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Nel 1861 la Sardegna entra nel Regno d’Italia e successivamente vive tutto il periodo Fascista


In questa pagina vedremo come, con la legge 4671 del 17 marzo 1861, il re Vittorio Emanuele II Proclama il Regno d’Italia anche se mancano ancora Roma e Venezia, regno che successivamente vivrà tutto il periodo della Dittatura fascista.

La Sardegna entra nel regno di Savoia

Datazioni della Sardegna nel Regno d’ItaliaNel 1860 l’Isola, che era entrata a far parte del regno dei Savoia, rischia di venire ceduta da Vittorio Emanuele II alla Francia, ma poi dal 1861 entra a far parte del Regno d’Italia appena costituito, considerato una prosecuzione ideale e giuridica del Regno di Sardegna, il cui inno ufficiale resterà unitamente alla Marcia reale anche S’hymnu sardu nationale. La Sardegna diviene quindi una Regione italiana, ma non avvengono cambiamenti sostanziali nel modo nel quale viene trattata la sua popolazione, dato che diventa una delle regioni periferiche dello Stato italiano. Anzi la situazione peggiora per le scelte del governo nazionale, relative soprattutto alla abolizione della proprietà dei terreni comuni.

Il 17 marzo 1861 il re di Sardegna Vittorio Emanuele II viene proclamato re d’Italia

Il duca di Savoia e re di Sardegna Vittorio Emanuele II diventato re d’ItaliaIl 17 marzo 1861 il Parlamento proclama la nascita del Regno d’Italia, e Vittorio Emanuele II detto Il re Galantuomo, duca di Savoia e re di Sardegna dal 1849 al 1861, diventa re d’Italia dal 1861 fino alla morte il 7 gennaio 1878. Dopo la proclamazione del regno, non viene però cambiato il numerale Vittorio Emanuele II, che avrebbe dovuto assumere il titolo di Vittorio Emanuele I d’Italia. Questa decisione sottolinea il carattere di estensione del dominio della casa Savoia sul resto dell’Italia, piuttosto che la nascita ex novo del Regno d’Italia. Vittorio Emanuele II governa fino alla fine del dicembre del 1877, quando lui, amante della caccia ma delicato di polmoni, passerà una notte all’addiaccio presso un lago in una sua tenuta di caccia nel lazio. Ma l’umidità dell’ambiente gli risulterà fatale, ed infatti la sera del 5 gennaio 1878 inizierà ad avvertire i forti brividi della febbre, ed il 9 gennaio morirà, dopo ventotto anni e nove mesi di regno.

La Terza Guerra d’Indipendenza e l’annessione dei territori del regno lombardo Veneto

Lo scontro di Garibaldi a BezzeccaNel 1866 l’Italia non è ancora del tutto unita e liberata, mancavano infatti ancora il Veneto e il lazio. Nell’aprile 1866 il Regno d’Italia stringe un’alleanza militare con la Prussia allo scopo di unire il Veneto e Trento al proprio territorio, alleanza che viene mantenuta nonostante l’offerta austriaca di cedere il Veneto alla Francia di Napoleone III, che a sua volta l’avrebbe consegnato all’Italia. La Terza Guerra d’Indipendenza dichiarata il 20 giugno, vede dopo l’iniziale sconfitta nella battaglia di Custoza avvenuta quattro giorni dopo la dichiarazione di guerra, i successi militari di Garibaldi allora capo del corpo dei volontari Cacciatori delle Alpi a Bezzecca in Trentino, e di Cialdini che giunge fino oltre Palmanova e vince la battaglia di Versa. Il 20 luglio la sconfitta della marina italiana nella battaglia di lissa convince il Regno d’Italia ad accettare una tregua a partire dal 25 luglio, e a iniziare le trattative che portano il 12 agosto alla fine delle ostilità sul fronte austriaco con l’armistizio di Cormons. Il telegramma di Garibaldi in risposta al generale Alfonso lamarmora che gli intima di fernate l’avanzata verso TrentoAl generale Alfonso la Marmora, che gli intima di fermare la sua inarrestabile avanzata verso Trento contro gli Austriaci nella terza guerra di indipendenza, Giuseppe Garibaldi, il 9 agosto 1866 risponde con un telegramma con la sola parola Obbedisco. In seguito l’Austria, sconfitta dalla Prussia, cede il 23 agosto 1866 con il trattato di Praga i territori residui del Regno lombardo Veneto alla Francia, con l’intesa che Napoleone III li consegni a Vittorio Emanuele II previa organizzazione di una consultazione, che formalmente avesse confermato la volontà popolare alla liberazione del Veneto dal dominio austriaco. Nelle giornate di domenica 21 e lunedì 22 ottobre 1866 si svolge il Plebiscito del Veneto conosciuto ufficialmente anche come plebiscito di Venezia, delle province venete e di quella di Mantova, che sancisce l’annessione al Regno d’Italia delle terre cedute alla Francia dall’Impero austriaco a seguito della terza guerra d’indipendenza.

La breccia di porta Pia e l’annessione dello Stato Pontificio

La breccia di porta Pia che porta alla presa di RomaIl 20 settembre del 1870 i bersaglieri del re giungono a Roma, dove si apono un varco nelle mura ed entrano in città, un evento che verrà ricordato come la Breccia di porta Pia mettendo fine al potere del papa. Il papa Pio nono che con la presa di Roma perde il suo potere temporaleAnche Roma è liberata e l’anno successivo la capitale d’Italia viene trasferita da Firenze a Roma, ed i problemi italiani vengono messi da parte per dedicarsi alla edificazione di una capitale che dia ai Savoia finalmente una degna cornice per il trono. A pochi giorni dalla presa di Roma, l’1 novembre 1870 il papa Pio IX emana l’enciclica Respicientes ea, nella quale dichiara Ingiusta, violenta, nulla e invalida l’occupazione dei domini della Santa Sede. L’anniversario del 20 settembre è stato festività nazionale fino al 1930, quando verrà abolito a seguito della firma dei Patti lateranensi. La Curia Romana vede sottrarsi il secolare dominio su Roma, si ritira in Vaticano, al papa vengono concessi solo il Palazzo Pontificio, i palazzi del Vaticano e un indennizzo annuo in denaro, ma egli si dichiara Prigioniero fino alla morte.

La situazione della Sardegna dopo la proclamazione del Regno d’Italia

Durante il regno di Vittorio Emanuele II, l’euforia per la raggiunta unità d’Italia, ha fatto passare in secondo piano i gravi mali che affliggono l’Italia. In particolar modo, le regioni meridionali, e con esse la Sardegna, vengono colpite da un sottosviluppo endemico, ed, in questa situazione, il governo italiano, davanti a problemi giganteschi, non Sa da dove iniziare, e finisce con l’abbandonare l’isola a se stessa. Vengono solo Completate alcune strade che sono però già vecchie al momento della loro nascita. Inoltre, abbastanza tardi rispetto al resto d’Italia, inizia la Costruzione della rete ferroviaria sarda. L’ingegnere gallese Benjamin PiercyLa rete ferroviaria sarda nel 1884La prima linea ad entrare in funzione, realizzata dalla Compagnia reale delle Ferrovie Sarde è nel 1871 quella che collega Cagliari con Villasor e prosegue poi per San Gavino, e, successivamente nel 1872 vengono completate la linea che collega San Gavino con Oristano, quella che collega Decimomannu con Iglesias e quella che collega Sassari con Porto Torres. Ne 1874 entra in funzione le linee che collegano Sassari con Ploaghe e la tratta che collega Ploaghe con Chilivani. Nel 1874 l’estensione delle linee ferroviarie sarde aveva raggiunto la dimensione di circa 200 chilometri. Nel 1877 viene stipulata una nuova convenzione con il governo italiano presieduto dal Depretis con Zanardelli ministro dei lavori pubblici per la realizzazione delle restanti ferrovie sotto la direzione di Benjamin Piercy. Nel 1878 viene aperta la tratta che collega Giave con Ozieri ridenominata Chilivani, e dal 1880 è interamente percorribile l’itinerario tra Cagliari e Porto Torres in seguito al completamente delle tratte tra Oschiri ed Ozieri e tra Oristano e Giave. Nel 1880 viene aperta la tratta tra Oschiri e Monti, nel 1881 viene raggiunta Terranova Pausania completata con il ramo verso Golfo Aranci, ed nfine nel 1884 viene aperta la stazione di Sassari. Dal 1870 al 1884 sono state realizzate linee ferroviarie per un totale di 418 chilometri. Viene, anche, inaugurato il Collegamento settimanale via mare con Genova ma è ben poca cosa rispetto al necessario per risolvere i problemi dell’Isola. Le Miniere del Sulcis sono le uniche industrie presenti, che non trasformano però la materia prima, e non forniscono quindi alcun valore aggiunto remunerativo. Nelle città, solo i Piccoli commerci consentono di sbarcare il lunario, mentre l’Agricoltura che è antiquata, e la Pastorizia nomade, forniscono solo di che mangiare. Alla fine dell’ottocento una Febbre di rinnovamento contagia anche le città sarde. Sassari: il palazzo della provinciaVengono distrutte antiche mura, bastioni e opere architettoniche che erano di grande valore storico. E, solo per dare spazio a civili abitazioni, viene distrutto un patrimonio architettonico, che oggi potrebbe essere motivo di turismo culturale, e quindi benessere. Tra l’altro, in questo periodo avviene la costruzione del Palazzo della Provincia di Sassari e l’idea di mettere mano ad un’opera così grandiosa nasce nel 1872. In quell’anno, in piazza d’Italia, c'’era soltanto una vasta area vuota e libera, grande all’incirca un ettaro. La prima pietra viene posta il 18 ottobre 1873, cementando nel fondamento del palazzo una pergamena che ricorda i nomi dei promotori, una moneta d’oro da venti lire e una da 5 lire d’argento.

Gli ademprivi nei terreni di uso comune e il diritto di cussorgia dal periodo giudicale in Sardegna

L’agricoltura e la pastorizia in Sardegna faceva uso dell’Ademprivio termine che deriva dal latino Ademprivia che appare intorno al quattordicesimo secolo, me era stato diffuso in Sardegna dai sovrani giudicali durante il periodo di loro dominio sull’isola. Questo termine indicava terreni di uso comune, generalmente fondi rustici di estensione variabile, sui quali la popolazione poteva comunitariamente esercitare il complesso dei diritti di usare il terreno, le foreste o selve, o pascoli, ed analoghi mezzi di produzione pastoreccia o agraria, di fatto sfruttati dalle colltttività degli abitanti di un paese nella loro relativa giurisdizione territoriale. Affine all’ademprivio era la Cussorgia un altro antico Istituto tipico della Sardegna, in cui però i diritti di pascolo non erano attribuiti agli abitanti di un paese, ma a un singolo pastore dietro pagamento di un corrispettivo.

La legge sulla abolizione degli ademprivi autorizza lo sfruttamento delle risorse boschive dell’Isola

Luigi Torelli Ministro dell’Agricoltura Industria e Commercio nel governo la Marmora IILa legge del 23 aprile 1865 che dispone l’abolizione degli ademprivi e dei diritti di cussorgiaDurante il regno di Vittorio Emanuele II la Sardegna si trova in condizioni disastrose, con l’analfabetismo imperate, la povertà diffusa, l’economia praticamente inesistente, malaria ed epidemie sempre presenti, ed il brigantaggio inarrestabile. Tutte le risorse vengono dirottate verso la nuova capitale, e, mentre i capitali affluiscono a Roma, la Sardegna non raccoglie che poche briciole. Gli undici deputati sardi che siedono nel Parlamento, che intanto si è trasferito a Firenze che è diventata la capitale d’Italia, presentano una riChiesta al Governo per ottenere investimenti pubblici nell’Isola, ma senza ottenere alcun risultato. Invece di affrontare i mali della Sardegna, il 23 aprile 1865 il re emana, su proposta presentata da Luigi Torelli Ministro dell’Agricoltura, Industria e Commercio nel secondo governo la Marmora, la legge che prevede l’Abolizione degli ademprivi e dei diritti di cussorgia in base alla quale, dopo l’abolizione, ogni atto di ulteriore esercizio di questi usi e diritti costituisce una violazione al diritto di proprietà, alla quale deve essere applicato il Codice penale comune. La legge consente quindi che questi terreni, sfruttati fino ad allora in maniera collettiva da contadini e pastori, vengano concessi a imprese private per lo sfruttamento delle risorse del bosco. Lettura di 'Colpi di scure e sensi di colpa' di Fiorenzo CateriniÈ questa l’origine del Disboscamento dell’Isola ed infatti tutti i viaggiatori dell’ottocento descrivono una Sardegna ricca di boschi in cui la vegetazione Lussureggiante avvolge ogni anfratto ed ogni spazio, mentre tutti i viaggiatori del novecento raccontano di un’isola arida e spoglia di risorse. I documenti testimoniano che fu tra il 1820 ed il 1883 che il manto boschivo dell’isola si ridusse di quattro quinti. Quindi la Sardegna che una volta era tutto un bosco, come ancora è almeno in parte la Corsica, mentre è oggi è la Regione italiana a minor densità boschiva. Lentamente questo patrimonio viene distrutto dal disboscamento selvaggio, iniziato in forma esasperata con l’occupazione piemontese, che utilizza il legno per il trattamento dei prodotti minerari. Per lungo tempo, vengono realizzate con legno sardo anche le traversine delle linee ferroviarie di tutta Europa.

La sollevazione popolare di su Connottu guidata da Paskedda Zau

Nuoro-Ricordo di Pasqua Selis Zau nota come PaskeddaNuoro-Ricordo dei moti popolari del 1868 per il ritorno a su ConnottuOliena-Un murale in rievocazione dei moti di su ConnottuLa legge sull’abolizione dei terreni ademprivi porta diverse sollevazioni popolari. Nel 1868, il seme del malcontento porta ad una rivolta a Nuoro, in opposizione alle vendite di terreni demaniali sottratti alla pastorizia, una rivolta che prende il nome di Sollevazione popolare di su Connottu. Il 26 aprile 1868, una domenica mattina, Pasqua Selis Zau nota come Paskedda Zau che non era più giovane dato che aveva già compiuto i 60 anni, era vedova e piena di pensieri perchché le terre pubbliche che davano sostegno a gente come lei erano diventate private, non si rassegnava a perdere quel diritto vitale che garantiva a tutti la sussistenza. Così ha tirato fuori tutta la rabbia che il nuovo corso della storia le aveva scatenato dentro. La sua rabbia esplode all’uscita delle donne dalla cattedrale dopo la messa di quella domenica, quando lei si pone a capo della folla gridando Torramus a su connottu, ossia Torniamo al conosciuto, reclamando diritti e consuetudini consolidate in quelle terre che assicuravano, in modo gratuito, ghiandatico, legnatico, acqua. Moti di su Connottu: atto di accusa e decrato di amnistiaRiesce così a riunire attorno a sé altri poveri con il loro malcontento per la vendita del salto di Sa Serra, e, sostenuta dalla figlia Tonia, mette assieme Trecento persone guidandole con una bandiera improvvisata, fatta in fretta e furia utilizzando la sua sottogonna. Si recano dritte a palazzo Martoni, sede del Municipio nel quartiere storico di San Pietro, e vi entrano con forza. Lei, indomabile, schiaffeggia i Carabinieri che tentano di calmarla, mette le mani sui documenti dell’archivio legati alle vendite delle terre, li strappa a morsi e poi li brucia. Quella rivolta memorabile porta in carcere lei e altre 68 persone, tutte accusate di aver provocato tafferugli e devastazioni. Rimangono in cella per mesi, fino al 5 novembre 1868 quando un’amnistia, con decreto regio firmato da Vittorio Emanuele II, restituisce a tutti la Libertà. L’amnistia arriva grazie all’intervento del deputato Giorgio Asproni nato a Bitti il 5 giugno 1808, che sollecita clemenza al ministro di Grazia e giustizia. Il politico sardo Giorgio AsproniSi tratta di un politico italiano tra le massime figure della storia moderna sarda, che dopo aver abbracciato la vita ecclesiastica si presenta candidato alla prima legislatura, ma la sua elezione viene annullata per incompatibilità con la carica di canonico. Svestito l’abito talare nel 1849 per seguire questa sua passione politica, diviene uomo di Punta della rappresentanza sarda del Parlamento subalpino e della camera del Regno d’Italia per ben 27 anni, schierato nelle file della sinistra. La sua vivacità e curiosità intellettuale e politica lo portano alla partecipazione alla massoneria. Asproni direttore de Il Popolo d’Italia e consigliere Comunale di Napoli, il 14 settembre 1865 a 57 anni si scontra sulle colline di Posillipo a Napoli in un duello alla pistola con Paulo Fambri che ha venti anni di meno, direttore de La Stampa di Torino, ma entrambi rimangono illesi. La sua attività politica e parlamentare è documentata soprattutto in virtù del suo monumentale Diario politico, un’opera autobiografica in sette volumi, fonte primaria per la storia del periodo risorgimentale italiano e della Sardegna. Asproni si spegne a Roma il 30 aprile 1876.

La commissione di indagine guidata da Agostino De Pretis per indagare sulla stato economico della Sardegna

Il politico Agostino DePretis che ha guidato la commisione di inChiesta sullo stato economico della SardegnaA seguito della sollevazione di Su Connottu, su proposta del parlamentare Giorgio Asproni viene istituita una Commissione d’indagine guidata da Agostino De Pretis capo della sinistra storica nato a Mezzana Corti Bottarone in Provincia di Pavia il 31 gennaio 1813, che nel 1869 giunge nell’Isola, per indagare sullo stato economico della Sardegna, e per conoscere direttamente la situazione dai politici locali, ossia da Francesco Cocco Ortu e Ignazio Aymerich. La commissione si ferma in Sardegna un mese, dal 24 febbraio al 25 marzo 1869, per raccogliere tutte le informazioni utili e per procedere all’audizione dei membri degli enti locali e dei vari comitati popolari, ma l’operato della commissione non produce alcun atto concreto, e Agostino Depretis non scrive neppure la relazione finale. Solo Quintino Sella, membro della Commissione incaricato di occuparsi delle miniere, pubblica un volume di fondamentale importanza sull’argomento, mentre l’antropologo Paolo Mantegazza, anch’egli membro della Commissione, un agile volumetto di impressioni di viaggio. Ovviamente all’inChiesta non fa seguito alcun concreto provvedimento, non ci sono risultati ma solo rapporti, mentre per risolvere i gravi problemi che affliggono la Sardegna ci vogliono fatti, non bastano le parole.

Lo sfruttamento minerario dell’isola nell’opera di Quintino Sella

Dal 1865, al piombo e all’argento che erano i minerali principalmente estratti nell’Isola, si affianca lo zinco. Infatti in quell’anno a Buggerrru, nella miniera di Malfidano, vengono rinvenute le calamine, ossia i silicati di zinco. Attorno al 1868 venne introdotta in Italia la dinamite, inventata l’anno precedente dal chimico svedese Alfred Nobel. Questa innovazione rivoluziona in breve tempo le tecniche estrattive, consentendo l’estrazione a costi relativamente bassi anche in cantieri umidi. Quintino Sella che ha scritto una relazione sull’industria mineraria dell’IsolaL’unico della commissione d’indagine sulla stato economico della Sardegna istituita a seguito della sollevazione Su Connottu che si impegna seriamente, è Quintino Sella che la dirige in qualità di Ministro delle Finanze, ed è uno scienziato, politico e alpinista italiano nato a Sella di Mosso in Provincia di Biella il 7 luglio 1827. Egli, accompagnato dall’ingegnere Eugenio Marchese, direttore del distretto minerario della Sardegna, in diciotto giorni visita le principali miniere e gli stabilimenti metallurgici dell’Isola, e produce nel 1871 il documento di straordinaria importanza Sulle condizioni dell’industria mineraria nell’isola di Sardegna. Lettura di 'Sulle condizioni dell'industria mineraria nell'isola di Sardegna' di Quintino SellaI permessi di ricerca che alla fine del 1861 erano 83, nel 1870 salgono a 420, e le concessioni da 16 a 32. Il minerale prodotto passa da 9.379 tonnellate del 1860, a 127.924 tonnellate del 1870, ed il suo valore quintuplica. Nel 1870, nelle miniere sarde, sono impiegati 9.171 addetti, quasi il triplo rispetto a quelli del 1860. Dalla relazione del Sella risulta, inoltre, che, per agevolare il trasporto del minerale ai punti di imbarco, le società minerarie hanno costruito circa 30 chilometri di ferrovie e 181 chilometri di strade. Dato il basso livello di preparazione tecnica delle maestranze locali, la maggior parte della manodopera qualificata proviene dal continente, e si rileva una forte disparità di trattamento economico tra i minatori sardi e quelli arrivati dal continente. E le società minerarie si limitano a sfruttare le parti più ricche dei filoni, trasferendo poi fuori dall’isola il minerale estratto, che viene trattato in impianti posti sul continente. La relazione raccomanda di istituire una Scuola per capi minatori e fonditori a Iglesias, e di stanziare ulteriori capitali per agevolare lo sviluppo dell’industria mineraria. Viene, inoltre, evidenziata la necessità di realizzare e sviluppare un adeguato sistema di comunicazioni telegrafiche. Le principali compagnie minerarie chiedono infatti di poter costruire, a proprie spese, nuove linee telegrafiche per rendere più veloci le telecomunicazioni. Nel 1871, con l’inizio delle estrazioni dal filone argentifero di Monte Narba, vicino a San Vito nel Sarrabus, si avvia anche in Italia la produzione dei minerali d’argento. Dalle quindici tonnellate di minerale prodotte quell’anno, si arriva in breve tempo alle 2.000 tonnellate annue medie prodotte durante il decennio che corre dal 1880 al 1890. Dalle tre miniere iniziali, si sale alle dieci di vent’anni dopo, che impegnano oltre 1.500 operai. E l’anno successivo, nel 1871, la sede del Distretto Minerario sardo venne trasferita da Cagliari ad Iglesias.

Profili e paesaggi della Sardegna nell’opera di Paolo Mantegazza

Paolo Mantegazza che ha scritto un libretto dalla sua esperienza nel suo viaggio in SardegnaL’altro membro della commissione d’indagine sulla stato economico della Sardegna istituita a seguito della sollevazione Su Connottu che si impegna seriamente, è Paolo Mantegazza il fisiologo, patologo, igienista, neurologo, antropologo e scrittore italiano nato a Monza il 31 ottobre 1831, che è stato uno dei primi divulgatori delle teorie darwiniane in Italia. Forse perché già scrittore e viaggiatore, egli ricava dalla sua esperienza isolana nel libro Profili e paesaggi della Sardegna, piccolo ma scorrevole, uno Scritterello tirato giù alla buona, più col cuore che con la squadra. Lettura di 'Profili e paesaggi della Sardegna' di Paolo MantegazzaSi tratta di un racconto lungo, inizialmente pensato come articolo a puntate per una rivista. Senza negare di ripetere pagine già scritte e ormai lette in più parti d’Europa, egli sente maggiore la necessità di far Amare un’isola bellissima ed infelicissima, che noi italiani abbiamo il torto di dimenticar troppo e di amare troppo poco. Racconta in pagine colorate le persone e i loro costumi, la qualità e soprattutto la varietà degli abiti che di paese in paese si arricchiscono di nuovi orpelli, e il mistero che circonda le donne la cui bellezza recondita è accentuata dai veli che coprono i loro capi. L’opera si conclude con un appello alle nuove generazioni affinchché sfruttino le risorse dell’isola, e i Sardi trovino anzitutto in se stessi lo stimolo all’azione, e abbandonino il vizio Dei sofismi adoperati come raziocini e cessino l’abitudine di piangersi addosso.

Il re d’Italia Umberto I di Savoia-Carignano chiamato il re Buono o anche il re Mitraglia

Il re d’Italia Umberto INel 1878 diviene re d’Italia Umberto I nato a Torino il 14 marzo 1844 e che regnerà fino alla morte a Monza il 29 luglio 1900. Egli intrattiene una relazione sentimentale con la duchessa Eugenia Attendolo Bolognini litta, legame che durerà per tutta la vita e che è rafforzato dalla nascita del figlio Alfonso che muore in tenera età. Subito dopo la fine della Terza Guerra d’Indipendenza che aveva portato all’unificazione del Veneto al Regno d’Italia, Vittorio Emanuele II pensa di riappacificarsi con la casata asburgica con un matrimonio politico, e la candidata è l’arciduchessa Matilde d’Asburgo-Teschen, che però muore tragicamente ustionata dall’incendio del suo abito mentre stava cercando di nascondere una sigaretta alla governante. Svanita questa possibilità, Luigi Federico Menabrea che è presidente del Consiglio propone il matrimonio con una cugina di Umberto, la diciassettenne principessa Margherita di Savoia figlia del suo fratello minore Ferdinando capostipite del ramo cadetto dei Savoia-Genova, e di Elisabetta di Sassonia. Umberto e Margherita si sposano a Torino il 22 aprile 1868, e dal loro matrimonio nasce il figlio Vittorio Emanuele che gli succederà sul trono. Il monarca è stato chiamato Il re Buono per il suo atteggiamento di fronte all’epidemia di colera di Napoli del 1884, mentre dagli anarchici viene chiamato Il re Mitraglia per a sua condotta fortemente conservatrice e repressiva, e la sua politica colonialista. Ed è anche il destinatario di uno dei Biglietti della follia inviati nel 1889 da Friedrich Nietzsche. Il suo avallo alla pesante repressione dei moti popolari del 1898, e, di conseguenza, l’onorificenza concessa al generale Fiorenzo Bava Beccaris, per il suo sanguinoso soffocamento delle manifestazioni dello stesso anno a Milano, sono alla base dei vari attentati alla sua vita, fino a quello fatale per mano dell’anarchico pratese Gaetano Bresci. L’anarchico Gaetano BresciL’assassinio del re Umberto I da parte dell’anarchico Gaetano BresciIl 29 luglio 1900, Umberto I viene invitato a Monza, per onorare con la sua presenza la cerimonia di chiusura di un concorso ginnico, e quando in serata si reca verso la carrozza, approfittando della confusione Gaetano Bresci Spara tre colpi in rapida successione, colpendolo a una spalla, al polmone e al cuore. Umberto I muore, ad appena cinquantasei anni, mentre Bresci viene processato e condannato non a morte ma all’ergastolo dato che il figlio di Umberto I, il nuovo re Vittorio Emanuele III, gli concede la grazia. Morirà comunque nel 1901 in condizioni molto dubbie.

Il governo della Sardegna e la grave crisi agraria

Cagliari: il palazzo CivicoA Umberto I si deve la costruzione del Palazzo Civico di Cagliari ossia il palazzo nel quale ha sede il comune. Fino ad allora la sede Comunale si trovava in piazza Palazzo, nel quartire del Castello, nell’edificio che oggi è chiamato ex Palazzo di città. A fine 1896, è stato deciso il trasferimento del comune in una nuova sede ancora da costruirsi, in via Roma, nell’area antistante il porto. La prima pietra viene posata il 14 aprile 1899 alla presenza del re Umberto I e della Regina Margherita di Savoia, ed il palazzo viene inaugurato nel 1907. Sotto il suo regno, con l’avvento della sinistra al governo, sembra possibile un’apertura ad affrontare i problemi della Sardegna. Ma quando scoppia la guerra delle tariffe doganali con la Francia, la nostra politica protezionista provoca per reazione una chiusura delle importazioni dall’Italia da parte della Francia, che importava dalla Sardegna olio, grano, vino, pecore, formaggio ed altri prodotti alimentari. Ne deriva una Grave crisi agraria che determina l’ulteriore peggioramento della vita delle popolazioni rurali. Tra il 1887 ed il 1891 si arriva addirittura al fallimento delle principali banche sarde, con la rovina di tutti i piccoli risparmiatori di fronte alla crisi agraria, la principale risorsa dell’economia sarda è l’Attività mineraria che si sviluppa in modo notevole. I complessi minerari dell’Iglesiente, monteponi, Montevecchio, Ingortosu, Buggerru, impiegano più di 15mila operai che lavorano in condizioni di sfruttamento terribili e vivono con salari bassissimi.. La Sardegna è di gran lunga la Regione più povera d’Italia. Da questa situazione insostenibile deriva un nuovo Aumento del banditismo e della criminalità rurale non stupisce che il numero dei banditi cresca, si giunge a contarne fino a Trecento.

I tentativi di repressione del banditismo sardo che viene invece appoggiato dalla popolazione

Foto segnaletiche di banditi sardiCome dicevamo, dopo i moti popolari Su Connottu, la crisi agraria aumenta il Fenomeno del banditismo e della criminalità rurale. Il bandito si oppone ai soprusi del potente, solitamente lo uccide e poi si dà alla latitanza. E la popolazione del posto lo assiste e lo sostiene nella sua latitanza. É un retaggio di quello che è stato il Codice Barbaricino, che non prevedeva la proprietà privata della terra ed ammetteva addirittura l’abigeato se effettuato in condizioni di necessità, che puniva il furto in casa propria ma lo considerava un atto di guerra in terreno altrui, e lavava le offese e tutelava l’onore personale e di gruppo vendicandolo col sangue. Il fenomeno del banditismo si sviluppa maggiormente nel Nuorese, soprattutto in un numero limitato di paesi della Barbagia, nella zona pastorale di Ogliastra e nella Provincia di Sassari. Dei più spietati banditi sardi dell’ottocento, e delle loro numerose azioni, parla a lungo Franco Cagnetta nel suo volume Banditi a Orgosolo con prefazione di Luigi Maria lombardi Satriani. Il volume 'Banditi a Orgosolo' di Franco CagnettaLo stesso Antonio Gramsci ammette di aver subito, da ragazzo, il fascino dei banditi Giovanni Tolu e di Francesco Derosas. E nemmeno lo scrittore Sebastiano Satta riesce a nascondere una certa ammirazione per i banditi Belli feroci prodi. Inizialmente si tratta di latitanti isolati, poi vengono costituite bande costituite da più banditi, e in un terzo tempo si operano le Bardane, vere e proprie cavalcate di decine di uomini armati che di notte convergono su un villaggio o un ricco stazzo, per rapinare la casa di uno o più possidenti ma mai il villaggio, uccidendo chi si oppone. Giunti nel posto prescelto, il capo detto Su bardaneri fa un appello assicurandosi dell’identità dei componenti del gruppo. Se qualcuno manca all’appuntamento la bardana non ha luogo, come per pregiudizio non viene mai eseguita di venerdì.

Ricordiamo di seguito alcuni tra i principali banditi sardi questo periodo. Sono molti i banditi sardi dell’ottocento, sulle quali teste pesano taglie di migliaia di lire, che non esitano a imporre il loro spietato dominio sul territorio prossimo alle città, e che vengono tutti descritti nelle pagine che illustrano i loro paesi di origine.

Il bandito Bastiano Tansu detto il Muto di GalluraLa storia di Bastiano Tansu detto il Muto di GalluraNel Sassarese ed in particolare nella Gallura, ad Aggius il 29 ottobre 1827 nasce Sebastiano o Bastiano Addis Tansu detto Lu Mutu come viene chiamato ancora oggi dagli aggesi, e più noto con il soprannome di Il Muto di Gallura che diventa uno dei banditi sardi ottocenteschi tra i più feroci e disperati. La lunga faida tra le famiglie dei Vasa e dei Mamìa, che da origine alla sua latitanza, viene originata da uno sconfinamento di bestiame, e sconvolgerà Aggius tra il 1849 e il 1856, provocando oltre settanta vittime. Dopo la pace tra le due potenti famiglie rivali, Bastiano si innamora perdutamente della sedicenne Gavina, ma Bastiano non può coronare il suo sogno d’amore, perché Gavina è promessa in sposa ad un cugino. Bastiano viene ucciso nel 1859, appena trentaduenne, ma sulla sua morte non si hanno notizie certe.

Il bandito Giovanni ToluLa storia di Giovanni Tolu narrata da lui medesimoA Florinas nel 1822 nasce Giovanni Tolu, datosi alla macchia dopo aver ridotto in fin di vita all’alba del 27 dicembre 1850 il parroco del paese, che contrasta il suo matrimonio con la ragazza che teneva in casa come domestica, e che in realtà pare fosse la figlia del parroco stesso. Incomincia in questo modo la sua lunghissima latitanza nelle campagne tra Osilo e Sorso, durante la quale, viene accusato di diversi omicidi in danno di cavalleggeri e Carabinieri. La sua latitanza ha fine nel 1880, quando si fà arrestare dai Carabinieri per evitare una sparatoria e non spaventare la figlia incinta. Nel processo, viene condannato a morte dalla Corte d’Assise di Sassari, ma in appello dopo solo tre giorni di dibattimento il verdetto è di assoluzione per legittima difesa..

Il bandito Luigi DeloguIl bandito Francesco DerosasIntervista di Sebastiano Satta e Gastone Chiesi a Pietro Giovanni Angius presenti Luigi Delogu e Francesco DerosasA Usini nasce nel 1858 Luigi Delogu che si accompagna, per circa un anno, con gli altri banditi Francesco Derosas e Pietro Giovanni Angius, ma in seguito entrerà in disaccordo con loro. Gli altri due banditi sono Franceso Derosas detto Cicciu Rosa nato anch’egli a Usini nel 1861, e Pietro Giovanni Angius detto Pera Zuanne nato a Bonorva nel 1861, i quali il 6 agosto 1892, a Nurape nelle campagne di Bonorva, dietro compenso investono con una scarica di proiettili mentre a cavallo rientra in paese dalla sua tenuta a S’Istallu il popolare poeta bonorvese Paolo Mossa, il cui nome costituisce una pietra miliare nella storia della poesia sarda. Tra le molte testimonianze della loro latitanza, famosa è l’intervista a Francesco Derosas presenti anche Pietro Giovanni Angius e Luigi Delogu, che da giornalisti fanno il poeta nuorese Sebastiano Satta e Gastone Chiesi per il quotidiano L’Isola che i due giovani intellettuali avevano fondato a Sassari.

Il bandito ottocenteso Francesco CapesiArresto dei banditi ottocenteschi Francesco Capesi e Giommaria AstaraA Tula l’1 maggio 1867 nasce il bandito Francesco Capesi soprannominato Pescimpala. Dopo diverse disavventure, il Capesi si dà alla latitanza unendosi a due altri altitanti, Giuseppe Budroni di Oschiri, Celebre per malvagità e crudeltà, e Giovanni Maria Astara detto Il gobbo, di Benetutti, che Rotea gli occhi all’ingiro e con essi spesso la testa, quasi vada in cerca, nella cella, di una via che gli permetta di rintanarsi nel bosco. Con loro batte le contrade del Logudoro e della Gallura, e di lui si dice che è credente in Dio e nei preti; in compenso è un vero satiro e durante la sua latitanza ha deflorato in aperta campagna parecchie lavandaie, mentre i compagni gli guardavano le spalle. Viene in seguito accusato di diversi omicidi e braccato dai Carabinieri si costituisce il 28 agosto 1899.

Il bandito Luigi Fresi detto 'Laìcu Roglia'Il 7 dicembre 1856, in uno stazzo nelle campagne di Telti, nasce Luigi Fresi detto Laìcu Roglia, che viene chiamato il bandito degli stazzi. Diventa bandito per un’ingiustizia subita, ma, quando ritiene di aver portato a termine la propria missione, con l’eleminazione o la dispersione dei suoi principali nemici, non commetterà mai più azioni delittuose. E non solo, durante la sua latitanza dal 1881 al 1896, eccettuati i primi cinque anni, lavora onestamente e si dedica con successo alla composizione amichevole delle liti tra i pastori della sua terra. Il suo corpo verrà però trovato semi bruciato il 20 maggio 1896 presso una piccola spiaggia di Golfo Aranci, con un fucile, una cartucciera e altri oggetti appartenenti al bandito.

Il bandito Giovanni Battista Salis detto CorbedduIl bandito Antonio CongiuIl banditismo ottocentesco si sviluppa principalmente nel Nuorese, ed in particolare nella Barbagia. Ad Oliena il 16 aprile 1844 nasce Giovanni Battista Salis detto Corbeddu che viene indicato come Il re della macchia, o anche Il re del bosco o L’aquila della montagna. A 34 anni si da alla macchia, dopo l’ingiusta condanna per il furto di una coppia di mucche. Durante la latitanza, gli viene addebitata buona parte dei delitti che si verificano nella zona. Il 2 settembre del 1898, dopo diciannove anni di latitanza, viene accerchiato dai Carabinieri fra Oliena ed Orgosolo, insieme ad un altro latitante, Antonio Congiu di Bottida al quale si attribuiscono otto omicidi e cinque tentati omicidi, e ad un pastorello di quindici anni,. Mentre tenta di sfuggire all’accerchiamento, viene colpito e ucciso dal tiratore scelto Aventino Moretti con una fucilata alla schiena, ed insieme a lui viene ucciso il pastorello mentre il Congiu riesce a fuggire. Nel 1934 il Congiu verrà ucciso da amici e poi consegnato ai Carabinieri, un dito della mano mutilato in segno di riconoscimento.

Foto del bandito Michele Tupponi di OlienaIl cadavere del latitante Salvatorangelo Catte rimasto ucciso in un conflitto a fuoco con i CarabinieriA Oliena, dopo Giovanni Battista Salis detto Corbeddu, nascono verso la seconda metà dell’ottocento anche due altri banditi, ossia Michele Tupponi e Salvator Angelo Catte, colpito quest'ultimo da numerosi mandati di cattura per sei omicidi, furti, estorsioni ed altri gravi reati minori, che rimane ucciso 15 agosto 1899 nelle campagne di Nugheddu San Nicolò, in località Badde Canna, al termine di uno scontro a fuoco con i Carabinieri della compagnia di Ozieri guidati dal capitano Berti e dal tenente Oddone. Era anche sospettato di aver ucciso gli appuntati dei Carabinieri Sini e Budroni. Di Salvatorangelo Catte non esistono fotografie, ne esiste solamente una scattata dal tenente Addone, che lo ritrae morto, steso sulla nuda terra con la testa poggiata su uno spuntone di roccia.

Il bandito Vincenzo Fancello detto 'Berrina'A Dorgali nasce nel 1873 Vincenzo Fancello, conosciuto come Berrina perché è piccolo e deforme, un giovane pastore figlio di una delle famiglie più povere del suo paese, che inizia a far parlare di se, quando Antonio Dore, un agiato possidente di Dorgali, lo accusa di un furto di una coppia di buoi. Egli si vendica, ma la vittima, sebbene gravemente ferita ad un braccio, riesce a mettersi in salvo. Per vendicarsi di Dore, il 15 aprile 1897 fa trovare sulla porta del Municipio un manifesto con un decreto: Guardate, paese chiamato Dorgali: nessuno voglio di andare a servire a possessioni del signor Dore Antonio, nessuno voglio di portare bestiame alla sua pastura per niente! Guai al servo che entra in casa di Dore! Se avete volontà di passare la vostra vita con piacere fate il vostro dovere. Ascoltate queste parole che vi voglio bene. Mi firmo delegato speciale di campagna. Il delegato speciale di campagna è proprio lui, che si è dato alla macchia, ossia alla campagna, da alcuni anni. Guai a chi non gli obbedisce, può perdere il suo bestiame, venire colpito da ostracismo, o finire sgozzato. Il bandito dorgalese è solito accompagnarsi ad altri due latitanti di Oliena, Antonio Mulas detto Su Bellu ’e Uliana nato nel 1873, e Giuseppe Pau detto Paeddu nato verso il 1870 e che si era dato alla latitanza per un furto di capre, del quale parleremo più avanti. Il 7 febbraio 1899, in località Monte Gulei, non lontano dalle fonti Su Gologone, al termine di uno scontro a fuoco con i Carabinieri di Oliena guidati dal brigadiere Bellani, muore Antonio Mulas. Tre mesi dopo, la notte tra il 14 ed il 15 maggio 1899, il comandante dei Carabinieri di Nuoro Giuseppe Petella compie una grande operazione contro il banditismo. Il cadavere del latitante Antonio Mulas chiamato 'Su bellu d’Uliana' ucciso in un conflitto a fuoco con i CarabinieriVincenzo Fancello con il suo seguace più feroce, Giuseppe Pau, tenta di raggiungere la spiaggia di Cala Luna per rifugiare all’estero, ma qui trovano ad attenderli il maresciallo Lorenzo Gasco. Il Fancello con un colpo di fucile spezza il ramo a cui Gasco è aggrappato, ne segue una lotta corpo a corpo. Mentre sta per finire il Gasco con la sua leppa, il tipico affilatissimo coltello sardo, il Fancello viene colpito da un colpo di moschetto del tenete Iannelli. Giuseppe Pau riesce, invece, a fuggire, e si unisce alla banda dei fratelli Giacomo ed Elias Serra Sanna, e verrà ucciso nella strage di Morgogliai. Oggi il rifugio segreto di Berrina è diventato meta di escursione, si tratta di una grotta immersa nel verde che si affaccia nella acque limpide della baia di Cala Ganone, sulla strada che porta verso Cala Luna.

Nati a Nuoro, i fratelli Serra Sanna costituiscono il più incredibile gruppo di famiglia nella lunga storia del brigantaggio ottocentesco in Sardegna. Si tratta di due fratelli senza scrupoli, che sono conosciuti come Sos gigantes, ossia i giganti, o sos senadores, ossia i senatori, e della sorella conosciuta come Sa reina, ossia la regina. Il maggiore dei due fratelli, Giacomo nato nel 1865, vede la sua prima condanna a cinque anni a causa di un semplice furto, ma la condanna esaspera il suo animo, determinando uccisioni, devastazioni, incendi, sgarrettamenti, abigeati. Il secondo fratello, Elias nato nel 1872, è senza alcun dubbio il più duro ed il più temibile, sanguinario e vendicativo, e costituisce per il circondario un vero terrore, tanto che le sue gesta sono conosciute fino a Sassari ed a Ozieri, oltre Nuoro naturalmente. Ritratto della sorella Mariantonietta Serra SannaGiuseppa lunesu che accompagna spesso Mariantonia Serra SannaTanto Giacomo quanto Elias possono contaresu un alleato veramente eccezionale, la sorella Mariantonia una donna di carattere duro e deciso, intelligente, che di giorno fa visita a molte persone, dalle quali, nel porgere il saluto dei fratelli, pretende denaro, medicinali e cartucce, e poi, di notte, cavalcando, parte alla volta del rifugio dei fratelli, e porta loro, oltre che consigli ed informazioni, munizioni, biancheria e cibarie. Spesso si faceva accompagnare da una amica, bella, istruita e ambiziosa, Giuseppa lunesu detta Peppa, innamorata di un bandito piuttosto insignificante chiamato Pinno. L’attività di Mariantonia, definita dal governo piemontese Un accidente mandato da Dio sulla terra per dannazione del genere umano, termina nella notte tra il 14 e il 15 maggio 1899, meglio conosciuta come la Notte di San Bartolomeo, nella quale l’autorità regia, grazie ad un’azione a sorpresa, riesce a compiere arresti eccellenti, tra cui, a Nuoro, quello di Mariantonia, che verrà condannata, nel 1900, a diciottoanni di reclusione.

A Morgogliai i fratelli Serra Sanna uccidono il carabiniera Aventino MorettiCadaveri rimasti sul terreno dopo la battaglia di MorgogliaiIl cadavere di Elias Serra Sanna dopo la battaglia di MorgogliaiIl cadavere di Tommaso Virdis dopo la battaglia di MorgogliaiI due fratelli verranno uccisi nella cosiddetta Battaglia di Morgogliai, un conflitto a fuoco che l’11 luglio 1899 vede impegnati in un’impervia località fra Orgosolo e Oliena oltre Duecento fra Carabinieri e fanti. restano sul campo i due Fratelli Serra Sanna, Tommaso Virdis detto Il Terrore delle Campagne nato in Oniferi il 10 gennaio 1864 che era stato condannato alla reclusione per oltraggio e tre volte per furto qualificato, e Giuseppe Pau, che, però, nelle cronache dalla banda Serra Sanna viene chiamato Salvatore Giovanni Pau, al quale è stata dedicata una poesta popolare anonima che canta la sua morte. Invece Giuseppe Loddo detto Lovicu, nato a Orgosolo, che era stato il primo compagno di Giacomo Serra Sanna, sopravvive alla strage di Morgogliai però morirà due anni dopo, anche lui con le armi in pugno. Poesia anonima intitolata al bandito olianese Salvatore Giovanni PauIl bandito Antonio Piroi che pur non costituendo un componente stabile della banda lavorava con i Serra SannaTra gli altri banditi va citato Antonio Piroi di Nuoro, che pur non costituendo un componente stabile della banda, lavorava con i Serra Sanna. Il volume Caccia Grossa di Giulio BechiNel 1899 viene inviata una spedizione militare in Barbagia, e la repressione colpisce con perquisizioni ed arresti di massa le popolazioni locali. L’atteggiamento tenuto nei confronti della popolazione è ben riassunto nel libro Caccia Grossa di Giulio Bechi che lo ha vissuto in prima persona essendo stato uno degli ufficiali della spedizione. Ed in seguito a questi fatti le gesta dei diversi banditi e latitanti vengono cantate nelle poesie popolari, poiché rappresentano l’unica forma di ribellione alle prepotenze dello stato, mentre la protezione delle loro vite viene devotamente affidata dal popolo a Santu Franziscu, ossia a San Francesco.

Ritratto di un bandito che probabilmente ritrae Raffaele Gusai Nell’ottocento, periodo in cui, nella Sardegna centrale, si sviluppa il fenomeno del banditismo, soprattutto per contrastare angherie e soprusi, a Lollove nei dintorni di Nuoro nasce Raffaele Gusai che diviene presto un bandito gigantesco con una barba selvaggia. Si dà alla latitanza dopo essere stato accusato ingiustamente di abigeato. Comunque, nonostante il suo aspetto truce e scarmigliato, egli non viene considerato un bandito terribile. La taglia sulla sua testa è, infatti, di sole Duecento lire, tanto da venire considerata assai misera, rispetto a quelle di altri banditii che arrivano a raggiungere addirittura le dodicimilacinquecento lire. Il bandito di Lollove Raffaele Gusai viene arrestato dai Carabinieri della compagnia di Nuoro nel 1893, anno a cui risale questa foto.

Il bandito Giovanni Maria BomboiDocumenti storici riportano la nascita a Siniscola il 21 agosto 1886 di Giovanni Maria Bomboi. Si tratta di un pastore che diventerà un bandito di medio calibro. La sua carriera criminale inizia nel 1886 quando viene arrestato per furto, ma sembra strano che la carriera di questo bandito possa aver avuto inizio proprio nell’anno in cui è nato, e si è quindi portati a ritenere che la sua nascita risalga invece al 1866, e che l’indicazione di una data di nascita errata derivi da un errore di trascrizione. Tenta di evadere ma viene riacciuffato e condannato a sei mesi di carcere. Negli anni successivi colleziona numerose denunce per reati contro il patrimonio, ma viene sempre prosciolto per insufficienza di prove. Lo arrestano i Carabinieri del Siniscola l’1 luglio 1914, per rapina e tentato sequestro di persona a scopo di estorsione.

Foto che probabilmente rappresenta il bandito Giovanni FoisA Osidda, nella seconda metà dell’ottocento, nasce il bandito Giovanni Fois che viene chiamato anche Il terrore degli onesti. Si tratta di un bandito di grosso calibro, che, per molto tempo, ha al fianco la moglie, una donna assai coraggiosa, che lo aiuta ad assalire i nemici. responsabile di sette omicidi e di molti altri reati minori, sul suo capo viene posta una taglia di 3mila lire. Arrestato, riesce ad evadere per ben tre volte, dalle carceri di Bono, di Nugheddu e di Pattada. Giovanni Fois viene ucciso a fucilate da un possidente del Goceano nel 1891, durante un tentativo di rapina.

Il bandito Dionigi MarianiIl bandito Giovanni Moni GoddiA Orune nel 1860 nasce Dionigi Mariani, divenuto bandito per aver ucciso il compaesano Mauro Antonio Goddi noto come Isteddadu o Isteddau. Le cronache ufficiali dell’epoca ci svelano che questo omicidio è stato in realtà commesso dall’altro pastore Ciolentonio Pala, il quale ritiene responsabile il Goddi per la sparizione di alcune mucche. A queste vicende, si aggiunge l’acerrima rivalità col compaesano Giovanni Moni Goddi, nato anch’egli nel 1860. Al tempo c'è chi li accusa di avere commesso un furto di bestiame assieme, scaturito poi nell’omicidio, sappiamo però che in seguito ai vari processi l’odio tra i due si fà sempre più feroce. Giovanni Moni Goddi è tanto feroce che, dopo aver ucciso un suo nemico, lo squarta e decapita il cadavere per farne rotolare la testa ai piedi del padre.

Il bandito ottocentesco Diego donedduA Bitti nasce il bandito Diego doneddu, che ruba pecore, cavalli e altro in Barbagia e li rivende in Campidano, dove ruba altri animali che rivende a Bitti. Non deruba, però, mai i Bittesi. Egli è molto temuto e non vive da bandito, ma vive in paese, e dicono sia morto in grande povertà. C’è una storia su come abbia ucciso un padre e il figlio, dei quali si possono vedere i teschi nella chiesa campestre di San Matteo a Bitti.

Il bandito Giuseppe Noli CoiIl bandito ottocentesco Antonio ManconiIl bandito ottocentesco Paolo SolinasAd Orani intorno al 1879 nasce Giuseppe Noli Coi, bandito di medio calibro che si da alla macchia il 10 luglio del 1898, all’età di diciannove anni, dopo aver tentato di uccidere con due fucilate il compaesano Daniele Siotto. Diventa famoso più per i suoi proclami scritti che per le sue imprese criminali. La sua latitanza finisce il 12 maggio del 1899, quando viene arrestato dai carabineri, e verrà condannato a 21 anni e sette mesi di reclusione. Espiata la pena, ridotta a sei mesi in virtù di un’indulto, Noli Coi ritorna ad Orani dove morirà di vecchiaia senza aver commesso mai più alcuna azione delittuosa. Durante la sua latitanza, Noli Coi aveva collaborato con altri banditi, Antonio Manconi e Paolo Solinas. Antonio Manconi, nato anch’egli ad Orani, inizia la sua latitanza dopo un delitto. Paolo Solinas, nato nel 1877 a Sarule, inizia la vita come pastore, poi viene accusato di omicidi, estorsione aggravata e continuata, violenza privata ed altro. Arrestato dai Carabinieri della stazione di Sarule nel 1901, al processo in Corte d’Assise, a Nuoro, tenta di aggredire una donna che con la sua testimonianza ha fornito prove schiaccianti contro di lui.

La clamorosa rapina del 20 agosto 1895 ad opera tra gli altri del bandito Giovanni Maria PinnaA Sedilo nasce Giovanni Maria Pinna detto Gio Pinna, uno degli autori della clamorosa rapina del 20 agosto 1895 alla corriera a cavalli, assalita tra Orani e Oniferi, in località Ponte ’e sas Bognas, nella quale dodici malviventi, In brache corte tipo orgolese e mamoiadino, svaligiano quattro viaggiatori e asportano sacchi postali contenenti millecinquecento lire. L’immediato allarme dà vita ad una gigantesca caccia all’uomo che si conclude dopo un paio di giorni con l’uccisione di Gio Pinna. Tutta la vicenda crea un grande scalpore perché il Pinna, nonostante l’assedio di oltre Trecento tra Carabinieri e barracelli, prima di essere ucciso, colpisce mortalmente due persone, Luigi Pirisi capo dei barracelli di Orani, e il carabiniere Francesco Mameli di Cagliari. L’eco del fatto ispira il poeta Antonio Dettori che per l’occasione compone il testo: Cantone sarda: il pro S’attacu fattu su 21 de austu 1895 tra su lattitante Pinna Gio Maria de Sedilo e sos carabineris in terretorio tra Orani, Nuoro e Oniferi, chi bi suzzedesitàtres mortes e battor feridos tra sos cales su capitanu de sos barracellos de Orani luisu Pirisi.

Ritratto di un bandito che probabilmente ritrae Giovanni SerrittuNel 1870 a Mamoiada nasce Giovanni Serrittu che rappresenta il classico caso di un fuorilegge dedito esclusivamente a saziare la sua sete di vendetta contro antichi nemici. L’11 ottobre 1897 uccide con una fucilata, in località Barasule, il possidente Antonio loche, molto stimato nel paese, ed il cavallo dallo stesso montato. Datosi alla macchia, inizia a commettere altri gravi reati, fra cui, nel dicembre dello stesso anno, una violenza privata ai danni del compaesano Salvatore Cungui, ed, il 28 febbraio, l’assassinio di tale Cosimo Zanzu loche. Viene arrestato dai Carabinieri il 3 giugno del 1899

Il bandito ottocentesco Pietro SiniA Orgosolo nasce a fine ottocento Pietro Sini, il fuorilegge specialista in furti di bestiame, uno dei più fidati compagni del compaesano Giuseppe Loddo detto Lovicu, che viene catturato dai Carabinieri poco dopo l’arresto di Francesco Rubanu di Orgosolo, latitante dopo la bardana di Tortolì, un’aggressione a mano armata a scopo di rapina avvenuta nel 1894. La famosa latitante Paska DevaddisVersi di Michemangelo Mialinu Pira dedicati a Paska DevaddisA Orgosolo, oltre a Giuseppe Loddo ed ai suoi più fidati compagni, nasce anche Paska Devaddis, un personaggio quasi leggendario, una giovane donna dal carattere forte e dal cuore caldo, trovatasi protagonista suo malgrado nella Disamistade, che dal 1905 al 1917 vede Orgosolo spaccato in due partiti contrapposti, legati alle due famiglie dei Cossu e dei Corraine e le famiglia loro alleate, fra cui i Devaddis. Si tratta di una giovinetta costretta a prendere la via della montagna, capace di cavalcare come un’amazzone e sparare come i suoi compagni di latitanza. Quando, nel novembre del 1913, muore in montagna di stenti e perché malata di tubercolosi, i suoi compagni la depongono nella casa vuota, vestita con il costume da sposa che non potrà più indossare..

L’arresto dei banditi ottocenteschi Michele Moro e Liberato OnanoA Gadoni, intorno al 1846, nasce Michele Moro detto Tottacorte che diventa presto uno dei fuorilegge più temuti e ricercati, e verrà definito da Giulio Bechi Il fosco patriarca dei banditi del Campidano. Si da alla macchia il 2 marzo del 1881, per sottrarsi all’esecuzione di un mandato di cattura emesso nei suoi confronti per un tentato omicidio. Negli ultimi anni della sua latitanza Michele Moro inizia a frequentare Liberato Onano detto Liberau, un’altro grande fuorilegge nato nel 1884 ad Aritzo, con il quale commette una serie lunga serie di crimini. Vengono catturati tutti e due il 26 agosto del 1899, dai Carabinieri del capitano Manai, nelle campagne di Aritzo.

Il bandito Samuele Stochino, detto anche la Tigre d’OgliastraArresto del bandito Samuele Stochino, detto anche la Tigre d’OgliastraAd Arzana, nella seconda metà dell’ottocento, nasce Samuele Stochino che verrà chiamato anche La Tigre d’Ogliastra. Bandito sardo tra i più celebri e spietati del suo tempo, secondo Eletrio Corda Uccideva e faceva scempio dei cadaveri senza rinunciare a lasciare sui corpi straziati messaggi per le autorità. Ricercato per una lunga serie di omicidi e di altri gravi reati, rimane ucciso il 20 febbraio 1828, secondo la versione ufficiale al termine di uno scontro a fuoco con i Carabinieri, ma c'è chi sostiene che sarebbe stato ucciso da una spia e poi consegnato ai Carabinieri, che simularono un conflitto a fuoco per ottenere le solite medaglie. Quella pubblicata è l’unica foto che abbiamo, dato che tutti gli altri documenti sono andati perduti nell’incendio della casa del bandito.

Nella Sardegna ottocentesca, in particolare nel Nuorese e soprattutto nella Barbagia, si sviluppa il fenomeno del banditismo, ed in quel periodo, anche Oristano vede la nascita di un crudele bandito. Si tratta di Leonardo Barracu Buzzarone che nasce a Oristano nella seconda metà dell’ottocento, e che deve aver compiuto crimini tanto efferati, che gli hanno valsa l’imposizione, sulla sua testa, di una taglia di ben 7mila lire. Purtroppo non conosciamo alcun particolare della sua storia.

Le teoria sull’origine del banditismo in Sardegna

Il deputato Francesco Pais Serra nato a Nulvi nel 1837, nella relazione conclusiva dell’inChiesta su Le Condizioni economiche e della sicurezza pubblica in Sardegna, voluta dal presidente del Consiglio dei ministri Francesco Crispi nel 1894, scrive testualmente che Anche oggi il leggendario bandito sardo, forse più favoloso che vero, attrae in quel misto di romantica forza, di bruttale vendetta ed insieme di cavalleresca generosità le menti ingenue del popolo; e un’aureola di simpatia ingenua, ma tenace, circonda il capo di colui che, solo e debole, si crede combatta non contro il diritto della Società, ma contro la pretesa violenza e prepotenza personale e dell’autorità: egli Sa usare l’astuzia contro la forza, trarre esemplare e feroce vendetta di chi l’osteggia, ma protegge, chi debole come lui, lo protegge e lo difende.

Murales a Orgosolo: dal libro <em>La criminalità in Sardegna</em> di Alfredo Niceforo del 1897Frattanto in continente si vanno in quegli anni ad affermare le teorie del criminologo e antropologo Alfredo Niceforo, allievo di Cesare lombroso che aveva teorizzato l’esistenza di un tipo criminale identificabile con determinate caratteristiche fisiche. Nel 1897 in La delinquenza in Sardegna Niceforo mette in relazione i fenomeni criminosi dell’isola con alcune abitudini culturali e comportamentali prettamente mediterranee, rintracciate analizzando la musica, le canzoni, le tradizioni, il folclore locale. Egli arriva ad affermare in modo razzista che il Sardo nasce già come potenziale criminale. Uno dei più bei murali di Orgosolo ci ricorda ancora oggi come secondo lui fra i vari tipi di cranio della zona criminale, tutti appartenenti ai popoli più selvaggi e primitivi, uno è particolarmente diffuso in tutta la Sardegna centrale, si tratta infatti del Parallelepipedoides variabilis sardiniensis...

Il re d’Italia Vittorio Emanuele III di Savoia-Carignano chiamato il re Soldato e il re Vittorioso

Il re d’Italia Vittorio Emanuele IIINel 1900, quando viene assassinato Umberto I, sale al trono il figlio Vittorio Emanuele III nato a Napoli l’11 novembre 1869 che regna fino all’abdicazione il 9 maggio 1946 quandi sul trono gli succede il figlio Umberto II, e che morirà ad Alessandria d’Egitto il 28 dicembre 1947. Egli cresce lontano dagli affetti della famiglia, dato che gli viene permesso di consumare pasti coi genitori soltanto due volte la settimana, e matura col tempo un carattere schivo. La questione del suo matrimonio diviene oggetto di estrema preoccupazione per Umberto I di Savoia e Margherita, dato che nessun Savoia era giunto alla soglia dei venticinque anni scapolo, ed al fine di scongiurare un simile rischio, si combina il matrimonio tra il ventisettenne Vittorio e una principessa Elena del montenegro, la cui famiglia è molto legata da vincoli politici e familiari alla Corte di San Pietroburgo. Il primo incontro tra i due avviene a Venezia nel 1895 durante l’inaugurazione dell’Esposizione Internazionale dell’Arte, mentre il secondo incontro avviene tredici mesi dopo a Mosca, durante i festeggiamenti per l’incoronazione dello zar Nicola II. Il matrimonio per nulla sfarzoso viene celebrato al Quirinale con rito civile, seguito da quello religioso nella basilica di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri il 24 ottobre 1896. Dal loro matrimonio nascono Iolanda, Mafalda, Umberto che gli succederà sul trono, Giovanna, e Maria Francesca. Per la sua partecipazione a due guerre mondiali, e la vittoria nella prima, Vittorio Emanuele viene chiamato Il re Soldato e Il re Vittorioso.

Lo sfruttamento minerario e la coscienza del movimento operaio

L’analfabetismo in Sardegna sfiora il 69 per cento, e il reddito pro capite è il più basso di tutta l’Italia. In questa situazione, il banditismo continua a dilagare, così come il furto del bestiame, innescando faide familiari, che ancora oggi sono presenti in alcuni paesi dell’interno. E nell’isola continuano ad arrivare i Carabinieri invece dei capitali, e la situazione economica arriva a livelli tanto bassi che molte famiglie sono costrette a mangiare solo pane e formaggio fatto in casa. Durante il regno di Vittorio Emanuele è già nata in Sardegna una Coscienza politica e sindacale grazie soprattutto all’opera dei sindacalisti Giuseppe Cavallera e Alcibiade Battelli, per l’affermazione dei loro diritti. Iniziano gli scioperi per chiedere condizioni di lavoro più umane. Clamoroso è quello del 4 settembre 1904 a Buggerru, che viene represso nel sangue dalle truppe inviate da Giovanni Giolitti. Negli scontri vengono uccisi tre minatori e undici persone vengono ferite, comprese donne e bambini. L’eccidio di BuggerruLocandina del primo sciopero generale di tutto il movimento operaio italianoL’eccidio suscita reazioni indignate in tutta Italia, e provoca il Primo sciopero generale di tutto il movimento operaio italiano. Oltre gli scioperi dei minatori, a causa del malessere diffuso nascono anche Moti popolari soprattutto nel 1906 a Cagliari e provincia, con assalti e distruzioni di cantine sociali, municipi e stazioni ferroviarie, morti e feriti. Iniziano in quegli anni le massicce Emigrazioni verso il miraggio di un lavoro e di un benessere, che l’isola non può offrire. La situazione diviene talmente esplosiva che il governo italiano è costretto a cominciare ad interessarsi più seriamente della Sardegna. Ma anche questa volta i risultati, di fronte alle urgenti necessità isolane, sono assolutamente modesti.

La Prima Guerra Mondiale e la costituzione della Brigata Sassari

Prima Guerra MondialeNel 1915 l’Italia entra in guerra, è la Prima Guerra Mondiale chiamata anche la Grande Guerra. È la denominazione che viene data al grande conflitto, cominciato il 28 luglio 1914 con la dichiarazione di guerra dell’Austria alla Serbia, in seguito dell’assassinio dell’arciduca Francesco Ferdinando il 28 giugno 1914, per concludersi oltre quattro anni dopo, l’11 novembre 1918. Il conflitto coinvolge le maggiori potenze mondiali del tempo, divise in due blocchi contrapposti, da una parte gli Imperi Centrali, ossia Germania, Austria: ungheria, impero Ottomano e Bulgaria, e dell’altra le Potenze Alleate, rappresentate principalmente da Francia, Gran Bretagna, impero Russo ed Italia. La bandiera della Brigata SassariNel 1915 viene costituita la Brigata Sassari della quale è documentata la costituzione, ma si ignorava il motivo per il quale lo Stato maggiore avesse deciso di creare questa unità, composta solo da Sardi, che diventerà leggenda nella Grande Guerra. All’origine della Brigata c'è la storia poco conosciuta di un gruppo di artiglieri sardi che, nel 1914, si ribella alla boria e agli abusi dei commilitoni continentali i quali tutte le volte che si trovavamo in fila per il rancio o per lavarsi, i Sardi venivano ributtati indietro a gomitate dato che i continentali si credevano superiori ed erano molto più numerosi. Viene scatenata una rissa cruenta e furiosa, nella quale i Sardi danno una severa lezione all’intero reggimento di artiglieria Fortezza da Costa di Genova, tanto che un sergente maggiore finisce addirittura in Ospedale per una coltellata in pancia. Un generale rimane profondamente colpito da questa rissa, e si chiede come sia possibile che un gruppo esiguo di Sardi abbia potuto sbaragliare un intero reggimento. Dopo alcune ore convoca i suoi ufficiali e dice: Se è vero, come è vero, che un gruppo di Sardi riesce a sbaragliare un reggimento al completo, allora se riusciamo a formare una brigata di soli Sardi potremmo vincere qualsiasi guerra. L’idea piace allo Stato maggiore, e nascono i diavoli rossi, i Dimonios. Quindi, l’1 marzo 1915 viene costituita la Brigata Sassari, con il motto Sa Vida pro Sa Patria, basata su due reggimenti, il 151esimo reggimento di stanza a Sinnai ed il 152esimo a Tempio Pausania, composti quasi esclusivamente da soldati Sardi, per il 95% contadini e pastori. Nel luglio del 1915 la Brigata Sassari attraversa l’Isonzo e viene subito impegnata in combattimento dando un suo alto contributo di vite umane. Allo scoppio della guerra, quindi, molti Sardi vengono arruolati nell’esercito e mandati a combattere nelle trincee ed a morire per la patria. Molti cadono comportandosi eroicamente, altri rientrano per affrontare la triste realtà del dopoguerra. La guerra, infatti, non fa che rendere più difficile la situazione economica delle famiglie.

La nascita del Fascismo e lillusione di una Sardegna autonoma ma la fascistizzazione del territorio

Benito MussoliniLa grande crisi economica che segue il conflitto vede nascere le prime organizzazioni operaie, che rivendicano il diritto al lavoro e la parità sociale. Il Governo si mostra impotente ad affrontare una situazione così critica. Nel 1919 Benito Mussolini fonda il movimento fascista ed ha inizio l’azione violenta delle sue squadre, poi nel 1922, dopo la marcia su Roma e con l’ascesa di Mussolini al governo, le azioni delle squadre fasciste si moltiplicano, con scontri e spedizioni punitive contro tutti gli avversari socialisti, popolari ed in Sardegna anche contro i Sardisti. Nonostante lo schieramento contrario del mondo politico sardo e le epurazioni compiute dal governo fascista, si allontana sempre di più per intellettuali e ceti popolari il sogno di una Sardegna autonoma, mentre la borghesia e il mondo urbano accettano di buon grado la nuova situazione. Ma anche in Sardegna si deve assaggiare la politica totalitaria del regime. Simbolo del Partito Sardo d’AzioneAl rientro dalla guerra molti reduci avevano costituito l’organizzazione degli ex combattenti, con un programma basato sul motto Terra a chi lavora, che aveva ottiene una notevole adesione. Nel 1921 l’organizzazione si trasforma nel Partito Sardo d’Azione che diventa il nuovo punto di riferimento per molti antifascisti sardi. I fascisti nel 1923 promettono alla Sardegna l’Autonomia. Molti sardi, anche militanti nel Partito Sardo d’Azione, ci credono ed aderiscono al nuovo regime. Ma tra il 1924 ed il 1926 si assiste, invece, a un deciso Processo di fascistizzazione caratterizzato dal controllo assoluto sulla stampa, sulla scuola, su ogni manifestazione della vita pubblica e dal soffocamento di ogni opposizione, con arresti e condanne al confino. Nel 1926 vengono sciolti i partiti di opposizione.

L’antifascismo militante in Sardegna

Lo scrittore, militare e politicoEmilio LussuL’Antifascismo militante che non riesce più ad esprimersi sull’Isola, è portato avanti dai Sardi all’estero, quindi tra gli emigranti ed i molti Sardi che vanno a militare come volontari contro l’esercito franchista nelle Brigate Internazionali durante la guerra di Spagna. L’intellettuale e politico Antonio GramsciLo scrittore, militare e politico Emilio Lussu nato a Armungia il 4 dicembre 1890, già ufficiale in guerra e tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione, più avanti figura di primo piano dell’antifascismo militante, viene aggredito dalle squadre fasciste, e per difendersi uccide uno degli assalitori. Viene arrestato nel 1927 e, pur risultando nel processo non colpevole di assassinio, viene mandato al confino a Lipari, da dove fuggirà nel 1929 per riparare a Parigi ed aderire al movimento Giustizia e Libertà. Morirà a Roma nel 1975. Antonio Gramsci intellettuale sardo nato a Ales il 22 gennaio 1891, che nel 1919 aveva iniziato, con Angelo Tasca, Umberto Terracini e Palmiro Togliatti, a pubblicare il settimanale L’ordine nuovo, il 21 gennaio 1921 è tra i fondatori del Partito comunista d’Italia, nel 1924 viene eletto deputato, poi eletto segretario generale del partito e fondatore del quotidiano L’Unità, nel 1926 viene arrestato come antifascista, confinato a Ustica, trasferito in diverse carceri, fino alla malattia del 1931 che lo porterà a morire nel 1937. Il giornalista e politico repubblicano Michele SabaVengono arrestati molti altri antifascisti sardi. Il giornalista e politico repubblicano Michele Saba nato a Ossi il 14 luglio 1891, con Camillo Bellieni e Attilio Deffenu tra i fondatori del Gruppo di azione antiprotezionista. Il militante radicale Cesare Pintus che sarà eletto sindaco di CagliariViene arrestato nel 1930 nell’ambito dell’inChiesta contro Giustizia e Libertà, viene prosciolto dopo aver trascorso a regina Coeli oltre tre mesi di carcere; nuovamente incarcerato per periodi più brevi nel 1935 e 1943. Morirà a Sassari nel 1957. Nel 1930, anche il radicale Cesare Pintus nato a Cagliari il 4 agosto 1901, che come militante del Partito Sardo d’Azione aveva continuato a tenere corrispondenza con Emilio Lussu, per questo viene arrestato e, con sentenza del Tribunale speciale, condannato a dieci anni di reclusione e tre anni di vigilanza speciale di pubblica sicurezza. Dopo la caduta del Fascismo, per la sua coerenza ideale e antifascista, verrà eletto sindaco di Cagliari e tale resterà dal 9 ottobre 1944 al 17 marzo 1946. Morirà in Piemonte nel 1948.

Interventi sull’economia in Sardegna

Nel 1924 viene votata la legge del Miliardo che istituisce a Cagliari il Provveditorato alle Opere Pubbliche, ma i risultati non sono pari alle aspettative. Avendo già assunto, almeno moralmente durante il Fascismo, questo ruolo nel 1927, Nuoro diviene provincia col nome di Provincia del littorio, e si affianca alle storiche province di Sassari e Cagliari. Arborea: benito Mussolini inaugura Mussolinia il 28 ottobre 1928Fertilia: benito Mussolini inaugura Fertilia il 7 ottobre 1933In tre settori, comunque, il regime si impegna decisamente. Effettua in primo luogo la Bonifica di stagni e zone umide e vi crea nuovi centri abitati, Mussolinia oggi Arborea vicino ad Oristano che viene inaugurata il 28 ottobre 1928, e Fertilia vicino ad Alghero inaugurata il 7 ottobre 1933. Ma i Sardi non ne traggono molti vantaggi, dato che nelle zone bonificate avviene l’immigrazione di famiglie continentali. Vengono trapiantate maestranze contadine provenienti soprattutto dal Veneto, ed ancora oggi in quelle zone molti parlano veneto. Comunque, decine sono le bonifiche in tutto il territorio isolano. Inoltre, sebbene ridotto dalle bonifiche effettuate, rimane sempre l’Incubo della malaria un male endemico che verrà debellato solo dopo la Seconda Guerra Mondiale. Si effettua anche un significativo intervento per l’incremento del Settore minerario. Carbonia: benito Mussolini inaugura Carbonia il 18 dicembre 1938Si sviluppano le miniere dell’Iglesiente e si potenzia l’estrazione del carbone nel Sulcis. Nasce la città Carbonia che viene costruita in soli due anni, dal 1936 al 18 dicembre 1938 durante l’embargo contro l’Italia per l’occupazione dell’Abissinia, che si trova al centro della Regione carbonifera del Sulcis per accogliere la crescente popolazione impegnata nelle attività minerarie in grande sviluppo. Ed, infine, nell’isola arrivano cospicui investimenti per la costruzione di Opere pubbliche di grande importanza, vengono costruite nuove strade, piazze, ospedali, ferrovie, opere portuali. Ma la situazione economica dell’isola rimane fortemente al di sotto della linea di povertà. Pio XIIIntanto, sul soglio vaticano viene eletto, il 2 marzo 1939, papa Pio XII che governerà per poco più di venti anni. Uno dei primi atti dopo la sua elezione, è, nell’aprile del 1939, quello di togliere dall’Indice i libri di Charles Maurras, giornalista, saggista, politico e poeta francese, animatore del gruppo politico di estrema destra, antisemita e anticomunista, Action Française, ai cui aderenti revoca tra l’altro l’interdizione dai sacramenti, che era stata emessa dal papa Pio XI. Il suo governo della chiesa è molto contestato, per le posizioni non sempre chiare nei confronti del fascismo e del nazismo, anche dopo la loro promulgazione delle leggi razziali.

La Seconda Guerra Mondiale e la caduta del fascismo

Seconda Guerra MondialeNel 1940 inizia per l’Italia la Seconda Guerra Mondiale il conflitto che tra il 1939 e il 1945 vede confrontarsi, da un lato le potenze dell’Asse i cui principali menbri erano Germania, Italia e Giappone, e dall’altro i paesi alleati guidati da Gran Bretagna, Stati Uniti e Unione Sovietica. Inizia l’1 settembre 1939, con l’invasione della Polonia da parte della Germania, e termina, nel Teatro europeo, l’8 maggio 1945, con la resa tedesca, mentre termina, nel Teatro asiatico, il successivo 2 settembre, con la resa dell’Impero giapponese a seguito dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki. È considerato il più grande conflitto armato della storia, costato all’umanità sei anni di sofferenze, distruzioni e massacri per un totale di 55 milioni di morti. I Sardi, ancora una volta, si distinguono per il loro eroismo, specialmente con i due reggimenti della gloriosa Brigata Sassari. Di questa guerra, in Sardegna, si sentono subito le conseguenze sia in termini di un grande contributo in vite umane, che economiche. Dal 1943 iniziano i bombardamenti anche sulla Sardegna, Cagliari vede il 75 per cento delle case distrutte dai bombardamenti degli alleati, così come vengono bombardati molti altri centri sardi. L’isolamento, determinato dal controllo del mare da parte degli avversari, riduce le possibilità di commercio, la Sardegna è costretta a contare soltanto sulle proprie modeste risorse, e l’economia autarchica di sopravvivenza diventa la regola. Il 5 giugno 1944, Vittorio Emanuele III affida la luogotenenza generale del regno al figlio, Umberto, senza però abdicare. Successivamente, il 9 maggio 1946, in un estremo ma tardivo tentativo di salvare la monarchia, egli abdica in favore del figlio, circa un mese prima del referendum istituzionale del 2 giugno 1946. Egli muore, il 28 dicembre 1947, ad Alessandria d’Egitto, dove si è ritirato in esilio prima della consultazione referendaria, il giorno dopo la firma della Costituzione italiana che, con la tredicesimo disposizione finale, vedrà lo Stato avocare a se i beni degli ex re di casa Savoia e delle loro consorti.

Alla fine della guerra viene nominato un Alto Commissario Italiano per la Sardegna

Il generale Pietro Pinna Parapaglia nominato Alto Commissario per la SardegnaCon la caduta del fascismo nel 1943, e con la firma dell’armistizio, la Sardegna viene liberata dalle truppe tedesche. Dopo lo sbarco degli alleati nel 1944, in Sardegna la direzione politica, amministrativa e militare viene affidata a un Sardo nominato Alto Commissario Italiano per la Sardegna, il generale Pietro Pinna Parpaglia nato a Pozzomaggiore il 12 gennaio 1891. Egli si impegna seppure tra mille difficoltà dovute alla scarsezza di mezzi a disposizione, ma con buoni risultati, per indirizzare e gestire il processo di ricostruzione economica, politica e sociale dell’isola che soffre la tragedia del dopoguerra, ottenendo buoni risultati. Tra le sue iniziative si annoverano l’istituzione della Fiera campionaria di Cagliari e la realizzazione dell’aeroporto di Alghero. A causa dei boni risultati ottenuti, il governo presieduto dal Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio decide di affiancargli una consulta formata da diciotto elementi, e viene confermato nell’incarico anche durante il primo governo Parri e i successivi cinque governi De Gasperi, rimanendo in carica fino al 28 maggio 1949 quando si svolgono le prime elezioni del consiglio regionale Sardo.

Il brevissiomo regno di Umberto II di Savoia-Carignano detto il re di Maggio

Il re d’Italia Umberto IIAll’abdicazione di Vittorio Emanuele III, sale al trono il figlio, che assume il nome di Umberto II di Savoia, nato a Racconigi il 15 settembre 1904, il quale era stato luogotenente Generale del Regno d’Italia dal 1944 al 1946. È l’ultimo re d’Italia, e regna dal 9 maggio 1946 al 18 giugno dello stesso anno, anche se, dopo i risultati non ancora definitivi del referendum istituzionale del 2 giugno, prevista la vittoria dei voti a favore della Repubblica, lascia il paese il 13 giugno 1946. In virtù del breve periodo di regno è anche detto Il re di Maggio. Come mèta del suo esilio, egli sceglie Cascais in Portogallo, dato che non verrebbe mai accettato da una nazione confinante con l’Italia. Voleva vivere in un paese mediterraneo, ma non in Spagna dove Francisco Franco era salito al potere anche grazie all’Italia fascista, e non estraneo alla scelta di questa destinazione è stato anche il ricordo dell’esilio del trisnonno, il re Carlo Alberto morto ad Oporto nel 1849. Umberto II morirà a Ginevra il 18 marzo 1983. E nel suo testamento lascierà al papa la sacra Sindone, che dal 1578 era conservata nel duomo di Torino a titolo di deposito. Trattandosi di una delle proprietà che erano pervenute ai Savoia prima della proclamazione del Regno d’Italia, essa è stata esclusa dall’avocazione a favore dello Stato dei beni degli ex re di casa Savoia e delle loro consorti, sancita dal secondo capoverso della tredicesimo disposizione finale della Costituzione. Finita la guerra, il referendum del 1946 sancisce la caduta della monarchia a favore della Repubblica, ed Enrico De Nicola diventa il primo Presidente della Repubblica Italiana. Dopo 85 anni di potere in Italia, la casa Savoia ha perso quella corona che aveva inseguito per intere generazioni.

La vita culturale del diciannovesimo secolo

Molto viva è la vita culturale in Sardegna nel diciannovesimo secolo. Citiamo alcuni tra i principali personaggi sardi che hanno avuto influenza nella vita politica e culturale italiana, la cui biografia si può leggere nelle pagine dove viene descritta la loro città di origine.

Altri uomini politici nati in Sardegna

Il giurista Giampietro ChironiNato a Nuoro nel 1855, Gian Pietro Chironi si laurea in giurisprudenza a Sassari, e dal 1881 diviene professore di Diritto Civile presso l’Università di Siena. Nel 1885 passa a quella di Torino, città dove si stabilìsce assumendo gli incarichi di rettore dell’ateneo piemontese e del locale politecnico. Sempre a Torino ricopre la carica di consigliere Comunale, assessore e sindaco, ma rimane sempre in stretto contatto con la sua città di origine, che lo elegge deputato nel 1892 per il gruppo parlamentare della sinistra. Venne nominato senatore a vita nel 1908. Scrive numerosi trattati di diritto, soprattutto sulla colpa e sui privilegi e le ipoteche. Gian Pietro Chironi a Torino nel 1918, e la città di Torino gli dedica una via.

La vita letteraria in Sardegna

Discorso del 5 febbraio 1888 in occasione di una lapide commemorativa nel Camposanto di CagliariLo scrittore e politico Giovanni Battista TuveriA Collinas che allora era chiamata Forru nasce nel 1815 Giovanni Battista Tuveri. Matura posizioni democratiche ed è scettico sulla fusione della Sardegna nel regno Sabaudo, un atto affrettato destinato ad aggravare le condizioni dell’Isola. Eletto deputato nel primo Parlamento Subalpino, presenta nel 1849 una mozione contro Vincenzo Gioberti che aveva attaccato Mazzini e i repubblicani, che viene però ignorata. Tornato nell’Isola, si dedica all’attività giornalistica, in forte polemica con i conservatori e con Alberto Ferrero della Marmora, commissario straordinario della Sardegna. Esponente di spicco del federalismo cattolico italiano, rappresenta una tra le massime figure della storia sarda. In qualità di sindaco ribattezza la sua città natale denominandola Collinas.

Adelasia di TorresLa storia di Bastiano Tansu detto il Muto di GalluraLa storia di Giovanni Tolu narrata da lui medesimoEnrico CostaNel 1841 nasce a Sassari lo scrittore Enrico Costa generalmente ritenuto come il maggior esponente del romanzo storico sardo, sebbene non sia stato il suo pioniere. L’opera di Enrico Costa è abbastanza vasta e varia. Nel 1863 scrive il suo primo racconto Storia di un gatto, nel 1872 scrive il libretto dell’opera lirica David Rizio, con musiche del maestro Luigi Canepa, che viene rappresentato per la prima volta a Milano. Nel 1875 fonda il periodico La Stella di Sardegna che pubblica fino al 1886, e nel 1881 il quotidiano Gazzettino sardo, che esce per soli tre mesi. L’opera più importante resta comunque Sassari, una enciclopedia della sua città natale. Tra i romanzi, i principali e più famosi sono Il muto di Gallura che è la storia di Bastiano Tansu, e Giovanni Tolu, romanzi che abbiamo già descritto parlando di questi banditi; ed anche Adelasia di Torres dedicato a questo importante personaggio del periodo giudicale.

Il volume Canti di Sebastiano SattaLo scrittore Sebastiano Satta detto 'Bustianu' A Nuoro nel 1867 nasce Sebastiano Satta detto Bustianu tra i principali protagonisti della vita culturale in campo letterario. Pubblica nel 1893 Versi ribelli, la sua prima raccolta di poesie; nel 1896 l’ode Primo maggio; nel 1910 i Canti barbaricini. I Canti del salto e della Tanca viene pubblicato postumo nel 1924. È considerato il maggiore poeta sardo dell’ottocento, è la voce più genuina della Barbagia. Non nasconde il suo rispetto per i banditi che, alla macchia, vivono una vita dura, misteriosa e affascinante. Considera i banditi uomini divenuti simili ad animali randagi, che esprimono la ribellione a un ordine sociale ingiusto e inaccettabile. Significativa l’intervista con Gastone Chiesi al latitante Pietro Giovanni Angius presenti Luigi Delogu e Francesco Derosas pubblicata sul quotidiano sassarese L’Isola e da noi già riportata. A lui la città natale ha dedicato la bellissima piazza Sebastiano Satta, sistemata nel 1967 da Costantino Nivola, il grande scultore di Orani.

Il testo 'Filiberto Farci. Note per un profilo' di Tonino LoddoIl testo 'Filiberto Farci e le polemiche sul socialsardismo' di Tonino LoddoRiproduzione integrale del cortometraggio 'La Sardegna dimenticata di Filiberto Farci - Il più forte'Seui: lo scrittore Filiberto Farci detto 'il Sardissimo'A Seui nel 1882 nasce Filiberto Farci detto Il Sardissimo, che in filosofia non può discutere la tesi rifiutando di indossare la camicia nera. Esponente di spicco della cultura sarda del primo novecento, Filiberto Farci scrive poesie, novelle, liriche e saggi. Amico di Sebastiano Satta, di Francesco Ciusa e di Emilio Lussu, è tra gli antesignani del movimento autonomista sardo. Per i controlli del regime fascista nelle scuole, abbandona l’attività di docente e si dedica alla narrativa per ragazzi. Terminata la guerra e caduto il regime, è tra i rifondatori del Partito Sardo d’Azione, nel 1948 aderisce al Partito Sardo d’Azione Socialista guidato da Emilio Lussu, che poi abbandona quando questi aderisce al Partito Socialista Italiano. Dopo la sua morte nel 1965, per quasi venti anni cala un velo di silenzio sulla sua figura e sulle sue opere, bisogna aspettare gli anni ottanta del novecento perché si risvegli l’attenzione su di lui.

Lettura di 'Miele amaro' di Salvatore CambosuLettura di 'Terre al solè di Salvatore CambosuIl volume che comprende 'l’anno del campo selvatico' e 'Il quaderno di Demetrio Gunales’ di Salvatore CambosuLo scrittore Salvatore CambosuA Orotelli nel 1895 nasce lo scrittore Salvatore Cambosu. Svolge l’attività di giornalista e collabora a diverse testate come Il Politecnico, Il Mondo, Nord e sud, Ichnusa, L’unione Sarda. È anche scrittore, acuto osservatore della realtà sarda. Nel 1954 pubblicata il suo capolavoro, Miele amaro, una ampia raccolta di materiale storico, etnologico e poetico sulla Sardegna. Due anni dopo pubblica Una stagione ad Orolai, nel quale descrive la vita del pastore attraverso un personaggio bambino, segnalato dalla giuria al premio Grazia Deledda del 1954. La sua è una Sardegna vista nel momento della transizione fra la conservazione del proprio passato e la proiezione verso il nuovo ed il futuro.

Lettura di 'Canne al vento'Grazia Deledda-Una rara foto del momento della premiazione della scrittrice sardaLa scrittrice Grazia Deledda premio Nobel per la letteratura nel 1926A Nuoro nel 1871 nasce da una famiglia benestante Grazia Deledda probabilmente la principale interprete della letteratura sarda. La sua opera è influenzata del verismo di Giovanni Verga e dal decadentismo di Gabriele D’Annunzio, il paesaggio dei suoi romanzi è quello aspro della Sardegna, che non viene rappresentato secondo schemi regionali nè con la coloritura dannunziana, ma rivissuto attraverso il mito. Le sue opere, sospese tra verismo e decadentismo, testimoniano questo passaggio. Dall’interesse per la cultura tradizionale sarda passano all’analisi psicologica, al cospetto della quale l’ambiente isolano diviene un semplice sfondo. Risale al 1927 il conferimento del premio Nobel per la letteratura ma, sebbene il premio le sia stato consegnato nel 1927, quello conferitole è relativo al 1926, perché proprio nel 1926 l’Accademia Svedese aveva deciso di non attribuire alcun Nobel per la letteratura. Così Grazia Deledda descrive la sua città natale Nuoro è il cuore della Sardegna, è la Sardegna stessa con tutte le sue manifestazioni. È il campo aperto ove la civiltà incipiente combatte una lotta silenziosa con la strana barbarie sarda, così esagerata oltre mare. È possibile conoscere la sua vita e leggere Tutte le principali opere di Grazia Deledda che sono riportate integralmente nella pagina a lei dedicata.

Lettura di 'Costumi sardi' di Raimondo Carta RaspiIl giornalista, scrittore ed editore Raimondo Carta RaspiA Oristano nel 1893 nasce Raimondo Carta Raspi giornalista. Nel 1923 fonda la rivista e la casa editrice Il Nuraghe, che pubblica tra l’altro la riproduzione anastatica delle principali opere di Alberto Ferrero della Marmora. Scrittore lui stesso, scrive una importante Storia della Sardegna, uscita postuma, con la visione storica di una millenaria emarginazione, interrotta soltanto dal periodo dell’arrivo in Sardegna degli Shardana, dall’epopea giudicale, e dai movimenti artistici e culturali sviluppatisi nel primo novecento. Nel dopoguerra si avvicina al Partito Sardo d’Azione di Emilio Lussu, ed è tra i sostenitori delle istanze autonomistiche isolane. Nel 1946 fonda la rivista Il Shardana, il cui nome ricorda l’antico popolo degli Shardana cui egli fa risalire le origini del popolo sardo.

La vena poetica nata sulle falde del Gennargentu

La massima espressione della vena poetica nata sulle falde del Gennargentu è rappresentata da Bachisio Sulis detto Bachis, Di Aritzo; da Giuseppe Mereu detto Peppino, di Tonara; e da Antioco Casulla detto Antiogu e noto con lo pseudonimo di Montanaru, di Desulo. Altri poeti significativi in lingua sarda sono stati Paolo Mossa detto Paulicu, di Bonorva; e Salvatore Sini detto Badore, di Sarule.

Alcune poesie di Bachis Sulis bandito poeta di BarbagiaBachisio Bachis SulisAd Aritzo nel 1795 nasce Bachisio Sulis detto Bachis. Si tratta di un famoso bandito poeta, che morirà nel 1838, dopo una breve vita leggendaria e travagliata. Le sue disavventure hanno inizio nel 1818 quando, a soli 23 anni, viene ingiustamente accusato di un attentato di cui era rimasto vittima un signorotto locale. Abbandonato il paese che già lo apprezza come poeta, si dà a dodici anni di latitanza, ed in questo periodo viene in contatto con i numerosi banditi. Solo nel 1830 i suoi familiari riescono a farlo prosciogliere dalle false accuse, ed egli a 35 anni torna nel paese per riprendere la vita consueta. Probabilmente però alcune frequentazioni del periodo di latitanza riemergono, e in una notte del 1838, a soli 43 anni, viene freddato da un colpo di fucile esploso per vendetta. Bachisio Sulis è autore di poesie contro il potere ed anticlericali, ma anche di poesie d’amore delicatissime come Barigada si ch’est S’istella mia.

Testo di 'Lettera a Nanni Sulis’ più nota con il suo primo verso 'Nanneddu Meu'Lettura di 'Poesie Completè di Giuseppe Peppino MereuGiuseppe Peppino MereuA Tonara nel 1872 nasce Giuseppe Mereu detto Peppino uno tra i maggiori poeti in lingua sarda di fine ottocento. Peppino Mereu canta nelle sagre paesane, misurandosi con altri poeti estemporanei nell’improvvisazione poetica. Da questa esperienza derivano i due elementi essenziali della sua poesia: un ritmo fortemente scandito e la struttura dialogica. Nelle sue opere è sempre presente, infatti, il Tu all’interlocutore. Come per la sua Tonara, alla quale si rivolge come ad una donna amata: O gentile Tonara. O per la fonte di Galusè, che si fa personaggio: Eo So Galuse, logu delissio su de incantu. Peppino Mereu è autore, tra l’altro, della classica Lettera a Nanni Sulis, nota con il suo primo verso Nanneddu meu, ancora oggi una delle esecuzioni immancabili nelle esibizioni di tutti i cori polifonici nelle feste e sagre in tutta la Sardegna.

Il volume che racchiude 'Sos cantos de Sa solitudinè e 'Sa lantia' di MontanaruIl volume che racchiude 'Sas ultimas canzones’ e 'Cantigos de amargura' di MontanaruAntioco Casula detto 'Antiogu' e noto con lo pseudonimo di 'Montanaru'A Desulo nel 1878 nasce Antioco Casula detto Antiogu autore tra l’altro della bella e delicata Ninna Nanna de Anton’Istene, Ninna nanna per Antonio Stefano, un rifacimento colto della più tradizionale ninna nanna. Frequenta il ginnasio, ma deve rinunciare agli studi per le condizioni economiche della famiglia. Abbandonata la Scuola si arruola nei Carabinieri, e così, Randagio per tutte le strade della Sardegna, scopre la sua isola Dai picchi di Gallura alle colline del Logudoro. Inizia a leggere i poeti sardi, particolarmente Sebastiano Satta, di soli dieci anni più grande. In tutta l’opera di Antioco Casula è forte l’influenza della produzione civile di Giosuè Carducci e di Sebastiano Satta, ma, a differenza di Satta, Montanaru scrive esclusivamente in lingua sarda.

Lettura di 'Poesie scelte in ligua sarda' di Paolo Mossa detto PaulicuPaolo Mossa detto PaulicuA Bonorva nel 1821 nasce Paolo Mossa detto Paulicu. Orfano sin dalla tenera età, viene adottato da due sacerdoti bonorvesi,. Prosegue gli studi a Sassari ma abbandona presto l’università. Si dedica alla poesia in lingua sarda sin dai suoi anni giovanili, e si impegna politicamente, schierandosi nelle lotte interne del suo paese, cosa che, probabilmente, lo porterà alla morte. Viene ucciso il 6 agosto 1892 investito da una scarica di proiettili a Nurape nelle campagne di Bonorva, mentre a cavallo rientra in paese dalla sua tenuta a S’Istallu. Il suo nome costituisce una pietra miliare nella storia della poesia sarda. Con lui muore uno spirito libero, un politico e un agricoltore all’avanguardia, con la coltivazione del cotone e del tabacco che nei suoi terreni danno risultati lusinghieri.

Salvatore Badore Sini-Testo di 'A diosa' più nota con il suo primo verso 'No potho reposarè e della risposta 'A diosu'Salvatore Badore SiniA Sarule nel 1873 nasce Salvatore Sini detto Badore. Esercita come avvocato soprattutto a Nuoro, dove viene considerato tra i migliori avvocati civilisti. Si afferma però come scrittore, esprimendo una visione comunista e rivoluzionaria della vita. Si avvicina anche alla politica, divenendo nel 1905 consigliere Comunale nel suo paese natale. Si afferma, quindi, come scrittore, ma soprattutto come poeta, e, nel 1915, compone la sua poesia più nota, A diosa, meglio conosciuta con il suo primo verso Non potho reposare, la quale viene musicata da Giuseppe Rachel, direttore della banda musicale di Nuoro, ed è diventata una delle poesie e canzoni più significative della tradizione sarda, che viene ancora oggi cantata nelle diverse feste e sagre.

Il decano dei poeti estemporanei ed i principali tenori sardi

Antonio Cubeddu decano dei poeti estemporanei sardiRegistrazione in studio di Antonio Cubeddu con Andria Nìnniri nel 1928A Ozieri nel 1896 nasce Antonio Cubeddu decano dei poeti estemporanei sardi, che il 15 ottobre 1896 propone la prima gara di poeti in piazza, e la ricorderà anni dopo, in un sonetto. Da allora, la gara di poesia, nella quale due o più poeti improvvisano su un tema proposto dagli organizzatori alternandosi e rispondendosi l’un l’altro, è diventato uno dei punti fermi di ogni Sagra paesana o manifestazione folcloristica o religiosa, soprattutto nel nord e nel centro della Sardegna. Il tempo scelto da Cubeddu è più svelto di quello della piazza. Si intuisce, comunque, che Cubeddu canta sempre svelto, ha una bella voce molto melodiosa, e vuole l’accompagnamento dei tenores alla chiusura di ogni coppia di versi dell’ottava: al secondo, al quarto, al sesto e per la chiusura.

Il tenore Bernardo De MuroBernardo De Muro-'Di quella pira' da 'Il trovatorè di Giuseppe VerdiA Tempio nel 1881 nasce il tenore Bernardo De Muro Nella sua città natale prende le prime lezioni, in seguito all’età di vent’anni si trasferisce a Roma dove studia al Conservatorio Santa Cecilia come baritono, per passare, successivamente, al registro di tenore, ed esordisce nel 1910 al Teatro Costanzi di Roma, oggi Teatro dell’Opera. Debutta al Teatro alla Scala nel gennaio 1912 per affermarsi successivamente nei maggiori teatri italiani ed esteri, soprattutto spagnoli e sudamericani. L’usura della voce lo conduce a un precoce ritiro dalle scene nel 1938, in seguito nel 1944 si trasferisce definitivamente negli Stati Uniti. Pur essendo dotato di notevoli qualità vocali, è tuttavia di piccola statura, e questa caratteristica fisica viene considerata un handicap dallo stesso De Muro.

Il tenore Giovanni ManuritaGiovanni Manurita-'Cercherò lontana terra...' da 'don Pasqualè di Gaetano donizettiA Tempio nel 1895 nasce il tenore Giovanni Manurita. Di famiglia agiata studia a Sassari dove al liceo Azuni è compagno di Palmiro Togliatti, poi si laurea in giurisprudenza. Frequenta l’Accademia Militare di Modena e per la Prima Guerra Mondiale si arruola con la Brigata Sassari commilitone di Gabriele D’Annunzio, che ha modo di apprezzare le sue doti canore e lo definisce Il Canoro alato, per via della sua passione per l’aeronautica e per il canto. Alla fine del conflitto si trasferisce a Roma, dove studia canto e debutta al Teatro Quirino nel 1922, e tra il 1931 e il 1932 consolida la sua fama anche a Milano. Nel 1950 si ritira dalle scene e si dà all’attività di docente all’Accademia di Santa Cecilia. Manurita approda anche al cinema, interpretando alcuni film musicali, ed interpreta anche una romanza e un canto nel film d’animazione Disney Biancaneve e i sette nani.

I principali esponenti della pittura

Filippo FigariBiografia di Filippo FigariA Cagliari nel 1885 nasce Filippo Figari. Dopo essersi diplomato espone in una mostra le sue opere. Nel 1916 viene chiamato alle armi e sarà insignito della medaglia di bronzo. Viene poi imprigionato degli austriaci. Rientrato dalla prigionia, dal 1929 fino alla caduta del fascismo è segretario del Sindacato regionale Fascista Belle Arti. Partecipa a varie altre mostre, nel 1931 espone alla I Quadriennale nazionale d’Arte di Roma, dove la sua opera La Vendemmia viene acquistata da Vittorio Emanuele III. Dal 1929 fino alla caduta del fascismo è segretario del Sindacato regionale Fascista Belle Arti, e, nel 1935 diventa direttore della Scuola d’Arte di Sassari. Con la caduta del regime è soggetto di vari attacchi per gli incarichi nel periodo fascista.

Il pittore Mario SironiOmaggio a Mario SironiA Sassari nel 1885 nasce Mario Sironi e si trasferisce presto a Roma. Si tratta di uno dei principali pittori del novecento italiano, che vive l’incontro della sua inclinazione verso l’arte monumentale con i programmi del Fascismo, passando attraverso l’adesione, dapprima al Futurismo e in seguito alla corrente Metafisica. Con una stilizzazione che si rifà ad arcaici modelli pre rinascimentali, con un forte senso dei valori plastici e del colore, egli dà voce all’umanesimo civile fascista degli anni venti e ’30 del novecento. Dall’inizio degli anni trenta, i suoi interessi artistici si moltiplicano, dalla grafica alla scenografia, dall’architettura alla pittura murale, dal mosaico all’affresco. Mario Sironi muore a Milano nel 1961.

immagineBiografia di Mario DelitalaA Orani nel 1887 nasce Mario Delitala che sia nella pittura che nella grafica ha una formazione autodidatta. A venti anni si trasferisce a Milano dove si impiega come ragioniere ed inizia a lavorare come grafico. Dopo quattro anni torna in Sardegna e, nel 1912, si trasferisce a Cagliari, dove si fa conoscere come illustratore. Nel’14 viene chiamato nel gruppo di artisti ai quali vengono affidate le decorazioni del palazzo Civico di Cagliari. Nelventi si trasferisce a Venezia, dove frequenta la Scuola libera del Nudo. La sua opera è influenzata dagli intellettuali sardi che ha incontrato nella sua lunga vita, da Sebastiano Satta e Attilio Deffenu, a diversi artisti, come Francesco Ciusa, Carmelo Floris, Melkiorre e Federico Melis.

Carmelo FlorisBiografia di Carmelo FlorisA Bono nel 1891 nasce Carmelo Floris che dopo la morte prematura del padre si trasferisce con la madre ad Olzai, nell’antica casa appartenuta a don Sebastiano Melis, detto Su Fidecummissu, che aveva il diritto di extraterritorialità per alcuni privilegi ecclesiastici degli antenati. Viene spinto da Giuseppe Biasi a iscriversi alla libera Accademia del Nudo a Roma, dove diviene amico del pittore e ceramista Melkiorre Melis. È tra i fondatori del Partito Sardo d’Azione, nel 1926 viene chiamato da Francesco Ciusa ad insegnare alla Scuola d’Arte di Oristano, e nel 1954 lavora con Ciusa Romagna alla via Crucis per la cattedrale di Nuoro. Si dedica, quindi ai ritratti, considerati tra i più belli della pittura sarda e più in generale dell’intera pittura italiana del novecento.

Espressioni della pittura e scultura in Sardegna

Vincenzo IeraceNuoro-Monte Ortobene: la statua del RedentoreLascia un importante segno nell’isola lo scultore calabrese Vincenzo Ierace nato a Polistena in Calabria nel 1862, che è autore della statua in bronzo del Redentore, alta sette metri, commissionatogli dai Nuoresi in occasione dell’anno giubilare del 1900, realizzata a Napoli e portata a Nuoro nel 1901, dove il 29 agosto viene posizionata sulla sommità del Monte Ortobene, il monte che sovrasta l’abitato di Nuoro. Vincenzo Jerace non ha, però, la forza di presenziare all’inaugurazione della statua del Redentore, per la morte a Napoli, a soli 27 anni, della moglie luisa. Dopo quattro anni i Nuoresi dedicano, comunque, a luisa Jerace un’epigrafe dettata da Grazia Deledda.

Francesco CiusaBiografia di Francesco CiusaA Nuoro nel 1883 nasce lo scultore Francesco Ciusa chenel 1907 vince appena ventenne il primo premio alla Biennale di Venezia con la scultura La madre dell’ucciso, il massimo esempio dell’arte sarda moderna, il cui gesso originale è stato acquistato nel’39 dalla Galleria Comunale d’Arte di Cagliari, ma di cui esistono cinque versioni in bronzo: una alla Galleria nazionale d’Arte Moderna di Roma, la seconda eseguita per un Museo londinese della quale si sono perse le tracce, la terza per la Galleria d’Arte Moderna di Palermo, le altre due sono state realizzate rispettivamente nel 1983 per il palazzo Civico di Cagliari e nel 1985 per la tomba dell’artista nella chiesa di San Carlo a Nuoro. Il suo successo è importante per tutti gli artisti sardi, cui vengono in questo modo aperte le porte delle grandi mostre nazionali.

Pittore, incisore e scultore Stanis DessyBiografia del pittore, incisore e scultore Stanis DessyAd Arzana nel 1900 nasce il pittore, incisore e scultore Stanislao Dessy chiamato comunemente Stanis Dessy. Completati gli studi classici a Cagliari, è a Roma con una borsa di studio dove incontra i futuristi Filippo Tommaso Marinetti e Giacomo Balla. Tornato a Cagliari nel 1921, conosce lo scultore Francesco Ciusa ed i pittori Filippo Figari e Felice Melis Marini. Nel 1923 espone una scultura alla Quadriennale di Torino, nel 1925 espone alla Biennale di Roma, ed inizia a dedicarsi all’acquaforte. Nel 1926 a Sassari frequenta Eugenio Tavolara, Mario Paglietti e Mario Delitala. Nel 1935, ex aequo con Delitala, vince il premio per la xilografia, poi partecipa come incisore alla Biennale di Venezia, nel 1964 espone a Torino.

La prossima pagina

Nel 1946 nasce la Repubblica Italiana e la specificità regionale della Sardegna viene in parte riconosciuta dalla nuova Costituzione repubblicana del 1948, che la riconosce come Regione Autonoma a statuto speciale. Nella prossima pagina vedremo La Sardegna nell’Italia repubblicana.


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