale. Appartenendo alla dinastia dei Lacon-Gunale, anche di questo giudice è presente un ritratto tra quelli donati dal Capitolo Turritano all’Università di Sassari, nel quale viene chiamato Petrus III. Con lui, inizia a governare il Giudicato di Càralis la dinastia dei Lacon-Gunale di Torres, che si estinguerà però con la sua morte nel 1188. Nel periodo nel quale regna anche Cagliari, come tutta la Sardegna, è tormentata dalla lotta tra le due fazioni, ossia i filogenovesi ed i filopisani. Egli viene costretto a rifugiarsi presso il fratello Barisone II giudice di Torres da un complotto ordito da Barisone I giudice di Arborea, che appoggia uno sconosciuto pretendente al regno di Càralis. In assenza del sovrano il fratello per vendicarsi attacca il Giudicato di Arborea. Allora probabilmente Pietro Torchitorio si accorda con i Genovesi per riprendere il suo regno, e ad essi concede il monopolio del commercio nel territorio giudicale, ma i Pisani per non perdere i loro interessi ed i loro commerci lo attaccano, costringendolo a scappare e rifugiarsi nuovamente nel Logudoro, dove rimane fino alla morte nel 1188.

La discesa in Italia di Federico I del Sacro Romano Impero più noto con il nome di Barbarossa

Federico I del Sacro Romano Impero detto il BarbarossaQuando nel 1154 l’Imperatore Federico III Hohenstaufen divenuto Federico I del Sacro Romano Impero, più noto con il nome di Barbarossa scende in Italia per contrastare il potere dei comuni italiani. Pisa concede il proprio appoggio incondizionato all’Imperatore che, nel 1162, le concede notevoli privilegi, determinando una ripresa delle ostilità con la repubblica di Genova. La pace verrà raggiunta nel 1175 con il ritorno dell’Imperatore del Sacro Romano Impero in Italia, e l’accordo favorirà Genova, che vedrà espandersi i propri territori d’oltremare. Nel 1162, allo scoppio della guerra tra Pisa e Genova, gli equilibri politici tra le due repubbliche marinare e i regni sardi si incrinano, ed, infatti, il suo governo è caratterizzato dalla guerra tra i Pisani ed i Genovesi. Nel 1163, Barisone II di Torres, filopisano, deve ostacolare le mire egemoniche di Barisone II d’Arborea, alleato allora con i Genovesi, che, nel 1162, aveva dichiarato guerra a Pisa, e lo deve combattere lungamente, resistendo comunque a diversi suoi attacchi militari. Sostiene il fratello Pietro, divenuto giudice di Càralis con il nome di Torchitorio III di Càralis, e quando questi nel 1163 deve fuggire da Cagliari, spodestato da Barisone II d’Arborea, lo accoglie presso di se. Ma l’anno successivo, nel 1164, Barisone II d’Arborea si reca a Pavia per venire incoronato, nella cattedrale di San Siro, re di Sardegna, titolo comprato da Federico I del Sacro Romano Impero. Allora Barisone II di Torres ed il fratello Torchitorio III di Càralis, approfittando dell’assenza del sovrano, per vendicarsi, cercano di invadere il Giudicato d’Arborea, però senza successo. Successivamente, comunque, sempre nel 1164, con il sostegno del fratello Barisone II di Torres e delle forze pisane, Torchitorio III torna trionfante a regnare a Cagliari. Ma, nel corso del suo regno, si ripetono i tentativi, sia pure senza successo, di conquista da parte di Barisone II d’Arborea.Nel 1165 l’intera isola di Sardegna viene Concessa in feudo al comune di Pisa dallo stesso Federico Barbarossa, il quale in questa occasione revoca anche tutte le concessioni anteriori della medesima, da lui fatte, a qualunque altra città o persona. Barisone si reca, con gli altri giudici, a Pisa a giurare fedeltà alla repubblica. Ma i Pisani, forti di questa concessione, tendono ad inserirsi sempre maggiormente nell’economia e nella politica del Giudicato. Quindi, in seguito, nel 1166, Barisone II di Torres, come già aveva fatto il fratello Torchitorio III di Càralis, si rende conto delle loro eccessive ingerenze negli affari interni, e quindi cambia strategia ed inizia ad aprirsi ai Genovesi, arrivando a far sposare la figlia Susanna al console genovese Andrea Doria e ad espellere, con l’aiuto dei Doria, i Pisani dal Giudicato. Per ritorsione, Barisone II d’Arborea, divenuto filopisano, spinto dai Pisani lo attacca, ma la reazione militare, organizzata con troppa fretta, non ha successo. Si ottiene, comunque, una successiva riconciliazione tra i due Barisone, di Torres e d’Arborea. Comunque, per queste continue ritorsioni tra i Giudicati.

Oberto di Massa è il primo non sardo ad amministrare un Giudicato pur senza diventare giudice

Quindi, in seguito, Torchitorio III abbandona la linea politica filopisana, e, nel 1168, raggiunge un accordo con i Genovesi, ai quali concede il monopolio del commercio nel territorio del Giudicato. I Pisani, per non perdere i loro interessi ed i loro commerci, gli mettono contro il cognato, il nobile lunigianense di ascendenza longobarda Oberto Obertenghi Marchese di Massa e Corsica, marito di Giorgia de Lacon-Gunale, la seconda figlia del giudice Salusio III di Càralis. Oberto, con l’aiuto dei Pisani, nel 1184 invade il Giudicato, sconfigge il giudice Torchitorio IIII che viene fatto prigioniero, e scaccia i Genovesi. Nel 1184 assume il controllo del Giudicato, sia pure senza l’assenso della Corona de Logu. È il primo non sardo a controllare uno dei Giudicati, anche se, con il tempo, i suoi successori saranno sempre più sardizzati. Oberto controlla il Giudicato dal 1184 al 1188, quando muore o viene ucciso il giudice legittimo Torchitorio III, del quale non si avevano notizie dal momento del suo imprigionamento.

La dinastia dei Lacon-Massa

Con Guglielmo, figlio di Oberto Obertenghi, Marchese di Massa, inizia a governare la dinastia dei Lacon-Massa, che prende il nome da Giorgia de Lacon e Oberto Obertenghi Marchese di Massa.

Il governo di Guglielmo Salusio IV di Càralis che si dimostra il più spietato sovrano dell’epoca giudicale

Nel 1188, essendo morto o essendo stato ucciso senza lasciare eredi diretti il legittimo giudice Torchitorio III, a lui succede Guglielmo figlio di sua cognata Giorgia de Lacon-Gunale, la seconda figlia di Costantino Salusio III di Càralis, e del nobile lunigianense di ascendenza longobarda Oberto Obertenghi Marchese di Massa e Corsica, che gli lascerà in eredità i suoi possedimenti in Toscana. Guglielmo, con cui ha inizio la casata dei Lacon-Massa, prende il nome di Guglielmo de Lacon-Massa, e viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome Guglielmo Salusio IV di Càralis. Ha due mogli, Adelasia figlia del Marchese Moruello Malaspina e Guisiana figlia di Guido Burgundione Conte di Capraia, e lascerà il trono senza eredi maschi, ma con tre figlie femmine dalla prima consorte, Preziosa, Benedetta ed Agnese che, come era d’uso in quei tempi, fa sposare a dei personaggi in gradi do rendere più potente ed autorevole la sua famiglia, e tra esse andranno spartiti i suoi possedimenti. Si tratta di un uomo di grande cultura, che, tra l’altro, ha contatti con il famoso trovatore provenzale Peire Vidal, che gli dedica la canzone Pos ubert ai mon ric tezaur, nella quale scrive «A un Marques de Sardenha Q'ab joi viu ab sen regna», ossia al Marchese di Sardegna che vive con gioia e con senno regna. Lettura di 'Seconda Carta marsigliese'Egli, comunque, si dimostrerà uno dei più importanti protagonisti della storia dell’area tirrenica a cavallo fra il dodicesimo e il tredicesimo secolo, e di lui rimane un documento conosciuto come la Seconda Carta marsigliese ossia la carta sarda di San Vittore di Marsiglia, scritto in caratteri latini, con il quale Raimondo priore della basilica di San Saturno, dopo aver ottenuto l’autorizzazione da parte del sovrano, stipula un accordo con gli abitanti della villa di Mara circa lo sfruttamento di alcune terre poste tra questa villa e quella di Sinnai. Guglielmo Salusio è anche il più bellicoso e spietato sovrano di tutta la storia dei Giudicati, che farà dell’azione il suo sistema di vita. Il papa Gregorio ottavoLa Terza CrociataSicuro e deciso, cerca di fare di quello di Càralis il Giudicato egemone di tutta la Sardegna. Subito dopo l’investitura a giudice, quando papa Gregorio ottavo dice che la caduta di Gerusalemme è da considerare come il castigo di Dio per i peccati dei Cristiani in Europa, Guglielmo Salusio partecipa alla Terza Crociata che si svolge dal 1189 al 1192 al seguito dell’arcivescovo di Pisa Ubaldo lanfranchi. Si tratta di una Crociata conosciuta anche come la Crociata dei re dato che ad essa partecipano il re Filippo Augusto di Francia, il re Enrico II di Inghilterra, il re Filippo di Fiandra, l’ormai vecchio Imperatore Federico Barbarossa, con il figlio secondogenito Federico duca di Svevia. Si tratta di un tentativo di vari sovrani europei di strappare Gerusalemme e quanto perduto della Terra Santa al Saladino. È, forse, questo il motivo per cui di Guglielmo Salusio non si hanno notizie per qualche anno. In quel periodo il Giudicato viene probabilmente retto dal padre, Orberto. Al suo ritorno a Cagliari, Guglielmo Salusio trova che gli equilibri sono mutati. Infatti, mentre Cagliari come pure la Gallura sono governate da Pisani, il Logudoro e l’Arborea sono ormai molto vicine a Genova. Egli, comunque, continua a favorire la penetrazione pisana, sviluppa il commercio del sale e riorganizza l’amministrazione del Giudicato.

Il tentativo di invasione del Giudicato di Torres

Imprigionamento di Prunisinda moglie di Costantino II di TorresMa oltre ai contrasti tra Pisa e Genova, il regno di Guglielmo Salusio è caratterizzato dalle continue guerre con gli altri Giudicati sardi. Dopo la morte. nel 1185, di Barisone II d’Arborea, preoccupato per la presenza genovese non solo nel Giudicato d’Arborea, ma anche nel vicino Giudicato del Logudoro, prevedendo anche un possibile intervento di Costantino II di Torres, che rivendica l’Arborea, decide di bruciare i tempi. Il papa Celestino IIINel 1194 attacca e devasta il Giudicato di Torres, conquista il Castello del Goceano e imprigiona Prunisinda moglie di Costantino, dopo averla violentata la conduce prigioniera a Santa Igia, capitale del Giudicato. Non riesce però ad impossessarsi del resto del Giudicato, e viene respinto dai Genovesi che si sono alleati con Costantino. Spinto da papa Celestino III nel 1195 l’arcivescovo di Pisa Ubaldo lanfranchi ottiene un accordo che prevede la liberazione di Prunisinda e il diritto di Costantino di riscattare il Goceano, a fronte del pagamento di un congruo compenso. Costantino però rinnega l’accordo e riprende la guerra contro Guglielmo Salusio, riconquista il Goceano, ma non riesce a liberare Prunisinda, che muore distrutta per l’onta e per gli stenti nelle prigioni di Santa Igia lo stesso anno. La guerra fra Costantino e Guglielmo Salusio continua fino al 1198, quando Costantino muore.

L’invasione del Giudicato di Arborea

Nel 1195 Guglielmo Salusio riprende l’offensiva antigenovese, ed attacca pure il Giudicato di Arborea, che è governata congiuntamente da Pietro I d’Arborea e da Ugo Ponzio de Bas, noto anche come Ugone I d’Arborea. Batte l’esercito giudicale e punta su Oristano, la espugna e cattura Pietro I insieme al figlio Barisone. Pietro I viene imprigionato a Pisa, dove morirà intorno al 1207. Guglielmo Salusio conquista Oristano, capitale del Giudicato, mettendola a ferro e fuoco e compiendo ogni sorta di angherie. Costringe, quindi, il clero e il popolo a riconoscerlo come loro sovrano, ma senza approvazione ecclesiastica dato che il papa gli ricorda che «Super eo confirmationem postularis a nobis, nec statim potueris obtinere», e senza la approvazione della Corona de Logu, che continua a ritenere sovrano legittimo Pietro I, almeno fino alla sua morte. Nel 1198 Guglielmo Salusio attacca nuovamente l’Arborea e costringe Ugone a fuggire ed affida il governo del Giudicato ai vescovi di Oristano e ai Majores della citttà. Libererà Ugone nel 1204, e la curatorìa della Marmilla, insieme ad altre ville di confine, a seguito di un accordo con Ugone, verrà annessa nel 1206 al Giudicato Cagliaritano. Guglielmo Salusio diviene, cosi, almeno momentaneamente, giudice, oltre che di Càralis, anche d’Arborea, unificando De facto i due regni. Ormai ha unificato i Giudicati di Càralis e d’Arborea e domina su gran parte della Sardegna.

Il tentativo di invasione del Giudicato di Gallura

Il papa Innocenzo IINon ancora soddisfatto nel 1203 Guglielmo Salusio tenta di penetrare anche nel Giudicato di Gallura, forse per impadronirsene data la mancanza di un giudice di diritto, essendo la giudicessa Elena de Lacon ancora minorenne in attesa di cedere il titolo ad un marito, ma viene fermato da papa Innocenzo II. La legittimità di Elena come erede viene contestata essendo il primo caso di una donna in Sardegna, ed una delle prime in Europa, ad essere erede diretta ed a regnare per diritto e non per degenza del marito o pre matrimonio. Questa situazione non viene accettata facilmente, e la sovrana deve affrontare una guerra per riprendere possesso dei suoi domini. In seguito, nel 1210 Guglielmo Salusio dovrà affrontare i Visconti, che si sono insediati in Gallura e, collegati con altre famiglie pisane, vogliono contendergli il controllo dei due Giudicati di Càralis ed Arborea.

Gli ultimi anni di Salusio IV di Càralis

Guglielmo Salusio IV contratta con il nuovo giudice Comita II di Torres il matrimonio del figlio di primo letto Mariano, che regnerà col nome di Mariano II di Torres, con la sua terza figlia Agnese, matrimonio che si tiene nel 1200. Nel 1204, libera Barisone figlio di Pietro I d’Arborea, e lo fa sposare con la sua seconda figlia Benedetta. Nel 1206 obbliga Ugone di Bas Serra giudice di Arborea a sposare la sua prima figlia Preziosa. Nel 1213 in Toscana, presso il fiume Frigido nei dintorni di Massa, Guglielmo Salusio viene sconfitto in battaglia dal partito ostile dei Visconti, e questa sconfitta mette definitivamente fine alle sue speranze di consolidare il dominio sull’Isola, oltre che di mantenere il controllo sui suoi possedimenti ereditati dal padre in Toscana. Guglielmo Salusio muore senza eredi maschi all’inizio del 1214, lasciando, comunque, il Giudicato di Càralis nella sua massima espansione. Alla sua morte finisce la dinastia dei Lacon-Massa ed il Giudicato di Càralis, con una piccola parte di quello d’Arborea, vanno alla sua figlia Benedetta ed al marito Barisone de Lacon-Serra, figlio del giudice Pietro I d’Arborea, che diventerà giudice di Càralis con il nome di Torchitorio IV di Càralis; mentre la maggior parte del Giudicato d’Arborea passa a Preziosa e Ugo Ponzio de Bas, che tornerà quindi a regnare col nome di Ugone I d’Arborea. Tratalias-basilica di Santa Maria in TrataliasVillaputzu: chiesa di San Nicola di QuirraA Guglielmo Salusio si deve l’inizio della costruzione della basilica di Santa Maria a Tratalias, edificata in stile romanico pisano in periodo giudicale a partire tra il 1213 ed il 1282, come testimoniano le due epigrafi apposte in occasione dell’inizio e della conclusione dei lavori, ancora conservate all’interno del tempio. In questa chiesa nella prima metà del tredicesimo secolo verrà trasferita la sede dell’arcivescovado della diocesi di Sulci. Si deve probabilmente a lui anche l’edificazione della chiesa di San Nicola di Quirra a Villaputzu, condotta a cavallo tra il dodicesimo e tredicesimo secolo, che rappresenta l’unico esempio in Sardegna di costruzione con paramento in mattoni cotti, e che faceva parte di un villaggio medioevale oggi scomparso.

Il governo di Benedetta di Massa e l’insediamento nel Giudicato della famiglia pisana dei Visconti

Alla morte senza eredi Guglielmo Salusio IV di Càralis, inizia a regnare sul Giudicato la dinastia d’Arborea, che si alterna nel governo con la dinastia pisana dei Visconti.

Il governo di Benedetta di Massa e del marito Barisone Torchitorio IV di Càralis

Benedetta di Massa divenuta giudicessa con il nome di Elena di CaglariNel 1214, alla morte senza eredi del giudice Guglielmo Salusio IV di Càralis, il Giudicato di Càralis con una parte di quello d’Arborea vanno alla sua figlia primogenita Benedetta di Massa che gli succede come Giudicessa de facto. Il papa Innocenzo IIIBenedetta di Massa è la seconda donna, dopo Elena di Gallura, ed una delle prime in Europa, ad essere erede diretta ed a regnare per diritto e non per la degenza del marito o per matrimonio. Prima del 1214 Guglielmo Salusio aveva liberato Barisone, figlio di Pietro I d’Arborea, il quale era stato trattenuto a Cagliari da lui che nel 1195 aveva deposto dal trono ed imprigionato il padre Pietro I d’Arborea, diventando anche giudice d’Arborea. Lo aveva quindi fatto sposare con sua figlia Benedetta, anche se in base ai loro ascendenti risultano imparentati entro il grado proibito, ma papa Innocenzo III concede loro la dispensa per il matrimonio, quindi Benedetta viene consacrata dall’arcivescovo Ricco di Càralis alla presenza dei nobili e dei prelati, e giura di non diminuire i territori del Giudicato, di non alienare castelli e di non stringere alleanze senza il loro consenso, e fa, inoltre, un atto di vassallaggio alla Santa Sede. Suelli: chiesa campestre di San GiorgioEd in seguito il marito Barisone figlio di Pietro I d’Arborea viene intronizzato dalla Corona de Logu come giudice di Càralis con il nome di Barisone Torchitorio IV di Càralis che non ha però tempo sufficiente per regnare, dato che morirà nel 1217 lasciando il figlio Guglielmo di pochi mesi. Benedetta in accordo con il marito, con l’arcivescovo Ricco di Càralis, e con il Vescovo del Sulcis, fa numerose donazioni al Santuario di San Giorgio di Suelli e alla chiesa di Sant’Antioco di Sulcis della quale abbiamo già parlato, Chiese alle quali sono entrambi particolarmente devoti. Benedetta dopo Barisone Torchitorio avrà altri mariti, lamberto Visconti, Enrico di Capraia, Rinaldo Glandi, i quali probabilmente governarono dietro le quinte imponendo le loro volontà. Inoltre favorisce lo sviluppo dell’economia locale, a scapito degli interessi dei mercanti Pisani, attirandosi perciò già dal 1215 l’ostilità della Repubblica di Pisa.

I Pisani di Ubaldo Visconti si insediano sul colle di Santa Igia dove edificano il Castel di Castro

Il papa Onorio IIICome è noto, dopo l’insediamento nel 1207 di lamberto Visconti in Gallura, tra il 1216 ed il 1230 si svolge una vasta iniziativa dei Visconti anche nel Cagliaritano. Nel 1217 la giudicessa Benedetta di Massa invia una drammatica lerrera al papa Onorio III nella quale racconta che, alla morte del giudice Guglielmo Salusio suo padre, era stata confermata dai sudditi nella successione al trono che per diritto ereditario le spettava e che, in una solenne adunata del clero, dei nobili e del popolo, aveva ricevuto dall’arcivescovo cagliaritano il «Baculum regale quod regnum caralitanum non alienaret neque minueret et castellum alicui aliqua titulo non donarem». Ma, poco tempo dopo, costrettavi con promesse e lusinghe, con minacce e violenze, dal podestà di Pisa Ubaldo Visconti figlio di Eldizio, giunto nell’isola «Cum multis sibi sequacibus nobilibus», aveva giurato fedeltà a Pisa, senza chiedete consiglio ai maggiorenti del regno e, dimentica del precedente giuramento, aveva donato «Quendam collem cum suis pertinentiis memoratis pisanis in quo, postea, ipsi edificaverunt sibi munitissimum castrum in damnum et occupationem non solum terre ipsius sed tatius Sardinie». Aggiungeva che, dopo di ciò, era stato Ubaldo «Cum maximo exercitu» ad entrare in Sardegna, rivendicando per sché le entrate del porto di Càralis, facendo arrestare i maggiorenti del Giudicato, usurpando il potere pubblico, comportandosi come se fosse signore e giudice del cagliaritano e, invece della promessa protezione, lei con il marito Barisone e i sudditi avevano ricevuto e patito solo violenze, oppressioni e prigionia. Quindi Ubaldo aveva costretto Barisone Torchitorio IV a cedere ai Pisani il possesso del colle di Santa Gilla che domina la città, dove essi avevano costruito, per conto dei mercanti pisani che da lì potevano meglio controllare i loro traffici, un nuovo borgo fortificato che viene chiamato Castel di Castro e costituirà il primo nucleo abitativo della moderna città di Càralis, oggi chiamato quartiere Castello.

Planimetria dell’antica Santa Igia e di Castel di Castro Ricostruzione della planimetria dell’antica Castel di Castro Ricostruzione ipotetica dell’antica Castel di Castro con i quartieri vicini Rappresentazione dell’antica Castel di Castro

Castel di Castro è collegata al porto attraverso il quartiere fortificato della Marina, che scende dalla porta caratterizzata da due teste di leoni, la cosiddetta porta dei due leoni che oggi prende il nome di portico Mario De Candia. L’ancoraggio a mare è delimitato da una palizzata a semicerchio con due imboccature, d’entrata e d’uscita, sbarrabili con robuste catene. Il colle viene isolato circondandolo di mura fortificate e successivamente verranno edificate, dall’architetto Giovanni Capula, le due torri, nel 1305 la Torre di San Pancrazio e nel 1307 la Torre dell’Elefante soprannominate le torri gemelle. Viene, poi, edificata nel 1322 la Torre del Leone erroneamente chiamata Torre dell’Aquila che non è stata mai completata e che, gravemente danneggiata nel 1781 da un incendio, nel 1840 è stata completamente inglobata nell’adiacente Palazzo Boyl, il quale ne lascia in vista soltanto la porta.

Cagliari: la porta dei due leoni Cagliari: la Torre di San Pancrazio Cagliari: la Torre dell’Elefante Cagliari: la Torre del Leone

Riunite ingenti truppe in Castel di Castro, Ubaldo Visconti, con l’aiuto del nobile pisano Rodolfo di Capraia e sostenuto da una consorteria di altri nobili pisani, attacca in forze Barisone Torchitorio IV di Càralis, lo costringe a fuggire da Cagliari ed a rifugiarsi nella villa di Santa Igia, sede del potere giudicale, ed anche Benedetta è costretta a fuggire all’interno del Giudicato. A Cagliari, però, scoppiano tumulti tra i Sardi ed i Pisani. Perciò Barisone Torchitorio si allea con Comita II di Torres e con la repubblica di Genova, nella speranza di contrastare la dominazione pisana. Ed ottiene anche un aiuto contro Pisa da papa Onorio III, avverso ai Pisani, il quale, nel 1217, annulla l’elezione ad arcivescovo di Càralis del pisano Mariano, ed al suo posto invia un legale apostolico di Sardegna e Corsica. Barisone non ha, però, il tempo di riprendere il possesso del Giudicato, dato che muore nel 1217 lasciando la moglie Benedetta ed un figlio, Guglielmo, di pochi mesi.

Benedetta di Massa reggente in nome del figlio Guglielmo sposa lamberto Visconti

Alla morte di Barisone Torchitorio IV di Càralis, nel 1217, la Corona de Logu, intronizza come giudice di Càralis il figlio di pochi mesi Guglielmo, ma fino alla maggiore età assume compiti di reggente la madre Benedetta che diventa Giudicessa de facto. Nel Giudicato di Càralis, i Genovesi continuano ad appoggiare Guglielmo, l’erede del legittimo giudice nella capitale Santa Igia, mentre Castel di Castro rimane controllata dai Pisani. Ricostruzione del viso di Adelasia de Lacon-Gunale divenuta giudicessa con il nome di Adelasia di TorresNel 1218 il nuovo giudice del Logudoro, Mariano II di Torres, riprende senza successo la guerra contro i Visconti, si riarma con l’appoggio del papa Onorio III e con la speranza di aiuti dai milanesi, ma nel 1219 viene sconfitto e, con il trattato di pace di Noracalbo, viene costretto a far sposare la figlia Adelasia con il tredicenne pisano Ubaldo Visconti figlio di lamberto, che diventerà giudice di Gallura con il nome di Ubaldo II, ed a rinunciare ai diritti su alcuni suoi possedimenti in Gallura, che erano stati conquistati dal suo padre Comita II. Nello stesso anno Ubaldo combina il matrimonio di Benedetta con suo fratello lamberto Visconti di Gallura, rimasto vedovo della prima moglie Elena di Gallura, nella speranza di riportare la pace tra i Giudicati di Càralis e di Gallura. Il matrimonio viene celebrato nel 1220, ma papa Onorio III annulla immediatamente anche queste nozze. Lamberto diventa, comunque, reggente del Giudicato di Càralis, ed è quindi contemporaneamente giudice di Gallura e reggente del Giudicato di Càralis, che amministra attraverso il fratello Ubaldo, il quale continuerà a governare il Giudicato anche dopo la morte di lamberto. Nel dicembre 1224 Benedetta rinnova il suo omaggio alla Santa Sede, attraverso il legato Goffredo, accettando di pagare un tributo annuale di venti libbre di argento e di non contrarre alcun altro matrimonio senza il consenso papale. Inoltre garantisce che, in caso di sua morte senza eredi, il suo Giudicato verrebbe ereditato dal papa. Il 1225 e 1226 sono anni pacifici, e Benedetta effettua numerose donazioni a varie Chiese, a nome proprio e di suo figlio Guglielmo.

Gli ultimi anni di Benedetta di Massa

Il papa Gregorio nonoMorto lamberto nel 1225, nel tentativo di proteggersi dalle mire di Ubaldo, Benedetta si risposa, e sempre senza il consenso papale, la terza volta nel 1227 con Enrico di Ceola, un pisano membro della famiglia dei conti di Capraia, chiamato, per questo anche Enrico di Capraia, che si guadagna il favore del nuovo papa Gregorio nono ma che morirà nel 1229. Si risposa, quindi, per la quarta volta, nel 1230, con Rinaldo de Glandis, chiamato anche Rinaldo Glandi, ed il loro matrimonio, alla fine, viene ritenuto valido dal papa. Enrico di Ceola e Rinaldo de Glandis, probabilmente, governano dietro le quinte, imponendo le loro volontà. Cagliari: vecchia foto della chiesa di San BardilioNel 1230 a Cagliari c’è la donazione da parte del duomo di Pisa ai Francescani, della chiesa di Santa Maria de Portu Gruttis o de Portu Salis, successivamente chiamata chiesa di San Bardilio situata ai piedi del colle di Bonaria e demolita nel 1929 per allargare il Cimitero Monumentale di Bonaria. È la prima attestazione della presenza dei Frati Minori Francescani in Sardegna. Quando le fortune del podestà Ubaldo Visconti vengono meno, Mariano II di Torres scatena un’offensiva insieme a Benedetta reggente di Càralis a nome del figlio Guglielmo contro suo cugino Pietro II d’Arborea, considerato alleato di Ubaldo Visconti, che viene sconfitto e nel 1228 deve accettare di condividere il controllo del Giudicato con Mariano II e Benedetta di Càralis per conto del figlio Guglielmo. In seguito nel 1230, alla morte del podestà Ubaldo Visconti, suo nipote Ubaldo Visconti figlio di lamberto divenuto giudice di Gallura con il nome di Ubaldo II, invade il Giudicato di Càralis e ne assume il controllo per un certo tempo, per assicurare la gestione pisana sul governo del Giudicato, viene però cacciato da Ranieri della Gherardesca Conte di Bolgheri, che appoggia la dinastia di Massa. Tenta inoltre ma senza successo l’invasione del Logudoro. Comunque, dopo la morte di Ubaldo Visconti, Pietro II d’Arborea, approfittando delle successive lotte intestine che si scatenano nel Giudicato, si libererà dai condomini e tornerà ad estendere la propria autorità sull’intera Arborea. Le discordie interne e le violenze perpetrate dalla fazione pisana, sono tanto gravi che il papa, dopo che Benedetta è costretta a fuggire da Cagliari ed a rifugiarsi a Santa Igia, si adopera perché si trasferisca sul continente nei suoi feudi Massa. Benedetta muore, a Massa, nel 1232, e nello stesso anno papa Gregorio nono affida a Ugo di Porcaria la custodia dell’eredità pervenutagli da Benedetta.

La dinastia dei Lacon-Massa

Seguono lunghe lotte a Cagliari e Torres tra gli invasori Visconti sostenuti dai Pisani, e gli eredi della dinastia di Massa su posizioni ormai decisamente filogenovesi.

Il governo di Guglielmo Salusio V di Càralis

Nel 1232 muore la reggente Benedetta, e suo figlio Guglielmo de Lacon-Massa, che alla morte del padre Barisone Torchitorio IV era stato intronizzato dalla Corona de Logu con il nome Guglielmo Salusio V di Càralis essendo solo quindicenne deve sottostare fino al 1235 alla supervisione della zia Agnese e dal suo secondo marito, Ranieri della Gherardesca Conte di Bolgheri. Agnese regge il Giudicato di Càralis dopo la morte di Benedetta in nome del nipote Guglielmo e ricopre un certo ruolo nel periodo conclusivo del Giudicato. Solo dopo tre anni, nel 1235, divenuto maggiorenne, Guglielmo inizia a governare assumendo la pienezza dei poteri, e regna fino alla morte verso il 1250. Egli sposa una nobildonna, forse appartenente al casato dei Serra, dalla quale ha due figli, il maggiore dei quali, Giovanni, assumerà alla sua morte il titolo di giudice di Càralis. Ma succesivamente, nel 1235, vi è un significativo cambiamento nella sua politica, quando Guglielmo Salusio sottomette volontariamente il Giudicato di Càralis alla repubblica di Pisa. Questa decisione gli garantisce un governo senza guerre. La gestione del regno viene però di fatto spartita fra le famiglie pisane dei Visconti, dei della Gherardesca, e dei Conti di Capraia.

Il governo di Giovanni Torchitorio V di Càralis detto Chiano

Nel 1250, alla morte di Guglielmo Salusio V di Càralis, gli succede il figlio Giovanni de Lacon-Massa, che viene intronizzato dalla Corona de Logu con il nome di Giovanni Torchitorio V di Càralis noto con il soprannome di Chiano e regna fino al 1256. Il suo regno è breve ma importante, in quanto imprime una svolta decisiva nella storia del Giudicato. Frustrato dalla crescente arroganza dei Pisani e le loro ingerenze nell’amministrazione del Giudicato, decide di lasciare l’alleanza stipulata dal padre con il comune di Pisa e di allearsi con i Genovesi. Nel febbraio 1256 invia due Procuratores a Genova per firmare un patto, che viene siglato il 20 aprile ed ufficializzato in maggio da Chiano nella cattedrale di Santa Maria di Castel di Castro, alla presenza di Malocello e Percivalle Doria. Con questo trattato il Giudicato di Càralis diviene alleato della Repubblica di Genova che si impegna a dargli assistenza militare il tutte le guerre. E Chiano diviene Cittadino genovese e concede a Genova l’esportazione di sale senza tasse. Infine, Chiano si impadronisce della rocca di Castel di Castro, inizia ad espellerne i Pisani, e la concede ai Genovesi, che inviano il podestà Ogerio Scoto e il castellano Giovanni Pontano, per prendere possesso della rocca. Ed a Chiano vengono offerti un palazzo a Genova, oltre alla mano di una nobildonna della famiglia Malocello. Ma Chiano non la sposa, infatti morirà senza moglie e senza figli. In risposta, i filopisani Giovanni Visconti di Gallura, e Guglielmo di Capraia reggente del Giudicato d’Arborea, con l’aiuto di Gherardo e Ugolino della Gherardesca Conte di Donoratico, che mettono a disposizione otto navi, invadono il Giudicato di Càralis e assediano la sua capitale Santa Igia. Chiano, che si trova a Genova, parte per Cagliari con ventiquattro galere dirette a Santa Igia per portare soccorso alla città assediata. Lungo la rotta, presso la costa toscana cattura alcune navi pisane, ma giunge a Cagliari troppo tardi e viene sconfitto dai Pisani. Catturato ed imprigionato, viene assassinato da un sicario pisano a Santa Igia nel 1256. Prima di morire, indica alla Corona de Logu come suoi possibili successori i cugini Guglielmo e Rinaldo, ed alla fine è Guglielmo a salire sul trono del Giudicato. A Cagliari nel quartiere San Benedetto ancora oggi è presente una strada denominata via giudice Chiano.

Il governo di Guglielmo Salusio sesto ultimo giudice di Càralis

A Chiano succede come giudice il cugino Gugliemo nato nella villa di Cèpola situata nei pressi di Quartu, probabilmente figlio di Maria secondogenita della giudicessa Benedetta, che era strato indicato da Chiano come suo successore. Egli chiamatoviene intronizzato dalla Corona de Logu, nel 1256 o 1257, con il nome di Guglielmo Salusio sesto di Càralis e regna per meno di due anni, solo fino al 1258. Guglielmo Salusio prosegue nella politica del suo predecessore, a favore della Repubblica di Genova e contro quella di Pisa. Nel 1257 completa la conquista del Castel di Castro, espellendo gli ultimi Pisani rimasti. Allora Pisa già nello stesso 1257 decide di intervenire, ma non avendo forze sufficienti cercano aiuto presso gli altri giudici sardi e, forse, con la promessa di nuovi territori, ne ottengono l’adesione formando un formidabile esercito completato dalla loro stessa flotta. Affidano una nuova campagna a Giovanni Visconti di Gallura, Guglielmo di Capraia reggente del Giudicato d’Arborea, ed ai pisani Gherardo e Ugolino della Gherardesca, che riescono a riprendere Castel di Castro ed assediano la capitale Santa Igia la quale, senza più aiuti Genovesi e senza rifornimenti, dopo quattordici mesi di guerra, viene conquistata. Il 20 luglio 1258 il giudice di Càralis ed i Genovesi si arrendono, e così mettono fine alla guerra. I Pisani distruggono la città che era stata la capitale del Giudicato e la radono al suolo, i suoi abitanti si disperdono rifugiandosi nell’interno. Spartizione del Giudicato di Càralis nel 1258Santa Igia convive con la nuova capitale, Castel di Castro, per 42 anni, poi per tanti secoli rimane nell’oblio, nascosta dai palazzi edificati sopra le sue rovine. Con la distruzione di Santa Igia Nel 1258 si considera conclusa la lunga storia del Giudicato di Càralis. Guglielmo è costretto a fuggire a Genova, dove muore poco tempo dopo senza lasciare eredi, e con lui ha fine l’unità del Giudicato di Càralis, che viene smembrato in tre parti. La settentrionale va a Giovanni Visconti che la annette al Giudicato di Gallura; quella centrale va a Guglielmo di Capraia che la annette al Giudicato d’Arborea; e la parte più occidentale, che comprende il Sulcis e l’Iglesiente, viene assegnata a Gherardo e Ugolino della Gherardesca che avevano partecipato con le proprie armate all’assalto del Giudicato.

Il governo del Sulcis e dell’Iglesiente da parte dei della Gherardesca

Nello smembramento del Giudicato di Càralis dopo il 1258, la parte occidentale del Giudicato viene assegnata a Gherardo e Ugolino della Gherardesca, il cui nome deriva da un Gherardo, il primo membro della famiglia di cui si abbiano notizie sicure, vissuto nel decimo secolo, che fu signore di Volterra e feudatario del Castello maremmano di Donoratico. Per questo i nobili della Gheradesca vengono indicati come conti di Donoratico.

Il governo del Sulcis e del territorio di Pula da parte del Conte Gherardo della Gheradesca

Gherardo della Ghrerdesca ottiene, insieme con il titolo di Dominus della sesta parte dei Cagliaritano, il Sulcis e il territorio di Pula, mentre ad Ugolino della Gherardesca, col medesimo titolo di Dominus viene assegnato l’Iglesiente, famoso per le sue risorse minerarie. Non sappiamo molto di Gherardo, e pensiamo che rientri a Pisa ad occuparsi delle vicende pisane, e che, quindi, passi i suoi possedimenti a Ugolino.

Il governo dell’Iglesiente da parte del Conte Ugolino della Gherardesca

Ugolino della Gherardesca Conte  di DonoraticoSiliqua-Resti del Castello dell’AcquafreddaNel 1282 Ugolino della Gherardesca Conte di Donoratico, entrato in possesso della parte occidentale del Giudicato di Càralis, si stabilisce a Siliqua nel Castello di Acquafredda che dal contenuto di una bolla papale del 1238 si ritiene esistesse già dal 1215. Probabilmente a quella data esisteva una prima torre, ed il Castello è stato successivamente ampliato dallo stesso Ugolino. Dal Castello Ugolino governa tutto l’Iglesiente, incentivando e dando nuovo impulso alll’attività estrattiva nei suoi domini in Sardegna, soprattutto nell’attuale Iglesiente. Egli opera su un territorio di circa cinquecento chilometri quadrati, denominato Argentaria del Sigerro, nota per le ricchezze del suo sottosuolo in minerali d’argento. Nella zona dell’Iglesiente, i Pisani riprendono i lavori abbandonati dai Romani, aprendo nelle miniere numerose nuove fosse, e riportando alla luce gli antichi filoni. Lettura del 'Breve di Villa di chiesa'L’intensa attività estrattiva, così come la vita politica, economica e sociale dell’Iglesiente, vengono disciplinate mediante una serie di leggi raccolte in un codice suddiviso in quattro libri, conosciuto con il nome di Breve di Villa di chiesa. In questo codice, riveste un ruolo di primaria importanza la regolamentazione dell’attività mineraria, soprattutto quella dell’estrazione dell’argento. I delitti contro l’attività estrattiva vengono puniti con molta severità, tanto che la pena di morte è prevista per coloro che sottraggono argento o minerale argentifero, ed anche per i fonditori che estraggono l’argento da minerale rubato. La copia giunta fino a noi di questo codice, è una rielaborazione datata 1327 ed è l’unico documento di epoca pisana scampato all’incendio di Villa di chiesa del 1354 quando, nel corso del conflitto tra Mariano IV giudice d’Arborea e Pietro d’Aragona, gli abitanti diedero alle fiamme la città per evitare la capitolazione di fronte al nemico. Chiunque, nel territorio dell’Argentiera, può intraprendere l’attività estrattiva. In base a quanto avviene a Pisa, non è raro che a tale scopo si costituiscano delle nuove società, i cui partecipanti detti Parzonavili possiedono delle quote dette Trente, dal tedesco Trennen ossia dividere. Esistono anche alcuni soci di queste compagnie, detti Bistanti dal tedesco Beistand ossia aiuto, che si limitano ad anticipare le spese necessarie allo scavo delle fosse, e vengono poi rimborsati sui prodotti ottenuti. I lavori si effettuano attraverso lo scavo di fosse, che si sviluppano in profondità mediante pozzi e gallerie. Dato che viene seguito l’andamento del filone, l’estensione dei lavori è piuttosto limitata. Per l’estrazione vengono utilizzati picconi, cunei ed altri utensili, e quando si rende necessario viene utilizzato anche il fuoco per disgregare le rocce più dure. La settimana lavorativa inizia a mezzogiorno del lunedì, e termina a mezzogiorno del sabato. Gli operai lavorano per 12 ore al giorno, e durante la settimana non possono abbandonare il lavoro. Durante la stagione estiva però i lavori vengono sospesi, e la sospensione è causata dalla insalubrità del clima, dato che le miniere si trovano soprattutto in aree costiere, che sono colpite dal flagello della malaria. Iglesias: la cattedrale di Santa ChiaraUgolino favorisce inoltre il trasferimento nell’isola di maestranze toscane, esperte nel lavoro di miniera, e più generalmente cerca di ripopolare i propri domini. Il principale risultato della politica demografica di Ugolino, è il sorgere e lo svilupparsi del centro abitato di Villa Ecclesiae, ossia Villa di chiesa, l’attuale Iglesias. Sotto il suo dominio viene costruita la cattedrale di Santa Chiara edificata nel centro storico di Villa di chiesa in stile romanico gotico. Due epigrafi permettono di stabilire che l’edificio era in costruzione nel 1284, e che è stato completato prima del 1288. Nel periodo del loro massimo splendore, le miniere intorno a Villa di chiesa arrivano ad occupare 6500 operai, ed è stato calcolato che le miniere sarde abbiano fornito a Pisa circa 15 tonnellate annue di argento, nel periodo che va dalla fine del dodicesimo secolo al principio del quattordicesimo secolo.

La sconfitta della Meloria

La battaglia della MeloriaDal 1282 al 1284 Genova e Pisa tornano a combattersi duramente. L’episodio decisivo di quegli scontri si registra nella battaglia navale del 6 agosto 1284. Le flotte pisane e Genovesi si scontrano per tutta la giornata nella Battaglia della Meloria nella quale Pisa viene severamente sconfitta dai Genovesi. La flotta genovese, comandata da Oberto Doria e Benedetto Zaccaria, sconfigge nelle acque di Livorno le navi pisane al comando del podestà Alberto Morosini, assistito dal Conte Ugolino della Gherardesca e dell’ammiraglio Andreotto Saraceno Caldera. L’esito della battaglia della Meloria influisce sulle vicende politiche dell’Isola. I protagonisti della lotta, in questi anni, sono Ugolino della Ghererdesca, signore della sesta parte di Càralis Nino Visconti, giudice di Gallura; e Mariano II, giudice d’Arborea. Il Conte Ugolino, convertitosi anni alla causa guelfa, ed il nipote Nino Visconti, che era diventato giudice della Gallura, lasciano la Sardegna e rientrano a Pisa. Nino, rappresentante degli Obertenghi, a capo della fazione guelfa di Pisa, riprende ad occuparsi delle vicende pisane appoggiando il nonno, e nel 1286 vengono nominati entrambi capitani del popolo di Pisa. Il Conte Ugolino avvia un programma di riforme a vantaggio soprattutto dei ceti meno privilegiati. Ma non è un governo facile, poiché nonno e nipote sono tutt'altro che d’accordo, criticandosi a vicenda. Nel 1287 Nino si appropria del titolo di podestà di Pisa, ed inizia a stringere accordi con i ghibellini e con il potente arcivescovo Ruggeri degli Ubaldini, capo dei ghibellini Pisani. Ma il Conte Ugolino reagisce, riassume la carica, lo costringe nel 1288 alla fuga e all’esilio da Pisa. Nello stesso 1288, però, la parte ghibellina prende il potere a Pisa ed il Conte Ugolino, ritenuto responsabile della sconfitta della Meloria, viene rovesciato e messo al bando senza processo, accusato di tradimento dall’arcivescovo Ruggieri. Il comune confisca tutti i suoi possedimenti e si assicura il dominio dei territori di Ugolino nell’Iglesiente, che diventano dominii oltre mare di Pisa.

La morte del Conte Ugolino

Il Conte  Ugolino della Gherardesca imprigionato muore di fameIl Conte Ugolino della Gherardesca viene imprigionato, con i figli Gaddo e Uguiccione e ai nipoti Anselmuccio e Nino detto il Brigata, relegato a Pisa nella Torre dei Gualandi, una durissima prigione. Dopo nove mesi di prigionia, Moriranno di fame nel 1289, anche se una leggenda diffusa in Sardegna li vedrebbe morire di fame nel Castello di Acquafredda a Siliqua. L’abitazione di Ugolino, sita sul lungarno, dopo la sua morte, viene abbattuta, e sul terreno viene sparso del sale, ed è stata proibita la costruzione di un qualsiasi edificio sulle proprietà della famiglia del conte. Nel suo viaggio, Dante inconta il Conte Ugolino nel decimodecimotredicesimo canto dell’Inferno nel nono cerchio dove sono puniti i traditori della patria e degli ospiti, e racconta l’incontro con le parole «La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’capelli del capo ch’elli avea di retro guasto». Il Conte racconta la sua prigionìa nella torre e dopo quattro giorni di sofferenze il primo figlio Gaddo «Quivi morì; e come tu mi vedi, vid’io cascar li tre ad uno ad uno tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno». L’affermazione che più che il dolor poté il digiuno ha avuto una doppia interpretazione, in un caso il Conte ormai impazzito si sarebbe cibato della sua progenie, nell’altro invece egli avrebbe resistito alla fame e lasciato che fosse la fame stessa a dare il colpo di grazia a un uomo già distrutto dal dolore per la perdita dei figli. É questa seconda, l’ipotesi ritenuta oggi più probabile. Dopo il suo impriogionamento, il comune di Pisa confisca tutti i possedimenti di Nino e Ugolino in Sardegna, e si assicura il dominio dell’ex Giudicato di Gallura e dei territori di Ugolino nell’Iglesiente, che diventano domini oltre mare di Pisa.

La fine del Giudicato di Càralis

I tre pezzi del Giudicato subiscono sorti diverse.

Le tre parti del Giudicato di Càralis

La settentrionale, che è andata a Giovanni Visconti, viene annessa al Giudicato di Gallura, e verrà incorporata nei territorii Pisani nel 1287. Quella centrale, che è andata a Guglielmo di Capraia ed annessa al Giudicato d’Arborea, segue le sorti di questo Giudicato. E la parte più occidentale, che comprende il Sulcis e l’Iglesiente, che è stata assegnata a Gherardo e Ugolino della Gherardesca, che avevano partecipato con propri armati all’assalto del Giudicato, rimane sotto la sovranità di Pisa fino alla conquista catalana della Sardegna nel 1323.

Il Breve di Castel di Castro

Pisa prende il possesso diretto di Castel di Castro, con le sue dipendenze, e, successivamente, in qualche decennio, entrerà in possesso anche di tutti i territori centro-orientali. Il centro della vita diviene Castel di Castro, che viene presto identificato con Cagliari. È governata dapprima da un Capitaneus inviato da Pisa, e in seguito da due Castellani e da un Assessore. Nasce quindi un governo di tipo Comunale retto da uno statuto, il Breve Castelli Castri Kallari.

Il governo dei territori che erano appartenuti al Giudicato

Il territorio che era appartenuto al Giudicato di Càralis viene governato dagli Aragonesi dal 1323 al 1516, e dagli Spagnoli dal 1516 al 1713. Passa quindi all’Austria che lo governa dal 1713 al 1720, ed infine entra nel Regno di Sardegna e dal 1861 nel Regno d’Italia.

La prossima pagina

Nella prossima pagina vedremo una breve storia del Giudicato d’Arborea inizialmente Arbarea dalla parola Arba che indica una zona paludosa, che sorgeva nella parte centro occidentale dell’Isola, e che ha avuto come capitale prima Tharros e poi Oristano.


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